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Autore: Huilen4victory    17/03/2019    0 recensioni
La storia di Seokjin e Namjoon, come si sono incontrati, le difficoltà che hanno attraversato, come si sono quasi persi e come infine si sono ritrovati, anche se lontanissimi dal punto di partenza.
“Signora Kim, Signor Kim, vostro figlio Kim Namjoon è l’anima gemella dell’erede dei Kim, Kim Seokjin.”
Improvvisamente tutti gli sguardi dei presenti si concentrarono su di lui. Namjoon si sentì di nuovo come quella volta in cui aveva rotto senza volere la tazza preferita di sua madre. A quel punto, si disse, tanto valeva mangiare qualcosa. Si infilò un cornetto in bocca per evitare di urlare.
La sua vita, lo sapeva, era sul punto di cambiare ma non sapeva se questa volta avrebbe gradito la svolta.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kim Namjoon/ RapMonster, Kim Seokjin/ Jin, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2.11

 

 

Il tempo perde il suo significato quando non è volto verso uno scopo. Giorni, settimane, mesi, si succedono l'uno dopo l'altro con lo stesso identico insalubre sapore.

Infiniti giorni erano trascorsi sin da quando Namjoon aveva messo piede per la prima volta a villa Kim e ora si preparava a festeggiare il suo diciassettesimo compleanno sotto quelli che all'apparenza sembravano i migliori auspici.

Era riuscito infatti a completare quasi tutti gli esami del secondo anno, a iniziare con successo il suo secondo (terzo) anno accademico e seguiva ormai attivamente, e con zelo, tutte le attività e gli eventi della famiglia Kim in cui era incluso, comportandosi in tutto e per tutto come l'ombra del giovane erede Seokjin come i Kim si erano augurati.

Gran parte del suo lavoro era studiare i documenti e le situazioni in cui Seokjin si sarebbe trovato, capire i protagonisti, individuarne i punti deboli, anticipare le loro mosse di modo che Seokjin non si trovasse mai impreparato. Era raro che Seokjin non sapesse dipanarsi da solo dalle situazioni spinose dal momento che era stato addestrato a ciò da molti anni prima di Namjoon, tuttavia i Kim volevano che Seokjin si concentrasse preferibilmente sulla sua immagine e che quindi ricadesse su Namjoon, il ragazzo dall' QI alto, il peso maggiore delle informazioni.

Perciò se Seokjin aveva un incontro formale con i Park, Namjoon avrebbe dovuto sapere tutto sull'ultimo progetto caldeggiato da questi anche se Seokjin aveva già letto dei briefing a riguardo. Avevano sicuramente ancora molto da imparare entrambi e sapevano che man mano che gli incontri a cui partecipavano si facevano più seri, più pesante si sarebbe fatta la mole di lavoro.

Nonostante ciò il primo console Kim non era parso mai più soddisfatto e persino i sorrisi della signora Kim si erano fatti più caldi, dava spesso mezzi abbracci affettuosi ad entrambi. Namjoon non provava alcun tipo di interesse ne di orgoglio nel riuscire ad essere efficiente come consorte del futuro primo console e la sua unica consolazione, a cui si aggrappava con la forza di un naufrago al suo pezzo di legno durante una tempesta, era che tutto questo avrebbe facilitato Jin.

Il suo spirito non era stato abbattuto, era lui che si era volontariamente sottomesso alla necessità e calpestato i suoi stessi sogni, ma quando vedeva Seokjin sorridergli o sentiva la sua mano stringere la sua, Namjoon sapeva che il maggiore era il suo motivo migliore.

Seokjin si meritava questo e altro e l'ammirazione di Namjoon per lui era cresciuta esponenzialmente. Seokjin non si limitava ad adempiere ai suoi compiti senza fiatare ma dava imput e si opponeva sempre ai discorsi che trovava troppo elettorali. A livello personale, era più affettuoso e premuroso che mai con lui.

Le cose pertanto non avevano motivo di non andare a gonfie vele tra loro due, eppure era proprio il comportamento di quest'ultimo che nell'ultimo periodoso stava lasciando Namjoon perplesso. Non lo aveva notato subito, Namjoon si era lasciato assorbire così tanto dai suoi doveri pur di non pensare a quel che aveva messo da parte, che gli ci era voluto un po' per rendersene conto.

Seokjin appariva indaffarato ma in modo diverso - molto diverso - rispetto a Namjoon. La loro routine di fatto non era cambiata, andavano agli eventi e studiavano ancora insieme, sia a casa che in biblioteca. Seokjin trascorreva lo stesso numero di ore sui libri o a fare i compiti e quindi in un primo momento Namjoon non se ne era accorto.

Poi un giorno, quasi per caso, l'occhio gli era caduto sullo schermo del computer e Namjoon aveva visto che il nome sul frontespizio non era suo. Seokjin stava correggendo il compito di un altro. La prima volta, sebbene colpito perchè non credeva che Seokjin oltre ai suoi impegni potesse permettersi di fare il tutor, Namjoon aveva ipotizzato si trattasse di un favore personale a un suo compagno di corso particolarmente amico.

E tuttavia quella spiegazione non gli era sembrata plausibile e perciò subconscicamente aveva tenuto il maggiore d'occhio.

L'episodio non tardò a ripetersi.

Gettando l'occhio sia sulle carte che giacevano sparse sulla scrivania di Seokjin sia sullo schermo del suo computer, vide come ogni volta il nome sul frontespizio era diverso. Namjoon capì che questo era diventato un nuovo compito, quasi un lavoro, a giudicare dalla frequenza con cui Seokjin lo faceva. Sorvolando sulla legalità o meno di scrivere saggi per conto di altri, Namjoon non riusciva cosa ci guadagnasse Seokjin eccetto lavoro in più e una reputazione dubbia.

L'idea che lui, l'erede del titolo consolare, si facesse pagare era ridicola eppure non poteva esserci altra spiegazione.

Oltre ai suoi numerosi impegni Seokjin sembrava inoltre occuparsi di cose di cui Namjoon non era messo a parte. A dire il vero questa non era neppure una novità, essendo Namjoon un esterno alla famiglia e quindi ritenuto dalla famiglia acerbe e impreparato era stato deciso di tacergli molte delle faccende dei Kim ed di conseguenza escluso da molti degli eventi a cui Jin partecipava.

Al giorno d'oggi Namjoon partecipava praticamente a tutto. E tuttavia c'erano ancora cose di cui Seokjin si occupava e di cui Namjoon e, la famiglia con lui, non aveva idea, essendosi il maggiore guardato bene dal divulgare le sue nuove faccende.

Seokjin era riuscito a ritagliarsi delle finestre di tempo in cui spariva dai radar.

Stava ben attento a che fossero momenti in cui la sua assenza sarebbe parsa ragionevole o non desse nell'occhio, come prendersi più tempo per svolgere alcuni compiti per la famiglia o usare le ore all'università per sparire chissa dove. Namjoon se ne era accorti di nuovo casualmente e solo perchè era andato a cercarlo alla fine di una lezione e non lo aveva trovato. Non andava al circolo ricreativo di questo era certo perchè non tornava rilassato come gli capitava quando ci andava, ma più preoccupato e pensieroso.

Aveva osservato il ripetersi di tale comportamento diverse volte, non spesso ma abbastanza perchè si potesse intuire uno schema. Sembrava quasi che Seokjin stesse seguendo delle istruzioni, ma chi gliele avesse date e per quale ragione si stesse comportando così, Namjoon non sapeva ne era riuscito a pensare a una spiegazione convincente.

Il suo primo impulso, dopo aver raccolto queste informazioni, era stato di andare da Seokjin e pretendere delle risposte ai suoi quesiti. Era una reazione piuttosto virulenta da parte sua, ma la maggior parte del suo conforto nel trovarsi nella situazione in cui si trovava - si sarebbe sempre trovato - era sapere di non essere solo a destreggiarsi in quel pantano ma che ci fosse Jin al suo fianco, l'uno a guardare le spalle dell'altro. Dal momento che si erano ripromessi di non avere segreti il fatto che Seokjin potesse essere venuto meno a quella promessa, lo mandava in uno stato di smarrimento che rasentava il panico.

Non era una bella sensazione sapere quanto del suo equilibiro dipendesse da una persona e quanto poco bastasse per incrinare il suo piano di certezze. Era stata la consapevolezza di ciò, sapere quanto fosse fragile il suo stato, a fermarlo dall'andare all'attacco. Potevano esserci milioni di motivi e non tutti dovevano per forza essere dei brutti perchè.

Namjoon dopotutto si fidava di Seokjin. E Seokjin, beh Seokjin lo amava.

Tuttavia anche quel pensiero non era esattamente il più edificante, gli faceva venire voglia di sbattere la testa contro il muro. Sentire quelle parole era stato come il primo tepore primaverile dopo un inverno particolarmente freddo. Namjoon era stato così lusingato, così travolto da una simile confessione (ma lo sapeva, non lo aveva forse sempre saputo?), che non aveva saputo come esprimere a pieno quello che sentiva. Aveva sempre pensato di essere una persona sensibile ma in realtà si era ritrovato ad essere piuttosto arido nelle sue manifestazioni affettive. I suoi sentimenti invece di uscire dalle sue labbra in forma di belle parole riuscivano solo a smettere di far funzionare il suo cervello.

Era questo il motivo per cui , pur avendoci ragionato per giorni, alla fine Namjoon se ne era uscito con una domanda diretta.

“Perchè all'improvviso fai i compiti per altri studenti e sparisci per ore?”

Non era stato certo questo il modo in cui Namjoon si era immaginato di porre le sue domande a Seokjin. Si trovavano tuttavia entrambi da soli nella biblioteca della villa Kim, in uno di quei rari momenti di pace che venivano loro concessi, e Namjoon non aveva potuto fare a meno di chiedersi se quello che stava battendo Seokjin al computer fosse per se stesso o per qualcun altro e si disse che non avrebbe mai avuto un'altra occasione del genere e così era sbottato.

In modo poco elegante e poco tattico. Namjoon cercò di convincersi che tanto era inutile girarci intorno.

Seokjin lo guardò vagamente preso in contropiede ma sembrò riprendersi presto dalla sua sorpresa mentre un sorriso si formava sulle sue labbra.

“Non ti sfugge nulla,” Seokjin rispose in tono leggero, quasi divertito. Namjoon strinse la sua presa sulla sua matita, leggermente contrariato.

“Ti guardo spesso perciò è difficile non notare le cose,” Namjoon disse sulla difensiva per poi arrossire al rendersi conto di cosa aveva appena ammesso. “Voglio dire, anche tu ti sei accorto subito quando la sera svicolavo da camera mia.” Namjoon cercò di spiegare inbarazzato mentre Seokjin scoppiava in una risata divertita.

“Diciamo che la finestra spalancata di camera tua è stato un grande indizio,” Seokjin commentò ma sembrava felice delle parole che Namjoon si era lasciato sfuggire. Namjoon pensò a quanto poco esprimesse la sua ammirazione per Jin, era vergognoso davvero come fosse facile per lui scrivere canzoni ma non fosse in grado di rispondere a un semplice “anche io” quando Seokjin gli aveva sussurato, “ti amo”.

Namjoon cercò di non abbattersi di fronte a quel pensiero che lo tormentava da mesi e di rimanere focolizzato sul problema in questione. Guardò quindi Seokjin in modo eloquente, come a voler dire che non se la sarebbe cavata con qualche battuta.

“Speravo te ne accorgessi più in là a dire il vero. Magari dopo il tuo compleanno,” Seokjin disse con un sospiro. Non era esattamente una risposta ma Namjoon non ci mise molto a fare due più due.

“Tutto questo sarebbe per me?” Namjoon chiese incredulo.

“Volevo darti qualcosa con soldi guadagnati da me e non con i soldi della famiglia Kim,” Seokjin rispose in uno strano tono battagliero.

“Non devi,” Namjoon provò a ribattere timidamente.

“Invece si,” Seokjin disse con fare determinato.

Namjoon decise di non controbattere, soprattutto perchè di tutte le ipotesi che aveva fatto non aveva mai pensato che ci potesse essere un simile motivo dietro. Si vergognò delle sue paranoie e di come quella casa fosse riuscita a infilargli il seme del sospetto per ogni cosa.

Era fortunato. In mezzo a quel cespuglio di rovi che erano i Kim, Namjoon era fortunato ad avere Seokjin. Eppure anche sapendo questo, anche se la risposta di Seokjin l'aveva piacevolmente sorpreso, Namjoon non potè a fare a meno di ricordarsi, quando il pomerggio seguente Seokjin sparì di nuovo, come quest'ultimo non avesse mai risposto alla sua seconda domanda.

E il tarlo del dubbio tornò di nuovo ad assalirlo suo malgrado. Doveva fidarsi di Seokjin. Seokjin non gli aveva mai dato motivo per dubitare di lui. E Namjoon voleva credere alla persona che amava anche se non poteva fare a meno di provare un brutto presentimento.


 


 

“Dobbiamo smetterla di trovarci così,” disse la voce bassa e roca di Yoongi.

“Così, come?” rispose Namjoon scettico da sopra la sua tazza di caffè.

“In sordina. Garbati. Senza più la puzza di fumo che viene dal pub. Guardati, sei perfino vestito bene,” Yoongi rispose con un profondo sospiro.

Namjoon si lasciò sfuggire una risata. Dio, quando era l'ultima volta che aveva riso? Gli facevano male persino i muscoli facciali.

Si trovavano nella caffetteria del campus e in qualche modo erano riusciti a trovare del tempo per trovarsi. Da quando Yoongi si era diplomato e aveva iniziato il suo lavoro da compositore a tempo pieno, era più difficile per lui far coincidere i suoi orari con quelli di Namjoon. Si vedevano così di rado che quando capitava era una sorta di miracolo.

“Quei tempi sono andati. Il massimo che posso fare è fare un buco tra i miei noiosi impegni ed invitarti ad un caffè. E solo perchè al mio compleano mancano due settimane altrimenti non mi vedevi fino a novembre,” Namjoon si lamentò. Era cosciente di suonare come un vecchio brontolone anche se aveva a malapena diciassette anni ma evidentemente erano i rischi di diventare un kim.

La casa degli spettri finiva col succhiarti via ogni tipo di entusiasmo.

“Ma devono fare la festa del secolo ogni volta che qualcuno della famiglia Kim ha il compleanno?” chiese Yoongi con il tono annoiato che l'argomento giustamente si meritava.

“A quanto pare. Sembra che festeggiare il genetliaco dei consoli e dei loro eredi siano gli eventi che l'alta società aspetta tutto l'anno. Se penso che il mio unico momento di pace sarà solo quando il mio corpo inerte verra calato in una bara dentro una fossa molto profonda, mi viene la nausea.” Namjoon disse.

“Non so se mi spaventa di più il tuo nuovo gusto per il macabro o la certezza con cui l'hai detto,” Yoongi commentò, trapassandolo con il suo sguardo. Namjoon si contorse leggermente sulla sedia.

Si sentiva nudo e senza barriere davanti al suo migliore amico, privo di quella placcatura fatta di stoicismo e abnegazione con cui era solito coprirsi sotto il tetto dei Kim. Sapeva che Yoongi avrebbe notato le sue occhiaie profonde, la pelle opaca e il modo in cui si contorceva le mani quasi a volersele strappare.

“Hai davvero una pessima cera, Joon,” Yoongi commentò infine, prendendo un sorso del suo caffè nero. Namjoon corrugò la fronte.

“Lo so. Ma ho controllo sul mio fisico ancor meno di quello che ho sul mio destino,” Namjoon disse rassegnato. Sapeva di essere a pezzi, che se ne erano accorti tutti anche se con reazioni diverse. Seokjin lo guardava come se fosse colpa sua mentre i Kim come se non stessero aspettando altro che lui crollasse per poterlo rimodellare a loro immagine e somiglianza. Non sapeva quale reazione lo infastidisse di più.

Seokjin non aveva nulla di cui farsi perdonare. Namjoon aveva da tempop smesso di affibiargli la colpa della sua infelicità. Le sue dita si contrassero nervose. Namjoon si chiese se era quello il motivo per cui Seokjin continuava a sparire di tanto in tanto come se anche lui avesse bisogno di aria e spazio. Seokjin continuava a nascondergli quella parte di verità.

Nonostante fossero vicini e passassero praticamente la maggior parte del tempo insieme e i loro sentimenti fossero forti, quasi disperatamente intensi, Namjoon non poteva fare a meno di pensare con una punta di tristezza che per quanto Seokjin fosse nelle sue dichiarazioni di affetto lo era molto meno quando si trattava di esprimere i suoi pensieri.

Si chiese se sarebbero mai riusciti a colmare questa sbilanciamento o se Jin in quanto maggiore avrebbe sempre pensato toccasse a lui accusare il colpo più grande senza lamentarsi. Non far pesare le sue di preoccupazioni su Namjoon.

Non volevo che la mia anima gemella dividesse con me le mie brutture. Era tutta li in fondo la chiave della mente di Seokjin.

“Scrivi ancora?” Yoongi chiese a bruciapelo, di punto in bianco. Namjoon avrebbe voluto urlare eppure la sua voce uscì mortalmente calma e incolore quando disse, “no.”

Yoongi sospirò al sentire la sua risposta. Sembrava che fosse l'unica espressione che riuscisse a riassumere l'intero concetto di tristezza e rassegnazione.

“Dovresti invece.”

“Per ricordare a me stesso cosa non potrò mai avere? Per cosa? Per chi? Per riempire pagine che rimarranno rinchiuse dentro un cassetto? No. Meno ci penso. Meglio è. Non tutti hanno la tua fortuna Yoongi.”

Ci fu un lampo di un emozione selvaggia che per un attimo illuminò lo sguardo di Yoongi.

“Lo sai che darei il mio braccio destro pur di...”

“Non è vero. Perchè potendo scegliere hai scelto la musica anche tu Yoongi,” Namjoon ribattè con rabbia. Poi si rese conto di cosa aveva appena detto e si sentì sbiancare, tuttavia prima che potesse scusarsi Yoongi gli fece un segno con la mano.

“No, no. Hai ragione. Sono io che dovrei scusarmi.” Yoongi concesse e Namjoon non si sentì affatto meglio. Perchè anche se gli doleva ammetterlo, di fatto Yoongi non aveva mai risolto la sua situazione e pur dicendo di voler essere un numero zero continuava a godere dei privilegi dei numeri due e non sembrava affatto intenzionato a metterli da parte. Nemmeno per amore.

Ma se Yoongi era un codardo beh, Namjoon pensava di non essere da meno. Dopotutto che cosa aveva fatto lui per ribellarsi al suo destino? Nulla. Non riusciva neppure ad essere di vero supporto alla sua anima gemella. Neppure a dirgli che lo amava.

“Non scusarti. Credo di essere arrivato alla frutta e di essere invidioso di chiunque possa esercitare almeno un minimo di libertà oggigiorno,” Namjoon rispose cercando di calmarsi e far si che i sentimenti negativi lasciassero il suo corpo. Scaraventare le sue frustrazioni su Yoongi non sarebbe servito a nulla se non a ferire l'unica persona che riusciva a capirlo.

“A chi lo dici,” disse Yoongi laconicamente prima di bere l'ultimo sorso di caffè. Guardò Namjoon allora, soppesandolo, come se temesse di dire quello che stava per dire. “Se tutto va come spero, in futuro la mia vita girerà intorno alla musica. Io e te abbiamo mosso i nostri primi passi insieme, fatto musica insieme. La tua opinione per me conta. Ma so cosa vuol dire vedersi sventolare davanti qualcosa che si ama alla follia e non poterla avere. Perciò se non vuoi che io te ne parli, capisco.”

“Non voglio che nessuno si censuri per me. Sei il mio migliore amico. E sono felice che tu possa realizzare il nostro sogno.”

“Vorrei che potessi farlo anche tu. Dio. Lo vorrei davvero. Se questo sistema è perfetto allora la perfezione fa schifo Joon,” Yoongi disse, quasi ringhiò.

Namjoon distolse lo sguardo. Yoongi non aveva neppure idea di quanto avesse ragione. Strinse gli occhi mentre ripensava al computer che da quel laboratorio sputava le sue terribili sentenze.

Rimasero li per qualche altro minuto in più, giusto perchè Namjoon riuscisse a finire la sua bevanda ma niente di più. Il tempo di Namjoon ormai era contato al secondo, le sue giornate scadenzate con precisione, e quel giorno lui aveva un discorso da fare. Era stancante ed era solo l'inizio di quella corsa forsennata che non ammetteva fermate.

In quanto rappresentante del suo corso e Kim, dopo che il capo del dipartimento di economia avesse presentato il corso, sarebbe spettato a lui dire qualche parola alle matricole. Non era un brutto impegno ma quello che stancava la sua mente era sapere che era un impegno che non si era scelto lui. Si chiese di nuovo, se non fosse lui quello che sbagliava tutto e che dopotutto essere adulti non significasse proprio questo, continuare a buttare giù un indefinito numero di bocconi amari e tenersi stretto le poce cose belle che rimanevano.

“Se non ti dispiace mi piacerebbe venire,” Yoongi disse cogliendo Najmjoon di sorpresa.

“Vuoi iscriverti anche tu a economia, hyung?” Namjoon chiese mentre Yoongi gli restituiva un sorriso enigmatico come se stesse effettivamente prendendo in considerazione la cosa.

“Male non mi farebbe, ma no. Sono solo curioso e non ho nulla da fare. Rimango per un po' se non ti dispiace...” Yoongi rispose facendo spallucce.

“Certo che non mi dispiace. Anche se ti avverto sarà noioso da morire.”

Yoongi non sembrava toccato dalla cosa e per quanto Namjoon fosse sollevato di avere un volto amico tra la folla si chiese se ci fosse un motivo in più o semplicemente Yoongi non volesse tornare a casa. Era un sentimento che Namjoon poteva capire troppo bene.

Le folle non avevano mai intimorito Namjoon ma una cosa era esibirsi davanti a un pubblico, un'altra era fare un discorso articolato. La musica gli aveva dato un senso di sicurezza in più e senza si sentiva indifeso. Senza note di sottofondo Namjoon era solo semplicemente Namjoon. O peggio. Era solo un Kim.

La sala dove si teneva la presentazione non era particolarmente gremita ma c'era comunque una buona parte delle matricole di quell'anno accademico. Yoongi era andato a sistemarsi in un angolo della grande stanza e ad eccezione di lui era pieno di volti sconosciuti.

La facoltà di economia era risaputo essere il irfugio di molti numeri zero i quali, non potendo iscirversi a corsi umanistici, riempivano spesso le file delle facoltà di economia e ingegneria. Namjoon si chiese quanti tra loro avesse avuto la vita rovinata dalla macchina. Avrebbe tanto voluto poter dire su quel palco che non avevano colpa alcuna del destino che altri avevano affibiato loro. E invece avrebbe detto solo un banale discorso descrittivo del programma.

“Bel discorso,” sussurrò qualcuno al suo fianco quando infine potè scendere dal palco e rifugiarsi tra le fila di studenti. Namjoon si voltò alla velocità della luce mentre il primo vero sorriso della giornata si fece strada sul suo volto.

“Jin!” Namjoon esclamò mentre la sua mano veloce andò a posarsi sull'avambraccio di Seokjin come se il contatto con il maggiore fosse l'anestetico a ogni suo dolore, piccolo o grande che fosse. Dicevano che i numeri due sorridevano sempre perchè non avevano motivo di essere infelici.

Namjoon sapeva che questa era una delle tante bugie che il governo si era premunito a tatuare nelle loro menti. Per quel che lo riguardava sarebbe sempre stato solo Jin, per la persona che era, e non per quello che rappresentava.

“Come mai qui?” chiese Namjoon cercando di ricordarsi se si fosse per caso dimenticato di un impegno.

“Avevo del tempo e volevo vederti,” Seokjin rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Namjoon conosceva però la tabella di marcia di Seokjin e sapeva che non era affatto una cosa semplice trovare del tempo per liberarsi dai suoi impegni. Ripensò a come Seokjin ultimamente sembrasse piuttosto menfreghista al riguardo e alla sensazione che lui agisse secondo un suo schema preciso. Cercò di non dare a vedere il suo turbamento interno e si sforzò di parlare.

“Allora magari possiamo prendere un giro prima di tornare? Io non ho altri impegni per oggi. Yoongi dovrebbe essere nei paraggi, possiamo invitare anche lui.”

“Davvero? Mi farebbe piacere visto che è passato un po' di tempo dall'ultima volta,” Seokjin rispose, tradendo un'inflessione. Namjoon non lo avrebbe biasimato se fosse stato più sostenuto nei confronti di Yoongi considerando come questi spesso e volentieri si dimostrasse poco affabile nei suoi confronti.

“Si, dovrebbe essere lì...” Namjoon disse indicando verso l'angolo più lontato della sala. Tuttavia non appena il suo sgaurdo si diresse in quella direzione non trovà nessuna traccia di Yoongi. “In effetti aveva detto di avere un impegno e che non sapeva quanto sarebbe rimasto,” Namjoon osservò cercando di suonare rassicurante.

Non voleva che Seokjin pensasse che Yoongi non volesse avere a che fare con lui. Seokjin gli sorrise anche se stavolta il suo sorriso parve tirato. Namjoon si morse l'interno della guancia. In effetti che altro motivo poteva avere Yoongi per sparire così all'improvviso se non evitare Jin?

Namjoon sentì delle pulsazioni all'altezza della tempia nel consueto mal di testa che sembrava non avere mai pietà di lui. Non riuscì a evitare una leggera smorfia di fastidio.

“Mal di testa? Vuoi che andiamo a casa?” Seokjin chiese preoccupato. Il maggiore era l'unico nella casa Kim che sembrava interessarsi all'aggravarsi dei suoi episodi di emicranie. Aveva persino insistito per andare da uno specialista tuttaviz Namjoon sapeva già la sua diagnosi e quale fosse la sua cura. E come fosse impossibile per lui provare accedere alla cura quando il suo status di Kim era quello che glielo impediva.

“No, ti prego. Usciamo, facciamo qualcosa. Almeno finchè non inizieranno i preparativi per la mia festa, approfittiamone.” Seokjin annuì comprensivo

Uscirono anche loro quindi dalla sala e Namjoon notò quanto Seokjin si fosse fatto improvvisamente pensoso e lo avesse preso per mano come erano soliti fare solo durante le occasioni ufficiali. Non che importasse a quel punto, Namjoon era più che felice ogni volta che condividevano del contatto fisico ed era grato che Seokjin non avesse preso le distanze dopo la sua confessione rimasta senza risposta.

“E' un peccato, davvero che la mia famiglia si impegni così tanto per i nostri compleanni,”commentò Seokjin con un sospiro.Avevano parlato molto volte come entrambi non fossero grandi fan delle feste in stile presidenziale. Namjoon si ricordava come Seokjin gli avesse detto che se fosse stato per lui avrebbe preferito una cosa in privato, con famiglia e amici.

Sapevano entrambi che non sarebbe mai successo.

“Almeno potrò vedere i miei genitori. Loro sembrano sempre divertirsi un mondo a questi eventi,” Namjoon rispose scuotendo la testa. Poi, quasi andò a sbattere con la schiena di Seokjin. Si era fermato a metà corridoio come se fosse stato colpito da un pensiero improvviso.

“Lo sai vero che puoi invitare i tuoi genitori o andare a casa da loro quando vuoi, basta che avvisi.” Seokjin disse voltandosi verso Namjoon come se si sentisse in colpa di Non aver mai chiarito questo punto.

Namjoon sospirò.

“Lo so. Ma questa nuova vita è così caotica che non voglio coinvolgerli più del necessario. E sinceramente non so se riuscirei a tornare a casa.”

Namjoon non poteva dire che tornare a casa faceva troppo male sapendo che non vi poteva rimanere. E come si sentisse terrorizzato al pensiero di entrare tra le pareti in cui era cresciuto e sentirsi un estraneo.

Seokjin sorrise di quel sorriso che gli vedeva così spesso dipinto in volto ultimamente. Fu Namjoon questa volta a prenderlo per mano.

“Dai andiamo. Voglio camminare un po' con te.”

Sapeva Seokjin quanto erano importanti quelle parentesi, quanto Namjoon gli era grato della sua presenza? Namjoon sperava che lo sapesse. Strinse la sua mano più forte.


 


 


 

Tecnicamente era la festa per i suoi vent'anni, Namjoon pensò quasi divertito mentre si aggiustava la cravatta allo specchio. L'ultimo paio di settimane erano passate in un lampo e Namjoon, per via dell'ammontare di cose che la sua testa aveva immagazzinato in così poco tempo, si sentiva la testa leggera come se fosse fatta di zucchero filato. Anche se in realtà quello poteva benissimo essere l'effetto collaterale di tutti gli analgesici di aveva fatto uso e abuso unito a una cronica mancanza di sonno.

Gettò uno sguardo alla figura riflessa allo specchio. Per grande disperazione del sarto che seguiva i giovani eredi, Namjoon aveva perso sistematicamente peso in poco tempo ed erano stati quindi necessari degli accorgimenti anche durante l'ultima prova d'abito e Namjoon aveva dovuto indossare delle imbottiture alle spalle per sembrare un po' più in carne e meno come uno spaghetto stirato allo stremo.

Namjoon normalmente non avrebbe fatto a una piega di fronte a tutto ciò, non aveva mai dato molta rilevanza al suo aspetto e dopotutto esso poteva essere facilmente spiegato anche dai quattro centimetri in più che aveva guadagnato nell'arco dell'estate. Tuttavia dal momento che lui condivideva lo stesso entourage di Seokjin, quest'ultimo era stato presente di fronte a questo il sarto era andato a prendere gli spilli per appuntare la camicia.

Namjoon aveva cercato di scherzare e gli aveva raccontato di quando alle elementari gli fosse successo una cosa del genere e come sua madre fosse stata costretta a rinnovargli il guardaroba nell'arco di un quadrimestre ma Seokjin aveva riso solo educatamente e Namjoon sapeva di non essere riuscito a convincerlo.

Il fatto che consumasse analgesico dopo analgesico come se fossero caramelle non deponeva affatto a suo favore ed era diventato difficile nascondere a chiunque gli stesse vicino (persino la signorina Choi gli aveva lanciato uno sguardo pensieroso) come lui avesse tutto l'aspetto di un malato.

Namjoon preferiva pensare invece che si trattasse solo di una passeggera debolezza anche se questa debolezza se la stava trascinando dietro da mesi. “E' come per l'influenza, il corpo deve peggiorare prima di poter guarire,”continuava a ripetersi. Dopotutto escludendo i forti e spiacevoli episodi di emicrania, il suo cervello raramente era stato così attivo e lucido e in grado di macerare ogni limite dettato dalla stanchezza.

Perciò finchè il suo cervello avesse funzionato, Namjoon era sicuro di poter superare qualsiasi debolezza vera o apparente. Prima o poi il peggio sarebbe passato e quel dolore che provava nello sradicare se stesso per far fiorire un Kim, prima o poi si sarebbe trasformato in un fastidio facilmente ignorabile. Namjoon infatti non era solo, Seokjin era con lui.

Il solo pensare al maggiore riusciva sempre a rassicurarlo e scacciare via un po' dei fantasmi che si annidavano nella sua mente. Decidendo di averne abbastanza del proprio riflesso allo specchio Namjoon uscì da camera sua per andare in quella di Seokjin e vedere a che punto era. Se anche lui aveva finito forse potevano passare del tempo insieme e magari il maggiore sarebbe riuscito nell'intento di risollevargli l'umore.

Come aveva sperato trovò il maggiore senza entourage al seguito e già vestito di tutto punto, tuttavia lo trovò anche particolarmente assorto, lo sguardo fisso sul suo telefono e la fronte aggrottata. Qualsiasi cosa ci fosse in quel telefono sembrava preoccupare Seokjin moltissimo e Namjoon provò l'impulso di capire cosa e al tempo di spianare il suo viso da ogni brutto pensiero.

“Jin?”Namjoon chiese tentativamente facendo sussultare il maggiore. Vide il viso di Seokjin ricomporsi alla sua vista, riuscendo persino a illuminarsi in un sorriso.

“Namjoon! Vedo che sei già pronto!” Seokjin esclamò alzandosi e lasciando il telefono sulla scrivania come se questi scottasse. Il gesto sembrò acuire la curiosità di Namjoon e quel tarlo di dubbio che gli sussurrava come Seokjin gli stesse nascondendo qualcosa. Tuttavia Seokjin gli venne subito incontro e il suo viso fu abbastanza una distrazione perchè le sue parole morissero momentaneamente sulla lingua. Le sue mani, come sempre, aggiustarono il colletto e poi scesero a lisciare le pieghe inesistenti del suo abito.

“Si, ti sta proprio bene,” Seokjin disse sorridendo spostando il suo sguardo lungo tutta la persona di Namjoon. “Però credo che dovresti mangiare di più. So che siamo impegnati ma non dovresti saltare i pasti,” Seokjin aggiunse in tono di mezzo rimprovero. Namjoon si lasciò sfuggire una risata.

Il problema non era il cibo che non ingeriva, ma il fatto che il suo stomaco non sempre riusciva a tenerlo dentro. A volte il nervosismo che lo attenagliava era tale che Namjoon si ritrovava a svuotare il suo stomaco nel primo bagno disponibile. Seokjin non lo sapeva però e Namjoon voleva che così rimanesse perchè non voleva aggiungere una inezia del genere sulle spalle già oberate del maggiore.

“Puoi sempre chiedere ai cuochi che ti preparino quello che vuoi,” Seokjin insistette posando la sua mano sulla sua guancia. Namjoon annuì e Seokjin rassicurato aggiunse,” andiamo magari siamo in tempo per sgattaiolare da qualche parte.” Tuttavia prima che il maggiore riuscisse a trascinarlo fuori, Namjoon lo trattenne per il braccio.

“Seokjin tutto bene? Se c'è qualcosa che ti turba ne possiamo parlare,” Namjoon disse perchè anche se il maggiore era stato bravo a distrarlo Namjoon non aveva dimenticato lo stato pensieroso in cui lo aveva trovato.

“Lo so. Ma non è niente di nuovo o comunque nulla che non puoi immaginare. C'è sempre un nuovo documento da leggere o da firmare,” Seokjin disse lasciandosi sfuggire un sospiro.

“Sono la tua anima gemella seokjin, quindi se hai bisogno di una mano, sai che non devi neanche chiedere. Sono qui per questo,” Namjoon disse accorato perchè conosceva quel peso e come ci sisentisse soffocati sotto di esso e lui non sarebbe mai stato console, non avrebbe mai avuto la responsabilità di rappresentare milioni di persone come Seokjin. Namjoon poteva lamentarsi del suo destino quanto voleva ma ero lo stesso che era toccato in sorte anche a Jin e qualunque fosse il modo in cui le loro strade si erano non solo incrociate, ma intrecciate, Namjoon non avrebbe lasciato che Seokjin affrontasse tutto questo da solo.

Quando aveva accettato il suo verdetto, gli era stato chiaro che tra tutti i compiti ingrati che il suo ruolo richiedeva quello di essere di supporto a Jin non lo sarebbe mai stato.

In ogni caso quelle che volevano essere parole di rassicurazione non sortirono l'effetto desiderato.

Un'espressione indecifrabile oscurò il suo viso ma poi, infine, Seokjin annuì lentamente. Non parlò, non disse nulla, si limitò a tirare Namjoon dal braccio e questi lo seguì fuori dalla stanza e ovunque il maggiore volesse portarlo.

Lui e Seokjin riuscirono a seminare il personale di guardia alla villa e ad uscire fuori dal perimetro di sicurezza. Non andarono lontano, ma solo al parco del loro quartiere. Namjoon lo conosceva bene perchè si era fermato li spesso ed era solito sedersi su una delle panchine a cercare di respirare dell'aria fresca fuori da quelle mura. Seokjin comunque non lo fece sedere su una panchina, ma lo portò verso i giochi per i bambini incurante di come dovevano apparire ridicoli vestiti di tutto punto sulle altalene. Se lo staff preparatorio li avesse visti probabilmente avrebbe avuto un infarto.

Namjoon avrebbe barattato il suo mega party di lusso per una giornata con Seokjin in quel parco in un attimo.

La loro fuga naturalmente non era destinata ne a durare, ne tantomeno a passare inosservata. Il loro staff con le guardie del corpo li raggiunse nemmeno mezz'ora dopo e non fu fatta loro una lavata di capo solo perchè Seokjin gelò tutti con lo sguardo collaudato da Kim che Namjoon gli aveva visto tante volte indossare quando si trovava in pubblico.

Non era il primo compleanno che Namjoon sperimentava sotto il patrocinio dei Kim perciò questa volta era più preparato e quando entrò nell'enorme sala allestita per la sua festa le sue ginocchia non vennero meno.

La grande sala era piena fino all'orlo di politici, figli di politici e celebrità di altro profilo e la stanza a fianco era già stracolma di regali di cui Namjoon non avrebbe saputo che farsene. Pensò con rammarico che forse avrebbe potuto evitare quell'inutile spreco di soldi e si ripromise di chiedere agli invitati come regalo di fare una donazione a delle società non profit da lui scelto l'anno successivo. Non pensava i Kim avrebbero avuto qualcosa da obbiettare.

Per una volta non era Seokjin il centro dell'attenzione ma lui e cercò di imitare i modi cordiali e aperti del maggiore mentre faceva il suo ingresso in sala sotto una pioggia di applausi e flash. Ques'tanno almeno al suo tavolo non c'era solo la sua famiglia ma anche Yoongi. Era evidente che si sentiva fuori luogo ma si trovava comunque lì, a battere le mani insieme agli altri. Namjoon non potè fare a meno di notare come sebbene l'invito compredesse un plus one, Yoongi aveva deciso di venire da solo.

Se i Kim non fossero stati certi che Yoongi fosse un numero due Namjoon era sicuro che non lo avrebbero mai lasciato entrare.

Dopo i noiosi ma doverosi convenevoli, Namjoon riuscì infine ad andare al tavolo riservato alla sua famiglia e ai suoi amici e sua madre non perse tempo ad avvolgerlo in un abbraccio.

“Ma non ti danno da mangiare dai Kim?” Fu la prima cosa che chiese sua madre non appena si staccarono, i suoi occhi che prendevano nota di ogni suo più piccolo cambiamento con quella preoccupazione tipica di una madre. Namjoon stavolta rise per davvero.

“Certo che mi danno da mangiare mamma. Sono solo cresciuto di qualche centimetro,” sua madre parve davvero poco convinta e Namjoon non avrebbe saputo cosa inventarsi se non fosse intervenuto Jin.

“Ormai è più alto di me di un pezzo,” commentò Jin con un sorriso. Qualcosa nel viso di Seokjin o forse il modo in cui Namjoon lo guardò con riconoscezna sembrò rassicurare sua madre che Namjoon non veniva trascurato. Almeno qualcuno nella villa Kim si prendeva cura di lui.

Namjoon ebbe appena il tempo di salutare brevemente Yoongi prima di dover tornare al suo posto. Non era solo il suo compleanno ma era il compleanno di un membro della famiglia Kim.

“Andiamo,” sussurrò Seokjin al suo orecchio quando fu evidente la sua riluttanza. Namjoon annuì e segui il maggiore fino alla testa della tavolato nei loro posti alla destra del primo console Kim, il quale rivolse loro un sorriso raggiante. Era alquanto inquietante come il padre di Seokjin ultimamente apparisse soddisfatto di loro quasi la sua felicità fosse inversamente proporzionale al malessere di Namjoon.

Seguirono molti discorsi ufficiali prima che infine potessero iniziare a mangiare e per allora Namjoon aveva una gran fame. Ma le varie portate erano sempre lente ad arrivare e loro dovevano fare un giro di ospiti ad ogni pausa. Era esasperante quel circolo della vanità.

Seokjin tuttavia fu fantastico come al solito e riuscì persino ad attirare l'attenzione della famiglia del secondo console Park su di lui ma non dopo che ebbe sussurato le parole“vai”. Namjoon non se lo fece ripetere due volte, lanciò un'occhiata significativa a Yoongi e uscì quindi dalla sala affollata.

Sentì dei passi raggiungerlo poco dopo nel corridoio e nel voltarsi vide Yoongi dietro di lui con un bicchiere di champagne in mano.

“Grande festa che mi ero perso l'ultima volta,” Yoongi commentò, buttando giù un generoso sorso di alcol.

Namjoon scosse la testa mentre guidava silenziosamente Yoongi verso il balcone. Non era neanche a metà serata e Namjoon aveva un disperato bisogno di aria. Non poteva neppure aprirsi il colletto della camicia perchè doveva essere impeccabile per quel che restava della sua fantastica festa di compleanno.

L'aria fresca della sera fu come un balsamo sulla sua pelle e Namjoon esalò un grosso sospiro di sollievo. “E' sempre così Namjoon?” Yoongi chiese mettendo anche lui piede nella veranda. Namjoon ebbe una fortissima sensazione di deja vu. A quanto pareva le conversazioni serie dovevano sempre accadere tra gli istanti di fuga di quella che era la sua vita quotidiana.

“Questa è solo un piccolo assaggio, è molto peggio di quanto immagini,” Namjoon disse appoggiandosi alla parete e lasciandosi poi scappare una risata sarcastica.

“Ma seokjin ti copre le spalle. C'è per te,” Yoongi osservò. Namjoon si voltò a guardarlo sorpreso dal suo tono. Sembrava quasi affascinato nel constatare il loro legame e aveva in volto quella stessa espressione tra il colpito e l'infastidito che aveva avuto quando Seokjin si era presentato al suo spettacolo.

Come se non riuscisse a sopportare che le anime gemelle potessero veramente essere tali l'una per l'altra.

“Non so davvero cosa farei se non ci fosse lui,” Namjoon ammise. Gli occhi di Yoongi si allargarono leggermente per la sincerità con cui Namjoon aveva parlato. Forse era il momento di parlare chiaro, di dire a Yoongi che per quel che lo riguardava Seokjin era il suo numero uno e lui era il suo.

Che non importava cosa avesse veramente sentenziato la macchina dell'algoritmo su di loro. Namjoon si era comunque innamorato.

Forse se Namjoon non fosse sempre stato così scettico al riguado, Yoongi non avrebbe fatto così tanta fatica ad accettare la sua situazione, si disse.

Tuttavia prima che lui potesse elaborare il suo pensiero, sentirono delle voci concitate in corridoio. Namjoon si immobilizzò. Non solo era strano che accadesse qualsiasi cosa che potesse turbare la perfezione degli eventi marchiati Kim, ma era ancora più strano che la persona coinvolta in una tale caduta di stile fosse proprio il primo console Kim. Avebbe riconosciuto quella voce odiosa ovunque.

Namjoon capì al volo che qualcosa non andava e fece subito segno a Yoongi di tacere. Sebbene perplesso, questi ubbidì mentre lui tendeva l'orecchio in concentrazione.

“Non è questo il luogo per parlare. I muri hanno orecchie,” disse il primo console Kim in un ringhio poco più che susurrato.

“Non è mai un buon momento per te. Stai evitando da settimane un incontro privato con me. Non mi lasci altra scelta, alzerò la voce se necessario così tutti gli invitati sapranno che vuoi modificare l'art.13 della ...”

“Taci per l'amore del cielo! Va bene, come vuoi. Domani. Ma ora torna dentro e non tormentarmi più. Qui uno non può neanche andare in bagno in santa pace!” Il signor Kim disse in tono polemico ma sempre in poco più di un sussurro. Ci fu un rumore di passi che si allontanavano e sollo allora Namjoon ebbe il coraggio di muoversi. Si sporse leggermente da dietro le tende giusto in tempo per vedere il padre di Hyosang, suo zio acquisito, fare ritorno nella sala.

Stava succedendo qualcosa. Forse non era grave, ma conoscendo i pochi scrupoli dei Kim, Namjoon non si sentiva affatto tranquillo al riguardo.

“Cos'era quello?” Namjoon sussultò quasi violentemente. Si era scordato che Yoongi fosse lì con lui.

“Non ne ho idea. Probabilmente nulla,” provò a minimizzare. Aveva involontariamente coinvolto Yoongi in una potenziale conversazione pericolosa e non andava bene. Meno Yoongi veniva coinvolto nelle acque torbide Kim, meglio era.

Rimasero qualche minuto fuori a parlare del più e del meno ma Namjoon sapeva di essere distratto e faceva grande fatica a tenere il filo della conversazione. Le parole del padre di Hyosang gli avevano risvegliato un lumicino in testa e una parte di lui voleva correre alla biblioteca della villa e capire in quale libro quella informazione aveva più senso.

Yoongi non disse nulla e a Namjoon non gli riuscì di riprendere il discorso di prima ma si ripromise di avere una chiacchierata con Yoongi non appena ne avessero avuto il tempo. Tornarono quindi verso la sala dove Seokjin fu svelto a rapirlo non appena Namjoon vi ebbe messo piede.

“Mi devi un favore, Joon,” Seokjin gli sussurrò all'orecchio facendo sorridere Namjoon.

“Qualunque cosa,” Namjoon rispose mentre appoggiava la mano sulla schiena del maggiore.

Avvertì gli occhi di Yoongi su di loro, come se fosse incapace di distogliere lo sguardo. Si. Namjoon si ripromise di ricavare del tempo per il suo migliore amico. Raddrizzò la schiena e indosso nuovamente la sua maschera da perfetto consorte dell'erede.

Namjoon aveva dovuto fare accorgimenti sul suo smoking perchè era riuscito a dimagrire anche nell'ultimo mese. Dormiva male, aveva mal di testa continui e sopportava con fatica ogni attività della sua giornata. Ma doveva essere forte perchè non si trattava più solo di lui e aveva capito il giorno in cui gli si era spezzato il cuore di fronte alla possibilità che il suo amore fosse una costruzione, che se l'idea di perdere Jin faceva così male era perchè i suoi sentimenti erano vero.

Namjoon non avrebbe mollato, non importava quanto fango sarebbe stato costretto a spalare.


 


 


 

La cosa di avere un quoziente intellettivo sopra la media che funzionava alla grande nonostante l'emicrania, era che Namjoon aveva tutto lo spazio per pensare a ogni cosa, a ogni dettaglio, anche quelli che avrebbe preferito ignorare.

Namjoon non aveva dimenticato affatto la conversazione, più un alterco a dir la verità, a cui aveva assistito durante la sua festa di compleanno. Non solo l'immagine impeccabile che il primo console si promulgava così tanto a diffondere si era frantumata in pubblico consapevolmente un lungo istante, istante che sarebbe potuto essergli fatale se altre orecchie oltre a quelle di Namjoon lo avessero ascoltato, ma le parole avventate del suo zio acquisito erano suonate piuttosto inquietanti.

Quelle parole continuavano a rimbombare nel suo cervello come un nastro rotto e Namjoon aveva passato ore ed ore a cercare di posizionare quelle parole nella mappa concettuale della sua memoria per capire dove le aveva lette, in che contesto avevano senso, e perchè sembravano attivare non uno, ma mille segnali di allarme nella sua testa.

Il giorno dopo il suo compleanno, dimentico della colazione, aveva indossato il primo paio di jeans a maglietta che aveva trovato e si era recato in università. Una volta giunto a destinazione si era fiondato in biblioteca e aveva fatto tirare fuori e consultato ogni singolo libro di legge di tutti i codici legistlativi che si ricordava di aver toccato durante le sue lezioni con la signorina Choi.

La pila di libri di fronte a lui si era alzata ben presto in modo vertiginoso, ma Namjoon non aveva batutto ciglio, pressato com'era da quel tarlo.

Certamente la cosa più intelligente da fare sarebbe stato consultare Seokjin, brillante studente di legge oltre che erede consolare quindi altamente informato sulle attività del Senato.

Namjoon tuttavia non lo fece. Non voleva coinvolgere Seokjin nelle sue paranoie almeno finchè non avesse avuto fatti che potessero validare i suoi sospetti. Non poteva negare infatti quanto avvertisse la differenza nelle rispettive capacità e come si vergognasse di non essere all'altezza del maggiore. Se all'inizio della loro conoscenza aveva pensato che Seokjin fosse un accolito volontario degli intrighi dei Kim, Namjoon sapeva ormai bene come non fosse affatto così, come il peso della carica consolare e delle aspettative della famiglia, pesasse sulle sue spalle come un macigno. Ma lo sopportava con incomparabile eleganza e determinazione, e in generale con un tale equilibrio che Namjoon dubitava avrebbe mai raggiunto.

Perciò no, Namjoon non sarebbe corso da Seokjin, ma sarebbe andato in fondo a quella faccenda per conto suo.

Tuttavia trascorsero diversi giorni e Namjoon sembrava lontano dal trovare una risposta. Infine dopo interminabili ore passate sopra ogni manuale su cui era riuscito a mettere le mani sopra, Namjoon era solo riuscito ad aggravare il suo senso di confusione e frustrazione. Più scavava, più sentiva di allontarsi dalla verità finche quando arrivò a leggersi persino lo statuto sulla pesca e la caccia, capì che la sua non era semplicemente confusione. Ma un rifiuto totale ad accettare quello che aveva sempre avuto davanti agli occhi.

C'era un unico articolo 13 che contava ed era quello della costituzione. Eppure l'idea che qualcuno volesse, pensasse anche solo di volerlo toccare faceva sentire Namjoon a disagio.

L'articolo 13 deliberava sulla libertà dei citaddini. E per cittadini, per una volta, la legge intendeva tutti, senza distinzione tra numeri zero e due.

“Namjoon tutto bene?” Seokjin gli aveva chiesto non più tardi del giorno prima quando entrando in camera sua lo aveva visto con il naso seppellito in un codice legislativo. Seokjin aveva addocchiato il libro con profondo interesse e sebbene fosse stato evidente dal suo viso quanto avrebbe voluto chiedergli perchè mai si dilettasse in simili letture, era rimasto sul generico lasciando a Namjoon la scelta di elaborare.

“Sto facendo una ricerca,” Namjoon aveva risposto in mancanza di parole più eloquenti.

“Segreta?” Seokjin aveva chiesto tra il serio e il faceto. Namjoon aveva scosso la testa con vigore. Non voleva che Seokjin pensasse che lo stesse evitando o tenendo volutamente a distanza ma era complicato fargli capire quello che stava facendo senza suonare completamente folle.

“No. Solo una ricerca. Quando avrò trovato quello che cerco ti saprò dire cos'è,” Namjoon aveva aggiunto e il maggiore per un attimo era parso imbarazzato di essere stato scoperto nella sua curiosità ma anche sollevato del fatto che Namjoon sembrasse avere tutto sotto controllo. Aveva annuito allora, e lo aveva lasciato al suo da farsi fidandosi delle sue parole.

Namjoon si chiese se le persone in una coppia, una coppia qualsiasi, provassero sempre quel sentimento di possesso e mancanza, quel voler sapere tutto dell'altro ma allo stesso tempo di volergli consentire di fare e pretendere tutto, o se fosse solo il risultato delle premesse particolari in cui la sua relazione con Seokjin era venuta in essere.

Era innegabile che bugie e silenzi fossero stati l'ingrediente principale all'inizio e che entrambi, pur dovendo ironicamente rappresentare la perfezione dei due davanti al paese, fossero lontani dal ritratto tipico della loro gente. Namjoon era stato uno scettico e Seokjin un guardingo ma nonostante ciò, in qualche modo e a dispetto delle rispettive mancanze, i loro sentimenti erano riusciti a raggiungersi.

Ad ogni modo una volta che Namjoon riuscì ad ammettere a se stesso che la fonte era stata davanti ai suoi occhi per tutto quel tempo, si mosse per raggiungere il suo scopo. Non fu difficile convincere la signorina Choi che voleva approfondire il suo studio sulle proposte del senato di questa generazione della famiglia Kim e farsi lasciare libero accesso. La donna si era quasi emozionata di fronte alla sua richiesta, quasi fosse il segnale di entusiasmo che tutti si stavano aspettando da parte sua.

Gli aveva lasciato libero accesso a tutti i documenti e gli aveva dato persino delle credenziali per accedere al materiale secretato on line, non immaginando che la sua richiesta nascondesse un secondo fine. Fino a quel momento infatti gli argomenti di approfondimento erano stati scelti dalla famiglia Kim e Namjoon non si era mai preoccupato di chiedere altro.

Anche così tuttavia riuscire a tracciare quello che gli interessava non fu semplice e le informazioni messe in chiaro sul web a cui poteva accedere la signorina choi non del tutto esaustive. Indicavano una proposta di testo ma l'allegato non era disponibile. Anche così era evidente che i suoi sospetti sul pericolo che quella faccenda poteva rappresentare fossero altamente fondati.

Namjoon doveva escogitare qualcosa, sentiva di aver messo le mani su una potenziale bomba e, se così era, Seokjin doveva essere subito informato. Non aveva dubbi sulla buona fede del maggiore e sapeva che non sarebbe rimasto indifferente di fronte a machiavelliche malefiche manovre. Ne era la prova il suo comportamento allo scoprire le condizioni sotto cui Namjoon era stato introdotto alla famiglia.

Namjoon poteva pertanto rivolgersi a Seokjin oppure decidere di andare a fondo ancora per conto suo. Era vagamente cosciente del fatto che questa faccenda stesse diventando un'ossessione. Non aveva ancora contattato Yoongi e non passava un pomeriggio da solo con Jin da giorni, eppure sapeva di essere vicino alla verità.

Quindi, date le circostanze, Namjoon non aveva avuto altra scelta che coinvolgere un'altra persona altrettanto informata e con molte più possibilità di farlo accedere a materiale secretato di quante ne avesse lui agendo da solo.

“Jin lo sa?” Chiese Hyosang seduto sulla poltrona di fronte alla scrivania su cui era seduto Namjoon. Era da un po' che Namjoon stava lavorando al computer della scrivania del padre di Hyosang e il giovane aveva i nervi a fior di pelle, convinto che il padre di Hyosang sarebbe tornato da un momento all'altro. Non capiva davvero come Hyosang riuscisse ad apparire così calmo anche quando Namjoon gli aveva spiegato a grandi linee di cosa si trattava.

Era stato tutto molto più semplice di quanto Namjoon si fosse immaginato coinvolgere Hyosang a collaborare. Seokjin aveva più volte alluso al carattere ribelle e poco adatto a rappresentante della famiglia Kim, almeno secondo il console Kim, di Hyosang.

“La mia adoloscenza sarebbe stata di gran lunga più noiosa senza Hyosang,” aveva detto Seokjin quando Namjoon gli aveva chiesto della sua amicizia con il cugino. Seokjin tuttavia aveva anche aggiunto come, da quando aveva conosciuto la sua anima gemella, Hyosang fosse diventato una persona molto più calma e posata, come se la sua fame irrequieta di avventure fosse state infine soddisfatta.

Namjoon non sapeva cosa pensare al riguardo perchè aveva conosciuto Hyosang dopo quello che la famiglia Kim chiamava il suo rinsavimento perciò, ad eccezione di un senso dell'umore alquanto bislacco, non aveva trovato Hyosang particolarmente ribelle.

Nonostante ciò quando Namjoon aveva deciso di rivolgersi a lui aveva sperato che questa sua tendenza non fosse morta ma solo dormiente. Hyosang non aveva neppure battuto ciglio e gli aveva aperto la porta dell'ufficio di suo padre senza neppure commentare. Aveva posto una unica pesante condizione però, e davvero avrebbe dovuto aspettarselo da un Kim, ossia che una volta trovato quello che doveva, Namjoon convidesse con lui tutte le informazioni. Namjoon non era stato molto contento di ciò considerando che la prima persona con cui avrebbe voluto consultarsi non appena avesse fatto luce su quella faccenda era Seokjin, ma si disse che fosse un piccolo prezzo da pagare per ottenere quello che voleva.

Namjoon guardò Hyosang da sopra il computer, cercando di pensare ad una risposta che non fosse incriminante. Il fatto che Seokjin fosse venuto specificatamente a nascondersi da suo cugino durante la loro lite, suggeriva come i due cugini guardassero l'uno le spalle dell'altro e Namjoon non voleva che Seokjin venisse a sapere il tutto da qualcuno che non fosse lui.

“Dal tuo silenzio ne deduco che lo hai lasciato completamente all'oscuro. Lo sai vero che non sarà affatto felice?” Hyosang commentò sollevando un sopracciglio inquisitore.

“Gliene parlerò. Perciò per favore non farlo tu,” Namjoon rilanciò fissando il suo sguardo negli occhi dell'altro.

Hyosang scosse la testa e si vedeva lontano un miglio che moriva dalla voglia di aggiungere qualcosa ma si limitò a sprofondare nella poltrona, ad aspettare che Namjoon trovasse quello che voleva trovare.

Namjoon sentiva le dita che si muovevano sulla tastiera del computer fredde di sudore gelato per il rischio che stavano correndo. Si rendeva conto Hyosang di quello che stavano facendo?

E poi infine il suo sguardo si posò su quello che stava cercando. Namjoon rimase li per un lungo momento occhi incollati allo schermo, senza sbattere le ciglia, quasi senza fiatare e quando infine gli riusci, i suoi occhi si mossero febbrili sulle parole mentre assorbiva il loro significato. Poi lafine la realtà lo colpi forte, tagliandolo in due, ma Namjoon aveva esperienza ormai in orribile sorprese perciò quella volta non si piegò. Ma reagì.

Non chiese neppure il permesso e senza esitazioni mandò in stampa il documento. Il suono della stampante che entrava in funzione sembrò allarmare Hyosang il quale si alzò come un lampo dalla poltrona. Namjoon tuttavia non aveva tempo per spiegare a Hyosang quello che aveva trovato come gli aveva promesso. Doveva andarsene da li il prima possibile e per questo per quando Hyosang ebbe fatto il giro della scrivania, la pagina di consultazione era già chiusa.

“Namjoon, ma che cosa?” Hyosang protestò seccato. Namjoon si alzò e andò a recuparare la sua copia dal tavolino della stampante, non degnandolo neppure di uno sgaurdo.

“Devo andare. Ho fatto una copia anche per te comunque perciò non puoi dire che non ho rispettato gli accordi,” Namjoon disse con più freddezza di quel che intendeva ma il sangue gli ribolleva nelle vene e non riusciva a pensare di essere una persona civile in quel momento. Gli lanciò un'occhiata di fuoco che incenerì hyosang sul suo posto per ricordargli della sua parte di accordo, del fatto che doveva tacere, e poi senza disturbarsi di tranquillizzarlo, lo lasciò li.

Namjoon si avviò lungo il corridoio e verso la porta d'ingresso con la calma della determinazione, fogli di carta stampati stretti in mano.

Era più di rabbia quella che sentiva. Era orrore. Era vergogna. Era sapere di doversi macchiare di qualcosa che non condivideva ed essere dolorosamente consapevole di poter fare ben poco per evitare.

Namjoon salì sull'autobus che lo aveva portato di nascosto da Hyosang ed era contento di aver scelto quel mezzo e non dover usufruire del privilegio che gli veniva da uno status che non aveva mai voluto e per cui, ora più che mai, provava disgusto. Sedeva rigido sul sedile dell'autobus mentre le sue dita tamburellavano nervose lo scorrere del tempo sulla sua coscia.

Doveva parlare con Seokjin il prima possibile.

Fece di corsa tutto il tratto che separava la fermata dell'autobus da villa Kim anche se la milza non tardò a fargli male e la mancanza di un vero pasto solido nel suo stomaco da chissa quante ore, gli faceva girare la testa per lo sforzo. Tuttavia Namjoon rallentò solo quando si trovò di fronte al cancello della villa. Solo allora si concesse di riprendere fiato, le orecchie che fischiavano e le tempie che premevano ai lati della testa.

Tuttavia come era successo da Hyosang, una volta all'interno della villa ritrovò la calma e camminò in mezzo agli ambienti Kim con lentezza e cercando di mantenere una parvenza di controllo perchè se non lo faceva, Namjoon aveva paura che si sarebbe messo a urlare.

Per prima cosa andò in camera sua ma la trovò vuota, quindi andò in cucina il posto preferito di Seokjin ma anche li nessuna traccia del maggiore. Allora provò in biblioteca e quindi in giardino ma di lui neanche l'ombra. Agitato e con la paura di dover passare chissa quanto tempo in attesa del suo ritorno se Seokjin non era in casa, Namjoon iniziò ad agitarsi. Le sue medicine dovevano essere uscite dal suo organismo perchè iniziò a provare un profondo senso di malessere fisico che gli rendeva difficile il pensare lucidamente.

Tornò nel salotto vuoto e poi come preso da un presentimento si diresse verso un corridoio che non percorreva mai con piacere. Quello che portava allo studio del primo console Kim.

Era un giorno settimanale e il signor Kim era probabilmente in Senato e non qui in villa. Eppure man mano che si avvicinava il suono di voci che parlavano tra loro si fece più chiaro finchè non riconobbe l'inflessione del tono di voce di Seokjin.

Namjoon si fermò poco fuori la porta, esitando. Non sapeva cosa fare se entrare o meno perchè voleva tanto vedere Seokjin ma non sapeva se sarebbe riuscito a trattenersi di fronte al signor Kim. Non dovette essere lui a decidere perchè poco dopo la porta si aprì e Seokjin e suo padre uscirono.

Namjoon se ne stette li impalato appoggiato alla parete del corridoio.

“Oh namjoon, eri venuto per me?”Gli chiese il signor Kim rivolgendogli un sorriso. Namjoon sentì il sangue scivolargli via dalle guance e digrignò i denti. Non poteva fare questo a Jin, non poteva esplodere e riversare la sua furia al signor Kim senza nessun avvertimento, senza averlo messo al corrente dell'intera faccenda.

Dovevano affrontare questa cosa insieme, dovevano provarci perchè altrimenti non avrebbero avuto possibilità alcuna di combattere questa cosa. Perchè Namjoon aveva visto il volto dell'altro al centro ricreativo e sapeva che non condivideva le ideologie degratorie della famiglia e che la propaganda politica riversava nella società e, personalmente, chiunque fosse la persona per cui Yoongi soffriva anche costui era in pericolo. E se loro dovevano guidare questo paese, non potevano guidare le persone verso la rovina.

Lanciò un'occhiata di aiuto verso Seokjin sperando che il maggiore capisse che aveva bisogno di lui perchè Namjoon non si sentiva capace di aprire bocca senza essere sicuro di riversare veleno.

“Non credo proprio padre,” Seokjin intervenne con voce gioviale. Namjoon non provò mai così tanta gratitudine veros il maggiore come ne provò in quel momento. “Mi ero scordato io e Namjoon avevamo un appuntamento,” Seokjin continuò circondando le sue spalle con un braccio e sorridendo.

Namjoon annuì e sentì i suoi muscoli facciali aprirsi in quello che sperava fosse un sorriso.

“Bene, vi lascio al vostro appuntamento allora,” rispose il signor Kim lasciandosi sfuggire una risata.

Solo quando il signor Kim si fu infine allontanato e Namjoon fu sicuro di essere da solo con Seokjin, solo allora si lasciò andare, il suo viso lasciando infine vedere una penosa espressione di sofferenza.

“Namjoon, cosa c'è?” Gli chiese Seokjin allarmato, incorniciandogli il viso con le sue mani.

“C'è una cosa che ho scoperto e che devi assolutamente sapere,” Namjoon riuscì a dire ma proprio in quel momento il senso di malessere che aveva combattuto sin da quando ero uscito da casa di Hyosang lo colpì violentemente e seppe che stava per collassare. Allontanò Jin con un braccio e si precipitò lungo il corridoio.

Aprì una porta a metà corridoio con urgenza e si precipitò all'interno dello studio dove sapeva che c'era un bagno comunicante. Riuscì ad arrivare sul water giusto in tempo prima che il suo stomaco si svuotasse.

Dei dolori lancinanti si irridiavano dallo stomaco per tutto il corpo perchè a parte i succhi gastrici non c'era nulla nel suo stomaco. Anche così Namjoon ebbe abbastanza presenza di spirito da lanciare i fogli che teneva in mano da qualche parte e proteggerli da eventuali disastri.

Seokjin arrivò sulla soglia quando Namjoon aveva appena premuto lo sciacquone dell'acqua ma Namjoon sapeva che il maggiore era ben consciente di cosa era appena successo considerando quando rumoroso era stato il suo conato di vomito. Namjoon si sollevò a fatica ma si diresse subito verso il lavandino per sciacquarsi la bocca e gettarsi dell'acqua in faccia nella speranza di riprendere il controllo di se.

“Tu non stai bene. Ti porto subito dal medico,” Seokjin disse serio, disegnando con la sua mano dei cerchi sulla schiena in gesto di conforto.

“Devi leggere quei fogli,” Namjoon disse ignorando le parole di Seokjin e indicando con la mano per terra dove giacevano le stampe sgualcite ma intatte.

“Lo farò ma prima andiamo dal medico. Ti ho visto star male per troppo tempo e fin'ora ti ho lasciato fare ma non più,” Seokjin disse con determinazione. Namjoon scosse la testa con forza anche se farlo gli diede un senso di vertigini.

“Dopo. Prime devi leggere e ne dobbiamo parlare, dobbiamo pensare a un piano, dobbiamo...” Namjoon disse con urgenza voltandosi a guardare Seokjin e indicando nuovamente il pezzo di carta per terra. Chiuse gli occhi mentre un senso di vertigini lo investiva ancora e ancora.

“Namjoon calmati,” chiese con dolcezza Seokjin prima di prenderlo gentilmente per mano. “Mentre il medico ti visita io leggerò quei fogli, va bene? Ma qualunque cosa sia, non possiamo affrontarla se tu stai male. Dobbiamo andare dal medico.”

“Va bene. Ma non un medico della famiglia. Non voglio che sappiano,” Namjoon riuscì a replicare debolmente arrendosi al senso di nausea. I muscoli dell'addome erano ancora contratti e il mal di testa non voleva dargli tregua e si sentiva nel complesso uno schifo. Eppure anche così riuscì a ragionare. I Kim avevano la mania di controllare tutto e Namjoon non dubitava che se avessero saputo del suo malessere immaginava non avrebbero esitato a metterlo in una clinica per forzargli la cura che ritenevano opportuno.

“Ma certo. Ho già in mente chi. Non ti preoccupare,” Seokjin disse capendo al volo e convenendo con lui senza esitazioni.

Il maggiore tirò fuori il cellulare allora e in due chiamate arrangiò velocemente tutto. Raccolse quindi i fogli che giacevano per terra e se li mise in tasca. Poi cingendo ancora una volta spalle di Namjoon lo accompagnò verso l'ingresso del personale di servizio, più discreto e soprattutto più appartato. Da lì chiamò un taxi e gli diede precise istruzioni sull'indirizzo e sul percorso.

Anche in quello stato Namjoon non potè fare a meno di ammirare la prontezza di Seokjin in un momento come quello. Si lasciò scivolare sull'altro allora, lasciando che la sua testa trovasse rifugio sulla spalla di Seokjin, chiudendo gli occhi mentre sentiva le dita delll'altro intrecciarsi nei suoi capelli e un bacio posarsi sulla sua testa.

Namjoon se ne rendeva conto in quel momento, non avrebbe esitato a mettere la sua vita nelle mani di Seokjin, l'unico di cui si fidava.


 


 


 

Namjoon doveva essersi assopito o aver perso i sensi a metà viaggio perchè quando si risvegliò si trovò disteso su un lettino e con una calda coperta addosso. Il braccio leggermente scoperto lasciava intravedere i tubi della flebo a cui erano attaccati. Namjoon sbattè le palpebre cercando di disperdere il senso di torpore che sentiva e capire meglio la situazione.

“Hey.” Venne la voce di Seokjin dalla sua destra e Namjoon si voltò subito a cercare il suo viso.

Sembrava stanco e sebbene stesse sorridendo, il suo sgaurdo appariva lontano. E indecifrabile.

Namjoon provò un senso di turbamento e allungò subito la mano per toccarlo ma essendosi dimenticato della flebo quasi commise un mezzo disastro.

“Piano. Stai li. Riposati un attimo,” Seokjin disse sporgendosi sulla sedia e appoggiando la mano sul suo braccio, muovendola su e giù per tutta la sua lunghezza in un gesto di conforto.

“Quanto sono stato k.o.?” Namjoon chiese, sentendosi la gola arida e asciutta. Seokjin, come leggendogli nel pensiero, si sporse sul tavolino per prendere una bottiglietta d'acqua. Gli riempì un bicchiere e lo porse a Namjoon che lo bevve tutto d'un fiato.

“Poco più di un'ora. Avrei potuto svegliarti ma sembravi averne bisogno. Il medico ha detto che sei anemico e fortemente disidrato. Ti faranno altri esami per capire se ci sono altri problemi ma dovrai mangiare e bere come si deve d'ora in avanti Namjoon.”

“Scusa. E' che sono così impegnato che me ne dimentico,” Namjoon provò a scusarsi.

“Lo capisco. Ma non puoi smettere di prederti cura di te stesso,” Seokjin lo rimproverò preoccupato, labbro che sporgeva in fuori per il disappunto.

“Scusami.” Namjoon disse di nuovo non riuscendo a trovare una parola più adatta.

“Non scusarti. Prometti invece che ti prenderai cura di te. Non sono sempre con te e la cosa mi preccupa. So che soffri di emicrania ma prima ti ho visto massagiarti lo stomaco e hai vomitato. Quanto spesso capita Namjoon?”

Namjoon non rispose perchè non voleva mentire ma Seokjin riusci a intuire la verità lo stesso.

“Cosa devo fare con te Namjoon,” Seokjin disse in un sospiro, scuotendo la testa.

Namjoon non avrebbe mai voluto aggiungere se stesso alle preoccupazioni che il maggiore già aveva ma era stato proprio questo sentimento che aveva finito con causare proprio quello che aveva cercato di evitare per tuto quel tempo. Non voleva essere un peso per Seokjin, non voleva portargli solo cattive nuove ma a quanto pareva sembrava proprio che Namjoon dovesse sempre dimostrarsi incapace di fare altro.

Tuttavia anche così, non poteva esitare.

“Hai letto?” chiese Namjoon con urgenza perchè la sua salute poteva aspettare quando c'era un fatto di tale importanza

Il viso di Seokjin si incupì come se un'ombra scura si fosse posata su di lui.

“Ho letto,” disse gravemente.

“E?” Namjoon incalzò. Seokjin distolse lo sguardo e guardò il muro di fronte a lui come se stesse pensando alle parole giuste da dire.

“Pensare che possa essere una soluzione che questa famiglia sta prendendo in considerazione mi fa venire la nausea,” ammise infine.

“Dobbiamo fare qualcosa Jin! Loa chiamano sicurezza nazionale ma a me suona tanto di soluzione finale. E anche se nessuno si farà fisicamente male l'ammontare di dolore che un tale provvedimento causerà è inaccettabile. Noi non possiamo stare inerti e subire, abbiamo accettato troppo dai Kim e tu più a lungo di me Jin! Dobbiamo fare qualcosa!” Namjoon espresse accorato.

“Si dobbiamo. Ma non adesso,” Seokjin rispose riportando il suo sguardo su Namjoon e inchiodandolo con esso.

“Seokjin?” Namjoon chiese sconvolto

“No namjoon, ascoltami. Affrontare mio padre a viso aperto senza un piano sarebbe un suicidio. Oltretutto questa non può essere farina del suo sacco soltanto, ho paura che se mio padre ha ideato questo è perchè è convinto che buona parte del senato lo appoggerebbe e se non ha agito è solo perchè non è sicuro dei numeri e nemmeno dell'opinione pubblica. Dobbiamo agire certo, ma dobbiamo essere più intelligenti, e soprattutto cauti, di lui.”

Namjoon tacque riflettendo sulle parole di Seokjin. Il maggiore aveva ragione. Ragione da vendere ma anche così si sentiva scalpitare.

“Ti fidi di me Namjoon?” Seokjin chiese improvvisamente stringendo forte la sua mano. Namjoon sorpreso dalla domanda rispose subito, d'impulso senza neanche doversi fermare a riflettere.

“Ma certo,” esclamò ricambiando la stretta.

“Allora tu pensa a rimetterti e lascia che ci pensi io. Troverò una soluzione e per allora, tu dovrai essere al cento per cento se vuoi darmi man forte,” Seokjin disse guardandolo negli occhi come a volersi assicurare che Namjoon capisse.

Namjoon annuì e Seokjin si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.

“Grazie,” Seokjin concesse commosso mentre portava la mano dell'altro vicino al suo viso e vi posava le sue labbra.

E tuttavia Namjoon avvertì una spiacevole sensazione allo stomaco, come un presentimento funesto, ma in quel momento pensò che fosse solo da attribuirsi al suo generale malesse.

Si sbagliava.


 


 


 

Trascorsero un paio di settimane e Namjoon, sebbene non avesse dimenticato quel fatidico pomeriggio, poteva dire di sentiris meglio. Almeno fisicamente era più in forma, non aveva messo ancora peso ma almeno non ne aveva perso e le sue guance avevano recuperato un colorito sano.

Seokjin era stato più occupato che mai e non avevano ancora parlato ma il maggiore gli aveva rassicurato che ci stava lavorando e che presto avrebbe aggiornato Namjoon sul da farsi.

Era stato questo più di ogni altra cosa, il sapere che Seokjin era una persona integra ed era ancora una volta al suo fianco ciò che aveva avuto un effetto balsamico sulla sua salute.

Perciò quel giorno, mentre si spostava da un'aula all'altra cercando di decidere cosa avrebbe mangiato a pranzo di li a due ore, Namjoon non sospettava nulla di quello che stava per investirlo.

Non diede peso alle occhiate e ai mormorii in corridoio perchè da quando si era saputo che era il compagno dell'erede quelli erano diventati all'ordine del giorno. Poi il suo telefono iniziò a dare di matto.

Iniziò a vibrare impazzito registrando un messaggio dopo l'altro e quando Namjoon sorpreso riusci infine a tirarlo fuori dalla tasca vide il suo schermo illuminarsi con il nome di Yoongi.

“Yoongi ciao!”

“Namjoon cosa diamine sta succedendo?”

“Cosa sta succedendo cosa?” chiese Namjoon preso in contro piede. Non si ricordava di aver mai sentito quel tono di voce provenire da Yoongi.

“Come cosa? Non lo sai? Non sai nulla?”

“Non so cosa yoongi? Se non mi spieghi tu cosa, come faccio a sapere se lo so o meno?” Yoongi imprecò così forte che Namjoon fu tentato di allontanare il cellulare dall'orecchio.

“Yoongi calmati e spiegati. Mi stai innervosendo.”

“Dove sei?”chiese il suo amico ignorando la sua richiesta.

“All'università perchè?” Chiese namjoon sempre più perplesso.

“Trova un televisore o un computer, qualsiasi cosa. Ma sintonizzati su un telegiornale, subito!”

“Ma perchè?” namjoon chiese ancora, avvertendo tuttavia un senso di panico invaderlo da capo a piedi.

“Prima guarda e poi ne parliamo. Anche se credo non sarò certo io la persona che vorrai sentire,” Yoongi disse con un sospiro. “Sappi che sono qui comunque. A dopo,” e così dicendo mise giù.

Con un senso di nervosismo crescente misto ad agitazione, Namjoon corse fuori dall'edificio con meta la caffetteria del campus dove sapeva ci fosse un gran televisore acceso che durante la mattina era sintonizzato sul canale delle notizie. E anche se così non era Namjoon poteva sempre chiedere il favore di risintonizzarlo.

Non ce ne fu bisogno.

Perchè non appena ebbe varcato la soglia della caffetteria i suoi occhi si scontrarono con lo schermo del televisore acceso sul canale delle notizie il volume, che di solito veniva tenuto basso per non disturbare gli avventori, insolitamente alto.

E li proprio davanti a lui e davanti a una cafetteria più gremita del solito c'era il faccione di Seokjin al di sotto del quale dei sottotitoli urlavano e imprimevano indelebilmente nella sua memoria le parole che non avrebbe mai dimenticato.

Kim Seokjin abdica dal suo ruolo di erede consolare a causa di gravi problemi di salute.

Namjoon sentì le ginocchia vacillare.

Che cosa aveva fatto. Seokjin. Che cosa aveva fatto.

E allora le parole di Seokjin potenti rimbombarono nella sua testa.

Ti fidi di me Namjoon? Lascia che ci pensi io.

Seokjin ci aveva pensato. Aveva agito. Da solo.

Quando Namjoon prese il suo cellulare con mani tremanti e chiamò il numero di Seokjin solo per trovarlo disattivato capì fino a che punto Jin si era spinto.

E un profondo, terribile, agonizzante senso di tradimento lo investì tutto.


 


 




 


NdA: this is it. Questo è l'ultimo capitolo prima dell'epilogo. Se avete seguito Un mondo per noi due, sapevate già dove tutto questo ci stava portando. Ma sapete anche come andrà a risolversi. "Come si sono quasi persi e come infine si sono ritrovati, anche se lontanissimi dal punto di partenza." Dopo questo capitolo mi prenderò del tempo per scrivere l'epilogo di Dirty Cash e dopodichè tornerò a mettere la parola fine della prima parte di Incontriamoci in questa vita.
(pensavate non avessi pianificato una parte 2 con Seokjin)?
Aspetto i vostri commenti che sono sempre preziosi per me. 
Un bacio e al prossimo capitolo <3

   
 
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