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Autore: Claire DeLune    14/03/2019    0 recensioni
In questa raccolta di one-shot, sempre ambientata nel zuccheroso mondo di Amour Sucré, troverete le esperienze di diversi personaggi, principali e secondari, seguendo le tracce dei concorsi ufficiali sul forum di DF. I capitoli saranno randomici, basati sull'ispirazione del momento piuttosto che sull'ordine di pubblicazione sul sito ufficiale.
҉
[Nath, è l’unica parola che ti sovviene alla mente e nemmeno tu sai che tipo di desiderio tu voglia esprime, pronunciando quel nome che così tanta mestizia ti procura.
Forse desideri di dimenticarlo definitivamente, gettando l’ultimo frammento di lui che ti rimane al silenzio delle pallide stelle.]

La rottura con Nathaniel è stata sofferta, dolorosa. Per quattro anni hai rimpianto di non essere rimasta con lui, di non aver sfidato i tuoi genitori per il vostro amore. E per altrettanti quattro anni hai sperato di poter tornare sui tuoi passi, ti poter tornare da lui. Ma l'ultima cosa che avresti immaginato di trovare al tuo ritorno era un Nathaniel totalmente cambiato nell'aspetto e nel cuore.
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Nathaniel, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tratta dal concorso Te lo dice mamma.
9.
Cosette
 
   Rosalya assomigliava indubbiamente a sua madre, due gocce d’acqua. Aveva ereditato il suo sorrisetto furbo e l’allegria contagiosa, incorniciata dai nivei capelli. Solo gl’occhi li aveva rubati al padre, quell’oro liquido, caldo e felino tipico di una lince.
   Chiuse nello studio della madre, Rosa la osservava disegnare un bozzetto per uno dei costumi della prossima rappresentazione teatrale di cui era la costumista.
   «Mamma», la chiamò quasi sovrappensiero, «Come hai conosciuto papà?».
   La donna sollevò lo sguardo sulla figlia con un debole sorriso a tingerle il viso di dolcezza, «Non ti abbiamo mai raccontato del nostro primo incontro?», Rosalya scosse la testa, «È successo tanto tempo fa, a una mostra…».
 
   Erano gli anni Ottanta, una giovane donna con un’alta coda cotonata, le palpebre colorate dall’ombretto vivace e il fisico sottile avvolto da un body con le spalline rigide e un’ampia gonna di tulle, studiava con insistenza la tela affissa alla parete difronte a lei, sorseggiando del prosecco da un flute.
   «Ti piace?», proruppe una voce baritonale alla sua sinistra. Lei si voltò, puntando lo sguardo algido in quello arguto del ragazzo al suo fianco; aveva una luce sicura negl’occhi, intelligente, che spiccava sull’incarnato mandorla. Era piuttosto alto e dal fisico strutturato, messo in evidenza dal completo grigio che indossava. Il nodo della cravatta azzurra era leggermente allentato e, sopra di esso, il primo bottone della camicia era slacciato, immagine che contrastava coi capelli castani ordinati dal gel. Anch’egli teneva in mano un bicchiere di vino, muovendolo di tanto in tanto mentre parlava.
   «Cosa ci fa una così bella ragazza tutta sola?».
   «Che cosa ti fa credere che sia sola?», lapidò lei, poco prima di lanciargli un mezzo sorriso. Era ovvio dove lui volesse andare a parare.
   Di rimando lui sorrise a mezza bocca, tornando a guardare il quadro con interesse, «Ho sempre ammirato i paesaggi di Monet, hanno un effetto rilassante».
   «A me mettono una leggera inquietudine», rispose Crystal, calamitando l’attenzione del giovane nuovamente su di sé.
   «Sei un’artista?».
   «Costumista teatrale. Ma per me le due arti vanno di pari passo. Vengo spesso qui, quando cerco ispirazione».
   «Su cosa stai lavorando?», domandò lui, poco prima di sorseggiare un goccio di liquido paglierino.
   «Les Misérables».
   «Fammi indovinare: cerchi ispirazione nelle opere di Monet per l’abito bianco di Cosette».
   Fu lei stavolta a girarsi in direzione del giovane uomo, e lo fece di scatto, totalmente catturata da quelle parole. Non solo aveva dimostrato una raffinata conoscenza in ambito teatrale, ma ne era talmente coinvolto, da arrivare a intuire per quale motivo la ragazza fosse così concentrata ad analizzare il candido e morbido vestito che portava la protagonista del dipinto, intenta a passeggiare per la brughiera di Argenteuil, accompagnata da un uomo altrettanto elegante e da un bambino.
   Lui ridacchiò a quell’occhiata ricca di stupore, che si scontrava con l’impenetrabilità del resto della sua espressione. Era riuscito a smuoverla, a far vacillare la corazza che tanto si ostinava ad ostentare.
   Le porse la mano, presentandosi, e lei la strinse ancora un po’ titubante, ma decisamente più sciolta rispetto a prima. Peter non le sembrò più il classico provolone, bensì cominciò a vederlo come un giovane di cultura e dal fascino imperturbabile.
   Chiacchierarono per tutto il resto della serata, fino a quando gli organizzatori della mostra non fecero capire loro che era giunto il momento di levare i battenti.
   Con un gesto della mano, Peter fermò un taxi e le aprì la portiera, aiutandola a entrare nell’abitacolo, «C’è una mostra la settimana prossima. Ti aspetterò lì».
   Non le permise di replicare, perché subito richiuse la portiera e l’autista partì, costringendola a restare col naso incollato al finestrino a fissare la figura di Peter. Lo osservò sparire in mezzo al viavai di parigini che passeggiavano per i marciapiedi anche di notte, finché la notte stessa non lo inghiottì
   
 
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