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Autore: Cailiel    17/03/2019    0 recensioni
Adriel Rosewain non potrebbe essere più felice di così. Presto sarebbe tornata ad essere Adriel McLeon e basta.
Beh, non proprio e basta... Sarebbe tornata ad essere Adriel McLeon ma con sei zeri nel conto corrente.
Il suo matrimonio con Dante Rosewain era miseramente fallito e lei ci aveva guadagnato due case, il 30% dei suoi soldi e uno stipendio mensile di diecimila dollari australiani. La vita potrebbe andare meglio di così? Certo che sì: ora che Derek, il suo primo amore, è tornato nella sua vita.
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Aking Pagmamahal 



 

La nonna di Adriel era esattamente come quest'ultima se la ricordava da bambina. Magari un po' più bassa e con molte rughe in più ma comunque riconoscibile e, soprattutto, sorridente.

 

Il viaggio aveva drenato Adriel delle poche energie che le erano rimaste. La mancanza di sonno la stava prendendo sotto come un treno ed era sicura che appena la testa fosse entrata in contatto col cuscino, si sarebbe addormentata.

 

Nella casa della nonna viveva anche l'unica sorella di sua madre, Maricel.

Adriel aveva sentito parlare poco di questa zia, sua madre la menzionava raramente e solitamente con termini dispregiativi, non sapeva praticamente nulla su di lei e l'unica cosa certa era che fra le due non correva buon sangue, per nulla, motivo per cui Giselle aveva smesso di tornare in patria. 

Adriel sapeva di avere un paio di cugini: Allan e Albert ma per il resto i due erano delle figure pi che marginali nella sua vita, delle ombre di cui sapeva appena il nome.

 

Nel viaggio verso casa, la nonna le raccontò che Allan si era sposato e che ora lavorava nel centro di Muntinlupa, tornava in periferia con la moglie e i figli solo durante il weekend.

Albert invece era un donnaiolo e non voleva mettere la testa a posto facendo così venire i capelli bianchi a Maricel e a lei. Albert viveva a Manila quindi lo vedevano ancor meno spesso di Allan anche se le due città non erano molto distanti fra loro.

 

Adriel l'ascoltava accarezzandosi di tanto in tanto la pancia ed annuendo ai racconti della nonna nonostante fosse troppo stanca per assimilare tutto come si deve. Ogni tanto si coglieva con le mani nel sacco a ripensare all'Australia e alle persone che aveva lasciato lì, si ripeteva quindi che quello era il suo passato e che non doveva più guardarsi indietro dato che non era quella la strada che doveva percorrere. 

 

 

 

 

 

 

Il fatidico venerdì sera era arrivato e Leda stava fremendo per l'emozione. Non vedeva l'ora di salire sull'aereo e fare il suo primo volo intercontinentale in un jet privato.

Dante dal canto suo sembrava abbastanza annoiato, per lui quello era un volo come un altro in una località come un'altra, spesso si domandava se c'era qualche possibilità per lui di entusiasmarsi nuovamente per qualcosa. Gli sembrava di aver provato ogni cosa che la vita poteva offrirgli, ormai era tutto una routine, una costante noiosa ed interminabile.

 

Roba da ricchi. Pensò Leda mentre squadrava il suo capo con la coda dell'occhio. 

Dante stava indossando dei semplici jeans, una t-shirt nera e una felpa con la zip dello stesso colore. Aveva un accenno di barba sulla mascella e Leda non poté fare a meno di chiedersi che sensazione avrebbe provato se gli avesse accarezzato il viso o, meglio ancora, se l'avesse baciato.

 

Sin dal principio lei era stata una di quelle persone molto professionali sul posto di lavoro; eppure tutti i suoi buoni propositi erano crollati come un castello di carte quando si era ritrovata faccia a faccia con il famoso Dante Rosewain che in quel momento, vestito in quella maniera, sembrava un ragazzo qualunque, eppure c'era qualcosa di magnetico intorno a lui, qualcosa che lo rendeva estremamente affascinante agli occhi di chiunque lo circondasse. Qualcosa in lui, nel suo carattere, nei suoi modi di fare e nel suo modo di parlare l'attirava e la respingeva allo stesso tempo tendendo così la sua mente sempre concentrata su di lui.

 

Lo squadrò un'altra volta: seduto sulla poltrona di pelle chiara, le gambe divaricate, il capo chino, gli occhi puntati sullo schermo del telefono, il pollice destro stava indugiando sul cellulare mentre la mano sinistra era appoggiata sul proprio ginocchio. Si stava mordicchiando il labbro inferiore totalmente assorto nei propri pensieri, non si stava nemmeno rendendo conto dell'attento esame che la sua collaboratrice gli stava facendo.

 

Aking Pagmamahal, Dante continuava a rileggere quelle parole cercando di resistere alla tentazione di premere quel cerchietto verde, far partire la chiamata e sentirsi sempre dire la stessa frase che ormai aveva imparato a memoria.

 

Aking Pagmamahal, era così che Adriel si era salvata nel suo cellulare quando si erano scambiati i numeri di telefono per la prima volta.

Lui si era salvato come Prince Charming e credeva che lei avrebbe inserito semplicemente nome e cognome. Quando poi aveva letto quelle parole impronunciabili le aveva chiesto ironicamente perché avesse scritto un insulto, a quel punto Adriel ridendo gli aveva letto il nome e gli aveva spiegato che significava Amore Mio in filippino, a distanza di anni non era ancora riuscito a pronunciare quelle parole correttamente, ma gli erano rimaste nel cuore.

 

Ricordò la maniera in cui l'aveva guardata, come il cuore gli aveva perso un battito davanti al suo sorriso e come aveva dovuto fare affidamento su tutte le sue forze per non baciarla in quel preciso istante.

 

Sospirò al ricordo e mise il telefono in tasca deglutendo rumorosamente.

 

-Stai bene?- gli chiese Leda appoggiando una mano sul suo braccio.

-Si, bene.- rispose lui automaticamente.

-Signore, siamo pronti a partire.- lo informò il pilota.

-Spero tu sia pronta per dieci ore consecutive in aereo.- 

-Prontissima.- sorrise Leda sentendo tornare il buon umore.

 

 

Leda era sporta a guardare Sydney dall'alto, era da mozzare il fiato.

 

-È incantevole.- commentò guardando le luci farsi sempre più lontane.

-È una bella città.- 

-Da come ne parli non sembra ti entusiasmi chissà quanto.-

 

Dante fece un sorriso amaro.

 

-Sono costretto a viverci. Quando una cosa è fatta contro il proprio volere si finisce per non apprezzarla a pieno o per non apprezzarla affatto. Adriel invece l'adorava. Era pazza di Sydney.- quell'indiscrezione gli sfuggì senza che lui se ne accorgesse.

-Adriel?- Leda fece finta di non capire.

Dante si passò la lingua fra le labbra: -La mia ex moglie.- disse con tono indifferente.

-Davvero? Non sapevo fossi stato sposato.-

-A quanto pare non lo sapevi solo tu.- scherzò Dante e Leda si sforzò di ridere un po'.

-Non sono molto interessata al gossip, scusami.- mentì la donna e Dante sorrise voltandosi a guardare fuori dal finestrino.

 

Leda credeva che non l'avrebbe mai sentito parlare di quella donna. Ovviamente sapeva chi era Adriel Rosewain, o, meglio, chi era stata Adriel Rosewain. Elizabeth, la segretaria di Dante, non la sopportava e si sfogava sul suo conto ogni qual volta le due si trovavano.

 

-È una stronza micidiale.- le aveva raccontato Elizabeth: -Spende tutti i soldi del signor Rosewain senza il minimo rispetto per lui. Arriva in ufficio piena di buste e ignora chiunque le passi davanti. Mai un saluto. Si comporta come se fosse la regina. Poi si chiude nell'ufficio di Rosewain e ci passano dentro ore. Nessuno li deve disturbare. Poi se ne vanno e a me tocca fare tutto da sola.- 

 

Leda non capiva cosa Dante potesse trovarci di interessante in una persona del genere.

Magari l'aveva lasciata proprio perché era un'egoista insensibile.

 

-È una bella persona, Adriel?- gli chiese, aveva bisogno di sapere di più su come l'aveva conquistato per batterla al suo stesso gioco.

 

Dante guardò Leda negli occhi poi scrollò le spalle tornando a fissare il buio fuori dall'oblò.

 

-Non è esattamente quello che definirei un angelo ma... sì, è una bella persona.- 

 

Leda inarcò un sopracciglio, da come l'aveva descritta Elizabeth a lei quella donna sembrava il diavolo.

 

-Con tanta gioia di vivere.- mormorò Dante a voce talmente bassa che Leda dovette sforzarsi per capire cosa aveva appena detto: -Sorridente, allegra, ottimista... illumina qualsiasi stanza in cui entra.- sembrava quasi che Dante ormai parlasse più a se stesso che a Leda: -Bastava lei per far brillare tutta Sydney.- concluse l'uomo.

 

La segretaria tirò un sospiro tremante che riportò Dante bruscamente alla realtà.

Rendendosi conto delle parole appena dette, il biondo si schiarì la voce.

 

-Scusa, non voglio annoiarti con i miei discorsi senza senso.- disse un po' in imbarazzo, raramente si esponeva facendo discorsi sentimentalisti, non erano da lui.

Leda, seduta di fronte a lui, forzò un sorriso dolce: -Tranquillo, parlare di ciò che ci ha ferito aiuta in parte a guarire.- con quella frase sperò di potergli estorcere qualche altra parola ma Dante restò con le labbra serrate, annuì un paio di volte e poi si alzò dicendo che sarebbe andato a stendersi un po' e che lei poteva fare lo stesso se lo desiderava.

 

 

 

 

 

 

-Una donna divorziata, senza lavoro ne soldi, mantenuta dai genitori e soprattutto incinta. Chi mai vorrebbe prendersi una del genere?- chiese Maricel mentre parlava al telefono con Albert: -Almeno Giselle ha la decenza di pagare per lei le spese perché io non l'avrei di certo presa sulle mie spalle, no signore.- 

-Mamma, dacci un taglio.- Albert alzò gli occhi al cielo scocciato dalla mentalità chiusa e medievale di sua madre.

 

L'uomo era in effetti molto curioso di conoscere di nuovo la cugina, aveva vaghi ricordi di lei ed era felice che fosse tornata nelle Filippine.

Una pecora nera che gli avrebbe tenuto compagnia e avrebbe alzato gli occhi al cielo insieme a lui ogni volta che qualcuno avesse iniziato a elogiare suo fratello Allan. Un vero miracolo dal cielo, si può dire.

 

Adriel era appoggiata con l'orecchio alla porta e stava ascoltando quello che la zia stava dicendo al figlio. Si era finalmente svegliata del tutto. Aveva passato gli ultimi tre giorni con la nausea sia dovuta alla gravidanza che al jet lag e le uniche cose che aveva fatto erano state vomitare e dormire.

 

Stanca di ascoltare tutti quei discorsi sul suo conto, Adriel aprì la porta di scatto facendo sobbalzaste Maricel che si voltò verso di lei, salutò velocemente il figlio e spense la chiamata per poter accogliere la nipote come si deve.

 

-Cara, bimba mia, oggi ti senti meglio?- domandò Maricel prendendole le guance fra le mani.

 

Adriel la prese per i polsi abbassando le mani della zia dalla faccia. La guardava seria, come mai lo era stata fino ad allora.

 

-Capisco che la mia presenza qui può non essere gradita.- disse freddamente Adriel alzando leggermente il mento quasi a voler sfidare la più vecchia a negare le sue parole: -Ma non accetto che vengano fatte insinuazioni sulla mia vita e sul mio bambino senza sapere la verità dei fatti.- Adriel la stava facendo più tragica e lunga del dovuto ma per lei quella era una sconosciuta, non sentiva alcun sentimento famigliare nei suoi confronti e si sarebbe difesa come si deve dalle sue accuse.

 

Mantenuta dai genitori. Questa poi... 

 

In fondo se aveva divorziato ed era rimasta incinta la colpa era solo sua ma quello non era proprio il momento di farsi puntare il dito addosso.

 

-Io veramente non capisco di che stai parlando...- 

-Per favore, niente doppie facce. Se devi odiarmi, fallo. Ma ricordati che anche tu sei divorziata, hai due figli e vivi nella casa di tua madre.- detto ciò la mora uscì di casa mentre sua nonna arrivava dalla dispensa con un vassoio colmo di frutta.

-Adriel, non vuoi mangiare niente? Devi mantenerti in forze!- le chiese con dolcezza la vecchia.

Adriel si sforzò di sorridere: -Magari dopo, lola, ora voglio andare a prendere una boccata d'aria.-

 

L'anziana voltò gli occhi verso la figlia rimasta ancora nel punto in cui Adriel l'aveva lasciata: -È successo qualcosa?- 

-No, niente. Perché?-

  
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