Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: EuphemiaMorrigan    13/03/2019    3 recensioni
[La storia partecipa alla GioMis week 2019 con il prompt 'Stand'.
Ambientata post Vento Aureo e PHF.
Hurt/Comfort]
La maniera più semplice per non soffrire è mentire a se stessi, il difficile avviene quando la tua anima comincia a ribellarsi, e se sei un portatore di Stand quella ribellione diventa quasi impossibile metterla a tacere.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Giorno Giovanna, Guido Mista, Pannacotta Fugo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cornflower.

Nell’ultimo periodo della sua vita, mentre a soli quindici anni saliva al comando di quella che sarebbe diventata la più grande organizzazione mafiosa d’Italia, Giorno aveva imparato molto. A distinguere gli amici dai nemici, mantenere un basso profilo pubblico, quanto e in quale modo l’incerta situazione politica del Paese poteva influire con gli obiettivi da lui imposti, e perfino semplicemente riconoscere una buona giornata da una pessima dai suoni uditi la mattina.
Quella volta, camminando lungo il corridoio silenzioso del maniero, iniziò a provare una sensazione angosciante alla bocca dello stomaco. Di sfuggita incrociò Murolo salire le scale che portavano alle camere da letto ma, a parte un rapido e rispettoso saluto, lo aveva superato di corsa.
Pareva sempre poco incline alla compagnia di chiunque.
La stessa Sheila, di solito – e in maniera eccessiva – più amichevole ed entusiasta, la trovò al piano inferiore, intenta ad aggiustarsi le trecce davanti al riflesso della finestra, senza badare alla presenza di Giorno.
Impensierito si massaggiò il mento.
C’era qualcosa che stava dimenticando, tutti erano troppo attivi per essersi appena svegliati.
«Buon giorno, capo».
Varcata la soglia della luminosa cucina venne accolto dal cordiale saluto di Fugo, almeno lui gli appariva abbastanza normale; stava sorseggiando caffè nero e leggendo un quotidiano con vago interesse, malgrado non ci fosse nulla che riguardasse Napoli e dintorni a loro oscuro.
L’espressione neutra di Giorno s’ingentilì senza volerlo quando la sua attenzione si spostò su Mista, impegnato a servire la colazione ai Sex Pistols senza farli bisticciare o azzuffarsi.
Compito arduo, non pareva star avendo molto successo.
«Buon giorno» accennò a bassa voce e sedette al tavolo, il fantasma di un sorriso sulle labbra.
Lo sguardo incuriosito di Giorno indugiò ancora verso le pallottole animate. Erano atipici, lo aveva pensato sin dalla prima volta in cui Mista li aveva attivati davanti a lui; in più a differenza di Gold Experience avevano una personalità propria, rendendo faticoso gestire i loro capricci.
Sembravano dei bambini.
Sulla carta riconosceva la loro debolezza, mai avrebbero potuto aspirare a possedere la stessa potenza distruttiva di Purple Haze che, dal momento in cui Fugo aveva imparato a controllare e accettare come parte di sé, si era rivelato uno degli Stand più preziosi all’interno della stretta cerchia di soldati alle sue dirette dipendenze. Allo stesso tempo, però, i Sex Pistols riuscivano a superare ogni volta qualsiasi aspettativa di Giorno.
Tanto quanto di Guido Mista lo impensieriva la natura spericolata.
Impose a se stesso di smetterla di guardarli, beccato in flagrante da N.6. Afferrò quindi la tazzina di caffè e cominciò a zuccherarlo prima si freddasse.
«Capo… stai bene?».
Al richiamo incrociò lo sguardo di Fugo il quale, perplesso, stava indicando la bevanda calda: una montagnetta bianca sbucava dal bordo di ceramica.
La posò delicatamente sul piattino, senza scomporsi.
«Devo essermi distratto» dissimulò.
D’improvviso il braccio pesante di Mista gli circondò le spalle, e fu soltanto per pura fortuna, unita al suo buon autocontrollo, se non trasalì di sorpresa o si lasciò andare per poggiarsi volentieri al torace.
«Te lo dico sempre: lavori troppo. Devi riposarti, GioGio» disse premuroso, con un pizzico di divertimento non troppo nascosto.
«Sei gentile a preoccuparti, ma dormo abbastanza».
Sperò davvero di non star arrossendo e che l’altro non si fosse accorto del brivido che gli aveva solcato la schiena al suono della sua voce così vicina.
«Bugiardo».
Il buffetto sulla guancia gli arrestò il cuore; Giorno sentì Gold Experience fremere, agitarsi e causargli uno stranissimo prurito e desiderio di toccarlo.
«Mista!».
Fugo lo riprese aspro, scrutandolo con fare omicida e interrompendo l’attimo di panico e confusione che, dietro la maschera di compostezza e calma, infuriava all'interno di Don Giovanna,
Il peso scomparve e, voltandosi un poco, adocchiò Mista alzare le braccia in segno di resa mentre sorrideva goliardico all’amico: «Guarda che non lo consumo».
«Il punto è un altro: Giorno è il nostro capo, dovresti cominciare a portagli rispetto».
«Lo faccio!» alzò un poco il tono.
Le mani adagiate sui fianchi facevano sembrare Fugo proprio una madre arrabbiata.
«Non abbastanza».
Udì Mista sibilare fra i denti una bestemmia, in seguito si allontanò e usci dalla cucina borbottando qualche strana imprecazione in dialetto Toscano. Almeno così intuì.
«Ti prego di scusarlo».
La richiesta lo stupì; annuì in silenzio, deluso da quelle parole. Nonostante fosse diventato il capo di Passione, ingenuamente pensava nulla fosse cambiato, che non avesse mai tracciato una linea così netta da essersi allontanato dai vecchi compagni di squadra.
Il contatto fisico lo metteva a disagio il più delle volte, malgrado questo mai avrebbe ordinato a Fugo di rimproverare Mista a causa di un semplice gesto amichevole. Tanto più che la fisicità dell’uomo era l’unica che Giorno tollerava e ricercava.
«Capo?».
Sbatté un paio di volte le palpebre e seguì la mano che si stava sventolando davanti ai suoi occhi.
«Scusami, Fugo, dicevi?».
Il sopracciglio chiaro s’inarcò e l’espressione divenne più consapevole, divertito forse dalla maniera ridicola in cui s'era inebetito ad osservare il punto in cui era sparito Mista. Schiarì la voce, parlando come se nulla fosse: «Devo congedarmi, torneremo di sicuro prima di sera e costringerò Mista a scrivere un rapporto completo e in Italiano corretto».
Giorno assottigliò le labbra, interdetto. Fece chiarezza nella mente affollata di pensieri nebbiosi, ricordando la missione affidata a Shelia, Mista e Fugo il pomeriggio precedente. Avrebbero dovuto semplicemente registrare e assicurarsi dell’inoffensività di un gruppo di utenti Stand non legati a Passione.
Un lavoro che teoricamente erano in grado di completare in fretta e senza spiacevoli conseguenze.
Neanche badò all’uscita di scena di Fugo, concentrato sulla trama a quadri della tovaglia e la stanchezza fisica che l’aveva colpito in quelle ultime settimane.
Eventualmente avrebbe dovuto seguire il consiglio di Polnareff e fare delle analisi, una visita medica… Ma gli appariva ridicolo possedendo Gold Experience.
In tutti quegli anni non si era mai ammalato, e poi conosceva bene il motivo di quella spossatezza; per cui decise di approfittare della solitudine di quel giorno per occuparsi di se stesso.
Riposare era umano, e per quanto alle volte faticava a ricordarlo, l’angoscia e la distrazione avrebbero smesso di tormentarlo per un poco dopo qualche ora di relax.
Peccato la fortuna non fosse dalla parte di Don Giovanna e, proprio quando la rigidità delle spalle pareva averlo abbandonato, diversi schiamazzi provenienti dall’ingresso attirarono la sua attenzione e lo misero in allerta.
Lanciò uno sguardo all'orologio: erano le 21.00 e aveva trascorso la maggior parte del tempo a leggere, immerso nella vasca da bagno, dimenticandosi di tutto il resto.
Inalò una boccata d’aria e si avvicinò alla fonte di quei rumori, fermandosi allo scorgere Sheila e Mista che, malconci, stavano aiutando Fugo a camminare e raggiungere l’interno della villa; la gamba destra non toccava terra e dai fori dei pantaloni verdi s’intravedevano le ossa scomposte, fuoriuscite dalla pelle lacerata del ginocchio.
Dopo un secondo di sconcerto per la pessima condizione dei suoi sottoposti, riacquistò compostezza e li guidò in salone con un cenno, indicando ai due di poggiare il ferito sul divano.
Rimboccò le maniche della giacca, Gold Experience già vigile e attento alle sue spalle.
«Cosa è successo?» chiese, cominciando a liberarlo dalla fastidiosa presa della stoffa. Non si premurò di avvisare del dolore, sapeva come funzionava la ricostruzione dei tessuti.
Fugo provò a trattenere una smorfia, poi rispose: «Erano più di quanti credevamo, e ostili».
«Ma tutto si è risolto per il meglio!» intervenne Mista, stringendo il collo dell’amico e tirandolo un poco contro il torace quando poté sedersi. «Tranne per il ginocchio di Pannino».
«Adesso sto bene, posso tornare a prenderti a calci in culo».
«Suvvia, fatti abbracciare».
Sheila sbuffò esasperata: «Non ci vengo più in missione con voi due, siete imbarazzanti».
«Invece di lagnarti levamelo di dosso, oppure lo ammazzo!».
Fugo parlò in maniera gioviale e finse di spintonare via Mista che, alla fine, riuscì a spettinare comicamente la testa bionda. La solita rabbia che lo aveva caratterizzato anni prima e, ad un gesto così intimo lo avrebbe accecato, pareva sotto controllo, estinta.
Giorno non poté fare a meno di notare i morbidi sorrisi scambiati, la sensazione di cameratismo e l’affetto sincero ricostruito su basi più solide. Un legame da cui lui era escluso.
Percepì fastidio in mezzo al petto; li osservò bisticciare e si morse a sangue l’interno della guancia, consapevole di non potersi unire a loro come se nulla fosse, di non poter essere al posto di Pannacotta.
Cacciò in fondo alla gola il sapore amaro della gelosia ed i pensieri maligni, ma nel momento in cui compì un passo indietro, in maniera del tutto autonoma Gold Experience si avvicinò al sicario e gli circondò la vita, posando il viso sulla sua spalla.
Sgranò gli occhi e provò a ritirarlo.
Fu una questione di pochi secondi, le iridi ossidiana lo immobilizzarono sul posto quando si posarono dolcemente su di lui, poi sulla figura dorata che lo stringeva; sollevò la mano e sfiorò la guancia dello Stand prima della sua scomparsa.
«Stavo controllando le tue ferite» disse inespressivo Giorno.
Mista gli sorrise. «Grazie».
Non rispose, preferì invece congedarsi non appena lo Stand lo permise. Pregava nessuno avesse notato la codardia, la paura…
Tornò in fretta nella propria camera, con un nodo alla bocca dello stomaco e stampato sulle retine il ricordo di quell’espressione luminosa e felice, la sensazione del corpo dell’altro ancora bruciava sulla sua pelle, come la carezza rivolta a Gold Experience.
Debolmente sciolse la treccia dorata e massaggiò le tempie pulsanti con i polpastrelli, in seguito entrò nel grande bagno personale. Bisognoso di altra solitudine.
Voleva rilassarsi, scacciare la tensione accumulata e tornata ad ingobbirgli la schiena, perciò riempì di nuovo la vasca d’acqua calda e si spogliò. Il corpo longilineo fluttuò quando si lasciò avvolgere dalle piccole increspature provocate da lui stesso; adagiò il capo sul bordo di ceramica e liberò un lungo sospiro.
Il fresco odore di fiori del bagnoschiuma, unito alla quiete dello spazio privato, calmarono finalmente i battiti accelerati del cuore, fuorché il languore che lo tormentava al pensiero costante di Guido; con il passare degli anni s’era trasformato in un tarlo, lo consumava e gli faceva compiere errori imperdonabili. Come quella sera.
Mista era ferito, seppur superficialmente. Accortosi di questo, un panico incontrollato e una frenesia illogica si erano fatti strada nelle viscere di Giorno: da un lato angustiato eccessivamente, dall’altro le mani avevano tremato per il desiderio di sfiorarlo.
Vedere il proprio Stand stringersi a lui lo aveva riportato alla realtà e, in quell’istante, tutti i presenti avrebbero potuto leggergli l’anima; quell’amore che ormai faticava a reprimere.
Tutte le notti sognava di risvegliarsi la mattina dopo accanto all'uomo più grande; incantarsi qualche minuto ad osservarlo dormire mentre accarezzava la pelle abbronzata e nuda del torace, che sarebbe scivolata sotto i palmi come seta, sino ad arrivare al collo e udire i battiti melodiosi del suo cuore.
Immaginava le palpebre pesanti tremare, poi sollevarsi e mostrare i pozzi neri ricambiare lo sguardo con uno assonnato; le labbra piene arricciarsi in un sorriso prima di sporgersi a dargli un bacio sulla guancia. Il respiro di Mista avrebbe smosso i ciuffi biondi dietro l'orecchio e, con voce ancora rauca, mormorato il buon giorno nel frattempo che lo abbracciava, trascinandolo di nuovo a letto per riposare ancora un poco insieme.
Il ventre si contrasse e strinse con forza i bordi della vasca. Aveva creato un mondo talmente accogliente nella propria testa che, alle volte, gli sembrava quasi reale.
Incapace di smetterla di cullarsi in quelle illusioni scivolò più giù e lasciò che l'acqua lo coprisse sino al mento.
Eccola, la sua malattia incurabile. Tornata a distruggerlo anche quella sera.
«Non posso...» soffiò a Gold Experience, che da diversi minuti lo osservava tristemente. La mano dorata s’allungò verso di lui, carezzandogli i capelli e la guancia come conforto.
A Giorno venne da ridere con mestizia.
Provava a consolarlo, nonostante in quei mesi non avesse fatto altro che ricordagli i sentimenti negati e scacciati per anni; irrequieto, ingestibile, in presenza di Mista rifiutava persino di ritirarsi, cercando rifugio dietro la schiena ampia.
E per quanto discreto potesse essere Giorno, solo un idiota non se ne sarebbe accorto.
Decise di uscire dalla vasca quando le dita cominciarono a raggrinzirsi, avvolse il corpo umido in un morbido asciugamano e cominciò a frizionare i capelli lunghi.
A piedi nudi tornò in camera; nemmeno un minuto dopo qualcuno bussò alla porta.
«Sei ancora sveglio?».
Gold Experience, al suono della voce di Mista, palpitò e s’avvicinò. Di contro Giorno rimase in dubbio qualche istante, alla fine rispose arrendevole: «Entra».
Chiuse meglio la cintura dell’accappatoio alla vita, appoggiandosi sulla scrivania. Vide l’altro sbattere le palpebre sorpreso al trovarsi faccia a faccia con l’umanoide dorato dopo aver varcato la soglia, dopodiché ricercare il suo sguardo e grattarsi il capo da sopra il berretto.
«Ti disturbo?».
«Ho appena finito».
Inclinò il viso, dichiarando spontaneo: «Sei carino con i capelli sciolti».
Giorno percepì il sangue affluire verso le gote e fu impossibile trattenere il mezzo sorriso che gli sbocciò sulle labbra. Dopo anni di conoscenza non c’era ancora abituato.
«Ti ringrazio, ma non mi hai detto perché sei qui» lo incitò.
«Oh, giusto…» distolse lo sguardo, colto da indecisione.
Lo Stand, che fino ad allora si era limitato a girargli attorno, gli sfiorò la spalla con la punta delle dita, per poi risalire al collo coperto dal maglione blu, ricercando attenzioni.
Giorno strinse i pugni lungo i fianchi, tentando di richiamarlo.
«Fermo» lo bloccò, quasi gli avesse letto nel pensiero.
«Devo... non riesco a controllarlo» confessò, dirlo ad alta voce aveva il sapore della sconfitta.
Le sopracciglia folte di Mista si aggrottarono, in seguito fece qualche passo in avanti e afferrò delicatamente il polso sottile. Disegnò cerchi sulla pelle esposta per calmarlo, e disse: «A me sembra normale. Non c’è nessun pericolo».
Il giovane capo di Passione sgranò gli occhi limpidi.
Possibile non lo avesse notato? Se ne doveva essere accorto per forza, soprattutto in quel momento, mentre Gold Experience continuava a carezzargli la schiena.
«Mi prendi in giro? Non vedi cosa fa?».
Era frustrante, avrebbe voluto strattonare il braccio e liberarsi dalla sua presa, ma non era ancora pronto ad allontanarsi dal calore che emanava, la sicurezza che gli donava sentire le loro pelli a contatto.
«Lo vedo, Giorno, per questo sono qui. Conosci i Sex Pistols, sono abituato ad avere a che fare con Stand autonomi. La prima volta che N.5 si è nascosto fra i tuoi capelli è stato… imbarazzante, ma ormai so che quando non lo trovo è perché è assieme a te. A tal proposito lo stai viziando» lo ammonì giocoso, dopodiché continuò in maniera più tenera: «Loro sono la nostra anima, parte di noi, forse Gold Experience ha solo bisogno di un po’ di affetto e considerazione, non ci hai mai pensato? Non forzarlo, o meglio non forzarti a fare qualcosa che non vuoi, lasciati andare».
Giorno li fissò intensamente, il suo Stand nel frattempo aveva sfilato il berretto di Mista, concentrandosi sull’analizzarlo, poi se lo era posato sulla testa e tornato a dare tutto il proprio interesse all’altro uomo. Lo abbracciò di nuovo e sfregò la fronte vicino alle scapole come un gatto.
Sembrava felice.
«Anche se fosse, perché dovrebbe ricercare il tuo affetto?» domandò sulla difensiva.
La risata di Mista lo sorprese, così come la risposta: «Perché ne hai bisogno tu. Sappiamo entrambi che ricerchi questa vicinanza solo da me, e qual è il motivo».
Il battito cardiaco vacillò. Era il capo di un’organizzazione mafiosa, non poteva aver bisogno di qualcosa di talmente effimero, né doveva cedere a quel desiderio.
Mantenere le distanze era la soluzione opportuna, negare se necessario.
«Penso sia il caso di salutarci, puoi andare» mormorò glaciale, indurendo i lineamenti e lo sguardo. Era un ordine.
Diversamente da quel che credeva, invece di obbedire, Mista si avvicinò maggiormente e, dopo aver sciolto la presa sul polso, gli circondò la vita con un braccio mentre l’altra mano s’insinuò fra i lunghi capelli biondi, ancora umidi dal bagno.
«Non vado da nessuna parte».
Il corpo premuto contro di sé era caldo, invitante, tanto da indurre Giorno a tremare mentre le cosce, lasciate lievemente scoperte dall'accappatoio, venivano a contatto con la stoffa dei pantaloni tigrati. Le palpebre si allargarono di stupore quando gli baciò una tempia e Gold Experience, dietro di loro, parve istantaneamente essere invaso da gioia indescrivibile.
Risplendeva, si beava e poggiava a Mista con tenerezza. Le mani d'oro ripresero a carezzare la schiena del sicario, i muscoli tesi delle braccia, i fianchi e, ogni volta che le labbra carnose si posavano sugli zigomi o la fronte di Giorno, emetteva un suono argentato simile al tintinnare costante di alcune campanelle.
«Lo so» mormorò al suo orecchio «Lo so da quando eravamo nella squadra di Bucciarati e ogni tuo sguardo m'infiammava l'anima. Ti ho sognato e aspettato da allora, ho atteso di finire la missione, seppellire in silenzio i corpi dei nostri amici, vederti salire al potere, il ritorno di Fugo, quello di Trish... Ti aspetto da tutto questo tempo, Giorno, evidentemente sia io che Gold Experience ci siamo stancanti di farlo».
Le dita si artigliarono al maglione attillato, gli occhi spalancati, fissi su un punto imprecisato della stanza. Inspirò il suo profumo, l'odore di polvere da sparo e una punta di ruggine, con tutta probabilità dovuta ai tagli che aveva subito sul corpo e di cui lui non si era occupato per vigliaccheria.
Giorno mugugnò, intossicato dalla sua vicinanza e da voglie ormai incapace di far tacere, «Lo sai?».
Mista si chinò piano, soffiando: «Non sei così discreto».
«Non so di cosa parli» disse, leccandosi le labbra secche.
Invece di arrabbiarsi l'altro sorrise provocante: «Quindi la mano nei pantaloni era per aiutarmi a prendere la mira?».
Avvampò. Lo ricordava dopo tutti quegli anni?
Tutto ad un tratto si sentì nuovamente troppo vulnerabile ed esposto. Esattamente in quel breve istante incrociò lo sguardo con il proprio Stand, di solito inespressivo e distaccato, quella volta invece lo stava quasi pregando. Ingoiò il timore e la vergogna di mostrarsi senza veli o maschere, lento gli sfiorò il mento e poi le labbra morbide al tatto. Desiderò baciarle, ma non era ancora il momento.
«È stato così difficile» disse, chiudendogli a coppa una guancia «Alle volte ancora ho incubi così vividi di... Abbacchio, Narancia, Bruno. Trovo sia così ingiusto...» parlò a fatica e alla fine appoggiò la fronte nell'incavo del collo di Mista, nascondere la sofferenza ormai era impossibile.
Fu con un retrogusto dolceamaro in fondo alla gola che si rese conto di aver chiamato Bucciarati per nome, e per la prima volta ammise a se stesso quanto gli mancasse la sua guida, la fiducia, l'affetto fraterno che li aveva legati fin da subito. Lunghi anni aveva soffocato il ricordo della piccola famiglia che, in quei giorni di viaggio fra la vita e la morte, lo aveva fatto sentire rispettato e accettato.
Per l'unica volta nella sua giovane vita.
«Gio...».
«È ingiusto,» ripeté spezzato «ho tutto quello che desidero fra le braccia mentre loro non ci sono più».
Le lacrime avevano cominciato a sgorgare dai suoi occhi prima che potesse accorgersene e cacciarle indietro. Gold Experience, scomparso a causa dello stato emotivo alterato e fragile, lo aveva lasciato a se stesso, stretto all'uomo che per lunghi anni aveva amato in silenzio.
Neppure un singolo singhiozzo gli squarciò le spalle, era immobile, soltanto un lieve tremore continuo attraversò il corpo snello mentre il respiro diventava più pesante, man mano che le guance s'inumidivano.
Riacquistò contatto con la realtà al sentirsi sollevare il viso e posare un bacio sulla punta del naso arrossato. Lo sguardo appannato allora cercò di mettere a fuoco Mista.
«Va tutto bene, loro sarebbero fieri di te» lo rincuorò con una sincerità tale da far accumulare nuove gocce nelle ciglia bionde «Io sono fiero di te».
Il tempo parve congelarsi, lasciando Giorno in un misto d'incredulità e sofferenza.
«Oh, Guido» gemette il suo nome, accorato e disperato tornò ad aggrapparsi a lui, poiché in quel momento era l'unico in grado di tenere insieme i pezzi della propria anima.
«Ho convinto Bruno a tradire, sono stato io...».
«Sssh, no, non sei stato tu» lo fermò roco e premette un nuovo bacio all'angolo della bocca. Mista poi gli scostò i capelli dal viso, guardandolo in modo caldo, la presa sulle sue membra ferrea e leale; Giorno, ch'era sempre stato bravo a leggere le persone, vacillò, catturato da quelle fiamme, stregato.
Lo amava. Guido lo amava tanto – forse più di – quanto lo amasse lui.
«Napoli era la casa di Bucciarati, vederla distrutta e marcire a causa dei traffici illeciti di Passione lo feriva, per questo ti ha seguito. Tutti noi lo abbiamo fatto per la stessa ragione e perché...» le palpebre pesanti celarono al giovane le meravigliose iridi nere che sino a poco prima gli avevano definitivamente arpionato il cuore. Notò le labbra tremare, in difficoltà «Risplendi, Gio. Ti guardo ed è come se tutto il resto smettesse di esistere. Hai carisma, forza di volontà, da solo hai creato tutto questo».
«Non ero solo!» esclamò concitato «Non lo sono mai stato, anche tu sei sempre stato al mio fianco».
«Sono la tua arma, lo sarò finché avrò respiro».
Invece di renderlo felice, soddisfatto della fedeltà del capobastone, quelle parole causarono in Giorno l'ennesimo dolore al centro del petto; eppure negli occhi di Mista non albergava tristezza o paura, bensì infuocati e liquidi continuavano a guardarlo come avevano sempre fatto: come un cieco vede per la prima volta il Sole.
Abbassò ogni difesa, permise a quel sentimento di riempirlo, lo lasciò attraversare il suo corpo, dalle dita dei piedi alla punta della lingua, ne assaporò la dolcezza mischiata al gusto salato delle lacrime e, alla fine, Giorno fiorì in un grande sorriso mentre s'inginocchiava ai piedi di Mista.
Ridacchiò dell'espressione sorpresa e confusa che ricevette in cambio; gli afferrò saldo la mano sinistra quando provò a farlo rialzare e scosse il capo, in silenzio si chinò piano e baciò le sue falangi, soffermandosi qualche momento in più sull'anulare spoglio.
Subito dopo udì il tonfo d'un paio di ginocchia che crollavano contro il suolo e sollevò lo sguardo; preoccupato cercò di chiedere se si fosse fatto male, ma prima potesse emettere alcun suono le labbra del sicario si premettero sulle sue, frenetiche ed emozionate.
Fu come se quel bacio stesse regalando ad entrambi nuova aria e speranza.
Catturò i capelli ricci e scuri, implorandolo di approfondire il contatto e stringerlo con forza; sospirò in estasi quando gli circondò la vita per attirarlo contro il torace e subito dopo, lasciandosi maneggiare come fosse creta, gli permise di spingerlo sul pavimento freddo della camera.
Ansimò mentre Mista gli riempiva il collo e il torso nudo di baci bollenti, facendo scivolare l'accappatoio pian piano più in basso.
Quando ricevette un morso sulla spalla, sbuffò una risata nervosa.
«Mi... Guido?» lo richiamò, improvvisamente timido «Prima di continuare, tu... sei mio?».
Distolse lo sguardo, mordicchiandosi l'interno della guancia.
Il respiro rotto gli colpì il collo e provocò un brivido, di nuovo le labbra si premettero su quel punto e mani callose vagarono lungo la sua pelle, appassionate e adoranti. Le sentì tremare, fin quando ferme gli afferrarono il viso e lo invitarono a guardarlo un'altra volta.
«Che razza di domande fai, GioGio? Lo sono da anni».
«Allora...» sussurrò flebile, sfiorando i pettorali tonici da sotto il maglione blu intanto che gli avvolgeva i fianchi fra le cosce «io posso essere tuo?».
Un sogghigno fra il divertito e il folle di gioia illuminò il volto di Guido che, invece di rispondere, lo azzittì con un altro bacio.

Il profumo dei fiori era intenso e inebriante, l'aria tiepida di inizio primavera lasciava sulla pelle esposta di braccia e collo una piacevole carezza. I suoni della natura risvegliata dal placido letargo invernale riuscivano a distendere i suoi nervi anche dopo una logorante mattinata lavorativa.
Giorno sospirò profondo al ricordo delle lunghe conversazioni avute con Polnareff e Fugo riguardo la gestione interna di Passione e avvertì l'ennesima fitta al collo, causate dall'essere rimasto troppe ore chino a firmare e controllare plichi di scartoffie, legali e non.
Era stanco e assonnato.
Dalle facce sbattute aveva intuito lo fossero anche il consigliere e l'amico; per questo li aveva congedati già da un poco, decidendo di concedersi un momento di meritato riposo.
Non avrebbe mai immaginato però che si sarebbe ritrovato in giardino, gli spessi guanti infilati, concentrato a lavorare la terra mentre il suo capobastone s'era da qualche minuto accucciato vicino a lui, in silenzio, con la scusa d'essere interessato ad imparare.
Osservò di sottecchi il profilo di Mista, soffermandosi sulla mascella squadrata e le lunghe ciglia, che creavano leggere ombreggiature sugli zigomi alti mentre guardava con aria assente le siepi.
Giorno doveva ancora abituarsi allo sviluppo della loro relazione, le prime settimane aveva vissuto con l'ansia gli altri inquilini del maniero potessero giudicare in modo negativo quel nuovo legame. Perciò era stato un sollievo vedere Fugo scrollare le spalle e borbottare con sarcasmo: 'Finalmente ci siete arrivati'. Sheila e Trish si erano congratulate entusiaste e commosse, mettendolo maggiormente in imbarazzo, invece Murolo e Polnareff non avevano fatto una piega alla notizia, a parte un sorrisino compiaciuto della tartaruga.
In generale, quindi, era andata meglio di quel che credeva. Lo avevano alleggerito notevolmente dell'ennesima angoscia.
«Che schifo! Un verme!».
Il filo dei suoi pensieri venne tranciato di netto quando Mista gli saltò praticamente in braccio. Lo atterrò con ben poca grazia contro il terriccio morbido nel quale stavano piantando bulbi di fiordaliso, o meglio Giorno cercava di farlo, e poi prese a lamentarsi dell'incontro ravvicinato con un povero e innocuo invertebrato.
Abbassò gli occhi, Guido stava premendo il viso contro la sua maglia, lagnandosi infantile di quanto fosse stata una cattiva idea fare giardinaggio insieme, con il pericolo di essere attaccati da tutti quegli insetti e animaletti vari.
Paziente gli carezzò la schiena.
«Sei il secondo al comando di Passione e hai paura di un verme?» sussurrò al suo orecchio, scoccandoci poi un bacio.
«Terzo in comando» specificò testardo, dopodiché si risollevò e gli mostrò un furbo sorrisino mentre recitava melodrammatico, tornando ad accoccolarsi sopra di lui, «Oh, sì, ho tanta paura. Per favore, capo, proteggimi».
«Sei un idiota».
Liberò una risata rumorosa e avvolse meglio le braccia attorno alle sue spalle; spesso si comportava da sciocco, eppure proprio grazie a questo tutta la stanchezza accumulata si era dissolta improvvisamente, lasciando spazio soltanto ad un confortevole senso di calore allo stomaco.
E mentre poggiava il mento sulla testa vuota del suo ragazzo, lo sguardo venne attirato dagli schiamazzi prodotti dai Pistols che, a pochissimi metri da loro, cercavano di sfuggire a Gold Experience, impegnato a giocarci insieme ad acchiapparello.
Le pallottole animate si nascondevano con allegria fra i roseti ancora non del tutto sbocciati, dietro le grandi foglie delle ortensie color glicine, fingendo di non volersi far prendere. In realtà, premurosi, rimanevano tutti nel raggio dei due metri che l'umanoide dorato poteva percorrere lontano dal suo portatore. Per non escluderlo dal loro passatempo.
Poco dopo li acciuffò tutti e sei, li portò al petto e cominciò a cullarli in un abbraccio, mentre sul viso che sempre era stato inespressivo, donando a Giorno al massimo sensazioni di tristezza e solitudine, si disegnò un piccolissimo e genuino sorriso.
Arrossì lieve sulle gote quando Gold Experience si chinò a baciare ognuno dei Sex Pistols sulla testolina a goccia e, per una frazione di secondo, si domandò semmai altre due persone erano state così fortunate da potersi perfino sfiorare l'anima.
La pressione sulla guancia lo spinse a distogliere lo sguardo dai loro Stand e gli occhi verdi incontrarono quelli scuri e morbidi di Guido.
Giorno addolcì i lineamenti, sfiorandogli le labbra. I pensieri negativi dissipati pian piano, i rimpianti e le colpe divenuti un fragile eco lontano, un riverbero della sua mente che, quando tornava ad urlare più forte e ferirlo, veniva messo a tacere dalle premure celate in quei baci.
Il desiderio ancestrale che li animava non aveva bisogno di risposte, chiarimenti, o trovare qualcuno simile a loro perduto in chissà quale luogo o tempo.
Nulla era importante, non finché poteva sentire tutto quell'amore direttamente fra le braccia.

Angolo autrice:
Buona GioMis week ^^
Ho scelto di partecipare con il prompt Stand perché anche Gold E merita di avere delle gioie lol
Spero la storia vi sia piaciuta e di aver sviluppato bene il prompt ^^
Ringrazio come sempre Kyuukai per avermi fatto da beta.
Alla prossima <3

N.B: Il fiordaliso nel linguaggio dei fiori e delle piante simboleggia la leggerezza e la dolcezza. Secondo la tradizione europea donare un fiordaliso vuol dire amicizia sincera, mentre secondo le tradizioni orientali il fiordaliso è il fiore che gli innamorati donano alle loro amate come augurio di ottenere la felicità. 

 

 

   
 
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