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Autore: Nao Yoshikawa    19/03/2019    2 recensioni
[Minilong/What if/finale alternativo]
Cosa sarebbe successo se On Dal avesse trovato comunque il modo di tornare da Soo-Jung... solo con un giro un po' più lungo?
Ma non si stava divertendo, per niente. Era già tardi, quasi mezzanotte, e Soo-Jung se la rideva alla grande.
«Ti dispiace almeno dirmi dov’è che vivi di preciso?»
«Io non dico queste cose agli sconosciuti! Ho sonno e ho fame e ho male dappertutto!»
Aveva preso a strillare come una gallina. L’ultima cosa che voleva era attirare l’attenzione, ma se avesse continuato a darle corda, non sarebbe andato da nessuna parte. Prese quindi una decisione. Senza alcuna grazia la afferrò saldamente e se la caricò in spalla come un sacco di patate. Soo-Jung, dal canto suo, iniziò a dimenarsi.
«Che cosa stai facendo? Come osi trattare così una star? Pagherai per questo.»
«Donna folle, fa silenzio, te ne prego!»
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, On Dal, Sam-Yong Byun, Soo-Jung Song
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Posso aiutarla?»
Quella domanda le risuonò per la testa più di una volta, le parve incredibilmente strana e innaturale pronunciata da quella persona.
Una persona che doveva essere più o meno sua coetanea. Un ragazzo.
Piuttosto affascinante in realtà, ma poco importava.
Soo-Jung tentò di tornare in sé.
«Effettivamente può aiutarmi eccome. Io sto cercando il proprietario di questo negozio.»
Quello allora si poggiò al bancone, osservandola a braccia conserte e chinando leggermente la testa.
«Ce l’ha davanti»
Quello? Cioè, quel tipo era davvero il proprietario?
Non se l’era aspettato, tuttavia tentò di non mostrare il suo stupore.
«Bene, meglio ancora. Sono venuta qui perché lei ci ha truffati!»
«Truffati? Questa è bella. Io non ho mai truffato nessuno.»
Aggrottò la fronte. Era un po’ che non arrabbiava seriamente, che la sua parte “peggiore” non veniva fuori. Era un po’ che non aveva a che fare con certi tipi, in effetti.
«Non mi prenda in giro! Il mio collega ha acquistato della merce qui, dalla dubbia qualità e ad un prezzo assurdo! Scommetto che lo ha irretito con quattro chiacchiere, è facile persuadere Sam-Yong!»
«Mi sta accusando di avervi venduto robaccia?»
Soo-Jung a quel punto, che si era già preparata ad un’evenienza simile, tirò
fuori dalla sua borsa l’elsa di una delle finte spade ormai rotte.
«E quello che cos’e?»
«Fa finta di non riconoscerlo? È un pezzo della sua spada! Questa roba è scadente! Mi ridia indietro i soldi!»
Il ragazzo assunse l’espressione di chi era stato appena colto in flagrante.
Ma non si sarebbe di certo arreso.
«Non è assolutamente roba scandente. A quanto pare non ne capisce nulla. E poi non posso ridarle il denaro.»
Quel tipo stava iniziando ad irritarla.
«Come osa? Ma lo sa chi sono io?»
«In sincerità no.»
Quella era troppo.
Troppo.
«Io sono Soo-Jung Song! Sono praticamente una star qui in Corea, ma dove diavolo vive?»
«Oh, ma allora ho a che fare con una ricca ragazzina viziata.»
«Come si permette, lei…!» lo indicò e fece per insultarlo. Ma non seppe che appellativo usare.
«Il mio nome è On Dal», disse lui, presentandosi con un sorriso.
«Beh, lei è uno stolto, signor On Dal. E ha anche un nome strano»
«È un nome di origine antica e molto impo-»
«Senta, non me ne importa nulla! Mi ridà i soldi sì o no?»
On Dal rise. Andò dietro il bancone senza mai staccare lo sguardo da lei.
«Venderei l’anima al diavolo piuttosto che rinunciare a del denaro»
Dalla sua espressione, Soo-Jung capì immediatamente con che razza di persona aveva a che fare: una dannatamente attaccata ai soldi!
«Lei è un truffatore! E io la denuncerò.»
«Non vedo per quale motivo. Io ho solo svolto il mio compito. Concluso l’affare, quello che accade dopo non è di certo un mio problema.»
Il ragazzo aveva carattere. Ma lei era ancora peggio. L’aveva fatta arrabbiare e l’aveva anche insultata chiamandola “ragazzina viziata”.
Nessuno aveva mai osato trattarla così.
«Bene, staremo a vedere! Non mi dimenticherò di lei, On Dal, ci rivedremo presto, mi creda!»
On Dal non nascose una risata.
«Ne sono sicuro, signorina Song.»
 
 
 
Non appena uscita dal negozio, la prima cosa che Soo-Jung aveva fatto era stata chiamare Sam-Yong e sbraitare al telefono come oramai non faceva da mesi, mentre si infilava nervosamente in auto.
«Sam-Yong! Sono stata da quel tipo che ti ha venduto quella robaccia, e vuoi sapere che ti dico? È uno stolto ladruncolo da quattro soldi! Come hai potuto farti infinocchiare? Non ha voluto ridarmi il denaro, ma non credere che finisca qui. Mi ha anche insultato, come si è permesso? Io sono Soo-Jung Song, la star  della Corea, com’è possibile che non mi conosca…?»
S’interruppe quando sentì l’amico ridere. Adesso anche lui si divertiva a prenderla in giro?
«Sam-Yong! Che diamine c’è da ridere?»
«Scusa, mi dispiace! È solo che mi sembra di sentir parlare la Soo-Jung di prima. Quella prima dell’incidente! Mi era mancata.»
Nell’udire quelle parole si zittì. Effettivamente non aveva torto. Si era talmente fatta prendere dalla foga da dimenticarsi dei suoi pensieri.
Scosse il capo.
«Comunque sia risolverò la situazione»
«Guarda che non c’è bisogno, possiamo trovare un’altra solu-»
«È una questione di principio, va bene? Adesso scusa, devo chiudere e andare a casa. Quel tizio mi ha fatto venire il mal di testa!»
Senza neanche dargli il tempo di rispondere, chiuse la chiamata, gettando il mal capitato telefono sul sedile posteriore.
Subito dopo si portò le dita sulle tempie. Effettivamente era un pezzo che non si lasciava andare a quel modo, ma non avrebbe saputo dire se ciò fosse un bene o un male. Una cosa era certa, quel tipo, On Dal, non le piaceva.
Assolutamente no.
 
 
 
Il giorno dopo il suo agente la contattò per informarla che le aveva appena organizzato un’intervista con dei giornalisti. La vecchia Soo-Jung si sarebbe lamentata, ma non avendo altra scelta che andare, non avrebbe mantenuto segreto il suo malcontento, rispondendo acida a tutte le domande che in seguito le avrebbero fatto. La nuova Soo-Jung aveva espresso il suo dissenso una sola volta, tuttavia non si era dilungata troppo.
Mancavano due ore all’evento e se non fosse stato per le truccatrici che si stavano occupando di lei, probabilmente sarebbe andata conciata per com’era dalla mattina. Tutte le attenzioni erano focalizzate sul cellulare.
Le era venuta l’intrattenibile curiosità di cercare quel tipo oltremodo maleducato sui social, dopotutto di quei tempi chiunque era facilmente rintracciabile.
Ma le sue ricerche furono vane.
«Accidenti, questo è veramente ridicolo! Non è su facebook, né su instagram, né su twitter! Ma dove diamine vive, nel medioevo? Se non lo avessi visto, crederei che questa persona non esiste!»
Soo-Jung sentì poi Sam-Yong ridere alle sue spalle. Quando quest’ultimo si accorse del suo sguardo, cambiò immediatamente espressione.
«Io non sto ridendo di te.»
«Certo, come no. Oh, ma alla fine che mi importa!»
L’amico decise di inferire ancora, consapevole del rischio a cui andava incontro.
«Deve averti fatto arrabbiare molto se arrivi addirittura a stalkerarlo.»
«Prima di tutto, io non lo stalkero! Seconda cosa, certo che mi ha fatto arrabbiare. La colpa è solo tua, tu mi hai cacciato in questo guaio!»
Sam-Yong avrebbe avuto da ridire. Dopotutto era stata lei a voler prendere quella situazione in mano a tutti i costi, quindi era innocente.
Per fortuna Soo-Jung non ebbe modo di sfogare ancora la sua rabbia su di lui.
Dopo essere stata accuratamente truccata e pettinata, indossò un abito blu, e profondamente rassegnata attese l’auto che l’avrebbe portata fino alla sede dell’incontro.
Si sentiva a disagio a dover rispondere a certe domande. Se un tempo avrebbe risposto tranquillamente per le rime, adesso non era più così facile. Questo le altre persone sembravano capirlo, perciò aveva rabbrividito davanti al sorriso falso di Ae Haeun, giornalista anche abbastanza famosa a Seoul per via della sua passione per gli scoop.
«Soo-Jung, ti trovo davvero in forma. Pare che tu ti sia ripresa benissimo dopo l’incidente.»
Lei sorrise forzatamente. Non apprezzava molto il fatto che quella donna si rivolgesse a lei come se fossero amiche di vecchia data, ancor più che le facesse domande circa il suo spiacevole incidente. Dopotutto era ormai storia vecchia.
«Già. È tutta questione di impegno. Inizialmente non sapevo se sarei mai tornata a fare l’attrice, ma alla fine è ciò che amo fare. Quindi eccomi qui. Non credo che qualcosa possa abbattermi.»
Una risatina. E Soo-Jung ne lesse tutte le cattive intenzioni possibili.
«Bene, molto bene! I tuoi fans ti sono rimasti vicini, e immagino che quello che vogliano sapere è… con l’amore? Come va?»
Domanda più sbagliata non avrebbe potuto porgerle.
Le sembrava un concetto così astratto e lontano da non riuscire neanche ad immaginarsi accanto ad un uomo. Tutte le volte che ci pensava arrivava una forte fitta al cuore.
«Per il momento ho messo da parte le questioni amorose», rispose secca.
«Posso immaginare ma… Soo-Jung, non hai forse ventisette anni? Stai appassendo! Dovresti trovarti un uomo. Con il tuo bel faccino e la tua notorietà sarà facile.»
Forte fu per lei l’istinto di tirarle un pugno. Tuttavia decise di trattenersi.
«Io non credo proprio di stare appassendo. Arriverà l’amore prima o poi ma… non adesso», si limitò a rispondere, nonostante avesse in mente tante altre parole poco gentili nei confronti di Ae Heun.
Di positivo c’era che peggio di così non poteva andare. E infatti le successive domande furono abbastanza tranquille, nonostante Soo-Jung avesse la sensazione – quasi una certezza  - che quella donna stesse facendo di tutto per trovare qualcosa di compromettente.
Sfortunatamente per lei, non avrebbe trovato nulla di interessante.
Alla fine dell’intervista, Soo-Jung desiderava ardentemente dell’alcol.
In verità cercava di evitare quando poteva, visto che tendeva a reggerlo poco o nulla, ma dopo due giorni di stress era più che meritato.
Chiese quindi al suo autista di portarla in un locale nei pressi del distretto di Ganggnam. C’era già stata una volta e non era un luogo particolarmente frequentato, ergo, poteva starsene tranquilla senza essere assalita dai fan.
Una volta entrata, osservò le luci soffuse e due uomini annoiati che se ne stavano seduti al bancone, dandole le spalle.
Tranquillità e musica soft in sottofondo, esattamente ciò di cui aveva bisogno.
Si avvicinò al barista battendo i tacchi – quanto li detestava – sul pavimento.
«Senta, mi dia qualcosa di forte, non importa cosa» sospirò stanca, sistemandosi sullo sgabello.
Ciò che in seguito le fu servito in un bicchierino aveva un colore scuro. Il primo sorso fu amaro, forse era whisky?
Oh, ma che importava, tutto ciò che voleva era distrarsi un po’, alleggerirsi.
«Non dovresti bere alcolici a quest’ora.»
La voce che le giunse alle spalle la fece andare di traverso ciò che stava bevendo.
E poi imprecò. Per quale stramaledetto motivo On Dal era accanto a lei?!
Prese alla svelta un tovagliolo e si pulì le labbra.
«Lei?! Che cosa ci fa qui? È una specie di stalker o cosa?»
Aveva sperato di rimanersene tranquilla, ma forse il karma le si era accanito contro. Lo vide sorridere e lo trovò irritante.
«Si dia il caso che sono un cliente abituale. Perché dovrei preoccuparmi di seguirla?»
«Senta, io sono…»
«Soo-Jung Song, una famosa attrice. Mi è bastato fare qualche ricerca, ho letto un sacco di articoli riguardanti il suo conto.»
On Dal aveva preso a  giocherellare distrattamente con il bicchiere di vetro vuoto.
Lei fece spallucce, scocciata.
«Beh, gran bella scoperta. Praticamente era l’unico a non conoscermi.»
Poggiando la schiena contro il bancone, finì di bere il whisky e sentì le guance divenire rosse. Forse l’alcol stava già iniziando a darle alla testa.
Non doveva assolutamente dire niente di stupido.
«Andiamo, non mi dica che ce l’ha ancora con me per la discussione dell’altro giorno?»
Stupido idiota, smettila di guardarmi in quel modo languido. Non sei bello.
Proprio per niente.
«Certo che sì. Ero così arrabbiata che l’ho cercata su tutti i social, ma non l’ho trovata…»
Aveva detto qualcosa di stupido, ma iniziava ad essere troppo stordita per potersene rendere conto.
«Bene, e adesso chi è lo stalker, sentiamo?»
Soo-Jung alzò gli occhi al cielo.
«Al diavolo. Ne voglio un altro!» esclamò sollevando il bicchiere.
«Io non sono sicuro che sia una buona idea.»
«Silenzio. Io faccio quello che voglio.»
A On Dal venne da ridere. Quella ragazza era proprio forte, inoltre lo faceva divertire.
Circa venti minuti dopo, Soo-Jung era accasciata sul bancone, rideva e sembrava incredibilmente disponibile al dialogo, anche con quell’uomo che fino a qualche attimo prima aveva desiderato uccidere.
«Io sono un adulta, ho ventisette anni, quindi faccio ciò che mi pare», borbottò.
«Ah, ha due anni in più di me. Devo chiamarla “signora”?»
Lei gonfiò le guance.
«Non osare. Anzi, dammi del tu e non ne parliamo più. È stata una giornata orribile e ho bisogno di svagarmi. E non voglio tornare a casa, non voglio. Non riesco neanche a dormire, faccio sempre lo stesso sogno. A te capita mai?»
«In verità sì, alle volte…» ammise piuttosto vagamente. «Però penso davvero che adesso dovresti fermarti…»
«Non essere noioso. Io voglio uscire di qui, ma il mio autista ha accostato proprio di fronte, quindi ce la filiamo dal retro. Andiamo», si era alzata in piedi sulle sue instabili gambe.
«Perché dovrei venire con te?»
Già, perché? Non voleva essere coinvolto nelle avventure di un’attrice pazza e che evidentemente aveva qualche problema nel reggere l’alcol.
«Suu, stolto On Dal! Chiunque vorrebbe passare del tempo con me, andiamo!» lo afferrò per un braccio e lui la guardò di traverso.
«Come mi hai chiamato?»
«Eh? Stolto On Dal, perché? Ah, senti. Non importa. Usciamo di qui e facciamola finita.»
On Dal si chiese come fosse possibile cacciarsi in certe situazioni improvvisamente. Soo-Jung da ubriaca era piuttosto molesta, doveva ammetterlo. Come se non bastasse, era costretto a sorreggerla per evitare che cadesse rovinosamente al suolo. Ma chi glielo faceva fare? Avrebbe potuto lasciarla lì al suo destino, ma non era ancora diventato tanto disumano.
Però non si stava divertendo, per niente. Era già tardi, quasi mezzanotte, e Soo-Jung se la rideva alla grande.
«Ti dispiace almeno dirmi dov’è che vivi di preciso?»
«Io non dico queste cose agli sconosciuti! Ho sonno e ho fame e ho male dappertutto!»
Aveva preso a strillare come una gallina. L’ultima cosa che voleva era attirare l’attenzione, ma se avesse continuato a darle corda, non sarebbe andato da nessuna parte. Prese quindi una decisione. Senza alcuna grazia la afferrò saldamente e se la caricò in spalla come un sacco di patate. Soo-Jung, dal canto suo, iniziò a dimenarsi.
«Che cosa stai facendo? Come osi trattare così una star? Pagherai per questo.»
«Donna folle, fa silenzio, te ne prego!»
 
Era stato un lungo calvario, ma alla fine On Dal era riuscito ad arrivare a casa propria. Di certo non un posto adatto per una signora, fortunatamente quella sulle sue spalle non poteva essere considerata una signora, quanto più un primate fastidioso e petulante.
«Dove siamo? Cos’è questo posto? Ho fame, voglio dei gamberi fritti.»
«Questo non è un ristorante» sussurrò mestamente. Si fece strada nel buio e andò a sbattere contro qualcosa, imprecando. Almeno però era riuscito ad arrivare al letto, su cui adagiò la ragazza. Quest’ultima si stiracchiò, sorridendo ad occhi chiusi.
«Ah, mi piace questo posto. Così comodo… amh…»
«Mi sa che ho già capito come finirà questa storia», sospirò On Dal accendendo una lucetta e chinandosi per guardarla.
Soo-Jung si era stretta al cuscino e con un sorriso giovale da bambina si era subito appisolata. Non capì perché si fosse tanto soffermata a guardarla, dopotutto lei era una come tante, notorietà esclusa.
Eppure trovò il suo viso incredibilmente bello, i suoi lineamenti qualcosa di estremamente familiare. Sentì di conoscerla e non capì il motivo.
Così calma e tranquilla potrebbe somigliare quasi ad un angelo.
Poi la ragazza prese a russare sonoramente e On Dal alzò gli occhi al cielo.
«Ritiro quello che ho detto.»
Cercò una coperta e si premurò di sistemargliela addosso affinché non si raffreddasse. Poi spense la luce. Capì che sarebbe stato meglio starle lontano.
 
Era da tanto tempo che Soo-Jung non si lasciava andare ad un sonno tanto dolce e ristoratore. Quando si svegliò, infatti, ancora con gli occhi chiusi, le venne istintivo sorridere, mentre si stiracchiava.
Poi però si guardò intorno e si rese conto di una cosa terribile: non era in casa sua!
Si mise seduta così velocemente che la testa prese a farle male. Ricordava di esserci andata giù pesante con l’alcol la sera prima, ma cosa aveva mai combinato?
Ad un tratto la porta si aprì e On Dal, senza maglietta e con un piatto pieno di toast in mano, entrò.
«Buongiorno, hai fame?»
Soo-Jung spalancò gli occhi e cacciò fuori un urlo.
«CHE COSA CI FACCIO IO QUI? TU COSA CI FAI QUI?!»
«Ehi, calma d’accordo? Questa è casa mia!»
Si guardò intorno, rendendosi effettivamente conto di trovarsi in un ambiente del tutto sconosciuto. Stava anche dormendo in un letto che non era il suo, completamente esposta dinnanzi a… quel tizio!
Si coprì il più possibile.
«Cos’hai fatto?! Te ne sei approfittato di me?»
On Dal posò il piatto e tentò di tranquillizzarla.
«Approfittarmi di te? Io ti ho salvato la vita!»
«E allora perché sei mezzo nudo?»
«Sono appena uscito dalla doccia! Senti, non ti ho neanche sfiorata, eri completamente priva di sensi, io non faccio certe cose. Ho dormito sul divano, che tra parentesi è anche scomodo!»
Soo-Jung si sentì stupida. Effettivamente non poteva arrivare e accusarlo in quel modo.
«Amh… d’accordo, mi dispiace. Ho un mal di testa atroce, ma non hai qualcosa da darmi?»
On Dal, che sembrava aver immaginato una cosa del genere, aprì uno dei cassetti e le porse una scatoletta di aspirine.
«Faresti meglio a mettere qualcosa nello stomaco, prima.»
Lei annuì, lievemente rossa in viso. Era a dir poco impresentabile  e aveva dormito nel letto di un uomo che conosceva appena.
«Ah, dimmi, ti ubriachi spesso in questo modo?»
«Stai… zitto, d’accordo? È stata una giornata dura ieri, non volevo ridurmi in quel modo… che razza di figura» borbottò mentre masticava il toast. «Piuttosto, non potresti rivestirti?»
«Che esagerazione, non siamo due adolescenti. Non penso sia una visuale così orribile.»
«Infatti non è quello il punto!»
Già, non era quello il punto. Anzi, ciò che vedeva era fin troppo apprezzabile e ciò non andava bene!
On Dal sospirò, cercando una camicia da indossare. C’era una domanda che gli premeva urgentemente farle.
«Amh, senti Soo-Jung… ieri mi hai detto delle cose e…»
«Oh, cielo. Cosa ho detto?»
«Niente, a parte il fatto che a quanto pare mi stalkeri sui social.»
«Io… cosa?! Non… oh, ma nemmeno tu sei normale! Nel duemila diciotto chi non ha un profilo facebook?»
«Ma non è di questo che volevo parlarti! Mi hai accennato ad un tuo problema che riguarda… dei sogni ricorrenti che fai spesso. Ecco… posso sapere cos’è che sogni, di preciso?»
Soo-Jung mandò giù un bicchiere d’acqua e poi lo guardò. Cosa voleva quel tipo da lei?
«Ma che ti importa? Queste sono cose private, accidenti!»
Si scoprì con il viso rosso e immediatamente si alzò, doveva darsi una sistemata e andare via da quella casa, la situazione era già abbastanza equivoca.
«Beh, potresti anche essere più gentile con chi ti ha praticamente salvato la vita!»
Soo-Jung, che aveva appena raccolto disordinatamente le sue cose, si voltò a guardarlo con un sorriso di scherno.
«Ah, quindi adesso mi hai salvato la vita? Bene, ti ringrazio, sei stato gentile, ma adesso devo proprio andare, non ho tempo da perdere con gli stolti, ciao ciao!»
On Dal rimase interdetto. Quella maledetta donna… e pensare che era stato così gentile e lei l’aveva ricambiata con una scortesia incredibile.
Sbuffò e si voltò, notando poi qualcosa di estraneo sul suo tavolino: una borsa.
«Mi rifiuto di crederci», mormorò fra sé e sé.
 
Era stato un risveglio orribile. Aveva dormito magnificamente bene, questo era innegabile, ma ciò che era successo dopo… non voleva neanche pensarci.
Accidenti Soo-Jung, c’è chi ucciderebbe per svegliarsi accanto ad un figo del genere e… un momento, stop, calma! Non è chissà cosa, è semplicemente passabile.
Questi erano i pensieri che le attraversavano la mente. Sarebbe stato opportuno andare a casa e farsi una doccia, dopotutto aveva ancora addosso i postumi della sbornia. Ma era già in ritardo e le riprese sul set iniziavano alle nove, lei era la protagonista e non poteva assolutamente mancare.
Peccato che quando arrivò sul set, tutti i suoi colleghi la guardarono come se davanti avessero avuto un cadavere.
«Sono in ritardo, lo so. Ma non guardatemi così», borbottò, pallida come un fantasma e i capelli in disordine.
Park Minjo, il regista, aveva un’espressione impagabile.
«Ma cosa ti è mai successo?!»
«Non me lo faccia dire, serata storta», borbottò.
«D’accordo! Non perdiamo tempo allora. Truccatori, all’opera, ridatele un po’ di vita, presto, deve essere in forma!»
Sospirò al pensiero che avrebbe potuto rilassarsi mentre i truccatori si apprestavano a renderla presentabile, ma sfortunatamente la sua quiete durò poco.
Quel giorno avrebbero dovuto girare una delle scene madri del dramma storico. La storia era semplice: una ragazza dei giorni odierni, in punto di morte, riusciva ad arrivare nel passato, durante il regno Goryeo precisamente. Lì, conosceva un principe dal pessimo carattere e temperamento e finiva coinvolta nelle sua vicende familiari e politiche*. Il problema era che non aveva ancora conosciuto il co-protagonista, nonché suo amante nel dramma.
E fu per tale motivo che Minjo si avvicinò a lei, seguita da un giovane trentenne circa.
«Scusate, scusate! Soo-Jung, è ora che ti presenti il tuo co-protagonista, ma ovviamente vi conoscerete già di fama. Lui è Kim-Woo Bim**»
Quest’ultimo le rivolse un sorriso.
«Soo-Jung, è un piacere per me fare finalmente la sua conoscenza.»
La ragazza rimase interdetta per qualche attimo e dopodiché si alzò, porgendogli una mano.
«Piacere mio. Ho visto molti dei tuoi film.»
«Ne sono lusingato. Anche io, posso ritenermi un esperto della tua filmografia.»
«Bene, vedo che andate già d’accordo, eccellente direi. È esattamente quello di cui abbiamo bisogno, vista l’atmosfera. Soo-Jung, fra dieci minuti iniziamo.»
«Sì, d’accordo», sforzò un sorriso mentre Woo-Bim la guardava. Il suo approccio al sesso maschile era diventato vergognosamente impacciato dopo l’incidente. E proprio non si spiegava il motivo.
Sam-Yong se n’era rimasto ad osservare i due chiacchierare, e solo quando l’attore si era allontanato, finalmente si avvicinò all’amica.
«C’è feeling, eh?» domandò con un certo tono di polemica.
«Sam-Yong, non uscirtene con una delle tue battute. Dobbiamo soltanto recitare insieme. A quest’ora altrimenti avrei avuto una storia praticamente con tutti i miei coprotagonisti.»
«Io non ho detto nulla di tutto ciò. Piuttosto, che hai combinato? Sono stato tutta la mattina a chiamarti.»
«Mi dispiace, non ho sentito il mio…»
In quel momento fu il panico più totale. La borsa. Aveva dimenticato la borsa da On Dal. Non si preoccupò del denaro o delle carte di credito, quelle in genere non le portava dietro ma… lo stra-maledetto telefono! Nelle mani di quello stolto. Chissà cosa avrebbe potuto combinare? Con tutto ciò che succedeva al giorno d’oggi alle povere super star come lei…
«Il mio telefono. Quel maledetto! L’ho lasciato a casa sua. Stupido On Dal!»
«Aspetta, hai passato la notte a casa sua?»
«Fa silenzio, Sam-Yong! Adesso non posso muovermi di qui, ma non appena finiscono le riprese vado dritta al suo negozio! E spero vivamente per lui non abbia combinato nulla di strano!»
Tentò di ignorare la voce nella sua testa che le diceva che quella fosse solo una scusa per rivederlo. Non aveva motivo per desiderare una cosa del genere.
 
Finite le riprese, Soo-Jung si diresse al Geun, di fretta e furia con una grande ansia nel cuore. Era certo che fosse questo, dal momento che esso batteva così forte, in maniera incontrollata.
Lo scampanellio sopra la porta in vetro annunciò il suo arrivo. Dentro non vi era nessuno, ma i vari oggetti antichi, gli abiti, le spade e gli accessori erano come sempre tutti ben disposti e in ordine. Avvicinandosi ai gioielli esposti, si accorse che quella collana che l’aveva tanto colpita la prima volta, era ancora lì. Si sentiva terribilmente attratta da quell’oggetto. Avvertiva qualcosa di familiare ogni volta che lo sfiorava, come in quel momento.
C’è una storia che sento di conoscere qui dentro.
«Vedo che quella collana ti interessa.»
Soo-Jung sussultò violentemente. Voltandosi, si ritrovò On Dal davanti, a braccia conserte e con su sempre quell’irritante espressione divertita.
«Giusto te! Sono venuta qui per riprendermi la mia borsa. L’ho dimenticata a casa tua, dentro c’era il mio cellulare! Spero per te che tu non abbia fatto nulla di strano!»
On Dal alzò gli occhi al cielo, andò dietro il bancone e ne estrasse subito dopo una borsa Gucci.
«Pensando avrei potuto rivenderla… Ma sapevo che saresti tornata a riprenderla, per cui. A proposito, dovresti inserire una password nel tuo telefono.»
«Le mie cose! Un momento, cos’hai fatto?!»
«Nulla, l’ho tenuto spento. Quel tipo di nome Sam-Yong continuava a chiamarti.»
«Bene! Sono molto lieta di ciò», affermò completamente rossa in viso. In effetti, dopo la notte precedente, era un po’ imbarazzante anche solo guardarlo negli occhi. On Dal parve intuirlo, e con molta semplicità le passò davanti.
«Sono abbastanza certo che ti starebbe bene.»
Inizialmente Soo-Jung non capì. Poi lo vide voltarsi con in mano quella collana che tanto aveva destato la sua curiosità.
«A me? Oh, per favore… io sono abituata a portare gioielli di marca.»
«Sarà anche vero, ma non credo troverai nulla di simile da nessuna parte. Permetti?»
Lei deglutì a vuoto, non seppe dirgli di no. Annuì lentamente e scostò i capelli. Quando On Dal si avvicinò, poté sentire il suo respiro sulla pelle. Ciò, per qualche attimo, le provocò i brividi.
«Proprio come pensavo. Ti sta davvero bene», affermò lui mostrandole lo specchio.
La ragazza si specchiò. Effettivamente aveva ragione.
È strano, è come se non fosse la prima volta che la indosso, eppure sono certa che sia così.
«Sì… carina», mormorò abbassando lo sguardo.
«Molto. Te la regalo.»
«Aspetta, cosa? Oh, no. Dimmi dove sta la fregatura. Io ho capito che tipo di persona sei tu, una molto attaccata ai soldi!»
«E va bene, d’accordo. Vuoi ripagarmi? Esci con me.»
«Questo si può…. Cosa?!»
Soo-Jung si era aspettata di sentirsi dire una qualche cifra assurda ma… quello!
Capì molto bene come sarebbe andata a finire…
 
*Siccome mi piace inserire le citazioni, questa è la trama di un altro drama che amo, ovvero “Moon Lovers – Scarlett Heart Ryeo”.
 
**Quest’attore esiste davvero :P
 
Nota dell’autrice
On Dal e Soo-Jung si sono conosciuti, e ovviamente le cose non vanno affatto bene, esattamente come la prima volta che si sono incontrati… peccato che non lo ricordino!
La vicinanza però farà loro capire qualcosa? Inoltre On Dal mica si tira indietro, e invita la super star ad uscire con lui per farsi ripagare.
La collana che a Soo-Jung piace tanto è un dono che On Dal le fa prima di andare in guerra (parlando ovviamente del passato in cui si sono conosciuti).
Quindi niente, soffro.
 
   
 
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