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Il più dolce dei sorrisi
Il giorno dopo Sakura aveva una sola cosa in
mente.
Beh, in realtà ne aveva parecchie, ad esempio come
pagare l’affitto se il team Kakashi sembrava non riuscire a portare a termine
la missione; come far sparire la puzza di Ikki dalle lenzuola senza dargli
fuoco; se il suo rapporto con Kakashi sarebbe mai tornato alla normalità e
quante persone – di preciso – sapevano che Ikki l’aveva lasciata per la
principessa ANBU.
Ma ce n’era una sola che aveva la forza di affrontare quel giorno, il resto lo
avrebbe rimandato al seguente.
La preoccupazione del giorno riguardava solo cosa
diavolo avrebbe indossato al ricevimento degli Hyūga: le avevano detto di
mettere qualcosa di formale, ma nulla di esagerato; lei sapeva esattamente cosa mettere, peccato che
non riuscisse a trovarlo!
Dopo aver messo praticamente sottosopra il suo
appartamento alla ricerca dell’irreperibile vestito verde, cominciò ad avere
l’orrenda sensazione che non fosse affatto lì.
Controllò nel guardaroba, sotto al letto e negli scatoloni che ancora non aveva
disfatto da quando si era trasferita, ma niente.
Le restavano solo due ipotesi: o Ino l’aveva preso in prestito senza avvisarla
– di nuovo – o era tra le cose che aveva lasciato a casa di sua madre:
probabilmente era rimasto nella sua vecchia camera a prendere polvere
nell’armadio.
Non è che Sakura non amasse sua madre, è solo che
a volte tre isolati non erano una distanza sufficiente per apprezzare davvero
il loro tipo di amore particolare.
Quindi fu la pura forza della disperazione che la fece rassegnare ad
incamminarsi verso casa di sua madre.
Era mezzogiorno, lo stomaco le brontolava ed aveva un milione di pensieri per
la testa: non era per niente dell’umore adatto al comitato di benvenuto che la
madre era solita riservarle, ma aveva bisogno
di quel vestito.
Sakura svoltò per la stradina familiare, diretta
verso la casa nella quale aveva abitato per la maggior parte della sua vita.
Era usurata e vecchia, al confronto con le case del vicinato. Il quartiere era
leggermente più nuovo rispetto a quello di Kakashi, quindi pur essendo fuori moda
e coi bordi rovinati, non aveva il fascino vintage o i rattoppi bizzarri della
casa del suo maestro: era un quartiere di periferia, quindi c’era meno
attività, meno gente, meno vita.
E non c’era neanche un gatto.
Sakura suonò il campanello della sua vecchia casa,
ingannando l’attesa grattando via la vernice già graffiata dallo stipite della
porta: poteva ancora notare i segni che aveva lasciato con le unghie negli anni
precedenti, in momenti di noia come quello.
La porta non fu aperta, ma sentì la voce della
madre raggiungerla dall’interno.
« È aperto! »
Forse la ragione per la quale Sakura era così
restia al decoro era perché a sua madre mancava completamente.
Alzò gli occhi al cielo ed entrò, scavalcando la spazzatura che ingombrava
l’entrata per lasciare le scarpe nella scarpiera sovraffollata; conosceva
quella casa come il palmo della sua mano, quindi si diresse verso il salotto,
dove immaginava di trovare sua madre.
Come previsto era lì, poggiata su un tavolino
basso con una tazza di cioccolato caldo, a guardare una terribile soap opera.
Indossava la stessa vestaglia che aveva da quando Sakura aveva memoria, con i
capelli color pesca raccolti in una crocchia disordinata sulla testa. L’intero
quadro somigliava vagamente a quello che Sakura rappresentava quando passava le
serate sola a casa; l’unica differenza era la sigaretta che si consumava tra le
dita di sua madre.
« Ciao, mamma » la salutò, rendendosi conto del
fatto che sua madre non si fosse nemmeno voltata a guardarla.
Lo fece solo in quel momento, guardandola
distrattamente e rivolgendole un sorriso di circostanza, segno del fatto che
non fosse poi tanto felice di vederla. « Oh, ciao, amore » le disse, prendendo
un’abbondante sorsata dalla tazza. « Cosa ti porta qui? »
« Beh– »
« Possono essere solo due le cose: soldi, o ti
senti in colpa di non aver fatto visita alla tua povera madre per così tanto
tempo e sei qui per una chiacchierata. Dal momento in cui non sembri avere
l’aria di una che vuole chiacchierare, meglio che tu sappia che non ho soldi; o
almeno, non in più ».
« Devo solo prendere un paio di cose » le rispose,
seccata « se avrò bisogno di un viaggio alla ricerca dei sensi di colpa ti farò
sapere ».
Si voltò e cominciò a salire le scale.
« Oh, certo! Fa’ come se fossi a casa tua! » le gridò sua madre sarcasticamente. « Non
serve chiedere il permesso! »
C’era un sottile velo di polvere a ricoprire
qualsiasi cosa, nella sua vecchia stanza: l’aprire i cassetti degli armadi le
faceva pizzicare gli occhi e seccare la gola. C’era ancora qualche maglietta
sotto al suo letto, ma erano vecchi vestiti estivi che neanche le andavano più.
Provò ad estendere la ricerca nelle altre stanze della casa, ma non trovò nulla
che le fosse mai appartenuto.
In compenso, però, trovò un vecchio animale di
peluche – un cagnolino, più precisamente – abbandonato sul suo vecchio letto.
Anch’esso, come ogni altra cosa, era polveroso ed apparentemente dimenticato,
ma da bambina era stato il suo giocattolo preferito e le era ritornato in mente
proprio negli ultimi giorni. Lo raccolse e ne constatò la morbidezza, ascoltando
il tintinnio prodotto dal cozzare delle perline che lo riempivano.
C’era della spugna che fuoriusciva da un piccolo strappo sul collo, ed il
nasino presentava parecchi segni di morsi, ma quelle particolarità erano la
prova di quanto amore avesse ricevuto negli anni.
« Ciao, Rex ».
Per il capriccio di un momento, decise di portarlo
con sé.
« Mamma? » chiamò, scendendo le scale. « Sai per
caso che fine ha fatto al mio vestito verde? Quello che presi per il matrimonio
di Eiko ».
Del fumo grigio contornò il viso pensoso della
madre. « Credo fosse in una delle scatole che ha preso tuo padre ».
« Eh? » si accigliò Sakura.
« Ci siamo divisi le cose, ricordi? Lui ha preso
praticamente tutto e a me è rimasta la casa, il tuo vestito probabilmente è
finito lì ».
Sakura sospirò: se c’era una persona che proprio
non voleva affrontare quel giorno, era decisamente suo padre; o, meglio dire,
la moglie di suo padre. Ogni volta che Sakura andava da lui, quella donna
praticamente la scacciava via: e se per caso suo padre apriva la porta per
primo, avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per farla sentire quanto
più indesiderata possibile.
Ma Sakura aveva davvero bisogno di quel vestito.
« Okay, grazie » disse, abbassandosi per stampare
un bacio sulla guancia della madre.
Sua madre diede un bacio al vuoto in risposta, ma la sua attenzione era già
catturata dal televisore.
Lasciò la casa con un cipiglio imbronciato ed un
cane di peluche stretto sotto al braccio.
Aveva bisogno di un’altra doccia: non avrebbe mai potuto presentarsi al
ricevimento con i capelli puzzolenti di fumo.
Suo padre e la sua nuova famiglia vivevano al
centro di Konoha, proprio in fondo alla strada in cui abitava Kakashi.
Fu per circostanza che Sakura si ritrovò a percorrere il viottolo del suo
appartamento.
Di certo non lo stava cercando, né sperava di incontrarlo... fu solo una
coincidenza. E se si ritrovò ad alzare lo sguardo, passando sotto la sua
finestra, fu solo la reazione naturale che si ha quando si passa davanti a
qualcosa che si conosce bene.
E se per coincidenza lui si trovò seduto lì a leggere alla luce del sole, e se
per caso abbassò lo sguardo proprio nel momento in cui lei lo notò... beh,
sicuramente si sarebbe fatto un’idea sbagliata.
Dopo un momento di confusione in cui si fissarono
reciprocamente, lui parlò.
« Posso aiutarti? » chiese, leggero.
« Non stavo cercando lei » rispose, evasiva. « Sto
andando a prendere delle cose a casa di mio padre; non gira tutto intorno a
lei, sa ».
« Lo terrò a mente » annuì lui. « Bel cane,
comunque ».
« Uh– » Sakura si ricordò del peluche tra le sue
braccia e provò goffamente a nasconderlo dietro la schiena: non voleva che
Kakashi la vedesse con qualcosa di così infantile; avrebbe potuto pensare che lei fosse infantile. « È solo... un
vecchio ricordo... »
« È un cane? » chiese. « Potrebbe essere una
lontra, credo, o un cavallo. È carino, è tuo? »
Sakura diede un’occhiata al viale: da quel punto,
riusciva a vedere la casa di suo padre.
« Devo andare » gli disse. « Non ho molto tempo ».
Kakashi annuì ancora, comprensivo. « Non voglio
trattenerti ».
Sakura si voltò lentamente e riprese a camminare,
sentendo gli occhi del suo maestro perforarle la schiena ad ogni passo. Siccome
l’entrata della casa di suo padre era visibile dalla finestra di Kakashi,
quella sensazione di sorveglianza non l’abbandonò nemmeno quando era ovvio che
Kakashi fosse tornato al suo libro.
Sakura bussò alla porta ed attese: da lì, la
raggiunsero le urla di una bambina che sembrava essere in piena collera. Si
rese conto, troppo tardi, di essere arrivata in un brutto momento; ma prima che
potesse ritirarsi per provare più tardi, la porta si spalancò e la moglie di
suo padre comparì sull’uscio della porta: stressata, irritata, delle ciocche
bionde e scolorite le cadevano intorno al viso, in disordine. Nel momento in
cui riconobbe Sakura, tutta la sua stizza si concentrò sulla fronte, dandole
un’espressione di puro sdegno; prese a dondolare la bambina con i capelli rosa
chiaro con un ritmo impaziente del fianco.
« Che vuoi? » chiese, senza sforzarsi a mascherare nemmeno minimamente tutto il
disdegno che provava per la precedente famiglia di suo marito.
Non fu affatto facile mantenere un’espressione
calma, soprattutto di fronte a tutto quel disprezzo malcelato. « Ciao, Mayu. Io... ecco... stavo solo – c’è papà? »
« È occupato » la liquidò Mayu,
continuando a cullare la bambina ed ignorandone le braccia tese. « Che vuoi? »
« È... per il mio vestito, quello verde. Mi
chiedevo se fosse qui ».
La lingua di Mayu scattò
in un verso infastidito. « Perché dovrebbe essere qui? Non puoi tornare dopo?
Non ho proprio tempo per– »
« Mi serve per stasera » la interruppe Sakura. «
Se mi lasciassi entrare potrei– »
« No, aspetta qui » le sbatté la porta in faccia improvvisamente.
Imbarazzata, prese a dondolare sulle punte dei
piedi ed attese.
Buttò uno sguardo alla finestra di Kakashi e, con immenso orrore, notò che
fosse ancora voltato in sua direzione. Distolse gli occhi frettolosamente, imbarazzata:
quella scena era già abbastanza umiliante senza la testimonianza di qualcuno
che rispettava. La sua unica fortuna era il fatto che, probabilmente, a quella distanza Kakashi non potesse sentirla e,
forse, non sapeva che quell’incontro non fosse affatto piacevole.
Ma la parola chiave era il “forse”: lo sharingan
poteva leggere il labiale...
Passarono diversi minuti, e proprio quando Sakura
stava cominciando a chiedersi se dovesse bussare ancora o ammettere la
sconfitta e andare via, la porta si spalancò di nuovo e qualcosa di verde le fu
letteralmente sbattuto in faccia.
« Tieni » le disse Mayu, richiudendosi in casa.
Sakura raccolse la stoffa verde dalla spalla e,
tendendo una mano, lo allungò davanti a sé: era verde, era sua, ma non era un
vestito: era solo una gonna.
Una gonna che non indossava più da almeno otto anni.
Per un attimo pensò di bussare ancora e farlo
notare alla nuova moglie di suo padre, ma si rese conto che avrebbe significato
sfidare la sorte.
Se l’avesse fatto, probabilmente Mayu avrebbe negato
di aver mai visto un vestito del genere in casa sua e le avrebbe sbattuto di
nuovo la porta in faccia.
Quindi Sakura buttò la gonna verde nel vaso di piante più vicino e, con un
tonfo, si lasciò cadere sui gradini della casa di suo padre.
Scrutò ancora la finestra di Kakashi, ma era sparito.
Ed ora?
Rigirò Rex tra le mani ansiosamente: l’unico
vestito che avrebbe potuto essere più o meno appropriato all’occasione era
sparito e non aveva un centesimo per comprarne un altro.
Un’occhiata al suo orologio le disse che aveva esattamente quattro ore prima
della cerimonia, che in effetti era abbastanza tempo per correre nell’ufficio
dell’Hokage, scegliere una missione di rango C, completarla, riscuotere la paga
e correre per i negozi per comprare un vestito nuo–.
Ma a chi voleva darla a bere? Il solo scegliere un
vestito le avrebbe portato via almeno tre ore, tanto per cominciare.
Nervosa, cominciò a mordere il naso di Rex – un
vizio che aveva fin da bambina – mentre osservava i piedi delle persone che le
passavano davanti. C’erano ancora delle opzioni da considerare: poteva prendere
in prestito un vestito di Ino, ma non avevano esattamente la stessa taglia –
soprattutto sul seno.
Tutti gli abiti di Ino rischiavano di caderle di dosso, e non era nemmeno
sicura che Ino avesse qualcosa di appropriato ad una cerimonia.
C’era
sempre Hinata, e lei doveva avere
qualcosa di appropriato... ma era addirittura più fortunata di Ino e Sakura messe
insieme, in quanto a seno: neanche lei avrebbe potuto aiutarla.
Avrebbe potuto chiedere a Tenten, ma non avevano quel tipo di confidenza.
Chi restava?
Potresti
sempre andare con ciò che hai ora, si disse.
E
fare la figura della troglodita? È un suicidio sociale! Le
rispose l’altra parte di sé.
Le restava solo declinare l’invito, prendersi un
bel gelato e rintanarsi in casa davanti alla TV per avvilirsi per tutto il
divertimento che si stava perdendo.
Un paio di piedi che occupavano la sua visuale si
fermarono e si voltarono in sua direzione.
Le servì un attimo per rendersi conto di conoscere quelle dita, quindi risalì
la figura con lo sguardo, fino ad incontrare un viso mascherato e mezzo
nascosto da un libro arancione.
« Yo » la salutò Kakashi. « Stai bene? »
Sakura smise di masticare il naso di Rex e lo
schiacciò tra le ginocchia, sperando di nasconderlo alla vista.
« Sì, sto bene » rispose, fallendo nel convincerlo.
« Ah » annuì. « Ma le persone felici non si
siedono sull’uscio della porta degli altri, con l’aria di chi sta per scoppiare
a piangere ».
Passandosi una mano tra i capelli, Sakura sospirò.
« Ho perso il vestito che avrei dovuto mettere stasera, ecco tutto » disse.
« Che sfortuna » commentò. « Che hai intenzione di
fare? »
« Cosa posso
fare? » chiese, perplessa. « Non ho altro che possa andare bene, a meno che
non vadano di moda le uniformi o i vestiti da lavoro ».
« Non puoi comprare un altro vestito? » rifletté.
Sakura scosse la testa. « Non ho i soldi » ammise,
a bassa voce.
« Beh... » Kakashi si grattò la nuca. « Tua madre
non potrebbe– »
« No ».
« E tuo– »
« Nemmeno lui – almeno non finché quella ha qualcosa da dire a riguardo »
disse, puntando con il mento la porta alle sue spalle.
Kakashi cadde in un silenzio pensieroso che durò
circa cinque secondi, poi all’improvviso chiuse di scatto il suo libro e fece
un passo in avanti per tenderle una mano.
« Andiamo, Cenerentola ».
« Cosa? » chiese lei, guardando la sua mano tesa
come si guarda un piede mozzato.
« Andiamo a procurarci un vestito per il ballo ».
Sakura lo fissò. « Le ho già detto che non ho
soldi » arrossì, imbarazzandosi ancora.
L’unico occhio visibile di Kakashi si increspò su
un sorriso gentile. « A quello ci penso io ».
Sakura scattò in piedi ignorando la sua mano. «
Sensei – no – è davvero troppo – non potrei mai– »
« Consideralo come un pagamento di tutti i conti
che ti ho lasciato » le disse, seppellendo le mani nelle tasche. « Credo di
aver messo su un bel debito, huh? »
Sakura fece dondolare lentamente la testa da lato
a lato. « No » disse, sforzandosi.
« È troppo, Kakashi-sensei, i vestiti sono costosi e io– »
« Davvero, non c’è problema » mormorò, scrollando
le spalle. « Tu scegli, io pago, andiamo tutti a casa felici e contenti ».
Non c’era modo di contraddirlo: l’uomo alfa non
stava chiedendo, stava ordinando.
Sakura non aveva voce in capitolo, quindi lo seguì mentre si incamminava lungo
il viale, verso il centro, con Rex ancora premuto contro il petto.
« Ma è sicuro di poterlo fare? Non è, che so,
favoritismo? » chiese, incerta.
« Cosa te lo fa pensare? » rispose, spensierato.
« Non l’ho mai vista offrirsi di comprare un
vestito a Naruto o Sasuke ».
« Se avessi pensato per un attimo che ne avessero
avuto bisogno, mi sarei offerto in un secondo » le disse, nel modo più sincero
possibile. « E cosa c’è di sbagliato nel favoritismo, comunque? Ho parecchie
ragioni per preferirti agli altri due... »
Eccolo di nuovo, quel tono, quell’insinuazione.
Sakura strinse più forte Rex, mantenendo lo sguardo fisso al suolo, sentendo la
presenza di Kakashi con ogni senso del suo corpo.
Lui, d’altro canto, era troppo occupato a guardare le vetrine per notare
l’irrigidimento dei suoi muscoli a quel commento. « Che ne dici di questo? » chiese,
rallentando.
Sakura si voltò a guardare la vetrina che aveva
suggerito Kakashi e scosse la testa.
« Troppo casalingo » disse: non si aspettava di certo che Kakashi conoscesse la
differenza tra casual, semplice ma elegante e formale.
Quello che cercava lei era qualcosa di elegante, ma abbastanza semplice da
essere usato in altre occasioni: il suo vecchio vestito verde era adatto ad
ogni occasione e dubitava di trovare qualcosa di tanto perfetto...
« E questo invece? » suggerì ancora lui,
rallentando di nuovo.
Sakura scosse violentemente la testa. « Quello è
Suzuki! » piagnucolò, per poi spiegare, alla sua espressione perplessa. « È
troppo costoso, Kakashi-sensei ».
La ignorò. « Però hanno un sacco di vestiti »
disse, indicando la vetrina con tre manichini che sfoggiavano abiti sontuosi e
sicuramente carissimi. « Ed anche carini ».
Fin da ragazzina Sakura aveva sognato di comprare
un vestito da Suzuki.
Spesso, quando faceva shopping con Ino, entravano e provavano decine di capi,
ma nessuna di loro due poteva permettersi quei prezzi esorbitanti, per quanto i
vestiti fossero stupendi. « Non ne sono sicura... » disse, ansiosa.
Ma Kakashi era già entrato e, con un sospiro
rassegnato, Sakura lo seguì.
Era il tipo di negozio in cui donne come Kimura
Yoshi compravano ogni giorno.
Donne che dedicavano più tempo al make-up che agli allenamenti.
Donne che si accaparravano uomini come Kakashi Hatake, al contrario di quelle
come Sakura che attiravano l’equivalente umano di uno straccio sporco di birra.
Camminò tra i corridoi, carezzando le stoffe
morbide e i pizzi delicati: aveva già individuato almeno venti capi senza i
quali non poteva vivere, ma si costrinse a raggiungere il retro, dove si
trovavano i vestiti, insieme a Kakashi.
« Andrà bene uno di questi? » le chiese, dando ad
ogni fila di vestiti delle occhiate perplesse.
« Non sa quanto... » disse Sakura cupamente, cominciando
a sfogliare le grucce.
Le sembrava ancora una pessima idea quella di permettere al suo insegnante di
regalarle un vestito supercostoso; in più, non aveva mai fatto shopping con un
uomo: nessuno dei suoi ex l’aveva mai assecondata e l’ultima volta che suo padre
l’aveva accompagnata a fare compere era ancora una bambina; ora aveva un’altra
ragazzina a cui dare attenzioni, e a Sakura restava solo Kakashi Hatake.
Devo
trovarmi un ragazzo decente, pensò, rammaricata, scartando
un abito crema, con roselline di raso che salivano fino al collo. Un ragazzo decente saprà colmare il vuoto
che stai cercando di riempire con il tuo insegnante.
Sakura si fermò per voltarsi a guardare goffamente
Kakashi, per poi notare che anche lui la stava guardando, con aria divertita.
« Non vuole darmi un consiglio? » gli chiese. « Mi sembra giusto, dato che è
lei a pagare, no? »
Il suo cipiglio divertito si espanse. « Vuoi
davvero la mia opinione? »
Sakura scrollò le spalle: non si aspettava chissà
cosa, in fondo era un uomo.
Lo sguardo di Kakashi vagò tra scaffali e
scaffali, battendo pensieroso un dito sul mento, poi si fermò. « Che ne pensi
di quello? » le chiese. « Non si sbaglia mai con il rosso ».
Sakura seguì il suo sguardo e incrociò il vestito
rosso che le stava indicando: il suo cuore perse un battito, mentre si
innamorava ancora ed ancora, ma si impose di non illudersi troppo. Era di media
lunghezza, a maniche corte e con taglio sotto al seno, con una bellissima gonna
di chiffon pieghettato. Il rosso scuro del fondo si intonava perfettamente con
la scia di petali rosa, bianchi e rosso chiaro che cadeva sul seno, fino al
fianco sinistro.
Raccogliendolo dalla gruccia, Sakura lo accarezzò
con le dita, meravigliandosi della morbidezza dei tessuti; poi diede un’occhiata
al cartellino e sbiancò, rimettendolo a posto tra gli altri.
« Cos’ha che non va? » chiese Kakashi,
raggiungendola per ripescare l’abito. Sakura rabbrividì discretamente, quando
il suo braccio le sfiorò la spalla. « Ti starebbe davvero bene ».
Il viso di Sakura era di pura esasperazione. «
Kakashi-sensei, costa quanto l’intera paga di una missione di grado B »
mormorò. « Non posso permetterle di– »
« Non c’è problema– »
« Ma non
posso– »
Si interruppe quando le mani di Kakashi si
poggiarono sulle sue spalle, spingendola dolcemente verso lo specchio più
vicino, tenendole il vestito premuto contro il busto.
« Non credi sia una scenetta carina? »
Il cuore di Sakura sobbalzò sia per il desiderio
di quel vestito, sia per la sensazione del corpo di Kakashi premuto dietro al
suo: non era affatto facile restare lucida mentre lui le stava così vicino, con
una mano premuta sullo stomaco per farle aderire meglio il vestito.
Era come rivivere la scena al campo di allenamento...
« Sensei, è troppo caro... » disse, dandogli un’occhiata
supplichevole attraverso lo specchio.
Lo vide abbassarsi leggermente per avvicinare la
bocca al suo orecchio. « Sakura » sussurrò. « Non preoccuparti, posso
permettermelo ».
Probabilmente
perché ha passato la maggior parte della sua vita a perfezionare la tecnica con
cui scarica gli amici con il conto da pagare...
Poi le cose si fecero di nuovo strane: la mano che
le teneva il vestito sulla spalla si sollevò, il respiro di Sakura le morì in
gola mentre guardava il suo insegnante raccoglierle una ciocca di capelli e
portarla al viso, per annusarla. « Sei stata in un bar o qualcosa del genere
oggi? » chiese.
« No... Perché? » richiese lei, senza fiato.
« Sento odore di fumo nei tuoi capelli ».
La consapevolezza e l’imbarazzo la colpirono come
un secchio d’acqua gelida. « Oh no, non è niente, ho solo fatto visita a mia
madre ». Con immensa forza di volontà si divincolò dalla stretta di Kakashi e
si passò una mano tra i capelli. « Ogni tanto fuma, tutto qui ».
Kakashi annuì vagamente, osservandola.
Il vestito sulla gruccia pendeva ancora dal suo indice. « Quindi questo, huh? »
A Sakura non restava più coraggio per cercarne un
altro, quindi si arrese. « Ne è sicuro, sensei? » chiese. « Non voglio essere
un peso... »
« Nessun problema, ma mi aspetto di essere
ripagato » le disse, incamminandosi verso la cassa.
« In che modo? » chiese, seguendolo. Sapeva bene
che non aveva tutti quei soldi per ripagarlo.
« In genere, ti direi con favori sessuali sempre
più perversi » le rispose. « Ma sono sicuro di poter pensare ad altro ».
Sakura deglutì sonoramente, provando ad ignorare
le farfalle nello stomaco che le suggerivano che pagarlo in favori sessuali
sarebbe stato dannatamente divertente.
E poi quanto perversi potevano diventare dei
favori sessuali...?
Sakura restò docilmente indietro, mentre Kakashi
pagava il conto e la donna alla cassa gli sorrideva flirtante, mentre incartava
il vestito con della carta e riempiva la borsa con perline profumate: qualcosa
che probabilmente non avrebbe fatto se a pagare il conto fosse stata Sakura.
Apparentemente, la donna non sapeva che un uomo che compra un vestito così
costoso probabilmente è già legato a qualcuno.
Eppure, anche se Kakashi non era praticamente
legato a nessuno (Sakura non pensava che quella
contasse), era evidentemente restio ai flirt. I suoi sorrisi erano sempre caldi
ed amichevoli, ma mai suggestivi; liquidò gli ovvi tentativi di attirare la sua
attenzione della cassiera con gentilezza di circostanza. Le disse “grazie” ed “arrivederci”,
poi si voltò verso Sakura ed il suo sorriso si illuminò un po’ di più. «
Andiamo? »
Sakura non donò alla donna alla cassa nessun’altra
occhiata mentre seguiva Kakashi fuori dal negozio, sulle strade illuminate, per
poi accettare la borsa che le porse.
« Questo dovrebbe ripagarti per gli orecchini,
giusto? » le chiese.
« E molto altro... » rispose debolmente lei,
ancora incredula del fatto che Kakashi fosse capace di tanta generosità.
« Forse dovrei venire a questa festa, in fin dei
conti » osservò, grattando il mento con un dito. « Sarebbe un peccato perdere
un’occasione di vederti con un vestito che ho scelto per te ».
La bocca di Sakura si seccò a quel commento,
quindi abbassò lo sguardo.
« Beh... » riprese Kakashi, lentamente. « Forse
no. Ci vediamo in giro, Sa– »
Si pietrificò quando Sakura improvvisamente fece
un passo avanti e gli circondò il busto con le braccia, con la borsa che cozzò
contro la sua schiena ed un vecchio pupazzo di peluche che gli premeva contro
un fianco. « Grazie » mormorò, contro il suo petto. Le parole sole non
bastavano ad esprimere tutta la gratitudine che provava per lui, quindi nell’emozione
del momento tutto ciò che le sembrò appropriato fu un abbraccio.
« Per favore, cerchi di venire stasera ».
Una mano di Kakashi si posò delicatamente sulla
sua spalla. « Certo » le disse.
Non ricambiò l’abbraccio, e Sakura gliene fu
grata: sapevano entrambi che sarebbe stato inappropriato.
Una cosa era lei che lo abbracciava, un’altra sarebbe stata lui che la
ricambiava: sarebbe stato troppo intimo. Le strade erano affollate e qualcuno
avrebbe potuto riconoscerli...
Sakura fece un passo indietro, dando a Kakashi il
più dolce dei suoi sorrisi.
« Grazie » gli disse ancora. « La ripagherò, lo prometto, ma probabilmente non
con favori sessuali ».
E infine, per
risparmiarsi ulteriori imbarazzi, girò i tacchi e volò a casa.
Fino a quel pomeriggio, Kakashi non aveva nessun
motivo per aspettare il ricevimento degli Hyūga: non conosceva il clan
personalmente, non era mai stato particolarmente interessato alle loro usanze, e
perché immischiarsi di propria volontà in interazioni sociali quando avrebbe
potuto starsene a casa con un buon libro?
Ma poi aveva comprato quel vestito per Sakura ed
ora era abbastanza impaziente di vederla indossarlo, così tanto da andare a
quel ricevimento.
Il Copy Ninja non era avvezzo agli slanci di
generosità: perché viziare gli altri quando avrebbe potuto viziare sé stesso? Perché
pagare un conto quando poteva lasciarlo a qualcun altro? Ma quel giorno si era
sentito dispiaciuto per Sakura.
Ognuno dei suoi studenti gli suscitava, a proprio modo, un po’ di compassione.
Naruto era un idiota delirante che aveva passato la maggior parte della propria
vita venendo odiato da chiunque.
Sasuke aveva problemi emotivi e soffriva di stress post-traumatico per quello
che suo fratello gli aveva fatto (e per quello che lui aveva fatto a suo
fratello).
E Sakura era stata silenziosamente delusa da tutti
quelli su cui avrebbe dovuto contare... ancora ed ancora. E, per una volta,
Kakashi aveva pensato di dover intervenire.
Per parecchio tempo, aveva pensato che Sakura
fosse la più normale del team, e solo recentemente aveva capito che lo pensava
solo perché non l’aveva mai capita. I ragazzi erano quelli nei quali si poteva
rivedere: come loro, aveva perso la sua famiglia in giovane età ed aveva
combattuto con il senso di solitudine che ne conseguiva. Sakura, invece, aveva
ancora la sua famiglia e per Kakashi questa era una gran fortuna, soprattutto
per uno shinobi. Dal suo punto di vista, essere privati dell’affetto familiare
era il peggio che potesse succedere, ed avere una famiglia – di qualsiasi tipo –
era sicuramente meglio di non averne affatto una. Non aveva mai capito che, a
volte, alcuni tipi di famiglia possono dare tanto dolore con la loro presenza quanto
con la loro assenza.
Era stato proprio durante il divorzio dei suoi
genitori che Sakura era scoppiata a piangere sul campo di addestramento. L’aveva
accompagnata a casa, ancora singhiozzante, e fu solo allora che conobbe sua
madre.
Gli fu chiaro da subito che quella donna notava a stento che sua figlia
esistesse, figurarsi se si fosse accorta del suo dolore. Gli chiese da subito
cosa avesse fatto di male Sakura, dando per scontato che avesse causato
problemi.
C’era tanto di Sakura in quella donna: la testardaggine, l’aggressività, il
vizio di spostare la mascella verso destra quando sentiva qualcosa che non le
piaceva; ma allo stesso tempo era l’opposto di sua figlia... e Kakashi si
chiese se Sakura si fosse sforzata a diventare quanto più diversa – geneticamente
possibile – dalla madre.
Mentre quella donna era sciatta, pigra ed ostile,
Sakura era meticolosa, attiva e faceva sempre del suo meglio per essere gentile
con gli altri. All’epoca, Kakashi aveva provato un moto di compassione per
Sakura: quella donna era critica, fastidiosa e maleducata; Kakashi si sentiva
soffocare dopo averle parlato per soli diciassette secondi: non voleva pensare
a come avesse fatto Sakura a conviverci per diciassette anni.
Non sapeva molto di suo padre, invece, oltre al
fatto che non lo incolpava per aver lasciato sua moglie. L’aveva visto solo una
volta agli esami chūnin di sua figlia, e gli era sembrato un uomo normale,
con i capelli rosso opaco.
Aveva applaudito ai risultati di Sakura con l’entusiasmo di uno spettatore di
una recita d’asilo: ne era divertito... ma non prendeva nulla sul serio. Dal
poco che Kakashi poteva ricordare, suo padre aveva sempre capito ed apprezzato
il suo impegno ed i traguardi che aveva raggiunto.
Ricordava gli incoraggiamenti e l’orgoglio che aveva per lui l’unico uomo al
quale si fosse mai ispirato, ed era a quei ricordi che si aggrappava con amore
fiero; il disinteresse che suo padre aveva sviluppato negli ultimi periodi
della sua vita lo avevano ferito, mentre invece sembrava che il padre di Sakura
non avesse mai avuto interesse per lei...
E nel guardare la matrigna di Sakura scacciarla da
casa sua, aveva avvertito di nuovo quel senso di pietà: il linguaggio del corpo
di quella donna sprizzava ostilità. Sakura era stata liquidata nel modo più
rapido che Kakashi avesse mai visto.
Quindi, forse era stato proprio quel moto di pietà
a spingerlo a farle quell’offerta.
Aveva notato quel senso di sconfitta gravarle sulle spalle e le sopracciglia le
si erano aggrottate in un’espressione lamentosa che aveva visto solo negli
occhi di Pakkun quando da piccolo per sbaglio gli aveva dato un calcio.
Quella ragazza aveva bisogno di qualcosa che la tirasse su: se avesse avuto un
ragazzo (uno decente, almeno), Kakashi le avrebbe suggerito di costringerlo a
comprarle un vestito; ma dal momento in cui era ovvio che suddetto ragazzo mancasse
(decente o meno), sembrava essere suo dovere accontentarla.
E poi i soldi non gli mancavano affatto: dopo aver
tenuto il portafogli serrato per trent’anni,
aggiunto all’eredità considerevole lasciatagli da suo padre, avrebbe potuto
comprare centinaia di vestiti costosi a centinaia di ragazze ed avere ancora un
bel conto in banca. Non era facile spillare dei soldi al Copy Ninja, ma il
pensiero di rendere felice Sakura valeva ogni centesimo.
E poi era stato ripagato con un sorriso: uno di
quelli caldi e speciali che esprimevano immensa gratitudine, anche mentre i
suoi occhi restavano all’erta ed incerti, ma non la biasimava per quello.
Lui stesso era incerto riguardo sé per la maggior parte del tempo, e di sicuro
Sakura trovava il suo comportamento sconcertante.
Ma Kakashi notava che, anche se le restava un po’ di timida rigidezza poggiata
sulle spalle quando era con lui, i suoi occhi indugiavano su di lui in modo
meno casto di quanto lei pensasse.
Era quel tipo di sguardo che riceveva dalle donne
che stavano valutando se invitarlo a salire per poi portarlo a letto.
Quindi Kakashi decise in quello stesso momento che
sarebbe andato al ricevimento, senza sforzarsi di illudersi che sarebbe andato
per altre ragioni oltre al vedere Sakura con il vestito che aveva scelto per
lei.
L’idea del cibo gratis, inoltre, sanciva il patto.
Aggiornamento lampo dopo soli cinque giorni: non
ci credo nemmeno io.
Come premesso nel capitolo precedente, è da qui che ci si inoltra nel vivo
della storia ed il prossimo è in assoluto il mio capitolo preferito (quindi,
come per l’attuale, credo e spero di aggiornare rapidamente).
I lettori di The Window sono più di quanto sperassi ed è gratificante, quindi
grazie mille soprattutto ai recensori che danno sempre un pizzico di carica in
più!
A prestissimo! J