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Autore: Kim WinterNight    16/03/2019    6 recensioni
Painkiller: antidolorifico.
Di questo avrebbe bisogno Cosimo, un ragazzo di appena trent'anni costretto a sopportare un'esistenza dolorosa e difficile.
Va avanti senza alcuna pretesa, se non quella di riuscire a ignorare la sofferenza che la sua situazione famigliare gli provoca.
Non nutre alcuna speranza per il suo futuro, è convinto che la sua situazione non potrà mai cambiare e che il suo destino sia stato già scritto e deciso.
Riuscirà l'incontro con Enea a fargli cambiare idea?
Tre capitoli per raccontare una storia in apparenza semplice, che trova le sue radici e la sua ispirazione nella crudele realtà di tutti i giorni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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III 
 


 
 
 
Trascorsi la settimana a lavorare per il mostro, distruggendomi le ossa e la dignità. Trascorsi ore infinite con lui, sentendomi appellare in modi orribili, sentendomi umiliare in ogni momento e senza alcun pudore.
La sua voce era diventata come un cancro per me, la udivo anche nei rari istanti in cui non ce l'avevo attorno, e mi perseguitava anche durante la notte. Dormivo poco e il mio sonno era tormentato e ben poco ristoratore.
L'orco mi aveva promesso che me l'avrebbe fatta pagare, e lui manteneva sempre le sue orribili promesse. Era un uomo di parola, dopotutto.
Quando il sabato arrivò, uscii molto presto di casa, prendendo la mia auto ammaccata e raggiungendo in fretta il luogo del mercatino.
Mi accostai a Enea quando ancora c'era poca gente, erano appena le sette e mezza e lui era impegnato a sistemare con minuzia la sua merce sul banco.
Quando mi vide, prima sorrise calorosamente, poi i suoi occhi si rabbuiarono. Aveva capito subito che non stavo affatto bene, si notava dalla mia espressione sfinita e dalle mie mani graffiate e tagliate. Inoltre, non facevo che tossire e avvertivo un bruciante e fastidioso mal di gola.
«Cosimo...» articolò, lasciando cadere un lembo del telo che stava sistemando sul tavolo. «Cosa ti è successo?»
Non aprii bocca, mi limitai ad arrossire. Certamente non potevo raccontargli la verità, mi vergognavo e sapevo che avrebbe cambiato idea su di me, ma ero anche conscio che mi avrebbe convinto a parlare. Lui riusciva a tirarmi fuori la verità, lui riusciva a capirmi al volo e voleva conoscere la causa dei miei mali.
«Cosimo, mi dici che succede?» ripeté, accostandosi a me e posandomi una mano sulla spalla.
Io evitai accuratamente di incrociare il suo sguardo, mi sentivo veramente inadeguato di fronte a quell'uomo, lui che aveva superato tante difficoltà e non si era lasciato abbattere come me.
«Dai, mi fai preoccupare... Cosimo, guardami» mi incoraggiò, sfiorandomi appena il mento con le dita.
Mi sentii il viso andare in fiamme e sollevai piano gli occhi, posandoli sui suoi. Erano caldi, bellissimi, pieni di preoccupazione e apprensione per me. Qualcosa si contorse e si sciolse all'interno del mio cuore, forse la consapevolezza di quanto Enea tenesse a me e detestasse vedermi così affranto.
«Io...» fu tutto ciò che riuscii a farfugliare.
«Cristo, ma che ti hanno fatto? Se è stato tuo padre, giuro che stavolta mi incazzo! Cosimo, senti un po'...» Mi afferrò saldamente per le spalle e mi fissò con determinazione. «Adesso basta. Non puoi andare avanti così. Devi reagire, io non sopporto queste ingiustizie, chiaro? E non sopporto che qualcuno tratti male i miei amici» affermò senza alcuna esitazione.
Lo guardai incredulo. Davvero l'aveva detto? Dovevo aver udito male, non poteva avermi incluso nella lista dei suoi amici.
Poi i suoi occhi si fecero ancora più intensi. «E non sopporto chi tratta male te» aggiunse con sicurezza.
Il cuore mi sprofondò all'interno del petto, le gambe presero a tremare e la pelle del mio corpo andò completamente a fuoco. Avevo capito male, dovevo essere talmente frastornato che anche la mia integrità mentale aveva deciso di abbandonarmi.
«Cosimo, raccontami cosa è successo» mi ordinò, ma il suo modo di parlare fu dolce e premuroso, non c'era traccia di violenza nella sua voce calda e apprensiva.
Mi portai una mano fra i capelli e sospirai, per poi cominciare a rimettere insieme i pezzi della settimana che avevo appena trascorso. Vuotai completamente il sacco, gli raccontai ogni singola cosa e subito mi accorsi che mi sentivo meglio. Era liberatorio parlare con quell'uomo, era una cura per la carcassa ansante della mia anima distrutta. Potevo quasi illudermi che le cose sarebbero andate bene.
Enea mi afferrò per un braccio, mi condusse sul retro del suo furgone e mi fece sedere com'era successo una settimana prima. Si accomodò al mio fianco e, senza pensarci due volte, mi prese tra le braccia e mi strinse forte a sé, cullandomi con tanta delicatezza e dolcezza, che quasi stentai ad associare al suo aspetto rude e al suo atteggiamento sicuro e determinato. Non piansi com'era successo la volta precedente, mi limitai ad aggrapparmi al suo corpo in silenzio, ricambiando l'abbraccio e affondando il viso sulla sua spalla.
«Cosimo, ascolta. Sei un ragazzo speciale, mica devi farti trattare così... tu meriti di meglio, tu meriti tanta felicità e tanto amore» sussurrava, e nel frattempo mi carezzava piano i capelli e la schiena.
Io tremavo e rabbrividivo sotto il suo tocco, rendendomi conto per la prima volta di quanto mi fosse mancato durante la settimana appena trascorsa, di quanto ormai fossi dipendente da quel contatto bizzarro e mortalmente sbagliato. Fui consapevole di quante lacune e mancanze affettive mi portassi dietro e di quanto mi sentissi solo al mondo. Tutto questo spariva soltanto quando Enea mi stringeva a sé e mi parlava con dolcezza, come se non volesse lasciarmi tornare alla mia misera e deplorevole vita.
«Ho un piano, ascoltami.» Enea mi fece scostare da sé e mi guardò negli occhi, senza spostare le mani dalle mie braccia. «Devi assolutamente andare via di lì, ti porterò via da quell'inferno.»
Mi lasciai sfuggire un rantolo strozzato, improvvisamente invaso dal terrore. «No! Lui non lo permetterà mai, verrà a cercarmi, farà del male a entrambi e... e... non posso lasciare i miei animali e le mie piante, lui distruggerà e ucciderà tutto! Grazie, ma...»
«Non può impedirti di andare a lavorare, Cosimo.»
Lo fissai confuso e attesi che mi spiegasse meglio.
«Vorrei che tu venissi a lavorare con me. Durante la settimana c'è da fare in negozio, e nel weekend ce ne andiamo per mercatini. In questo modo starai poco e niente a casa, e non dovrai lasciare le tue piante e i tuoi animali» disse con semplicità.
«Ma... ma... chi baderà a loro? Chi preparerà il pranzo? Mia madre non... io non posso. Non mi è stata concessa la possibilità di scegliere, non posso avere una vita normale» gli feci notare, abbassando il capo.
Enea mi costrinse a sollevare il mento, stavolta afferrandolo con decisione in modo che non potessi sfuggirgli. «Si arrangeranno, chiaro? Tu non sei di loro proprietà, tu non sei di nessuno. Sei una persona, non un oggetto o uno schiavo!» disse con fervore, gli occhi fiammeggianti a dimostrare che credeva davvero in quelle parole. «Se non sono in grado di cucinare e pulire casa, possono assumere qualcuno. Lo pagano e via. Questi non sono problemi tuoi, Cosimo. Per quanto riguarda i tuoi animali e le tue piante... puoi dedicarti a loro nel tempo libero, e nel frattempo possiamo trovare una persona che le curi quando sei al lavoro. Ho già in mente qualcuno, tu non devi preoccuparti.» Fece una pausa e le sue dita lasciarono andare il mio mento, scivolando piano sulla mia guancia. «Voglio solo che tu stia lontano da lì il più possibile. E se non basterò, ti porterò via da lì. Hai capito?»
Ero sconvolto, non riuscivo più a protestare né a respirare. Sentivo le sue carezze sul viso, sentivo le sue parole apprensive fare breccia tra i cocci del mio cuore, sentivo la sua vicinanza confortarmi e rendermi un poco più forte. Tutto insieme a lui sembrava possibile, semplice, risolvibile.
«Io non... sei gentile, davvero, ma... non so se...»
Enea sospirò e prese il mio viso tra le mani, scrutandomi attentamente. «Cosimo, cosa devo fare per farti capire che sei speciale e che io non posso sopportare che qualcuno ti faccia del male? Senti, so che sono veramente inadeguato, ma ti assicuro che tengo moltissimo a te. Le cose tra noi non possono funzionare, mi sento proprio un pervertito a dirtelo, ma mi piaci. Mi sento legato a te, c'è un sentimento che non so spiegarmi... ma so, ragazzo mio, so che tu sei giovane e non puoi sprecare la tua vita con uno come me. Però voglio fare tutto il possibile perché tu stia bene, perché prima di tutto siamo amici. E gli amici si aiutano sempre, si sostengono, danno l'uno la vita per l'altro. Capisci?»
Sbattevo ripetutamente le palpebre. Gli piacevo? Chi, io? Ma stava impazzendo? Anche lui era diventato folle come il mio orco? Non poteva essere così. Forse quel mostro di mio padre mi aveva drogato e ora stavo avendo un'allucinazione molto forte, sì, doveva essere questa la verità. Altrimenti non avrei saputo come spiegarmelo.
Ma le sue mani su di me, la sua voce, il suo respiro, tutto era troppo reale per far parte di un'allucinazione.
«Hai capito? Non ti lascerò a marcire lì dentro, Cosimo. Di questo non dubitare» concluse, per poi lasciarmi un breve bacio sulla fronte.
Il contatto con le sue labbra fu fugace, quasi impercettibile, ma le avvertii chiaramente: così morbide, calde, rassicuranti. Era quasi impossibile che gli appartenessero, a vederlo così non si sarebbe mai detto.
Non sapevo cosa rispondere, così non lo feci. Rimasi fermo, in silenzio, con il viso e il corpo in fiamme. Avrei dovuto dirgli qualcosa, fare qualcosa, ma io non ero capace di amare, non ero capace di dimostrare affetto, non sapevo come ci si comportava in una situazione del genere.
«Ti ho spaventato?» sussurrò Enea.
Scossi il capo. «Io volevo...» provai a dire, ma subito mi fermai. Sollevai il capo e lo guardai con fare smarrito, senza sapere assolutamente dove sbattere la testa. Osservai attentamente la sua pelle chiara e un poco segnata dagli anni, gli occhi scuri e penetranti, i lineamenti marcati nascosti da un po' di barba, le labbra sottili e i capelli brizzolati che gli donavano divinamente. Non riuscivo più a staccare lo sguardo da lui, era immensamente perfetto, era tutto ciò che avevo sempre desiderato. Ed era lì, di fronte a me, a sorridermi appena e con le mani ancora sul mio viso.
Lui parve leggermi nel pensiero, mi attirò un po' più vicino a sé e mi abbracciò forte, con fare protettivo. «Ti proteggo io, ragazzo mio» mi assicurò, tornando a insinuare le dita tra i miei capelli.
Nonostante non trovassi il coraggio per dirglielo, avevo deciso di accettare la sua proposta. Il solo fatto di sapere che lui provava qualcosa per me mi dava sollievo, mi faceva capire che forse anche io meritavo un briciolo di rispetto e affetto.
Il mio cuore batteva all'impazzata mentre un'idea malsana si faceva largo nei miei pensieri, divenendo man mano più prepotente e pressante: avrei voluto che mi baciasse, ma non avevo la minima idea di come si facesse, di come avrei dovuto agire e pormi nei suoi confronti. Aveva detto che tra noi non avrebbe funzionato, forse era convinto che io non provassi lo stesso per lui, che desiderassi farmi una vita e una famiglia come tanti altri uomini, che sognassi di avere al mio fianco una bella donna. Ma non era così, non lo era affatto.
Tutto ciò che mi serviva per stare bene era lui, ma non riuscivo a trovare il coraggio per farglielo capire.
«Allora? Accetti la mia offerta di lavoro?» mi chiese dopo un po'.
Mi allontanai da lui per poterlo guardare in faccia. Annuii piano. «Grazie» mormorai, poi venni scosso da un accesso di tosse.
«Ma prima devi andare da un dottore e rimetterti in forze. Me lo prometti?»
Annuii ancora e lasciai che mi accarezzasse le tempie e le guance. Il fatto che non mi sottraessi alle sue attenzioni avrebbe dovuto fargli capire che ricambiavo i suoi sentimenti, che anche lui mi piaceva e che volevo di più. Anche se mi sentivo inadeguato e incapace, anche se ero inesperto e del tutto estraneo a certe cose.
Io tenevo le mani poggiate sul ripiano su cui eravamo seduti, non riuscivo a rendermi audace e sollevarle. Forse avrei dovuto, mi rendevo conto di essere un vero disastro, ma certe situazioni erano troppo imbarazzanti per me, non potevo farci niente.
Enea fece scorrere un dito sul mio mento, poi tracciò il profilo delle mie labbra e io sussultai, ritraendomi improvvisamente. Non mi aspettavo quel gesto, non ero pronto ad affrontarlo.
Lui tenne la mano a mezz'aria, fissandomi con aria preoccupata. «Scusami, hai ragione. Devo mantenere la calma, Cosimo.»
Mi ritrovai a scuotere il capo energicamente, non volevo allontanarlo, ero soltanto rimasto scosso da quell'azzardo.
Lui mi osservò e si sciolse in un caldo sorriso. Prese le mie mani tra le sue e le strinse forte, tenendo il viso a pochi centimetri dal mio. «Cosimo?» mi chiamò.
Rimasi in attesa che parlasse.
«Posso baciarti?» domandò. Era così, lui: diretto, schietto, senza peli sulla lingua. Eravamo due opposti.
Annuii impercettibilmente, ma mi sentii in dovere di spiegargli qualcosa. «Io non ho... non so cosa fare, mi dispiace tanto...» farfugliai in completo imbarazzo.
Enea si lasciò scappare una breve risata, poi replicò: «Baciami e basta».
Detto questo, mi trascinò contro di sé e premette delicatamente le sue labbra sulle mie, mentre guidava le mie mani sul suo petto e mi circondava con le braccia. Mi lasciò alcuni leggeri baci a fior di labbra, poi si fermò e mi guardò ancora negli occhi. Il suo sguardo era caldo e liquido, mi faceva fremere da capo a piedi.
Non sapevo spiegare cosa stessi provando, sapevo soltanto che volevo farlo ancora. Enea portò la mano destra tra i miei capelli, sulla mia nuca, e si accostò nuovamente al mio viso, invitandomi a stargli ancora più vicino.
Quando sentii la sua lingua carezzare piano le mie labbra, fremetti come non mi era mai successo e, di riflesso, aprii la bocca e subito lui la invase, senza lasciarmi il tempo di comprendere cosa stesse succedendo.
Non avrei mai creduto che l'avrei provato davvero, che avrei saputo cosa significasse baciare qualcuno, e ora che stava accadendo, mi sentivo talmente elettrizzato e strano... non potei fare altro che lasciarmi guidare dai suoi movimenti esperti, finché non capii come funzionava. A quel punto cominciai a prenderci gusto e divenni un poco più audace, circondandogli le spalle con le braccia e premendomi più forte a lui.
Era magnifico, incredibile, bellissimo. Sarei stato a baciarlo così per sempre, avrei voluto non dovermi mai più sottrarre a quell'abbraccio e alle sue labbra pazzesche, capaci di farmi dimenticare tutti gli orrori che avevo dovuto sopportare fino a quel momento.
Ci separammo soltanto quando sentimmo la necessità di riprendere fiato. Enea continuava a carezzarmi i capelli e il viso con la mano destra, mentre con la sinistra premeva sulla mia schiena per tenermi stretto a sé. Mi contemplava con ammirazione e dolcezza, senza lasciare mai che i suoi occhi si scostassero dal mio viso.
«Per noi non c'è futuro, Cosimo. Io voglio che tu trovi la felicità con qualcuno più giovane di me, che tu abbia la vita che meriti. Sei troppo giovane e bello per me» mormorò.
Scossi forte il capo, mordendomi piano il labbro inferiore. Sentivo ancora in bocca il sapore inconfondibile del caffè che tanto amava sorseggiare. «No» mi limitai a replicare.
«Andiamo, ragazzo. È stato bello per entrambi questo bacio, ma non posso davvero costringerti a stare con uno come me. Quando morirò, tu sarai ancora giovane e ti renderai conto di aver sprecato gli anni più belli della tua vita» proseguì.
«Gli ho già sprecati» gli feci notare, acquistando un poco di sicurezza. «Ho già trent'anni» aggiunsi.
«Hai tutto da vivere, tutto da fare, da scoprire...»
«No!» esclamai con impeto, sorprendendomi di quanto fossi divenuto improvvisamente serio e fermo nelle mie decisioni.
Enea mi scrutò per un po', poi si lasciò sfuggire un lieve sorriso. «Allora sai essere anche testardo quando vuoi.»
«Sì» confermai.
«Ah, cazzo, ma che mi hai fatto?» se ne uscì, utilizzando un tono di voce un po' troppo melodrammatico. Rise e mi strinse nuovamente a sé, tornando a baciarmi.
Ormai avevo capito come comportarmi, così risposi immediatamente e mi strinsi forte a lui, senza lasciarmi più sfuggire l'occasione di averlo accanto. Non mi importava ciò che mi aveva detto, lui mi piaceva davvero e non potevo lasciarmelo scappare. Non ora che avevo la certezza che lui mi volesse come io volevo lui.
Solo quando stavo al suo fianco riuscivo a trovare la forza per reagire, per guardare la mia misera vita da un'altra prospettiva, per trovare e attuare le soluzioni che fino a quel momento mi ero rifiutato di prendere in considerazione.
E andavo pazzo per i suoi baci e per le sue carezze, andavo pazzo per tutto ciò che lo riguardava e mi sentivo finalmente amato e rispettato come qualunque altro essere umano.
 
 
«Comincio a lavorare.»
In cucina si udì il rumore delle posate che cozzavano sui piatti, quando i miei genitori le misero giù e mi fissarono.
Mia madre era confusa e parve cadere completamente dalle nuvole, mentre il mostro era inorridito e quasi divertito da ciò che avevo appena detto.
«Ah. E dove?» se ne uscì mia madre, per poi riprendere a mangiare la pasta al ragù che avevo cucinato.
«In un negozio di articoli da regalo. E nel fine settimana vado con il proprietario a esporre ai mercatini» spiegai in tono piatto.
Non mi importava più cosa avrebbero pensato, avevo preso la mia decisione e a questo punto non potevo più tornare indietro. L'ultima cosa che volevo era deludere Enea con il rischio di perderlo. Piuttosto mi sarei fatto uccidere da mio padre.
Quest'ultimo scoppiò a ridere e allontanò il piatto con stizza, ma prima vi sputò dentro con disgusto. «Pensa un po', la merda che va al lavoro? Che notizia!»
«Già» replicai risoluto.
«Ma Cosimo, io come farò?» si lamentò mia madre. «Chi verrà a prendermi al lavoro? Chi baderà alla casa?»
Mi strinsi nelle spalle. «Non lo so. Però devo guadagnarmi da vivere, avrò una buona paga e non peserò su di te» le dissi, ignorando completamente i grugniti del dinosauro che stava seduto di fronte a me.
«Cristo santo...» sussurrò lei, portandosi le mani in testa.
«Assumi qualcuno perché ti aiuti, mamma. Abbi pazienza. Lavorerò a tempo pieno e non potrò tornare per pranzo. Qualche volta potrò pensare alla cena, ma non sempre. Dipende da che ora finisco in negozio. E nel fine settimana sarà praticamente impossibile. Verrà un uomo qui a badare ad animali e piante, a questo ho già pensato.»
L'orco si mise in piedi e diede un calcio alla sedia, poi afferrò il bicchiere in vetro e lo scagliò sul pavimento.
Lo fissai con disprezzo. «Bene, ora tocca a voi pulire, io devo andare. Comincio questo pomeriggio» annunciai, per poi alzarmi.
Vederlo sputare sul cibo che avevo preparato mi aveva fatto passare la fame.
Andai in camera mia, presi la giacca, il cellulare e le chiavi della macchina, richiusi a chiave la porta e mi avviai fuori di casa.
Erano trascorsi due giorni da quando Enea mi aveva proposto di lavorare con lui, e da allora non lo vedevo.
Salii a bordo e guidai con calma verso il paese in cui si trovava il suo negozio. Ci misi un po' per arrivare, ma quando finalmente giunsi a destinazione ero euforico e felice.
L'uomo mi accolse con un caloroso sorriso e mi abbracciò dolcemente, lasciandomi un breve bacio a fior di labbra.
«L'hai detto ai tuoi?» volle sapere.
Gli raccontai com'erano andate le cose, e la scena parve divertirlo parecchio poiché scoppiò a ridere e mi scompigliò affettuosamente i capelli.
«Sono orgoglioso di te» ammise poi, facendosi nuovamente serio.
Mi sentii avvampare, rendendomi conto che mai nessuno mi aveva detto delle parole così belle e sincere. Ero sempre stato insultato e trattato con disprezzo, forse non mi sarei mai abituato alla dolcezza del mio Enea.
«E ora mettiamoci al lavoro, hai tanto da imparare!» esclamò con entusiasmo.
Da quel momento in poi sarebbe cominciata la mia nuova vita e io avrei fatto di tutto per tenermela stretta, lottando con tutte le mie forze per meritare il posto che Enea mi aveva concesso al suo fianco.
Come lavoratore e come compagno di vita.
 
 
 
 
 
 
♣ ♣ ♣ ♣
 
Eccoci arrivati alla fine di questa piccola avventura, cari lettori!
Questa storia è nata con l’intento di incoraggiare chi non crede nella vita, nel cambiamento e nella lotta per qualcosa di meglio!
Ho voluto soltanto portare un po’ di positività, ho voluto dare al racconto un lieto fine e spero che questo vi sia piaciuto e non sia risultato troppo banale o scontato!
Se così fosse, be’, scusatemi, ma non mi andava di lasciare Cosimo in una situazione tanto tragica e insostenibile… ^^
Ci tengo moltissimo a ringraziare chi mi ha sostenuto in questo breve racconto, in particolare alessandroago_94, yonoi e Soul_Shine: grazie di cuore per avermi dato dei consigli, per essere stati sinceri e gentili, e per aver dedicato un po’ del vostro prezioso tempo a leggere questa mia ennesima folle idea :3
Un grazie va anche a chi arriverà qui in futuro, a chi ha letto in silenzio e a chi è capitato qui per caso… è tutto importante per uno scrittore, anche riuscire a raggiungere un piccolo frammento del cuore di una singola persona!
Alla prossima ♥
  
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