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Autore: PandorasBox    13/03/2019    1 recensioni
[COWT9, prompt: tenerezza]
«Chiedi le ferie per fine maggio.» era tornata alla carica Serena lavandosi i denti, ormai tre mesi fa, la prima calura che scendeva su Roma e la luce che filtrava fioca dalle tapparelle abbassate «Festeggiamo il tuo compleanno da qualche parte.» aveva continuato, un sorriso con la bocca ancora sporca di dentifricio, un “dimmi di sì” negli occhi che le aveva fatto dimenticare il fatto che avessero a malapena i soldi per un treno per Nettuno. « Che ne dici di Vienna? » aveva incalzato, allungandole lo spazzolino perché anche lei si lavasse i denti e lasciandole un po’ di spazio di fronte al lavandino.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mentre soffia le candeline di quella torta storta che tiene sulle gambe, un orribile pigiama addosso e le coperte tiepide tutt’intorno, Marta si sente felice. La stanchezza di una giornata di lavoro smette improvvisamente di pesare sulle sue spalle, le caviglie smettono di far male, i pensieri si allontanano dal futuro e, per un lunghissimo momento, la lasciano respirare ─ e no, per ora non si chiede più se sarà così incerto, e sì, quasi inizia a credere che i suoi ventiquattro anni riuscirà di goderseli per quanto possibile ora che può.

Un paio di mani le scostano gentilmente i capelli dal viso, un paio di labbra  le accarezzano le spalle con affettuosa premura, l’aria immobile della stanza che più che mai sa di casa e di quotidianità. Non credeva avrebbe mai trovato così soddisfacente parlare di piatti da lavare ancora nel lavandino e di rubinetti del bagno da stringere bene, di liti condominiali per la pulizia delle scale e di come pagare la bolletta.

Le torna in mente quell’identica scena di ormai otto anni prima: un sedici su un tiramisù improvvisato, un altro paio di mani che le scostavano i capelli dal viso e un altro paio di labbra ad accarezzarle la pelle. Non c’era nessun letto, però, e la scena del crimine era stato un parchetto gremito di gente che teneva in mano dei palloncini. Si ferma a pensare a come anche quello sapesse allora di quotidianità e di porto di sicuro ma di quando non avesse la minima traccia del sapore di casa che ha ora la sua vita. Il problema, forse, era prorpio quello e stava tutto nel fatto che cercava di raccontarsi una storia perché quella narrativa sembrava sicura, quelle braccia sembravano casa, e significavano un’esistenza più semplice.

«Buon compleanno» sussurra la voce accanto a lei, lasciandole l’ennesimo bacio delicato proprio sotto all’orecchio, poggiando accanto alla sua gamba destra un pacchettino avvolto in carta di giornale.

«Avevi detto niente regali, lo so, ma questa è una stupidaggine.» la rassicura la voce, e Marta sente il cuore farsi più grande di tre taglie, il sorriso illuminarle il volto mentre tiene tra le mani il pacchettino che ha sospettosamente la consistenza dell’agendina che ha a malincuore lasciato sugli scaffali di Tiger un paio di pomeriggi prima..

«Quest’anno nessuna playlist? chiede, voltandosi quanto basta per poter intercettare l’altro paio di labbra proprio a metà strada nel loro tragitto verso il suo collo, godendosi quel contatto che ha aspettato per tutte le sette ore passate dietro a quel bancone a dar ragione a turisti che credono di aver pagato, oltre che una camera in quel maledetto albergo, anche la possibilità di avere sempre e solo ragione nella vita.

« Quest’anno Spotify non conoscerà le “Canzoni del monolocale - 2019”, playlist a cura di sere trattino basso na? » incalza, e Serena si limita a sorridere direttamente sulla sua pelle, a premerla di più addosso al suo petto tempestando la sua spalla di baci leggeri.

« No, quest’anno niente playlist perché dobbiamo ancora aggiornare per bene quella del duemiladiciotto. »

« È stato un anno pregno, il duemiladiciotto. »

« Ma musicalmente noioso, abbiamo sperimentato poco. »

« Che è una bugia perché mi hai convertito all’indie. »

Serena si stringe nelle spalle, allunga le gambe sul letto a due piazze facendo ben attenzione a non colpire la torta con l’alluce per sbaglio.

« Ma in realtà ti eri già convertita da sola. Hai iniziato ad ascoltarti Gazelle mentre preparavi la tesi e da lì è andato tutto a rotoli. »

È mezzanotte e nessuna delle due dovrebbe essere ancora in piedi, lei che domani ha il turno di mattina e l’altra che domani ha il suo ultimo esame. A guardarsi intorno in quel minuscolo monolocale che cercano di far sembrare bello, tutto quel che l’occhio incontra sono libri sparsi ovunque, appunti abbandonati su ogni superficie. Sull’unica parete con più di qualche centimetro libero c’è solo il calendario e la data di domani - che è ormai oggi- cerchiata in rosso.

«Trovo ancora ingiusto che io debba andare a fare un esame il giorno del ventiquattresimo compleanno della mia ragazza.» s’era lamentata Serena, ormai mesi prima, mentre pigramente restavano accoccolate sul balconcino di solito occupato dallo stendino stracolmo di vestiti appena lavati. «Trovo quasi inconcepibile che io abbia qualcosa di diverso da fare che stare con te. Tu per il mio ci sei sempre.» aveva poi ammesso, guardandola con lo sguardo di quando vuole farsi perdonare qualcosa che non esiste, e lei aveva smesso di lasciarle carezze tra i capelli, le sopracciglia aggrottate di chi non capisce dove sia il problema.

«Tu sei nata a Santo Stefano, Sere, come minimo ci sono sempre. Difficilmente ho modo di essere altrove visto che mi fanno lavorare a Natale.»

E a Serena forse la risposta non era piaciuta così tanto perché non aveva trovato modo di ribattere, s’era anzi messa a canticchiare una delle canzoni che deve appena aver aggiunto alla playlist e che parla di tempo che scade e monolocali, di fare l’amore e sorridere perché il peggio ormai l’hai buttato alle spalle. Ricorda di aver pensato, non senza un briciolo di tenerezza, a come l’altra doveva averla cercata appositamente, giusto per avere una canzone che stesse proprio bene col titolo che danno alla playlist da ormai tre anni.

«Chiedi le ferie per fine maggio.» era tornata alla carica Serena lavandosi i denti, ormai tre mesi fa, la prima calura che scendeva su Roma e la luce che filtrava fioca dalle tapparelle abbassate «Festeggiamo il tuo compleanno da qualche parte.» aveva continuato, un sorriso con la bocca ancora sporca di dentifricio, un “dimmi di sì” negli occhi che le aveva fatto dimenticare il fatto che avessero a malapena i soldi per un treno per Nettuno. « Che ne dici di Vienna? » aveva incalzato, allungandole lo spazzolino perché anche lei si lavasse i denti e lasciandole un po’ di spazio di fronte al lavandino.

«Il mio compleanno è a inizio maggio ed a me va benissimo andare letteralmente alla panchina sotto casa e festeggiarlo lì, lo sai.»

Ancora una volta Serena non era stata così convinta dalle sue parole, aveva sputato via il dentifricio in eccesso e lavato lo spazzolino con aria imbronciata prima di tornare a spazzolarsi i denti.

«Ma io mi laureo a fine giugno. I miei mi hanno promesso un viaggio ed io voglio farmelo finché sono sicura che quelli del lavoro ti lasceranno venire con me.»  aveva provato a ribattere, e Marta si era ritrovata a gettare la spugna e a chiedersi come avrebbero fatto a fare le turiste anche solo per cinque giorni, le loro finanze quasi inesistenti e la sua totale mancanza di voglia di chiedere aiuto economico a chicchessia in casa sua.

«Domani saremo a Praga a fare la stessa identica cosa in una stanza d’albergo probabilmente più grande di casa nostra.» è l’unica cosa a cui riesce a pensare, stretta tra le braccia della sua ragazza e con una torta di fronte che rischia di suicidarsi a terra da un momento all’altro.

«E in quel letto ci sveglieremo con calma, scenderemo a fare colazione mano nella mano dopo aver fatto una lunghissima doccia insieme, poi usciremo nella tiepida primavera ceca indossando una la sciarpa dell’altra e complimentandoci mentalmente a vicenda per l’ottima scelta in campo di profumi.»

«O per l’ottima scelta in campo di ragazze.»

«O per il buon gusto per le torte che se non vengono mangiate subito diventeranno solo poltiglia che macchia lenzuola che non avremo tempo di mettere a lavare ed asciugare prima di dopodomani mattina.» rincara Serena, baciandole una mano prima di allontanarsi quel che basta a sporgersi e prendere la minuscola torta.

«Il regalo non lo apri?» chiede, porgendole un cucchiaino ripescato dal marasma del comodino su cui l’aveva appoggiato chiedendo implicitamente un permesso, subito accordato, per attaccare la torta.

«Forse dopo.»

«Perché dopo?»

«Perché ho paura di macchiare la mia nuova agendina di cioccolata, no?»

«Ricordami di non farti mai più regali, Marta Stazi.»

«Ti amo tanto anche io, sì.»

 
   
 
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