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Autore: CHAOSevangeline    12/03/2019    1 recensioni
[Sally Face]
Schiacciato contro la parete, le mani dietro la schiena e i palmi solleticati dal muro ruvido, Sal se ne stava immobile nella palestra della sua scuola. Non era mai stata rumorosa come quella sera.
L’ultimo anno scolastico era finito.
Gli ultimi esami superati.
Lui e i suoi amici erano liberi, quantomeno dalla prigionia della Nockfell High School.
E lui, Sal, quel ballo di fine anno non se lo stava godendo proprio per niente.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti e grazie per aver aperto questa one-shot!
Questa storia è ambientata durante il ballo dell'ultimo anno di Sal e compagnia, dunque si svolge fra gli avvenimenti passati narrati fra il terzo e il quarto episodio. Viene accennato un evento di cui si parla nel quarto capitolo e nominato un personaggio che compare nel terzo, ma non sono spoiler maggiori della trama.
Per scrivere questa storia sono stata ispirata dalla canzone "Roaring 20s" dei Panic! At the Disco. Per calarvi nell'atmosfera o come sottofondo per la lettura vi consiglio davvero di ascoltarla, sia perché mi piace molto, sia perché la shot è stata scritta interamente con questa base e in particolare in una scena il ritmo e l'andamento della canzone hanno un'importanza particolare.
Per non tenervi qui troppo, vi aspetto nelle note finali!
Buona lettura ~

 



Roaring 20s

 
 
Schiacciato contro la parete, le mani dietro la schiena e i palmi solleticati dal muro ruvido, Sal se ne stava immobile nella palestra della sua scuola. Non era mai stata rumorosa come quella sera.
L’ultimo anno scolastico era finito.
Gli ultimi esami superati.
Lui e i suoi amici erano liberi, quantomeno dalla prigionia della Nockfell High School.
E lui, Sal, quel ballo di fine anno non se lo stava godendo proprio per niente.
I diplomandi di quell’annata sembravano inclini alla baldoria come mai Sal li aveva visti prima, ma lui non era uno di quelli.
Le luci si riflettevano sulla pista, i dischi si susseguivano in un vortice di note che venivano pompate dalle casse dello stereo dopo essere state mixate dalle incerte dita di uno studente.
«Non ha proprio senso del ritmo, eh?»
La voce di Larry, mentre se ne stavano in quell’angolo buio della stanza, raggiungeva le orecchie di Sal senza che dovesse urlare per farsi sentire.
Larry aveva un orecchio sopraffine per la musica, anche se finiva per ascoltare solo quel metal cattivo che gli piaceva tanto – come lo definiva Ashley. Ascoltare quei remix sconclusionati di un genere che nemmeno gli apparteneva doveva essere un supplizio per lui.
«Già.»
Sal non aveva scollato gli occhi dai corpi danzanti un solo istante, nemmeno per rispondere a Larry.
Todd si stava scatenando sulla pista con Neil.
Aveva detto che ballare era una cosa fuori dalle sue corde, che se avesse messo piede sulla pista probabilmente sarebbe stato così tanto in dissonanza con l’intera situazione e quanto stava accadendo da provocare un cataclisma. E Neil poteva anche lasciarsi affascinare dalle chiacchiere scientifiche di Todd, ma in quel momento aveva deciso che prendere la sua mano per trascinarlo in pista sarebbe stato molto più salutare che lasciarlo blaterare qualche sciocchezza, salvandolo così da sé stesso. Adesso Todd si era lanciato in quello che ricordava in qualche modo un ballo dalle movenze latine, forse una Salsa, ma in pratica quelli suoi e di Neil erano un’accozzaglia di movimenti così confusi da sembrare belli solo perché erano loro due a ballarli. E sul loro viso si vedeva tutta la loro felicità.
Sal avrebbe voluto sentirsi bene come loro.
Avrebbe voluto sentirsi al suo posto, quella sera, con la giacca rosso mattone che aveva comprato mesi prima credendo che la sera del ballo ne sarebbe stato entusiasta come quando lo aspettava e l’aveva scelta. Durante l’attesa aveva voglia di un abito sgargiante perché provava un entusiasmo da giacca rosso mattone. In quel momento tutto quello spicco gli dava la nausea. Strideva.
Non si sentiva triste perché tutto stava per finire, perché lui e i suoi amici avrebbero proseguito gli studi in scuole diverse. Sapeva che sarebbero rimasti gli stessi e insieme. Era l’unica certezza su cui poteva contare.
Ma ogni tanto Sal non stava bene. Non era in grado di stare bene.
Ogni tanto la testa non collaborava, ogni tanto faceva più incubi del solito e si era trascinato alla fine delle lezioni con così tanta fatica da aver bruciato l’ultimo briciolo di energia per avere il diritto di arrivarci, a quel ballo. E per festeggiare non era rimasto nulla.
Non era dell’umore, ma una vocina nella sua testa gli gridava che non poteva perdere quell’occasione.
La canzone cambiò e Sal percepì quel brivido. Quello che senti quando la canzone giusta inizia a suonare nell’atmosfera giusta, e l’unico elemento fuori frequenza sei tu. Sentiva un disturbante rumore bianco che per tutti era musica, allegria.
Viveva attraverso gli occhi degli altri alle volte, Sal. Pensava alle loro sofferenze per non pensare alle proprie, pensava alle loro gioie quando lui non riusciva a sentirle.
Così preso a godersi il ballo attraverso Todd e il suo fidanzato, Sal nemmeno si accorse del piccolo sospiro che sfuggì alle proprie labbra e dello sguardo di Larry ancora su di lui.
Sembrava dirsi «perché Sal, eh? Perché non puoi concederti di goderti qualcosa?»
«Non è il tuo primo ballo scolastico, ma sembra che lo sia.»
Sal si voltò.
«Che vuoi dire?»
«Che sei un fascio di nervi, amico», si spiegò. «Dico che dovremmo essere in pista, non qui.»
«Vai, io ti raggiungo.»
Uno sbuffo di risata sfuggì alle labbra di Larry, inclinate in un sorriso che sembrava sapere tutto nel suo non dire niente.
«Che c’è?»
«C’è che non ti lascio indietro, caro il mio Sally Face!»
Larry sapeva. Sapeva ogni cosa e Sal non aveva parlato. Sapeva da settimane che non era al massimo e con una nuova canzone dei Sanity’s Fall, con un videogame a cui giocare insieme a sorpresa aveva fatto del proprio meglio per tentare di farlo sentire a proprio agio. Sal lo aveva sentito e lasciato avvicinare, ma non abbastanza da aprirsi.
Non serviva che Sal dicesse, spiegasse. Doveva distrarsi, questo pensava Larry. Doveva staccare la mente da quei pensieri, da quel malessere che si convertiva in altro malessere in un vortice buio e senza fine.
«Ma non mi va di ballare, non ha senso che tu…»
Larry indicò con un cenno del capo il pavimento.
Il piede di Sal si muoveva ritmicamente, le sue gambe si erano sciolte in un ritmo che ricalcava quello della musica.
«Non ti va di ballare, davvero?»
Il massimo del ballo per Sal era stato scuotere i suoi codini – con disastrose conseguenze, una volta – nel seminterrato dove abitava Larry. Non aveva mai ballato di fronte a tutti e per quanto fosse bravo a dire di voler essere sé stesso, a dire agli altri di esserlo e a convincerli che fosse la cosa migliore per loro, per tutti, non era così bravo a convincere anche sé stesso. L’unica volta che aveva partecipato a un ballo oltre a quello, l’anno precedente, lo aveva trascorso sulle panche di fronte alla scuola a far riprendere Todd da una sbronza colossale e non voluta. Per fortuna.
«Vai», ripeté. «Io aspetto Ash.»
«Non vado a ballare se non ci vieni anche tu.»
«Larry…» esalò Sal esasperato. «Ascoltami, faccio schifo a ballare.»
«Non è vero, non ho mai visto qualcuno scuotere la sua chioma come fai tu!»
Almeno quelle parole strapparono un lieve sorriso a Sal.
«Quello non è ballare…»
«E poi», Larry sembrava essersi già diretto in un’altra direzione del discorso. «Non è solo il non saper ballare il problema. O sbaglio?»
No, non sbagliava.
Sal voleva solo scomparire e ballare lo avrebbe fatto sentire a disagio.
Ma poi il ritmo della canzone rallentò, più deciso. Le dita già fremevano, il suo cuore stava trovando il modo di sintonizzarsi sull’euforica frequenza di tutti quanti. E Sal capì che in quel momento sarebbe stato perfetto entrare in pista, lasciare che tutti lo guardassero.
Spegni la testa, spegni la testa. Lasciati andare.
Ti prego, lasciati andare.
Vide Larry staccarsi dalla parete, la camicia bianca e la cravatta lenta. Era rossa come la sua giacca e lo avevano deciso insieme. Quei capi cozzavano così tanto con il suo solito stile che Larry si era rifiutato di darsi una parvenza ancor più elegante con una giacca, cosa che Lisa aveva provato a convincerlo a fare.
Larry tenne gli occhi nei suoi e cominciò ad arretrare verso la pista.
Si fermò e teatralmente gli tese la mano.
«Forza, Sally Face! Mi concedi questo ballo?» domandò.
Certo, che voglio.
«Andiamo a dimostrare al mondo e a te stesso le tue doti di ballerino!» lo incoraggiò.
È questo, questo che devo fare.
«Tra poco raggiungerai i tuoi ruggenti venti, vuoi forse sprecarli così?»
Mai nella vita.
Sal fissò quella mano.
Si trattava davvero solo di un ballo, a quel punto?
Tese la mano, esitante, e si ritrovò a poggiare il palmo su quello di Larry. Sentì le sue dita stringersi intorno alle proprie e varcò la soglia della pista trattenendo il fiato, quasi avesse superato una barriera oltre la quale vi era un mondo sconosciuto capace di inghiottirlo.
Dopo quello slancio Larry lo attirò a sé e solo guardandolo negli occhi Sally capì le sue intenzioni. Mosse i piedi e si ritrovò ad allontanarsi da lui, le mani ancora unite mentre i loro corpi si allargavano come un ventaglio sulla pista.
Tutti li guardavano e, per una volta, a Sal non importava.
Non gli importava di non essere bravo, non gli importava di avere una protesi che ancora veniva guardata da tutti con disgusto, quando erano obbligati a sostenere il suo sguardo e salutarlo.
Non gli importava dei pensieri che avevano reso alzarsi dal letto difficile e nemmeno dell’angoscia, perché non li sentiva. Non sentiva più nulla, a parte la mano di Larry nella sua.
Aveva uno sguardo concentrato con un’enfasi del tutto non necessaria, Lary, ma a Sal faceva sorridere. Era il suo buffo migliore amico, quello che prima di tutti lo aveva fatto sentire meno solo.
Afferrò anche l’altra mano e fece due passi indietro, tre in avanti.
Si fidava di Larry e Larry si fidava di lui. Si guidavano a vicenda e stava bene a entrambi.
Una piroetta.
Quel ballo non aveva senso, ma era così liberatorio.
Sembrava che gridasse quanto poco gli importasse di ogni cosa, escluse quelle belle, quelle che contavano. E ce n’erano più di quante fosse riuscito a contarne negli ultimi giorni.
Improvvisamente si ritrovò a sentire le punte dei codini che carezzavano terra.
«Larry!» esclamò, scoppiando a ridere.
Quel casquè era stato del tutto inaspettato, ma il suo corpo si era adattato lasciando che una gamba si sollevasse in aria, oltre la schiena di Larry.
«Lo sapevo che volevi ballare!»
Tutti erano sconvolti. Che fosse perché Sally Face stesse ballando o perché Larry Johnson, quel Larry Johnson, quello metallaro, stesse reagendo a un genere musicale che non fosse lo screamo, non era dato saperlo. La verità era che tutti, Todd, Neil e Travis Phelps incluso erano strabiliati dalla loro coordinazione.
Ma si sono allenati apposta? – aveva chiesto qualcuno.
Con il mondo ancora capovolto di fronte ai suoi occhi, la mente lontana dalla paura che la sua protesi potesse cadere perché Larry la stava sostenendo da dietro la sua testa, proprio come sosteneva sempre lui, Sal vide Ashley fissarli sconvolta con il suo grazioso vestitino lilla indosso, un cerchietto fra i lunghi capelli e due bicchieri pieni in mano, per lei e per Larry.
Com’erano arrivati a bordo pista dopo averne conquistato il centro?
«Che sta succedendo?» chiese a gran voce.
«Sal voleva ballare!» le rispose prontamente Larry.
Ashley abbandonò i bicchieri e si fiondò in pista. Perché stringere la mano di Ash e quella di Larry gli parve logico, ritrovandosi in quel girotondo a cui presto si aggiunsero Todd e Neil, Sal non lo seppe mai.
Vorticarono in mezzo agli studenti sconvolti, che non poterono far altro che cedere loro lo spazio per ballare in quel modo strano solo perché avevano avuto il coraggio di prenderselo, quello spazio. Forse qualcuno li stava criticando, ma non importava.
Sal scoppiò a ridere senza essere in grado di fermarsi. Senza ragione. Era solo felice. Era solo felice di trovarsi lì, con loro. I suoi amici.
Ben presto Larry, Ashley, Todd e Neil fecero lo stesso.
Sal gettò uno sguardo a Larry. Non avrebbe potuto vedere le sue labbra muoversi sotto la protesi, ma sapeva che Sal lo stava ringraziando. Scosse il capo.
Quell’ultimo ballo di fine anno.
Maledizione.
Fu il suo miglior ballo di fine anno di sempre.



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Ultimamente sono tornata ad essere un po' insicura per quanto riguarda ciò che scrivo. Non è che sto sperimentando nuovi stili, semplicemente per questa shot sono stata particolarmente sintetica perché mi interessava l'introspezione, che trovo sempre importante quando sono io a scrivere e di cui non posso fare a meno, ma volevo davvero tanto che questo racconto facesse pensare, più che a un flusso di coscienza, a una delle polaroid che vedono ritratti i protagonisti all'interno del gioco.
Spero davvero di essere riuscita a trasmettere qualcosa, la scena come me la sono immaginata. Forse non sembrerà, ma ho messo una discreta parte di me in questo racconto.
Ci terrei a fare una piccola dedica, qui in fondo perché non volevo spoilerare gli eventi della storia nelle note iniziali, a Rika. Ancora non ha giocato a Sally Face, ma non ho potuto fare a meno di pensarla per tipo tutta la stesura visto che è la persona più capace di spronarmi a uscire dalla comfort-zone e a creare una sorta di bolla di comfort portatile intorno a me. Love u <3
Detto questo, spero ancora che la storia vi sia piaciuta e di sentire qualcuno di voi nelle recensioni: mi farebbe immensamente piacere!
Se volete seguire i miei scleri sulla scrittura vi invito a controllare i link nella mia bio ;)
Alla prossima!
   
 
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