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Autore: Emily692    13/03/2019    1 recensioni
Desolazione.
Cadde silenziosa come il tempo. Inesorabile, incontrastabile, potente. Spazzò via metà della popolazione mondiale, sia umana che animale. I superstiti tiravano avanti con quello che potevano. Il terreno non rendeva più niente a nessuno. Era diventato sterile come chiunque e qualsiasi cosa esistesse ancora.
Malattia e fame.
Arrivarono altrettanto silenziose e finirono ciò che la desolazione aveva iniziato. E il resto della popolazione rimasta ne subì la venuta. Passiva e consapevole delle proprie colpe più grandi.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Immortali

Hanno vissuto per secoli, cacciati da tutti. Sono stati messi da parte come se fossero spazzatura. 
Eppure erano umani anche loro. Eppure sono stati gli umani a trasformarli…
 
Desolazione.
Cadde silenziosa come il tempo. Inesorabile, incontrastabile, potente. Spazzò via metà della popolazione mondiale, sia umana che animale. I superstiti tiravano avanti con quello che potevano. Il terreno non rendeva più niente a nessuno. Era diventato sterile come chiunque e qualsiasi cosa esistesse ancora.
 
Malattia e fame.
Arrivarono altrettanto silenziose e finirono ciò che la desolazione aveva iniziato. E il resto della popolazione rimasta ne subì la venuta. Passiva e consapevole delle proprie colpe più grandi.
 
Chi era rimasto non riusciva a perdonarsi le perdite subite. Tra loro, alcuni sembravano immuni a tutto. Venivano scherniti, odiati, temuti, lapidati. Nonostante tutto il male subito, non rispondevano in alcuna maniera. Ai loro occhi i loro schernitori dovevano essere così piccoli.
 
"Una vita normale non era mai stata per me. La mia famiglia aveva insistito tanto per convincermi ad essere una normale lavoratrice dipendente, priva di responsabilità eccessive. Non li ho ascoltati. Non ho ascoltato nessuno. Ho seguito i miei sogni, la mia volontà e non mi ha più fermata nessuno. L'uomo della mia vita ha resistito per un po' alla mia frenesia, poi non ce l'ha più fatta. Inevitabile. Eravamo rimasti comunque più che buoni amici e nessuno dei due si era rifatto una vita. Come se ci stessimo aspettando a vicenda.
La vita continuava normalmente, col solito tram-tram di lavoro. Adoravo quello che facevo, avevo trovato me stessa finalmente. Poi tutto finì.
Un giorno, dal nulla, mi comparve una macchia dietro al collo. Avevo ventotto anni. Non sapevo cosa fosse, così andai a farmi vedere. Si parlò di fungo, comprai la crema che mi era stata prescritta e cominciai la cura. Il giorno seguente mi suonò il campanello. Due tizi in giacca, cravatta e occhiali scuri mi chiesero di seguirli. Mi vennero subito in mente i più classici film americani. Cercai di fare qualche domanda, ma non risposero. Quel giorno avevo parecchio lavoro che mi aspettava, non avevo intenzione di farmi tardare la tabella di marcia da qualcuno o qualcosa che non avevo programmato. Tentennai un paio di secondi, ma non sentendo alcuna risposta decisi di chiudere la porta per tornarmene agli affari miei. Nel momento in cui stavo per chiuderla l'uomo alla mia destra la bloccò con il piede. Vidi una mano che afferrò la porta e sentii la resistenza di qualcuno che tentava di entrare. Mollai tutto facendo un paio di passi indietro. La porta si riaprì e sentii qualcosa che mi veniva spruzzato in faccia.
Quando ripresi i sensi mi ritrovai in un enorme stanzone semibuio assieme ad un'altra ventina di persone. Sembravamo avere tutti la stessa età. Sentii un forte mal di testa farsi strada tra i miei pensieri. Mi alzai da terra chiedendomi dove fossi. Quando fummo tutti svegli si accese uno schermo in fondo alla stanza, in alto, sul muro. Comparve la silouette nera su sfondo grigio di un uomo che iniziò a parlare.
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Discorso breve, conciso, dai toni dominanti. Nessuna possibilità di replica o di domanda. Qualcuno iniziò a gridare contro lo schermo. Rabbia, paura, ansia. Un pensiero mi salì alla testa. Cercai con gli occhi tra gli altri diciannove la persona a cui stavo tanto pensando in quell'istante. Neppure l'ombra della sua presenza. Non ho mai desiderato tanto averlo affianco.  
Il mio uomo.
Una porta si aprì alle nostre spalle. Mi voltai di scatto, tesa. Entrarono degli uomini all'apparenza disarmati. Si posizionarono ben fermi davanti all'uscita. Qualcuno scattò contro di loro per fare domande, inveendo anche. Vennero fermati a manganellate sullo stomaco. Il capo li fermò dopo che qualcuna delle ragazze lanciò qualche grido. Venimmo squadrati dalla testa ai piedi. Stavo immobile. L'ansia e la forte preoccupazione stavano lasciando il posto a qualcosa di più grosso, lo sentivo. Un attacco di panico. No, non era quello. Deglutii, col pensiero di ricacciare giù quello che mi stava salendo dal cuore. Ci vennero date altre spiegazioni, di nuovo sotto forma di ordini. Ci dissero che non ci sarebbe stato fatto alcun male, che saremmo stati ospitati nello stabile per tutto il tempo necessario al nostro addestramento. Per cosa? Eravamo stati presi nell'esercito senza saperlo? Ci venne proibito di parlare tra di noi. Siamo in un carcere? Per quale crimine? Entrarono nella stanza altre persone. Ce n'erano una per ciascuno di noi. Ci ammanettarono, poi ci spinsero fuori. Chi opponeva resistenza si beccava un manganello da qualche parte.
Il corridoio fuori dallo stanzone era ancora semibuio. Raggiungemmo una porta che dava su un nuovo corridoio. Pareti, pavimento e soffitto erano tutti completamente bianchi e lucidi, e illuminati a giorno. Il contrasto improvviso ci disorientò leggermente. Continuammo lungo il corridoio. Dopo qualche metro, sia a destra che a sinistra, c'erano delle vetrate che davano su delle specie di stanze sterili vuote. Passammo per altri corridoi simili e alla fine giungemmo in una zona dove le stanze dietro alle vetrate erano più piccole. Nessuna finestra. Forse ci trovavamo in una costruzione sotterranea. Nell'ordine in cui ci trovavamo, ci spinsero dentro quelle stanzette. Una volta dentro chiusero le porte che si aprivano solo dall'esterno. In ciascuna stanza c'erano solo un letto, una scrivania e una sedia. Quelle specie di militari se ne andarono senza dirci niente di più. All'interno della stanza non sentivo niente. Era completamente insonorizzata. Silenzio totale. Rimanere col naso attaccato al vetro non mi avrebbe certo permesso di uscire. Curiosai nei cassetti della scrivania. Vi trovai questo diario e questa penna. Mi venne l'istinto di guardare che ore fossero sul mio orologio da polso, ma non ce l'avevo più addosso e nella stanza non c'erano orologi di alcun tipo. Mi venne un pensiero: possibile che volessero escluderci completamente dal mondo?"
 
La società era fiorente assai. La tecnologia aveva sostituito in parte l'uomo. Precisione e velocità erano due qualità che all'uomo costavano più delle macchine. La vita era bella, non esisteva più nessuno che non avesse agi. Le crisi economiche del passato erano state risolte brillantemente e la società ne era uscita con un enorme sospiro di sollievo. La povertà economica era stata debellata. Tuttavia esisteva ancora una povertà che non sarebbe mai stata eliminata e che, anzi, cresceva a dismisura. La povertà d'animo che era cresciuta grazie al lento aumentare dell'egoismo delle persone le portò alla loro disfatta. Non c'era più pietà per nessuno. Nessuno più aiutava il prossimo, ma soprattutto, nessuno più si curava del mondo. Il mondo su cui crescevano i loro figli, il mondo su cui sarebbero cresciuti i loro nipoti e pronipoti. Un mondo che stava lentamente marcendo a causa della società stessa. Prima il surriscaldamento globale, poi le alluvioni. Un'era glaciale breve, ma intensa lasciò presto spazio al caldo opprimente che portò deserto ovunque.
All'inizio del surriscaldamento globale ne parlavano tutti e tutti s'improvvisarono ambientalisti per un giorno all'anno, poi più nulla. Il danno era ormai irrecuperabile. I poli si scioglievano a vista d'occhio. Colonie di pinguini si rifugiavano nei posti meno impensabili, cercando di adattarsi il più in fretta possibile al nuovo habitat. Gli orsi polari migrarono alla ricerca di una nuova casa quasi ignorando le foche che viaggiavano per lo stesso motivo. La maggior parte di quelle razze si avvicinò di molto all'estinzione. 
E dopo lo scioglimento dei ghiacci l'acqua aumentò improvvisamente in tutti i mari e oceani. I paesi più vicini alle coste vennero sommersi. Nacquero le storie di nuove Atlantidi, sommerse dall'ira degli dei. L'acqua portò via una buona parte della popolazione, ma ciò che ne spazzò via più della metà furono il ghiaccio e il fuoco. 
 
"Sono mesi che ci tengono rinchiusi qui senza dirci nulla di quello che succede fuori. L'ansia mi uccide ogni giorno di più. Piango in silenzio continuando a pormi sempre le stesse domande a cui non mi viene data alcuna risposta, cercandone qualcuna per conto mio. Questo diario, forse, è l'unica cosa che mi tiene ancora legata alla realtà. Mi obbligano a seguire regole e ad obbedire a degli ordini. Non mi oppongo solo perché sono riuscita a scoprire per caso cosa succede a chi si oppone troppo.  
Nel tragitto per raggiungere le sale di addestramento, c'è un corridoio buio e microscopico. Alla fine di questo c'è una porta. Da là dentro ho sentito urla strazianti che imploravano la libertà. Da quel giorno c'è una domanda che mi assilla: cosa temo di più? La morte o le catene? Dicono che la morte sia una liberazione. Forse, chi può saperlo? È certo però, che passare una vita incatenati, lontani da tutto e da tutti, non è divertente.
Vedo che a molti degli altri ragazzi è ceduta la mente. La solitudine e l'isolamento non fa per tutti. Eravamo rimasti in pochi a reggere, ma alla fine ho ceduto anch'io.  
È successa una cosa ieri...non riesco ancora a raccontarla senza perdere la testa...avrei preferito cavarmi gli occhi e l'anima piuttosto di assistere a forza ad una cosa simile...
Abbiamo scoperto che i funerali di tutti noi sono avvenuti a bare chiuse. Quindi nessuno ha potuto vedere realmente i nostri cadaveri. Chissà che cosa si saranno inventati. Venti giovani che spariscono da un giorno all'altro non può essere qualcosa che passa inosservato. Quanto ne avranno parlato i telegiornali? Forse m'illudo. Probabilmente è stato nascosto tutto talmente bene che nessuno ha avuto la possibilità di farsi domande...
 
Non ho possibilità di conoscere le date. Sembrano essere passati secoli da quando sono qua dentro. Ho un enorme peso nel cuore che mi uccide di giorno in giorno. Non resisto. Credo che prima o poi arriverò a disintegrare il mio addestratore. Quell'insulso pezzo di carne. A volte mi sembra di sentire un profumo invitante che proviene da lui. Mi sento un'anima dannata bloccata all'inferno. Chissà in quale girone mi metterebbe Dante.
Veniamo addestrati a combattere e a sopravvivere. A cosa? Da quello che ci dicono sembra che ci dobbiamo aspettare di abbattere qualcosa di grosso. Forse un giorno lo sapremo…
 
Non riesco a fare a meno di pensarci. Maledetto sia quel giorno. Ci avevano fatti uscire, dicevano che per velocizzare la cosa avevamo bisogno di una spinta pesante. Non riuscivamo a capire. Ci portarono al centro di una città, non riuscivamo neppure a riconoscere il posto. Era talmente diverso da quando siamo stati presi. C'era una piazza grande, completamente vuota. Nelle case intorno sembrava non esserci anima viva. Al centro c'erano delle pire e su di esse erano state legate delle persone. Si sentivano silenzi, pianti e grida rabbiose. Chi erano quelle persone? Avvicinandoci cominciammo a riconoscerle. Erano persone che conoscevamo, e bene anche. Persone che ci avevano fatte arrivare fino a dov'eravamo arrivati. Una per ciascuno di noi. Per me c'era lui.
Il solo e unico.
Cercammo di correre verso le pire. Forse volevano metterci alla prova: liberarli prima che divampassero i roghi. Invece ci bloccarono poco lontani dalle pire. << Non avrete nient'altro per cui vivere al di fuori di voi stessi.>> ci disse quel bastardo, poi vennero accese le pire. Cercai di scavalcare quei maledetti, presi un sacco di manganellate, ma nessuna mi fermò. Mi dimenai e dimenai finché non riuscii finalmente a prendere la rincorsa verso di lui.  
Il solo e unico.  
Mi si parò davanti il mio addestratore. Ricordo una botta terribile in faccia e un dolore immenso al naso che si propagò per tutta la fronte. Passò presto. Sentii un ringhio partire dalla mia gola. Un ringhio feroce, assassino, bestiale. C'era un ombra di terrore in quel suono roco. Un insulso pizzico sulla nuca mi fece cadere a terra mentre cercavo di rialzarmi per rimettermi a correre. Le forze mi abbandonarono, il corpo non rispondeva più. Riuscii solo a guardare in alto, verso la pira a cui mi ero quasi attaccata ormai. Lui era lì in mezzo alle fiamme. Non cacciava un urlo, non diceva niente. Vidi nel suo sguardo la sofferenza alleggerita da qualcosa. Non potevo sopportare il pensiero che mi stesse lasciando, felice di avermi rivista per l'ultima volta. Non ricordo nient'altro di quel giorno. Ricordo solo che dopo quell'evento uno di noi era scomparso, non lo vedemmo più e nessuno ci dette sue notizie."
 
L'innalzamento degli oceani provocò una fortissima glaciazione che durò 10 anni. In molti non la superarono, sia umani che animali. Gli animali che sopravvissero si adattarono, dando vita ai primi esemplari di predatori naturali dell'uomo. La tecnologia era tornata carente, sembrava di aver fatto un passo indietro di almeno un paio di secoli. Erano rimaste appena la luce elettrica e la capacità di costruire case solide. Le grandi città cominciarono a rimpicciolirsi lentamente, mentre le piccole scomparvero con altrettanta lentezza. Con il regredire della società la natura si riprendeva gli spazi che le erano stati rubati. Le notti gelide portavano terrore tra le strade con i versi di animali irosi e affamati. Anche il giorno cominciava a diventare pericoloso. Ormai l'uomo aveva perso il suo dominio totale su tutto.
 
"È successo. L'ho eliminato. Nella confusione mentale che mi si era venuta a creare ho perfino sentito l'addestratore complimentarsi e dirmi che ero pronta. Pronta per cosa? L'odore del suo sangue mi circonda ancora. La sensazione viscida e appiccicosa sulle mani e sulle braccia non è mai sparita. Sono stata messa in isolamento per...non so per quanto. In bocca sento ancora il gusto ferroso e caldo, e il cuore che batte all'impazzata. Quando mi hanno riportata nella mia stanza la maggior parte degli altri era scomparsa. Nelle ore e settimane successive tornarono uno dopo l'altro, nella mia stessa condizione. Sguardo perso in qualcosa che solo noi sappiamo, movimenti silenziosi. Nessuna parola tra noi. Avevano ottenuto la nostra obbedienza…per ora. In tutta questa calma c'è solo una cosa che non mi è ancora scomparsa. Il rimorso…
 
Ieri abbiamo svolto la nostra prima missione di gruppo. Finalmente siamo usciti di nuovo, dopo quella prima volta. Il mondo è cambiato. Sta diventando sempre più freddo. La neve ricopre ormai tutto, ma noi usciamo comunque in jeans e maglietta. Qualcuno azzarda addirittura una canotta. Ci parlano di un orso polare che aveva raggiunto le città e stava facendo stragi di persone alla ricerca di cibo.  
<< Mettete fine alle sue sofferenze.>> ci hanno ordinato. E noi abbiamo eseguito.  
Quello che è successo durante la missione sapeva da film horror. Quando abbiamo trovato l'orso non lo abbiamo eliminato subito. Siamo rimasti nell'ombra a studiare i suoi movimenti. Era grosso, parecchio, e sembrava affaticato. Ci notò quasi subito. Credo, cercò di ignorarci, tuttavia gli eravamo troppo vicini quindi cominciò a scappare. Abbiamo cominciato a rincorrerlo, come dei cacciatori. Lo abbiamo spinto in un posto isolato nei boschi e poi abbiamo fatto ciò per cui siamo stati addestrati. Lo abbiamo squartato e come ricompensa personale ci siamo cibati di lui. Quando ripartimmo per tornare alla base, dell'animale rimanevano solo le ossa ancora insanguinate…
 
Dopo la nostra prima missione se ne susseguirono altre, in posti dispersi, nascosti. Il mondo sta cambiando sempre di più. Vediamo le città rimpicciolire a vista d'occhio mentre vengono distrutte dalla natura in cerca di vendetta. Ci sentiamo tutti come quella natura ferita. Cerchiamo vendetta anche noi. Siamo stati creati dalla nostra stessa specie. Ci temono, ma riescono a tenerci a bada. Per quanto ci abbiano impedito di avere relazioni di ogni genere tra noi, non hanno potuto toglierci i sentimenti. E tra noi dieci che restiamo si è venuto a creare una specie di affetto fraterno silenzioso. I nostri creatori lo sanno e usano questi sentimenti contro di noi, perché non vogliamo perderci. Probabilmente arriverà il giorno in cui riusciremo a disfarcene completamente, ma per ora ce ne restiamo buoni. Non abbiamo ancora compreso lo scopo per cui siamo stati creati."
 
Tra i cambiamenti climatici e ambientali se ne verificarono anche degl'altri. Più inquietanti, più macabri, più debilitanti. La prima mutazione avvenne negli animali. Tutti persero il pelo per il grande caldo. I carnivori diventarono ancora più aggressivi preferendo gli esseri umani come vittime. Gli onnivori passarono piano, piano ad essere esclusivamente carnivori e gli erbivori scomparirono completamente, incapaci di adattarsi alle nuove diete, incapaci di fuggire dalla ferocia dei più forti. La terra non regalava più niente a nessuno. Secca e sterile, non crescevano più neppure le erbacce.
Qualsiasi essere animale non si riproduceva più, tuttavia, le bestie più sanguinarie non mancavano mai. Radevano al suolo interi villaggi, fino a costringere gli umani a nascondersi sotto terra. Fu allora che vennero alla luce i segreti di chi aveva assistito con disinteresse alla distruzione della razza umana e del mondo. Salivano voci che tutta quella morte fosse arrivata da quei sotterranei. Corridoi bui e abbandonati da chissà quanto e nelle profondità la personificazione della morte. Non agivano in nessuna maniera. Rimanevano immobili. Statue di carne che non emanavano un fiato e neppure emozioni. La loro rigida calma terrorizzò i sopravvissuti a tal punto che preferirono venire squartati dai mostri piuttosto che stare vicino a loro. Innominabili, inguardabili, immortali. Nessuno sapeva da dove arrivavano o da quanto se ne stavano nascosti là sotto. Dopo la loro scoperta, qualcuno in cerca di vendetta tentò di distruggerli in quei corridoi bui, ma non tornò mai in superficie. 
Qualcuno pensò che potesse essere sicuro stabilirsi nei dintorni dell'entrata di quei sotterranei e così effettivamente fu. Pur continuando a vivere nel terrore di quegli esseri, i mostri non vi si avvicinavano. Chi ci provava, veniva eliminato con un solo colpo. 
 
"A quel breve e rigido inverno pochi sopravvissero all'interno della base sotterranea in cui ci tenevano. Quelle morti furono insostituibili, vista la segretezza del tutto, così il personale calò drasticamente. Da quel momento abbiamo cominciato a girovagare indisturbati tra i corridoi. Sembrava che fossero rimasti soltanto degli scienziati terrorizzati e incapaci di tenerci testa. Dopo aver studiato la situazione per qualche giorno abbiamo cominciato a sterminare tutti i sopravvissuti all'interno della base. Vendetta volevamo e vendetta abbiamo ottenuto. Pur non riavendo indietro niente eravamo soddisfatti di come era andata a finire. Dopo la strage abbiamo vagato per tutta la base per assicurarci di essere davvero gli unici. Ne trovammo solo uno ancora vivo, in una stanza piena di schermi, la maggior parte spenti. Quando entrammo il tizio ci dava le spalle ed era ubriaco. Nei suoi deliri che puzzavano di alcol capimmo che doveva essere un pronipote di chi aveva dato inizio a questo progetto schifoso. Non lo uccidemmo subito. Lo riempimmo di domande riguardo il progetto. Ci rispose che noi avremmo dovuto ripopolare il mondo una volta che tutti fossero morti, che tutti gli eventi che erano successi erano stati ampiamente previsti, seppure con qualche anno di errore. Scoppiammo nella nostra peggiore ira, quasi litigammo per affondare tutti almeno un artiglio nella sua carne più e più volte. Dopo di lui la base fu a nostra completa disposizione..."
 
I primi esploratori si fecero coraggio per esplorare quella struttura che si sviluppava piani e piani in profondità. Le tracce di sangue rappreso e i cadaveri che cominciavano dal piano terra si facevano sempre più frequenti a mano a mano che scendevano. Al quarto piano trovarono una stanza piena di schermi. Al centro della stanza erano sparse delle bottiglie di alcolici vuote attorno ad una sedia con un cadavere brutalmente mutilato. Da quel cadavere capirono che in quella struttura doveva esserci qualcosa di terribilmente furioso.
 
"Da qualche giorno sentiamo rumori e odori provenire dai piani di sopra. Annusiamo, ascoltiamo, ma non ci attira niente. Ce ne rimaniamo in silenzio, nel nostro piano originario. Abbiamo sfondato i muri di tre stanze per farne una unica per poter stare tutti insieme. Immobili. Silenziosi. Ascoltiamo i passi di curiosi che scendono sempre più. Forse domani arriveranno al nostro piano per scoprirci...
 
I primi esploratori arrivarono e dopo averci trovati scapparono a gambe levate. Qualcun altro scese tempo dopo e cominciò a farci domande a cui non sapevamo rispondere come: da quanto siamo qui? Perché siamo qui? Che cos'è questo posto? Perché non li abbiamo salvati?  Perché non li aiutiamo? Non appena sentivano le nostre voci si terrorizzavano talmente tanto che se ne andavano felici di non aver ricevuto alcuna risposta. E dopo quelli che facevano domande cominciarono ad arrivare quelli armati, che volevano farci uscire con la forza per giustiziarci in pubblico. Poveri idioti. Volevano catturarci, ma non appena ci alzavamo in piedi scappavano a gambe levate, così noi li seguivamo, portandoli a rintanarsi nella stanza in cui eravamo stati portati il primo giorno per poi chiuderli là dentro, dimenticandocene.  
 
Col passare del tempo non si fa vivo più nessuno. Di sopra si sentono rumori leggeri di persone che si accontentano della nostra falsa protezione. Noi ce ne stiamo qua sotto e attacchiamo soltanto le bestie che si avvicinano troppo al nostro territorio. Diventiamo sempre più simili ad animali. Proteggiamo il nostro territorio e nient'altro. Quelli della nostra stessa forma, che ci rinnegano e che ci odiano, sono soltanto dei parassiti spacciati..."
 
Il caldo durò per una trentina d'anni circa, dopo di che il clima tornò mite. I sopravvissuti ebbero un paio d'anni di pace, poi arrivò una nuova piaga. Nonostante le temperature fossero migliorate, la Terra non era ancora soddisfatta della sua vendetta. Proseguì nei suoi piani con una terribile epidemia che sembrava propagarsi per via aerea. Ai malati veniva la febbre molto alta per un paio di giorni, poi sembrava passare. Dopo la febbre sembrava come se i malati perdessero il senno. Paranoici, cominciavano a parlare di "qualcosa" che si muoveva dentro di loro, che non dava loro pace. I giorni di pazzia variavano in base alla forza di ciascuno, ma portavano inevitabilmente al suicidio, nel tentativo di liberarsi di quel "qualcosa". I sopravvissuti non si azzardarono mai a toccare i cadaveri. Quando un familiare o un vicino si ammalava tutti gli rimanevano il più lontano possibile. Veniva rinchiuso in casa, come un carcerato e gli veniva portato soltanto il minimo indispensabile per sopravvivere quei pochi giorni che gli rimanevano.
 
"I rumori ai piani più alti diminuiscono sempre di più. Ogni tanto sentiamo lamenti, pianti, urla strazianti di persone addoloratissime. Nell'aria comincia a farsi sentire un odore strano assieme a quello della morte. Rimaniamo rintanati nel nostro buco, immobili, silenziosi. Non c'è nulla che ci possa attirare là fuori. La fame e la sete non ci toccano, non sentiamo mai i muscoli intorpiditi. Potremmo essere scambiati per statue se solo non fossimo così reali...
 
Un temerario è sceso quaggiù, era in preda al dolore. Si teneva la torcia stretta al cuore, come se gli potesse dare conforto mentre ci illuminava. Quando ci trovò, tirò fuori dalla maglietta dei fogli ingialliti e ci disse che sapeva chi eravamo e cosa ci facevamo lì. Iniziammo a innervosirci, ma rimanemmo ai nostri posti, sempre immobili. Non vedendo reazioni esplicite iniziò a dire dei nomi. A quel punto non riuscimmo a trattenerci e ci alzammo in piedi. Lui fece un passo indietro impaurito, poi continuò dicendo che aveva trovato dei documenti in cui era scritto che noi dovevamo ripopolare il mondo, ma quello che ci hanno fatto ci ha solo resi completamente insensibili a tutto ciò che ci circondava, portando al completo fallimento il progetto. Quell'uomo non ci disse niente di nuovo, avevamo già scoperto tutto già da parecchio tempo, tuttavia, quella persona non ci aveva ancora sconvolti abbastanza, quindi, non contento, ci supplicò di ridare vita al pianeta. Non siamo riusciti a resistere e siamo scoppiati a ridere rimarcando quello che ci aveva detto lui: ci avevano resi insensibili a tutto quello che ci accadeva intorno...
 
Il temerario non è più tornato. Se n'è andato disperato e deluso dalla nostra reazione. Siamo tornati ad essere statue. Di sopra non si sente più nulla, solo il vento. Siamo immobili nel corpo, ma vedo negli occhi dei miei compagni la stessa amarezza che ha preso anche me.
Quegli esseri un tempo così simili a noi ci hanno trasformati in quello che siamo ora e se ne lamentano pure.  
Quegli esseri così simili a noi hanno portato alla rovina la loro stessa razza, e se ne lamentano pure.
Lasciare che si estinguano completamente porterebbe solo pace ovunque.
Eppure noi eravamo umani.
Eppure loro non si estingueranno mai.
Eppure noi, dovremmo ripopolare il mondo...
 
Fuori dalla base c'è silenzio totale, quasi insopportabile. Alcune bestie sono tornate alla carica, spinte probabilmente dall'odore di morte che trapela dai resti delle abitazioni. Più ne ammazziamo e più ne arrivano. Ma non possiamo farne a meno. Siamo tornati ed essere corrotti dall'ira, non riusciamo più a trovar pace tra noi. Là fuori, la razza umana non esiste già più da un pezzo, probabilmente mesi. A volte ci guardiamo come per chiederci che fare ore che siamo rimasti solo noi. Non restiamo più insieme. Siamo tornati nelle nostre stanze originarie, isolati, sparati. Sembriamo quasi non sopportarci più...
 
Ho tentato di andarmene da sola, ma non appena ho messo piede fuori dalla base con l'intenzione di abbandonarla, mi sono sentita persa. Eppure con i sensi che ho sviluppato potrei fare il giro del mondo e tornare esattamente qui. Qualcosa mi ha stretto lo stomaco e mi ha impedito di andare più in là. Ho visto altri provarci, ma sono tornati esattamente com'è successo a me. Da anni ormai non ci separiamo più, siamo l'uno il conforto dell'altro. Siamo passati tutti per la stessa storia e sappiamo ciò che ognuno ha provato e prova tuttora. Mi sorge un dubbio: possibile che ci sia rimasto ancora qualcosa di umano?"
 
Passarono molti anni ancora dopo l'estinzione della razza umana. Il mondo sembrò tornare come nelle epoche precedenti alla sua comparsa. La terra si arricchì di nuovo di vegetazione e l'aria si purificò. Le cicatrici lasciate dall'uomo si stavano rimarginando pian piano. Dopo più di un secolo, nel mondo cominciarono a vedersi delle figure umane camminare ancora sulla terra. Si trattava di un piccolo gruppetto di sei o sette membri. Avevano viaggiato per un po', poi si stabilirono in un posto e cominciarono a costruire delle abitazioni.
Passarono altri anni e pian piano la vita iniziò a tornare.
 
"Nella completa solitudine della base siamo riusciti a ritrovare gli esseri umani che c'erano in noi e improvvisamente ci esplosero delle emozioni inarrestabili. Abbiamo viaggiato fino a stabilirci qui dove siamo ora. Caso strano, ci siamo "divisi" in quattro coppie, senza troppi litigi. Ogni coppia è riuscita a procreare solo una volta. Visto che siamo una donna in più degli uomini, ho preferito tirarmi indietro io.
Non ho ancora dimenticato.
Non ho desiderio di passare il mio corredo genetico a qualcuno, vorrei solo riaverlo tra le braccia...
I miei compagni mi capiscono. Mi stanno vicini, ma non troppo. Sono la zia di tutti i piccoli che stanno crescendo. Almeno loro sembrano essere normali...
 
Prima che mi si affezzionassero troppo ho deciso di andarmene. La vita in quel posto mi stava annoiando più di quando ce ne stavamo immobili nei sotterranei della base. Ho cominciato a vagare pur sapendo benissimo dove mi trovavo. Ho camminato e camminato, cacciando di tanto in tanto, non per fame o bisogno, ma per semplice sfogo. Ho trovato una collinetta su cui mi sono arrampicata e una volta in cima la vista è stata irresistibile. Ho messo radici su quella collinetta, mi sono costruita una casa e mi ci sono stabilita."
 
Passarono altri tre secoli e tornò a esistere di nuovo la società fiorente che c'era prima, ma grazie agli insegnamenti degli Immortali non fecero gli errori che vennero fatti in passato. Tutti ebbero più cura della Terra e dei loro vicini. Poi, un giorno, gli immortali scomparvero. Considerandoli Dei, gli umani eressero statue in loro nome e continuarono a vivere sotto i loro insegnamenti.
 
"Uno dei miei vecchi compagni è venuto a trovarmi un mese fa dicendo che era arrivata la nostra ora. Mi ha raccontato di aver assistito alla morte di uno di noi. Sembra che quando viene il nostro momento veniamo raggiunti da quelle persone che sono state bruciate sulle pire secoli fa...
 
Aspetto il suo arrivo da mesi, ma ancora non c'è traccia di lui. Dei miei compagni non ne è rimasto nessuno. Giù in città ci venerano come Dei chissà se conoscono la nostra vera storia...
 
Da un paio di giorni mi sento osservata. C'è qualcuno in casa. Spero sia arrivato...
 
Finalmente lo sto rivedendo. È proprio qui, seduto di fronte a me e mi sta chiamando. Siamo stati lontani per così tanto tempo.  
Lascerò il diario e la casa così come sono ora. Se qualcuno leggerà queste pagine, potrà trovare le coordinate della base dove siamo stati creati. Trovate la nostra storia e non ripetetela mai."
 
Chiuse il diario, si alzò, prese per mano il suo uomo e uscirono. Il tramonto si stagliava davanti a loro, sopra la città. Si sedettero sul prato della collinetta e rimasero lì finché lei non perse completamente le forze, poi, svanirono nel nulla insieme.
   
 
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