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Autore: DanzaNelFuoco    19/03/2019    1 recensioni
Bakudeku
AU, Vigilante!Bakugou, quirkless!Izuku
--- Bakugou è in fuga e c'è solo una persona disposta ad aiutarlo.
La soffiata che aveva ricevuto gli aveva assicurato che non sarebbero stati lì prima di mezz’ora.
Ora, le possibilità erano due. O la sua talpa era improvvisamente diventata inaffidabile - e sarebbe stato un problema, certo perché significava che al distretto non si fidavano più di Kirishima - oppure avevano cercato di incastrarlo - e sarebbe stato ancora peggio.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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COW-T #9: parità

Capitolo 2 
Overturn
 


“Kacchan?” 

Di fronte a lui, mezzo nudo, più alto e muscoloso di come lo ricordava  - ma in fondo dall’ultima volta che lo aveva visto, al termine delle medie, prendendolo in giro perché voleva entrare alla U.A., lui che era senza quirk, erano passati quasi dieci anni - si trovava Midoriya Izuku. 

“Ciao, Deku.” Bakugou cercò di sembrare più sicuro di sé di quanto non lo fosse davvero. 

Quello poteva essere un colpo di fortuna inaspettato, ma Katsuki doveva giocarsela bene. Quello che aveva davanti non era un estraneo - sebbene fossero passati così tanti anni che avrebbe benissimo potuto esserlo - e questo gli dava un vantaggio. Se fosse stato chiunque altro a trovarsi un intruso vestito di scuro nella propria cucina dopo essere appena uscito dalla doccia, quel chiunque avrebbe urlato e la polizia avrebbe buttato giù la porta talmente velocemente da non dare nemmeno a Bakugou il tempo di aprire la bocca per fornire una mezza spiegazione. 

Doveva ringraziare la sua buona stella e anche il sangue freddo di Midoriya che davanti a lui si era limitato a sbattere le palpebre come se stesse guardando un fantasma, invece che farsi prendere dal panico e gridare. 

Tuttavia, Bakugou non era ancora al sicuro. Ricordava come se fosse passato appena un giorno invece che una decade le ultime parole che si erano detti, quell’ultimo giorno di scuola, lo scherno con cui l’aveva trattato. Katsuki non era fiero di sé stesso. Aveva avuto tante sicurezze  da adolescente, incise nella pietra nei secoli dei secoli - eroi e cosa comportasse esserne uno - ed ecco come si era ritrovato. 

Braccato dalla polizia. Un criminale. 

Se Izuku avesse ritenuto anche soltanto un briciolo del rancore che avrebbe dovuto provare nei suoi confronti, allora Katsuki sarebbe stato spacciato e si sarebbe ritrovato con le manette ai polsi nel giro pochi istanti. 

“Cosa ci fai -?” 

Qui? In casa mia? Nella mia vita? Bakugou non seppe come la frase si sarebbe conclusa perché una serie di rapidi colpi alla porta li interruppe. 

“Signor Midoriya? Tutto bene?” La voce dell’agente fu seguita da un’altra bussata, talmente potente che la porta vibrò sui cardini e minacciò di non resistere. 

Izuku fece passare lo sguardo da Bakugou all’ingresso, cercando di raccapezzarsi su cosa stesse accadendo. 

“Cercano me” disse come se fosse la cosa più naturale del mondo. “Puoi aiutarmi a nascondermi?” 

A Bakugou pareva che il cuore stesse minacciando di esplodergli in petto tanto velocemente l’adrenalina lo costringeva a battere e quella manciata di secondi che Izuku impiegò per rispondergli gli parve dilatarsi nel tempo fino a durare in eterno. 

Izuku annuì silenziosamente, prima di rivolgersi alla porta. “Tutto bene, sì, ero - eravamo sotto la doccia! Apro subito!”
Svolgendosi dalla testa l’asciugamano per rivelare una testa di ricci bagnati, Izuku glielo gettò in mano, spingendolo verso il bagno con una mano prima di voltarsi per dirigersi alla porta. 

Bakugou si meravigliò della prontezza di riflessi dell’altro. 

Ma d’altronde Izuku era sempre stato un tipo sveglio, sempre pronto a cogliere tutte le minime sfumature delle situazioni così come dei quirk. Bakugou ricordava le pagine e pagine di quaderni che riempiva di ipotesi e strategie.

Quello che aveva tirato fuori era un buon piano. Dannatamente un buon piano.

Dava a Bakugou una scusa per essere in quell’appartamento pur senza aver risposto alla porta e, ancora meglio, gli dava un alibi. 

Bakugou si sfilò rapidamente la felpa e il giubbotto antiproiettile, nascondendoli in quello che sembrava il cesto della lavanderia, sotto una T-shirt di All Might che aveva visto giorni migliori e ponderò se dare alla recita l’ultimo tocco o se sarebbe sembrato eccessivo. Oh, al diavolo, l’idea era stata di Deku, tanto valeva renderla credibile fino in fondo, no? 

Sfilandosi anche i pantaloni e recuperando un asciugamano da fissarsi in vita, sbirciò fuori dalla porta. 

Izuku stava parlando con una donna dalla pelle azzurra in divisa, gli dava le spalle e parlava a bassa voce mentre la donna gli mostrava una sua foto. Bakugou ricordava quando avevano scattato quella foto, quasi sette anni prima, quando credeva ancora che essere un eroe avesse un peso e si era stupidamente ostinato a continuare a indossare il costume da hero che gli avevano procurato all’U.A. Se solo fosse stato un po’ più furbo avrebbe fatto come Kirishima e sarebbe entrato a far parte della polizia, smettendo di indossare il suo attillato costumino di spandex. Invece aveva dovuto continuare a essere Ground Zero, bruciando completamente il suo nome. E tanti saluti a Bakugou Katsuki, il vigilante ricercato dalla polizia. 

Aveva dovuto cambiare nome più in fretta di quanto avesse impiegato il nuovo capitano della polizia a cambiarsi le mutande prima di diramare un mandato di cattura a suo nome.

Benvenuto Masumi Iku, cuoco in un piccolo ristorante di ramen, nato senza quirk e con lenti a contatto marroni e  litri di tinta per capelli nascosti nell’armadietto del bagno per rendere meno riconoscibile, scurendo di qualche grado, quell’evidentissimo biondo platino che lo avrebbe fatto risaltare come un lampeggiante in mezzo alla folla. 

Appoggiandosi con nonchalance allo stipite della porta, incrociando le braccia sul petto, rimase ad osservare lo scambio di formalità tra Izuku e la poliziotta, con lei che controllava dalla carta di identità che il ragazzo le aveva porto l’esatto kanji per stendere un rapporto corretto in seguito.

Katsuki si chiese cosa fosse successo al ragazzo davanti a lui in quei dieci anni, una infinità di tempo che avrebbe permesso che avvenimenti di ogni tipo potessero accadere - diamine in quei dieci anni il sistema su cui si basava l’intera società era stato scosso fino alle fondamenta. 

“E lei?” La poliziotta si rivolse a Katsuki. “Lei ha per caso visto quest’uomo?” 

Katsuki si riscosse dalle sue considerazioni. “Eh?” Fece per avvicinarsi a guardare meglio la foto, come se ne avesse davvero bisogno. Era stata una fortuna che le uniche foto che erano riusciti a recuperare dagli archivi risalissero alle medie e che quelle scattate nei primi anni da vigliante fossero abbastanza mosse e sfocate da non consentire un primo piano abbastanza accurato. 

“Oh, tesoro, eccoti qui” Izuku recitò con la voce più zuccherosa che aveva e la poliziotta sorrise di riflesso. Katsuki poteva quasi vedere il “che coppia carina” che le stava frullando in testa. Da quando Izuku era diventato così bravo a recitare? Scacciando il pensiero, Bakugo si fece presente che in dieci anni potevano essere successe tante cose e che sicuramente Deku non sarebbe rimasto il balbettante e piagnucoloso ragazzino che era a quattordici anni per sempre. 

“Uhm uhm. C’è qualche problema agente?” 

“No, è stato avvistato il vigilante Ground Zero qui in zona e stiamo facendo controlli a tappeto per catturarlo.” 

“Oh, io non l’ho visto, ma sa com’è” sorridendo imbarazzato, Bakugou indicò con la testa il bagno. “È pericoloso? Dovremmo preoccuparci?” 

“No” scosse la testa lei, mettendo via la foto. “Non ha mai fatto del male ai civili. Detto tra me e voi, non riesco nemmeno a capire perché gli stiano dando una caccia tanto forsennata.” Appuntò il nome dalla carta di identità che Izuku le aveva porto

“Lei è?” 

“Masumi Iku, devo avere la carta di identità di là, se la vuole vedere.” 

“Solo per il rapporto, potrei sbagliare il kanji del suo nome. Non sarebbe la prima volta, il capo potrebbe uccidermi se ricapitasse.” 

Katsuki ci mise poco a recuperarla dalla tasca dei suoi pantaloni e fu di ritorno in un attimo, porgendogliela. 

“Masumi Iku” controllò quella, “nato il…” si appuntò sul blocchetto. “Quirkless.” 

Con la coda dell’occhio Bakugou controllò la reazione di Izuku, ma quello mantenne il sorriso, come se nemmeno l’avesse sentita. Quando aveva imparato a mantenere la faccia da poker?

“Oh, che fortuna, entrambi senza quirk. È un orrore prendere quei soppressori, non potete capire come mi rovinano la pelle” la donna alzò gli occhi al cielo, prima di restituirgli il documento e mettere via il blocchetto. “Grazie per il vostro tempo.”

“Grazie per il suo contribuito alla sicurezza del pubblico” la ringraziò Izuku accompagnandola alla porta e chiudendogliela alle spalle. 

Non appena sentirono i passi allontanarsi per il corridoio, diretti qualche appartamento più avanti, Izuku si voltò e si diresse in camera sua, senza nemmeno degnare Katsuki di uno sguardo.  

Bakugou si tolse di testa l’asciugamano umido con un gesto stizzito e gli concesse qualche minuto per rendersi presentabile, raccattando anche i suoi vestiti nel frattempo, prima di seguirlo in camera da letto. Nemmeno lui sapeva davvero cosa dire, ma di sicuro non si aspettava il trattamento del silenzio da chi lo aveva appena aiutato infrangendo la legge. La cosa lo stava cominciando ad irritare. 

“Deku -”

“Quirkless, eh?” ridacchiò Izuku, amaro. 

Gli dava le spalle e si stava finendo di allacciare i pantaloni.

“Era più facile.” 

“Quindi adesso siamo alla pari. Da senza quirk a senza quirk.” 

“Deku, io -”

“Se osi dire che ti dispiace ti sbatto fuori e dico alla poliziotta che mi hai minacciato perché ti aiutassi” Izuku si voltò di scatto a fronteggiarlo. 

Katsuki si rimangiò le parole che stava per dire. “Sarebbe stata la verità, comunque.” 

“Solo perché ti ho tolto di impiccio.”

“No, perché sono stato un idiota, convinto che bastasse avere un quirk potente per fare l’eroe. Il modo in cui ti ho trattato allora… so perché l’Unione dei Villain fosse convinta che io potessi diventare uno di loro.”

Izuku scosse la testa. “Non saresti mai diventato un Villain. Sono degli stupidi per averci anche solo pensato.” 

“Sono contento che tu ne sia sicuro.”

“Eri solo arrogante e ti eri montato la testa. Ma in realtà ti devo ringraziare” Izuku tornò a rivolgergli le spalle per andare alla ricerca di una maglietta.

Fu il turno di Katsuki di ridere amaramente. “Sì, come no.” 

“Sì, beh, non nel senso vero e proprio della parola. Avrei fatto a meno delle prese in giro o dei suggerimenti di buttarmi giù dal tetto della scuola. Però è merito tuo se adesso sono chi sono.” 

“E chi saresti?” chiese, per una volta senza essere sarcastico. Il Midoriya Izuku che Bakugou ricordava era  un ragazzino spaventato che non sarebbe riuscito a mentire nemmeno se ne fosse andata la sua stessa vita e ora tesseva bugie su due piedi con la perizia di un ragno che lo abbia fatto per tutta la vita. Poteva ancora vedere il suo amico di infanzia nascosto sotto quella versione adulta e adulterata, ma cosa lo avesse fatto crescere tanto in fretta Katsuki non poteva immaginarlo.

“Ti ho sempre ammirato, per me eri sempre stato irraggiungibile, ma non per questo mi sarei arreso. E ora siamo allo stesso livello.”

Katsuki fece per aprire la bocca, nemmeno lui sapeva per dire cosa. Cosa? Che gli dispiaceva di averlo fatto sentire uno scarto, un sassolino talmente poco importante che la sua morte non gli sarebbe nemmeno dispiaciuta? Che essere senza quirk non lo rendeva meno degno di rispetto? 

Sarebbero sembrate solo parole vuote come il suo precedente tentativo di scuse.

“Ti sarai chiesto perché ti ho aiutato, no?” 

“In effetti, sì. Non mi aspettavo che in nome di una amicizia finita così tanto tempo fa, rischiassi una accusa per ostacolo alla giustizia. C’é un altro motivo o sei soltanto un nostalgico dal cuore tenero?”

“Ah, non mi sei mancato così tanto da rischiare di essere arrestato.” 

Perché, un po’ gli era mancato? Chissà perché Katsuki faticava a crederci. 

“No, non ti ho aiutato in nome dei vecchi tempi. In realtà non ho nemmeno aiutato Bakugou Katsuki. Ho aiutato Ground Zero e l’ho fatto perché siamo sulla stessa barca.” 

“Sulla stessa barca?” 

“Ti ho già detto che ti devo ringraziare, no? Se non fosse stato per raggiungerti, per essere tuo pari, non sarei dove sono ora.” 

“Sì, ma non mi hai ancora detto dove sei ora.” 

Senza una parola Izuku si voltò e tornò all’armadio cominciando a rovistarci dentro. “Sono un giornalista. Mi occupavo della cronaca di eroi per il giornalino della scuola al liceo, ho mandato alcuni pezzi a qualche giornale abbastanza importante. A quanto pare la mia capacità di analizzare i quirk era apprezzata. Certo dopo che l’uso dei quirk è stato abolito e hanno cominciato a distribuire i sopressori c’era ben poco di cui scrivere, a parte i vigilanti. Il pezzo migliore che abbia mai scritto è stato su di te. Ti conoscevo così bene che si è praticamente scritto da solo.” 

“E scrivere un pezzo su di me è stato così fondamentale per la tua carriera?” 

“No. Cioè, sì, per la mia carriera giornalistica è stato un boost notevole, ma non era per questo che ti devo ringraziare.” 

Izuku sembrò trovare quello che stava cercando. Tenendo quello che sembrava uno straccio tra le mani, si voltò. 

“È per questo che ti devo ringraziare” gli lanciò l’involto e quando Katsuki si rese conto di cosa aveva in mano il suo cuore quasi perse un colpo.  

“Questa è…” 

Non poteva essere. Non esisteva merch per quello. Doveva essere l’originale, ma non poteva essere. Era semplicemente impossibile. 

Izuku sorrise soddisfatto. “Sì.”

“Overturn?” 

Izuku annuì, ma non ce n’era bisogno. Quella era senza ombra di dubbio la maschera di Overturn, uno dei primi vigilanti ad essere comparsi sulla scena, ancora prima che l’utilizzo dei quirk fosse dichiarato illegale. Overturn era una leggenda, un mistero, nessuno sapeva niente di lui, arrivava, combatteva e spariva senza lasciare tracce. Le foto scattate si potevano contare sulle dita di una mano, nessuno sapeva nemmeno quale fosse il suo quirk. C’era chi ipotizzava che fosse la lettura della mente, chi che potesse sviluppare un quirk opposto a quello dell’avversario che si trovava ad affrontare. 

Con un brivido Katsuki realizzò che il motivo per cui nessuno sapeva che quirk avesse era che Overturn non ne aveva nessuno. 

“Tu -” non puoi essere Overturn. Stava davvero per completare in quel modo la frase? Quando aveva appena finito una tirata mentale sul fatto che essere senza quirk non lo rendesse inferiore a nessuno? “Tu sei Overturn?”

“Cosa significa Overturn in inglese?” 

“Io -”

“Confutare, rovesciare un’opinione. Quello che dovevo fare io. Provare che avevi sbagliato, che potevo essere alla tua altezza. Certo, non mi sarei mai aspettato che saresti stato tu a diventare un vigilante, ma la vita è piena di sorprese.” 

Guardando la maschera che teneva tra le sue mani, Katsuki si chiese come, come fosse stato possibile tutto ciò. 

 

 


 

 

Midoriya Izuku aveva imparato che le persone non nascono tutte uguali all’età di quattro anni. 

Da allora la vita non aveva fatto molto per fargli cambiare idea. 

Accettare di essere senza un quirk era stato difficile per lui che da bambino voleva fare l’eroe con una forza e una passione che probabilmente sarebbero sfumate in altro - quale bambino da piccolo non vuole fare l’astronauta? - se solo non gli avessero detto “no, non puoi.” 

Così Izuku si era torturato, giorno dopo giorno, davanti ai filmati trovati in rete, guardando All Might combattere un villain dopo l’altro, sollevare macchine per salvare famiglie ed evitare catastrofi naturali solo con un pugno. Cosa non avrebbe dato Izuku per poter essere come lui. 

Invece. 

Izuku era cresciuto ripetendosi che avrebbe potuto farcela comunque, nonostante sua madre avesse pianto e gli avesse detto che le dispiaceva, oh Izuku, le dispiaceva così tanto, nonostante Kacchan a scuola avesse cominciato a prenderlo in giro, nonostante gli insegnanti cercassero delicatamente di fargli capire che no, c’erano limiti che il suo corpo non era in grado di superare. 

Ma Izuku era un bambino testardo. E più le persone intorno a lui dicevano che non ce l’avrebbe fatta, più lui si convinceva che avrebbe dovuto farli ricredere.  

Le persone. 

Certo. 

Se con persone si intendeva Kacchan. 

Era a Kacchan che doveva dimostrare che si sbagliava, Kacchan che gli aveva detto che senza un quirk non ce l’avrebbe mai fatta, Kacchan, Kacchan e sempre Kacchan. 

Izuku si era ritrovato a correre dietro alla sua figura che si allontanava ogni minuto di più, mentre lui rimaneva indietro, in difficoltà. Izuku aveva lottato con le unghie e con i denti per essere abbastanza, per essere alla sua altezza, per poter essere suo pari e suo amico, sempre rifiutato, sempre lasciato in disparte, ma pur sempre con la convinzione che prima o poi ce l’avrebbe fatta. 

Poi c’era stato il giorno in cui aveva quasi rischiato di morire. In cui sarebbe davvero morto se per la più sfacciata delle fortune All Might non si fosse trovato proprio in quella città, proprio a passare per quel parco. 

Izuku era stato salvato dal suo Eroe, quello con la E maiuscola, che nel suo cuore era tenuto sullo stesso piedistallo di Kacchan. E Izuku non ce l’aveva fatta, gli aveva dovuto chiedere se secondo lui, secondo All Might, secondo il signor “Va tutto bene. Perché? Perché sono qui!”, lui, un ragazzino con più sogni che muscoli e senza quirk, sarebbe mai potuto diventare un eroe. 

All Might aveva detto no. E se ne era andato con il suo mostro imbottigliato a un fianco. 

Se solo Izuku avesse saputo quello che poi si sarebbe scoperto quattro anni più tardi, che All Might non era infallibile e anzi Yagi Toshinori aveva fatto più sbagli di quanto fosse umano aspettarsi, forse non gli avrebbe dato più di tanto peso. 

Ma Izuku era appena stato colpito a morte dal suo idolo e niente avrebbe potuto cancellare il boato funereo dell’ultima finestra di speranza che si chiudeva come il coperchio di una tomba sui suoi sogni. 

Per un terrificante istante Izuku si era chiesto cosa sarebbe successo se si fosse davvero gettato dal tetto della scuola. Forse sarebbe davvero morto, forse un quirk segreto si sarebbe sviluppato - sbloccato - in seguito all’adrenalina. Ma era un sogno stupido, Izuku lo sapeva benissimo. Se l’adrenalina di essere stato quasi soffocato da un mostro di fango non era stata abbastanza, sicuramente gettarsi da un palazzo avrebbe avuto come conseguenza alla meglio parecchie ossa rotte. Alla meglio. 

D’accordo, forse non poteva essere un eroe, ma c’erano molti modi con cui avrebbe potuto aiutare le persone, no? 

Così Izuku non aveva nemmeno fatto domanda per entrare alla U.A. preferendo uno dei tanti licei statali della città, uno di quelli che offriva uno dei migliori programmi scientifici e che lo avrebbe preparato abbastanza per tentare la professione medica.  

Studiare quirk era ancora il suo hobby e quando avevano fatto passare una circolare a scuola per spingere gli studenti a partecipare al giornalino scolastico perché a quanto pareva mancavano volontari, Izuku si era offerto di curare la sezione eroi. 

Era stato lui a scrivere il pezzo sul Festival dello Sport alla U.A. 

Le mani avevano cominciato a sudargli quando aveva visto chi fosse il primo della classe della sezione A per il primo anno. Bakugou era salito sul palco e aveva rivolto a tutti un discorso che Izuku avrebbe addolcito per le pagine del giornalino, perché sicuramente dallo U.A. si sarebbero aspettati qualcosa di un po’ meno “morite tutti, sono il migliore” e un po’ più… eroico? 

Ma Kacchan era Kacchan, e non era cambiato di una virgola. 

Non era passato nemmeno un anno dall’ultima volta che Izuku lo aveva visto, l’ultimo giorno di scuola, quando aveva provato a salutarlo per far finire la loro pseudo-amicizia in termini decenti. 

Katsuki aveva rifiutato di stringergli la mano, ghignando. “Addio, nerd. Come se potessi stringere una mano ad una comparsa come te. A mai più rivederci, perdente!” 

Bakugou aveva girato i tacchi e si era unito agli altri suoi amici, quelli con un quirk, che non sarebbero stati mai comunque alla sua altezza. 

“Ahah, ci credi che voleva fare domanda alla U.A., Bakugou? Meno male non ci ha nemmeno provato!” 

“Tanto non sarebbe entrato comunque. E ora sparisci anche tu.”

“Ma, Bakugou -”

“Nemmeno tu sei entrato alla U.A. perciò evapora.” 

No, Kacchan non era cambiato di una virgola, sempre arrogante e strafottente, ma almeno aveva un motivo per esserlo. Era arrivato primo, distruggendo esplosione dopo esplosione niente meno che Todoroki Shouto,  il figlio dell’eroe numero 2, Endeavour. Izuku si era chiesto per quale motivo un ragazzo con un doppio quirk come il suo non lo sfruttasse a pieno, affidandosi solo al ghiaccio, e si era segnato un appunto per approfondire la questione nel suo articolo. 

La vita era continuata come tutti i giorni, se non si considerava che il pensiero ricorrente di Kacchan, che Izuku era abbastanza convinto di essere riuscito a seppellire in un angolo della sua coscienza dopo la fine delle medie, era tornato a tormentarlo quasi costantemente. 

Izuku aveva passato intere giornate a fantasticare su cosa sarebbe accaduto se per caso non avesse sviluppato un quirk, se fosse riuscito a farsi ammettere alla U.A., se fosse finalmente riuscito a raggiungere Katsuki, a diventare un suo pari, se, se, se. 

Sospirando, Izuku si costringeva a smettere di pensarci e a concentrarsi sui suoi libri. 

La svolta era avvenuta un giorno, quando era rimasto incastrato nel traffico e aveva assistito ad una lotta tra Kamui dei Boschi e un Villain che sembrava la copia malvagia di Endeavour, fiamme che avevano minacciato di uccidere l’eroe, riducendolo a un tronco carbonizzato. Kamui era riuscito a fuggire, ma Izuku aveva capito una cosa. 

Nessun quirk è invincibile. 

Molto dipendeva dal Villain che si aveva davanti. Alcuni eroi erano peggio che quirkless in determinate situazioni. 

L’idea lo aveva colpito come una illuminazione e per tutto il giorno non era riuscito a pensare ad altro. I pugni di All Might sarebbero stati inutili contro un villain che avesse un quirk simile a quello di Fat Gum, in grado di assorbire la potenza  dei colpi dell’avversario. Diamine per contrastare Endeavour sarebbe bastato rompere un idrante, nelle vicinanze. Mount Lady aveva già parecchi problemi di suo, non potendosi ingrandire nelle aree urbane eppure era riuscita comunque a diventare un’eroina. E… ora che ci pensava praticamente tutti i quirk che conosceva sarebbero potuti essere neutralizzati in qualche modo. 

Ci voleva tempo, certo, e quelli erano spunti ancora rozzi, che avrebbe dovuto affinare con studio e impegno. Ma una strana idea era stata piantata nel suo cervello e stava germogliando lentamente. 

I quaderni di Izuku si erano moltiplicati, dal numero 13 - che era stato bruciato da Kacchan e sul quale si trovava ancora l’autografo di All Might - il ragazzo era arrivato al numero 35, cambiando leggermente le sue considerazioni. Sì, certo erano sempre presenti gli studi fisiologici su come Izuku ipotizzava i quirk funzionassero e come gli eroi avrebbero potuto usarli, ma accanto a queste considerazioni si sprecavano gli appunti su come contrastare determinate mosse o come creare situazioni che rendessero inutilizzabili tali quirk. Dalle informazioni sugli eroi Izuku era passato a quelle sui Villain più conosciuti o catturati, che finivano sulle prime pagine dei giornali con tanto di descrizioni particolareggiate dei propri crimini e dei quirk con i quali li avevano commessi. 

Il seme nel suo cervello era germogliato fino a fargli cercare della stoffa verde con cui tentare di cucirsi una maschera di fortuna e allora sì che gliela avrebbe fatta vedere a Kacchan, lo avrebbe costretto a riconoscerlo come un suo pari. Izuku doveva solo prendersi il suo tempo, allenarsi, farsi crescere un po’ di massa muscolare, studiare l’autodifesa, sviluppare l’agilità. Se non poteva contare su un quirk, avrebbe dovuto poter però contare sul suo corpo e renderlo una macchina perfetta. 

Non era qualcosa che si potesse fare dal giorno alla notte, ma Izuku aveva cominciato ad allenare il suo corpo da molto prima, correndo ogni mattina prima di andare a scuola e facendo qualche esercizio la sera, per non diventare rachitico sui libri. Non era atletico come i ragazzi della U.A., ma aveva aiutato il fatto di non dover partire da zero.

Perciò di tempo non ce n’era voluto molto prima che Izuku si sentisse abbastanza sicuro per uscire con quella maschera di fortuna che gli nascondeva completamente il viso ad eccezione degli enormi occhi verdi, una felpa nera dal cappuccio calato a nascondergli i capelli, lasciando a casa le inconfondibili scarpe rosse, troppo vistose. 

Quasi fosse stato un segno del destino che gli voleva dire di lasciar perdere proprio la prima notte di “lavoro” di Izuku metà della città sembrava voler andare a fuoco sotto l’attacco di bestie enormi, mostri sconosciuti chiamati Nomou, dei quali Izuku aveva visto solo una foto sul giornale quando la cosiddetta Unione dei Villain aveva attaccato la classe 1-A dello U.A. allo USJ. 

Izuku non era un idiota. Sapeva di non essere pronto per affrontare un Nomou. Maledizione, si sarebbe fatto uccidere in quel modo. 

Scappando insieme ai civili, Izuku si era dato dell’idiota. Non sarebbe mai diventato un vigilante, per il semplice fatto che era un debole e un’inutile. Davvero un Deku. 

Stava quasi per tornare a casa con la coda tra le gambe, quando aveva visto Ingenium - solo che non poteva essere Ingenium perché Iida Tensei era in letto d’ospedale, paralizzato dalla vita in giù a sentire i giornali - infilarsi in un vicolo. Doveva essere il fratello. Tenya? Izuku lo aveva visto al Festival dello Sport. 

Raggiungendo la strada e appiattendosi contro il muro, si era affacciato all’interno del vicolo per vedere cosa stesse succedendo e la scena che gli si era presentata davanti lo aveva sbalordito. Non sapeva cosa si sarebbe aspettato di vedere, ma di sicuro non Stain, l’Hero Killer, che aveva immobilizzato Iida e si stava voltando per riprendere il suo lavoro di morte su un paralizzato Native. 

D’accordo, quello non era il momento di farsi prendere dal panico. 

Ritraendosi, Izuku aveva cercato di mettere in piedi una strategia di fortuna. Doveva immobilizzarlo, in qualche modo e non farsi intrappolare in un combattimento corpo a corpo dal quale non sarebbe uscito vincitore. 

Poteva colpirlo alle spalle, non molto eroico, ma se fosse riuscito a fargli perdere i sensi… 

Ma con cosa? 

Guardandosi attorno l’unico oggetto che poteva fare al caso suo era il coperchio di un bidone della spazzatura. Sempre meno eroico, ma Izuku lo afferrò comunque. 

Nota a sé stesso, si era detto, se sopravvivi a stanotte aggiungi un oggetto contundente all’equipaggiamento. 

Izuku aveva raccolto il coperchio, soppesandolo e giudicandolo abbastanza pesante, poi con il cuore che gli batteva a mille, gli si era avvicinato di soppiatto - doveva ringraziare il cielo che a Stain piacesse il suono della sua voce - e con tutte le sue forze gli aveva sbattuto il coperchio sulla nuca. 

Stain era caracollato in avanti, lasciando la presa su Native, e per un istante era sembrato essere ancora abbastanza in sé da voltarsi e affrontarlo, ma poi era caduto sulle ginocchia, perdendo conoscenza. 

Non molto ortodosso. Ma efficace, no? Era questo che importava. 

Dal momento che non avevano molto tempo, si era rivolto a Iida. “Avresti dovuto chiamare i rinforzi prima di lanciarti in una cosa del genere. Dove hai il telefono?” 

“In una tasca interna.” 

Izuku si era fatto spiegare come raggiungerla e recuperare il telefono. 

“Il codice.” 

“Io non credo…”
“Vuoi morire in questo vicolo? Perché io no.”

Iida gli aveva dato il codice e Izuku aveva cominciato a cercare un numero. Dal suo angolo Stain stava cominciando a risvegliarsi. Izuku aveva aperto la prima chat che gli era capitata e inviato la localizzazione di dove si trovavano, sperando che non fosse il numero della lavanderia. No, chat di classe. Beh, meglio di niente. 

Sperava davvero che qualcuno arrivasse. 

“Non ti conosco. Tu non sei un Hero” Stain si era tirato in piedi e se ne stava lì ad osservarlo come se non fosse una minaccia - e forse aveva ragione.  

“Lanciarsi così in soccorso… hai ribaltato tutte le aspettative che avrei potuto avere in un eroe.” 

“Io non sono un eroe,” aveva risposto Izuku, “sono un vigilante. Un po’ illegale, ma almeno non vado in giro ad uccidere la gente.” 

Stain aveva sorriso. 

“Bene, vigilante, il mio problema non è con te, perciò ti lascerò andare.” 

Izuku non era così stupido da non valutare l’idea di sopravvivere alla sua prima sera da vigilante. “Andrei molto volentieri, ma vedi, tu stai cercando di uccidere qualcuno e io non posso lasciartelo fare.” 

“È un peccato, ragazzino, mi stavi simpatico. Molto eroico nel vero senso della parola. Mi dispiacerà ucciderti.” 

Stain gli aveva lanciato contro la spada e Izuku l’aveva schivata, per un pelo. Doveva mantenerlo in stallo abbastanza a lungo da permettere l’arrivo dei rinforzi, ma sapeva che non sarebbe durato a lungo in quel modo. Per la legge dei grandi numeri prima o poi Stain lo avrebbe colpito e allora sarebbe finita. 

Il balletto tra la lama lanciata e i passi di lato di Izuku era andato avanti ancora qualche minuto prima che la lama gli sfiorasse la spalla, tranciando la sua felpa e tornando indietro insanguinata. 

Con un sorriso tronfio Stain aveva leccato il sangue dalla lama e i suoi occhi si erano illuminati. “Oh. Ancora più eroico di quello che mi sarei aspettato.” 

Poteva saperlo solo dal gusto del suo sangue? Che era quirkless?

“Di te, mi occuperò dopo.” Lasciandolo paralizzato a terra, si era voltato per tornare da Native, ma qualcosa gli aveva impedito di muoversi. Uno spesso strato di ghiaccio stava risalendo lungo le sue caviglie immobilizzandolo sul posto. 

Di tutte le persone che potevano venire in loro aiuto, Todoroki Shouto. 

Izuku non era posizionato nell’angolo giusto per poter vedere cosa stesse accadendo, poteva sentire il sibilo della spada lanciata contro Todoroki, poi più nulla. 

Il silenzio si era protratto per qualche istante. Se avesse vinto Stain ora sarebbero già tutti morti, no? Stranamente Izuku si era reso conto di riuscire a sollevare la testa e muovere le braccia. Tirandosi su, si era ritrovato a vedere un ansante Todoroki che manteneva una corazza di ghiaccio ad immobilizzare Stain. 

Bene, la situazione era sotto controllo. Ora il problema principale era non farsi beccare in quella situazione. 

Doveva andarsene. Subito. 

Caracollando in piedi, Izuku fece per scappare.

“Ehi” aveva cercato di fermarlo Iida “come ti chiami?” 

Non poteva dirgli il suo vero nome. 

Hai ribaltato tutte le aspettative. 

Ribaltato.

“Overturn” Izuku aveva alzato la testa fiero. “Mi chiamo Overturn.”  

Poi era fuggito.

 

  
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