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Autore: Mara02    13/03/2019    0 recensioni
"Avere degli amici, dipendere da qualcuno, sono solo inutili e sofferenti illusioni. I legami, gli affetti, non sono altro che qualcosa di passeggero, vanno e vengono come petali in balia del vento".
Katarina Mitchell è una ragazza complicata, amante dell'arte, della musica e dei videogiochi. Passa tutto il suo tempo attaccata alla sua console o immersa nei libri di scuola. Ha passato tutta la sua gioventù viaggiando da una scuola e l'altra senza mai legarsi a nessuno, un muro attorno al cuore come suo unico compagno di vita. Tuttavia il suo piccolo mondo verrà sconvolto quando il padre le ordinerà di andare a vivere con la zia a Parigi, in Francia. Mentre il passato la tormenta e le antiche memorie cercano di assorbirla del tutto, conoscerà dei nuovi compagni scuola che cercheranno pian piano di far parte della sua vita. Riusciranno a combattere i fantasmi del suo passato?
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Armin, Castiel, Kentin, Lysandro, Nathaniel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Urla.
Urla spietate, di esaltazione, di eccitazione.
Urla che pretendono tutto e niente da te, urla che ti incitano a mostrare il meglio di te stesso.
Conosco oramai bene, quelle urla, poiché senza di esse, non sarei mai stata qui, in questo posto occultato al mondo intero, per mostrare, ancora una volta, il meglio di me.
L’adrenalina sale.
Lo sento nell’aspettativa delle loro voci, nell’agitazione che trasuda dai pori di tutti noi.
Sento le goccioline di sudore iniziare già a prendere forma lungo le mie tempie, il mio respiro farsi sempre più affannato, e le mie dita tremare per l’ansia che qualcosa andasse storto.
Come sempre, del resto, mi dico. C’è mai stata una volta, nella tua misera vita, in cui qualcosa sia andata per il verso giusto?
A distogliermi dal mio piccolo monologo interiore, però, fu il mio stesso nome: “Katarina”.
È stato Lysandro a chiamarmi, posso dirlo nell’immediatezza poiché è l’unico dei miei amici ad utilizzare il mio nome per intero, al contrario degli altri che usano qualsivoglia nomi per appellarmi.
Mi giro di scatto verso di lui e non posso fare a meno di sentirmi a disagio di fronte a tutta quella bellezza. Rimango d’incanto di fronte alla sua figura slanciata e a quel suo sorriso candido, mentre mi porge un microfono e mi augura un delicato “buona fortuna”, prima di dar l’okay ai collaboratori di spegnere le luci.
È in quei momenti che la tensione sale al massimo, perché devi fare i conti con l’apparente calma che si instaura dentro di te e l’aggressività che il pubblico pretende. Ma per me, questo, non è mai stato un gran problema: inspiegabilmente, piaccio alla gente in genere. Anche se cerco di allontanarmi da loro, anche se cerco di non avere alcun contatto, finisco sempre ed irrimediabilmente attorniata da gente.
Ma non è il momento di pensare questo, me lo fa anche notare Castiel, con le sue solite battutine di scherno: “Ehi, Kat, sei tra di noi, vero?” mi grida, cercando di sovrastare il trambusto creato dal pubblico impaziente. “Mi dispiace strapparti via dal tuo mondo di elfi e draghi, ma ci sarebbero un bel po’ di ragazze che mi aspettano là fuori e… sono vere!” mi sorride malandrino.
“Aspetta e spera: l’unico fan club esistente è quello di Lysandro. È più probabile che si crei prima quello della cameriera lì infondo, piuttosto che il tuo” lo punzecchio con un sorriso sornione.
Ogni volta tra di noi è così: se dobbiamo intraprendere una conversazione, deve essere piena di doppi sensi, frecciatine e provocazioni. Solo questo tipo di chiacchiere. Non ricordo di aver mai avuto una conversazione seria con quel bulletto.
“Che è anche carina” mi fa notare lui, con un sorriso di sfida.
“Bene, credo proprio di aver trovato il primo membro”
“Di cosa?” s’intromette una terza voce, timida.
È Nathaniel, che conciato e pettinato dietro le quinte, con un fermaglio tra i suoi capelli dorati, si aggiusta la maglia scura succinta che è stato costretto ad indossare.
“Ragazzi, in scena” ci richiama all’ordine Lysandro, appena comparso da dietro il biondo dove, insieme ai collaboratori, aveva regolato le luci e gli ultimi acciacchi degli altoparlanti.
Lo seguiamo in silenzio, ormai tutti sotto pressione, ma carichi e pronti a dare il meglio di noi in quell’esibizione.
Un ultimo fascio di luce ci acceca, prima che quel nome risuoni nella sala, investendola di adrenalina e compiacimento: il pubblico grida, alcuni in fondo si alzano persino. Stendono le braccia, battono le mani, saltano dall’eccitazione. Perché sul palco salgono i Thunder Blast.
“Ehi, cappuccetto rosso!” lo chiamo, prima che il pubblico faccia silenzio. Lui si gira, facendo roteare la chioma rossa che lo rende tanto ribelle. “Augurami buona fortuna”.
“Te ne servirà!” mi sento gridare di rimando da Castiel.
Poi mi giro di fronte a me, dove Nathaniel si siede davanti alla sua batteria e, mentre gli passo davanti, gli faccio un occhiolino e gli sussurro: “Ehi, andrà tutto bene, non preoccuparti!”
“Se lo dici tu, mi fido” mi sorride a sua volta, prima di abbassare la testa sui piatti.
Mi faccio forza e, sistemandomi nella mia postazione, davanti la mia piccola pianola elettrica, mi posiziono accanto a Lysandro, proprio di fronte al pubblico.
In prima fila riconosco subito il capelli argentei di Rosa, la mia migliore amica, che si sbraccia e grida il mio nome e quello di Lysandro come se fosse in uno stadio di calcio, piuttosto che in un night club. Accanto a lei fa capolino un’immancabile chioma azzurrina che, analizzando il mio look con aria da esperto, alza due pollicioni in su e fa uno di quei suoi sorrisi mozzafiato che solo il mio migliore amico può fare. Accanto a lui, il suo gemello non può fare a meno di farmi un occhiolino e poi gridare: “Vai Kat! Sei tutti noi!”,  seguito da un Kentin che mi mangia con gli occhi, come se fossi uno dei suoi deliziosi cookies al cioccolato.
Non posso fare a meno di pensare che adoro i miei amici. Adoro la mia vita solo perché ci sono loro con me. Devo tanto a loro, forse più di quanto io debba ai miei genitori per avermi messa al mondo.
Una volta, però, non era tutto così.
C’era un tempo, infatti, in cui odiavo il mondo attorno a me.
Poi, una persona saggia, la persona che poi sarebbe diventata il pilastro della mia vita, mi disse che quando odi il mondo, quando non puoi fare a meno di essere arrabbiato con qualsiasi essere vivente in questa Terra, probabilmente l’unica cosa che odi veramente, l’unica cosa che non sopporti, sei proprio tu. E aveva ragione, aveva esattamente ragione.
Chiudo gli occhi e lascio che il trambusto si allontani da me. Mi isolo in una dimensione a parte, dove esistiamo solo io e la mia band. Solo la mia pianola, la chitarra di Castiel, le percussioni di Nathaniel e la voce limpida di Lysandro. Ed è in quella dimensione che non posso fare a meno di essere me stessa. È la musica che mi rende ciò che sono. Io suono quelle note che fanno parte di me, che esprimono la vera me stessa. La ragazza che non dà nulla per scontato, la fredda Kat che non vuole far entrare nessuno nella sua vita... no, lei non esiste. È solo una maschera sociale, qualcosa di falso, un’armatura perfetta ed indistruttibile, un muro invalicabile che nessuno è mai riuscito a superare. Beh, quasi nessuno.
Sorrido e lascio che le mie guance si inciprino un po’ a causa della sensazione dolce e nuova in un tempo che mi fa saltare il cuore al pensiero di lui, mentre i ricordi m’invadono dolcemente la mente. Lui che allunga le sue mani verso di me in modo concitato. Il suo sguardo che ogni giorno cambia sempre un po’di più. La sua voce mentre mi dice: “Non ti sbarazzerai facilmente di me”.
Ed è in quei momenti che ho voglia di solcare un altro palco della mia vita. Quello che io chiamerei ingenuamente “passato”.
 
   
 
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