Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: daphtrvnks_    12/03/2019    0 recensioni
- Ebbene, lei si sente colpevole? - 
- Dovrei sentirmi innocente dopo il peccato di cui mi sono macchiato? - 
Genere: Angst, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Sarebbe questo segreto? -

Non sono sicuro di poterlo raccontare, ad ogni modo era evidente, comprende, vero? Gli amori adolescenziali sono come lampi, fulmini che squarciano un cielo sereno di mezza estate, un trambusto assordante seguito da tuoni e per Taehyung fu proprio così solo che in modo leggermente diverso.
Si ha timore a raccontare di una infatuazione, peggio ancora se questo sentimento è nei confronti di chi hai costantemente vicino.

- Vada al sodo, la prego. -

Bene, sì dicevo, una persona vicina.
Questa persona, è scontato dirlo ma... era proprio Jungkook.
In quel periodo, alla fine degli ottanta, era uno scandalo, qualcosa di impossibile e fuori natura ma non per questo più vera.
Caso volle che in quella settimana venisse a galla tutto, i difetti, le nostre personalità così tremendamente contrastanti vennero fuori come fuochi d'artificio.
Le nostre azioni ebbero un senso...

Il vociare incontrollato dei clienti rendeva l'ambiente vivace, un susseguirsi di tavoli dalle tovaglie candide accostate a poca distanza l'una dall'altra e tra le coppie che passavano il loro primo appuntamento e famiglie rumorose il profumo dei primi piatti arrivava invitante dalla cucina.

La camicia bianca e dai bottoni argentati lo stringeva fino al collo soffocandolo appena, le spalle larghe venivano fasciate con grazia mentre il ragazzo si faceva spazio con i vassoi sulle mani e braccia tenuti in equilibrio. Le gambe lunghe e sinuose coperte da jeans neri, attento a non inciampare rivolgeva sorrisi e si mostrava educato.
Il ristorante dei Kim era sempre affollato il mercoledì sera e a Seokjin toccava lavorare fino a tardi, dal primo cliente fino all'ultimo senza neanche una breve sosta per riprendere fiato.

- Hyung! Hyung sono qui! -

Seokjin capì immediatamente di chi si trattasse e dopo aver lasciato gli ultimi piatti si diresse verso il ragazzo dai capelli biondi, fuori dall'entrata lo aspettava sull'uscio giocando nervosamente con le dita. Aveva notato fin da subito il sorriso di disagio di Taehyung come se si pentisse della scelta commessa, di esser venuto fin lì per sfogarsi e dedusse, un occhio attento il suo, che fosse uscito in fretta e furia di casa non infilando la maglia lilla nei pantaloni, un gesto inusuale per lui sempre attento al vestire.

Si avvicinò con cautela, guardandosi intorno per non farsi beccare dai genitori nel non star lavorando e l'aria gelida di fine ottobre lo colse all'improvviso facendolo rabbrividire.

- Dimmi Tae, qualche problema? -

Passò qualche attimo prima che il minore rispondesse, le gote erano arrossate e lo sguardo tendeva a cadere verso il basso, sulle scarpe consumate e dai lacci legati in malo modo.

- Si tratta di Jungkook... -

Seokjin iniziò a pensare a tutte le possibilità che nella sua testa iniziarono a frullare senza logica e il viso tumefatto del Maknae lo fece irrigidire per qualche secondo.

- E' successo qualcosa?Ancora? -

Il diniego col capo lo rasserenò e dopo aver chiuso la porta alle sue spalle fece segno a Tae di andare verso la fine della strada, lì dove nessuno li avrebbe disturbati.
Presero a camminare lentamente, entrambi con le mani nelle tasche dei jeans a fissare un punto indefinito.
Gli lasciò il tempo per riordinare una frase di senso compiuto ma prima che potessero anche solo allontanarsi di qualche metro la voce del biondo lo fece rimanere impalato.

- Credo che Jungkook mi piaccia. -

Ci fu qualche minuto di assoluto silenzio, in lontananza qualche auto a sfrecciare sulle strade deserte con la radio a tutto volume, alle loro orecchie una canzone pop americana. Si scambiarono un breve sguardo e Taehyung riprese il suo discorso alternando le parole ai passi diretti verso la fine dell'isolato;

- So che stai pensando io sia un pazzo o che sto scherzando, ma Hyung... sono serio.-

Seokjin fece un profondo respiro raggiungendolo e preso dall'ansia cacciò goffamente un pacchetto morbido di Diana rosse, ne prese una tra le labbra riponendo poi il pacchetto nella tasca destra dietro.
Ci giocherellò un po' ed infine, portandola al lato della bocca, rispose:

- Non siamo stupidi, lo avevamo capito, sembrava strano te la fossi presa così tanto per quella volta che Jungkook fu picchiato ma non capisco perché tu abbia deciso di dirlo proprio a me. -

Il ragazzo sembrò sorpreso nel vederlo con quella stecca ancora spenta e poi, ingoiando il magone, tolse le mani dalle tasche sfregandole appena.
Morse l'interno della guancia e accennò un piccolo sorriso.

- Perché so che tu non potrai mai giudicarmi, vero?

- Vero.

- Min Yoongi le aveva mai detto qualcosa riguardo l'arma? -

- No, nulla.

I colori accesi della tv illuminavano il viso dell'uomo disteso sul divano, l'azzurro e il giallo riflettevano sul viso stanco e segnato da occhiaie violacee, nella mano sinistra teneva saldamente una bottiglia verde con all'interno del liquido ambrato.
La birra era calda e aveva perso il sapore frizzantino, ne aveva bevute così tante che ormai risultava impossibile contarle.
Nel piccolo salotto arredato essenzialmente rimbombavano le voci di due cantanti che allegramente si rivolgevano parole d'amore nei loro abiti splendenti.

Il buio avvolgeva interamente la stanza e due palpebre chiuse e la bocca spalancata segnavano che l'uomo fosse caduto in un sonno profondo, con le gambe divaricate e un braccio poggiato sullo schienale rovinato del divano.

Il giovane dai capelli menta lo osservava con disgusto, cicche erano state buttate sul tappeto col rischio che tutto prendesse fuoco divampando in un incendio che avrebbe avvolto le loro vite, il diciassettenne avrebbe voluto che uno di quei giorni arrivasse, che ogni cosa finisse nella cenere e polvere con la puzza di alcool e lo sporco a ricoprire le loro anime come inchiostro indelebile.

Scosse il capo lasciando che la musica proseguisse accompagnandolo verso la camera del padre con passi cadenzati, se padre potesse definirsi il bastardo senza dignità che abitava sotto il suo stesso tetto. Un pianoforte al lato della stanza che nessuno sfiorava più, lasciato al destino infame che in uno strato di polvere lo celava ai raggi della pallida luna, tanto bella quella dal farlo sperare in un futuro migliore che mai sarebbe arrivato.
La scrivania situata di spalle alla grande finestra dell'appartamento diroccato in cui vivevano, nell'incrociare gli occhi alle tapparelle ebbe un sussulto e la mente lo riportò in quegli anni spensierati dove sua madre con pazienza gli insegnava a suonare il piano. Brevi flash di immagini contorte, di mani che si sfioravano con delicatezza, gli abbracci dolci e le parole sussurrate nelle orecchie sopra lo sgabello di pelle nera.
Nel frattempo le sue dita avevano preso vita propria iniziando ad aprire i cassetti all'ignota ricerca, non aveva la minima idea di cosa ci fosse, sperava solo in qualcosa di interessante, nulla più.
I suoi desideri furono esauditi e tra documenti macchiati di chissà quale sudiciume un materiale freddo e liscio al tatto attirò la sua attenzione.
Le iridi brillarono nella meraviglia di tale oggetto, la riteneva affascinante quell'arma e un senso di onnipotenza travolse ogni sua fibra portandolo a fare un breve ghigno, un misero secondo in cui sentì di poter avere qualsiasi cosa al suo volere, un angelo della morte a decidere chi dovesse vivere o porre fine al corso della sua esistenza, peccato fosse scarica.

La portò all'interno della sua giacca facendo come nulla fosse e dopo un'ultima occhiata al pianoforte voltò le spalle e uscì dalla stanza.

- Sì, è risultato appartenesse al padre. Lei lo sapeva? -

Le pare che se l'avessi saputo prima ora sarei qui a perdere il mio tempo? Che starei qui in un buco di stanza a raccontare tutto questo? Una domanda sciocca.
Passatemi un fiammifero, ho bisogno d'accendere, solo dopo continuerò.





  
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