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Autore: WiliamTS    16/03/2019    0 recensioni
l'universo è chiuso in una stanza.
il cuore del mondo è custodito in un isola ma la sua natura è incomprensibile alla mente umana. cosa succede quando varchi la porta?
Genere: Fantasy, Horror, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uccidimi.
I cancelli della citta nera erano splendidi. Porte fatte di un materiale scuro pesane, adornate da magnifiche pietre d’argento prezioso, rimanemmo sbigottiti alla sua vista, tale era la sua magnificenza.
Non c’era molto in quella fredda terra che ci potesse aiutare a spostare le pesati porte e nonostante i nostri sforzi, spingendo tutti e quattro in sime, non riuscimmo che a procurarci una risata.
Bill aveva costruito una radio ma non ricevevamo né riuscivamo ad inviare segnali, eravamo in trappola, condannati, il cibo stava terminando, quello strano terreno arido non lasciava crescere che strani alberi dalle forme inconsuete senza foglie e senza frutti, l’erba era velenosa e i pesci sembravano evitare la costa. Stavamo morendo e poi la trovammo. Solo la vista di tale bellezza fu abbastanza da farci scordare la terribile realtà della nostra condizione e a spingerci trovare un modo, un modo per aprire, un modo per passare.
Diventò un’ossessione.
Mentre accatastavamo lattine su lattine nel buco della merda, mentre le batterie della radio si consumavano, noi eravamo la, a battere con forza sulla porta con un tronco malforme d’albero, le mani che strusciano sul ruvido legno, il sudore che inzuppa i nostri abiti, gli abiti di Jane… ma quella visione erotica non era sufficiente a stimolare nulla in me, nonostante i miei precedenti, nonostante mi stesse davanti, sinuosa, quei capelli scompigliati.
pesavamo solo alla porta e dopo molto tempo, quando il cibo fu esaurito come le nostre forze, continuando a battere stanchi e mossi da chissà quale forza, ci sfuggi un colpo più forte, poi un latro e la porta inizio a muoversi emettendo un rumore stridulo e orribile come lo scivolare di due lastre di metallo premute l’una sull’altra all’estremo e mentre noi cadevamo a terra esausti una fessura abbastanza grande da far passare un uomo si era generata, mi ricordo osservare quella porta socchiusa con la curiosità di un bambino, un giovane esploratore alla ricerca dei segreti di una qualche antica civiltà... non potevo immaginare la natura della cosa che “viveva” nascosta dietro quella porta cosi simmetrica. Pulita. incastonata nella roccia di una grotta.
Ma l’eccitazione fu subito sostituita dal terrore.
Quando mossi il mio primo passo nell’oscurità, senti il battere del mio cuore e il rumore dello scorrere del sangue nelle mie vene, sentii il mio corpo contorcersi e dimenarsi da dentro e d’stinto feci uno scatto fuori riconoscendo in me un animale che pensavo fosse stato sepolto sotto la maschera della civiltà moderna, Quando gli altri entrarono, so che sentirono lo stesso, anche se non accettarono il loro istinto, anche se resistettero per non farmi ridere di loro come loro avevano riso di me, lo lessi nei loro volti. Il terrore.
Una torcia illuminava il buio della “stanza”, se cosi si può chiamare, attorno a noi solo buio, buio infinito apparentemente senza pareti, senza soffitto, non aveva senso. Di decidemmo a camminare in avanti finché non avremmo trovato una parete, una fine, e cosi facemmo, camminammo fino a perdere il senso del tempo e dello spazio, camminammo fino a perdere di vista l’entrata, ogni passo era sempre più pesante ma non ci fermammo mossi da una voglia insensata di proseguire. Più camminavo più i miei pensieri si facevano astratti, non riesco a riconoscerli ora come miei né ne ricordo le forme, so solo che la mia lussuria : la maledizione che mi perseguita da anni e per la quale ho perso molto della mia vita aveva in quelle ore o giorni cambiato forma, non era come quando mi abbattevo contro la porta, il mio desiderio, le mie paure, tutto me stesso era presente in quei momenti, solo che era diverso. Tutto me stesso, il mio passato, il presente e il futuro sembravano avvolgersi e avvolgermi in una folle danza macabra o in una chimera delle mille teste senza volto.
Eravamo esausti, moribondi, affamati, quando raggiungemmo la Parete.
Il muro gigante.
Tutt’oggi non so descrivere le forme che erano scolpite in rilievo su quel muro, la torcia che non si era consumata affatto contro ogni logica non rivelava che una parte del disegno, macabre immagini di care e mondi contorti, tempo rappresentato su spoglie di marmo con la precisione di un folle creature inumane che banchettano alla cena della fine dei tempi, olocausti universali e orge infertili di stelle e galassie che collidono. Occhi neri, occhi scuri e freddi che mi fissano, mani deformi o rami malati di alberi insensati e erbe velenose.
Jane mori alla sola vita del graffito.
Oscar e Bill sparirono nel buio.
E io correvo. Fango nero che mi sporca i vestiti e le mani, sono tutto con il buio, galassie, pianeti e collisioni cosmiche che mi circondano mentre io corro, corro verso il nulla in un luogo senza direzione, dietro di me, un fantasma, il putrefatto e ansimante cadavere di Jane che mi fissa ammiccando e alludendo, io corro, corro ma è sopra di me, la porto in spalla con la pelle che le cade e i muscoli che di scompongono, la sua pelle è la mia, la sua carne e la mia, respira, è ancora viva.
 
Quando mi svegliai all’entrata della grotta Jane era a terra, lì con me, decomposta, soffrente, ma viva, una scintilla brillava ancora nei suoi occhi e sulle sua labbra incisa una sola inconfondibile richiesta:
uccidimi.
Quando tornai dai miei simili sparsi la notizia.
Condivisi il sapere che portavo con me.
E nella mia astratta e insensata trasposizione, tramite il potere insito nella mia voce… condussi il Caos attraverso le fessure del tempo.
Arriveranno. Arriveranno. Arrivano.
 
   
 
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