Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Luana89    19/03/2019    1 recensioni
Non fu la sua bellezza a colpirmi: bensì l’assenza d’espressione sul suo viso. Il mio occhio fissava attraverso l’obiettivo, poco prima di scattare la prima foto del mio anno scolastico. Lo sconosciuto sembrò quasi sentire il lavorio dei miei pensieri, sollevò di scattò il capo guardando tra la folla, e i suoi occhi si poggiarono su di me per una manciata di secondi che valsero un’intera vita. C’era qualcosa in lui, qualcosa di assolutamente inspiegabile. Lo capii poco prima che sparisse all’interno della struttura: le persone attorno a quel ragazzo sembravano scostarsi al suo passaggio, come se quel singolo essere umano fosse in grado di domare la forza di gravità e il baricentro spostandoli a suo piacimento. Mi persi per un istante.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

VI.



«Mi ha mollata!» Riversa sul mio letto, con il braccio ciondolante fuori dal materasso, Sophia era simile a uno di quei quadri che ritraevano la tristezza in persona. Anzi, se mi fossi unito pure io accanto a lei a sorreggerla avremmo dato vita alla versione moderna de ‘’La pietà’’.
«Sophia, aveva cinquant’anni..» cercai di mantenere la mia espressione neutra, ma continuavo a soffrire di quella dannata malattia che colpiva le mie espressioni facciali.
«E quindi? L’amore non ha età. Mi ha detto ‘’piccola questo è il tempo che posso dedicarti’’, capisci?» No non capivo in tutta franchezza, ma annuii ugualmente. «E’ come se mi avesse lasciato lui praticamente.»
«So che è difficile..» le diedi un buffetto affettuoso sulla mano, me l’afferrò stringendola con troppa forza fissandomi attentamente.
«Non è forse l’amore quello che cerchiamo tutti in questa vita?» La domanda mi spiazzò, era sul serio ciò che cercavamo tutti? Forse si, forse l’amore era davvero il motore del mondo.
«Non so, personalmente io cerco una jacuzzi.» Risi divertito ma a giudicare dalla sua occhiataccia era meglio non insistere su quella linea ‘’simpatica’’.
«Oh beh, suppongo dovrò cercare Alan, mi viene dietro da mesi.» per poco non caddi dalla sedia.
«Ti stai già consolando?» Sophia era simile a una fenice, risorgeva dalle sue ceneri con una velocità disarmante.
«E’ facile quando non hai incontrato ‘’quella persona’’, Joshua.» la fissai interrogativamente, sembrò capire e sorrise. «Quando incontri la tua metà tutto si annulla, andare avanti diventa impossibile. Christopher non lo era.» E la mia chi era? Esisteva da qualche parte in quel vasto mondo?
«Non so se esista qualcuno di simile per me..»
«Enoch…» Sbarrai gli occhi e sentii il principio d’infarto scorrere dentro di me.
«Ma che dici, lui—»
«.. Mi ha mandato un messaggio, quel bastardo.» tirai un sospiro di sollievo un po’ amaro.
«Che ha detto?»
«‘’Piantala di frignare, ti sento dalla mia camera.. pietoso’’… io lo uccido.» Scoppiai a ridere beccandomi una cuscinata in faccia, probabilmente meritatissima.
 
 
La biblioteca era un luogo quasi mistico all’interno di Yale, tutti sedevano in religioso silenzio studiando, altri giravano tra gli scaffali vecchi di anni cercando il libro perfetto, altri ancora.. dormivano. Fissai la nuca corvina, la guancia poggiata tra le pagine di un libro che fungeva da cuscino, mi guardai attorno temendo d’essere osservato e quando non notai nessuno mi sedetti di fronte a lui. Quando Enoch dormiva i suoi lineamenti si rilassavano, mi presi il mio tempo insieme a lui perché era questo che ormai facevo: ritagliarmi degli spazi nella sua quotidianità e provare a intrufolarmi. Almeno finché non fosse stato lui stesso a chiedermi di entrarvi, e ne dubitavo fortemente. Osservai i tatuaggi alle dita, erano simboli alchimistici, adesso lo sapevo; me l’aveva detto durante la nostra famosa uscita, allungai una mano per sfiorarli ma quando lo vidi muoversi mi ritrassi di scatto spaventato.
Cosa dovevo fare affinché mi notasse? Mi notasse davvero dico. Ero arrivato alla conclusione che a dividerci non fosse il semplice gusto sessuale, vi era come una barriera invisibile tra lui e il resto del mondo. Esisteva qualcuno in grado di rompere quel muro? Ne sarei stato in grado io?
 

 
*
 
Un raggio di sole dispettoso interruppe quella pace momentanea, succedeva sempre in fondo no? Cambiava il mezzo ma non il fine, la pace non era qualcosa di eterno, anzi a volte Enoch pensava fosse più effimera della felicità. Si stiracchiò senza curarsi della gente attorno a se e qualcosa attirò la sua attenzione, si girò di scatto cercando di cogliere in fallo qualcuno, ma trovò tutto esattamente come l’aveva lasciato prima di addormentarsi. Tornò a fissare il tavolo sulla quale sedeva, una bottiglietta sigillata di latte al cioccolato sostava accanto al suo zaino, ma prima non c’era. L’afferrò stringendola tra le mani, e alla fine sorrise quasi involontariamente per qualcosa di comprensibile solo a lui mentre raccattava le proprie cose andandosene da lì.
Madalyn Cutler a quarant’anni aveva una bellezza fuori dal comune, i capelli corvini con riflessi blu brillarono alla luce del sole. Indossava un costoso vestito, castigato nella scollatura, che rendeva il suo corpo ancora più slanciato. La somiglianza tra loro era probabilmente la cosa che madre e figlio odiavano di più.
«Tuo nonno mi ha detto che non vuoi accettare il suo aiuto per il trasferimento.» Nonostante il tono di voce perennemente dolciastro per natura, la freddezza innata sembrava rendere il tutto amaro come il veleno.
«Mi sembrava strano avessi lasciato l’ospedale per sapere come stesse il tuo unico figlio.» Madalyn era cardiologa e primario del suo reparto al ‘’Yale New Haven Hospital’’, un medico con grandi capacità non solo mediche ma anche empatiche, cosa che rendeva Enoch quasi scioccato.
«Quanto ancora hai intenzione di tirare la corda, Enoch? Raymond—» a quel nome il ragazzo si accigliò. Raymond Charlton, il nuovo marito della madre nonché sua personale spina nel fianco.
«Ciò che pensa quel fantoccio che hai sposato non rientra tra i miei interessi.» Raymond era tutto ciò che il ragazzo odiava nell’essere umano, un leccapiedi tracotante che si era fatto una posizione sposando la figlia del rettore di Yale. Adesso aveva una cattedra in letteratura, e prestigio immeritato a palate.
«Dovrebbe invece, come dovrebbe interessarti ciò che dico io.» si avvicinò al figlio con espressione severa. «Sono tua madre.»
«E’ un po’ tardi per ricordare il tuo ruolo nella mia vita, non credi?» Mosse un passo verso di lei con aria minacciosa, costringendola ad arretrare. «Dove stavi mentre la mia vita colava a picco?» ancora un passo. «Dove stavi mentre il tuo adorabile marito mi puniva perché la mia parola non contava un cazzo?» Madalyn non poteva più arretrare, il muro dietro di lei glielo impediva. «Ma soprattutto.. dove stavi tu quando avevo bisogno semplicemente di una madre?» C’era altro da dire? Enoch ne dubitava, e quindi fece ciò a cui ormai era avvezzo in ogni situazione della sua vita: voltare le spalle, proprio come tutti le avevano voltate a lui in passato.
«Pensi che il potere su tuo nonno sia tutto ciò che devi custodire? Non dimenticare chi sei Enoch, e ciò che nascondi.. prima o poi ciò che ti sta mangiando da dentro non si accontenterà più delle briciole.»
 

 
*
 
Mi muovevo a tempo seguendo il ritmo della musica che si spandeva dalle cuffie alle mie orecchie, qualcosa di freddo mi colpì la guancia facendomi sobbalzare. La prima cosa che vidi fu la bottiglietta ormai vuota di latte al cioccolato che avevo lasciato ore prima accanto a Lui. La seconda cosa fu il soggetto dei miei pensieri che mi fissava.
«Mi hai spaventato..»
«Dove sta la novità? Ti spaventi persino del rumore di una porta che cigola tu — che stai ascoltando?» Non mi diede il tempo di rispondere, lo vidi afferrare una delle due cuffie e portarla al suo orecchio con espressione critica.
«E’ solo una roba così..» minimizzai schermandomi con le mani.
«Stai sul serio ascoltando la sigla di un cartone animato?» Ascoltavo qualsiasi genere di musica, e aveva pensato bene di beccarmi proprio quando mi era venuta voglia di ascoltarmi Ranma? Se non era sfiga questa, non sapevo come altro definirla.
«Se non ti piace ridammela.» provai a strappargli la cuffia ma le sua mano bloccò la mia stringendola con forza, era gelido. Un contrasto netto con la mia pelle perennemente accaldata, che adesso grazie a quel contatto stava andando a fuoco.
«Quando lasci un regalo a qualcuno non sarebbe educato restare fino alla fine?» Il mio cuore scivolò sotto i piedi, come faceva a sapere che la bottiglietta l’avevo lasciata io? Pensa Joshua, pensa. Cercai di capire in due nanosecondi se fosse il caso di negare o meno.
«Non so di cosa parli.» Sporsi le labbra scrollando le spalle con finta noncuranza.
«Ah no? Allora l’avrà lasciata Jane.. peccato volevo ringraziare il mittente invitandolo a uscire, ma sono andato dalla persona sbagliata.» Fece per restituirmi la cuffia e andarsene ma la mia mano artigliò la sua manica stringendo la presa, mi trascinò così per circa un metro finché non si decise a fermarsi.
«Sono stato io. Io.» scoppiò a ridere piegandosi lievemente su se stesso.
«Sei uno spasso, seriamente..» mi fissò come se vedesse qualcosa che forse nemmeno io sarei stato in grado di scovare guardandomi allo specchio.
«Uscire dove?» Era quella la parte interessante.
«Sei mai stato in un cinema drive-in?»
«Credo di no..» cercai di andare a ritroso nel tempo, di ricordare.
«Ottimo, stasera proiettano un film in bianco e nero che vorrei rivedere. Vieni con me?» Il pensiero di me e lui dentro un auto mi scombussolò talmente tanto che restai in silenzio a fissarlo. Mi schioccò le dita proprio di fronte la faccia riportandomi alla realtà. «Sei ancora qui?»
«Si si..» Kevin mi aveva chiesto di uscire a mangiare un boccone proprio quella sera. «Ecco, stasera Kevin voleva—» non mi fece nemmeno finire.
«Non andare, e vieni con me.» La sua non era una proposta, ma un vero e proprio ordine. Per qualche motivo anche la sua espressione si fece più severa, che gli stesse antipatico Kevin? Non che potessi biasimarlo, la sua irruenza per uno come Enoch poteva essere quanto di più fastidioso nel mondo.
«A che ora?» Il suo viso tornò a stendersi, c’era una punta di vittoria nel luccichio di quelle pietre blu.
«Busserò io alla tua porta, dobbiamo fare piano e non farci vedere da nessuno.» Annuii pensieroso, senza cogliere sul serio il senso di quelle parole.
«Va bene..» mi resi conto di tenerlo ancora per la manica, la mollai subito scostandomi nervosamente.
«Allora vado, ci vediamo stasera ..» mi diede le spalle e dopo aver percorso pochi passi si voltò a fissarmi. «Ah, Josh, come te la cavi a saltare?»
«Saltare? Chi ha parlato di saltare? Enoch?» non mi diede retta continuando ad allontanarsi. «CHE SIGNIFICA SALTARE? TORNA QUI.» Restai con quel dubbio da solo nel corridoio.
 
 
Non è un appuntamento. Lo ripetevo come un mantra mentre mi accingevo a prepararmi, il fatto che stessi mettendo il doppio della cura nel mio modo di vestire non significava nulla, ero di mio un piccolo maniaco dello stile quindi era assolutamente legittimo il mio atteggiamento. Alitai appannando la mia immagine riflessa, poggiandovi le mani.
«Bugiardo.» Mi redarguii da solo mentre fissavo l’orologio sul mio comodino, erano le dieci e di Enoch nessuna traccia. Mi avrebbe dato buca? Avevo disdetto con Kevin adducendo un mal di pancia atroce, scusa alquanto imbarazzante ma per qualche motivo trovavo cento volte peggiore dirgli ‘’preferisco uscire con Enoch’’.
Alle 23:30 sentii un rumore oltre la mia porta, sembrava un discreto bussare ma non ero sicurissimo quindi mi accinsi ad aprire lasciando sbucar fuori solo la testa e lo vidi. Stava ritto lì di fronte, poggiato al muro a fissarmi con le mani in tasca.
«Sei pronto?» Bella battuta, ero pronto dalle nove.
«Quasi..» feci il vago così giusto per darmi un tono e facendogli cenno di aspettare lasciai socchiusa la porta andando dentro a prendere la giacca.
«Bella stanza.» Mi voltai di scatto a fissarlo inebetito, era entrato senza nemmeno essere invitato? La sua sfacciataggine certe volte rasentava la patologia. Gli occhi corsero al mio letto, e ai boxer imbarazzanti messi proprio lì in bella vista; con un salto degno di un ninja mi ci schiantai contro restando disteso a pancia in giù.
«Ti capita mai di chiedere ‘’permesso’’?»
«Perché stai coprendo la tua biancheria intima?» Ma allora era stronzo. Lo fulminai con un’occhiata astiosa ricavandone solo il suo palese divertimento mentre girovagava osservando ogni mia cosa contenuta dentro la stanza. Si soffermò sui libri, e sulle macchine fotografiche messe lì a mo di trofeo.
«Sei qui per andare al cinema o per fare il tour di camera mia?» Abbassai il tono della voce rendendomi conto dell’orario.
«Non posso fare entrambe le cose?» Afferrò il peluche di una papera rigirandolo come se fosse un’arma di distruzione atomica, per poi guardarmi col sopracciglio inarcato.
«Mi piacciono le papere, problemi??» Sorrisi in maniera falsa, ficcando i boxer sotto al cuscino per poi alzarmi e indossare il parka, le temperature ormai stavano divenendo via via più rigide.
Il corridoio al primo piano era pervaso da un’aria gelida che scoprii causata da una finestra aperta, Enoch me la indicò sporgendosi per osservare la distanza dal suolo.
«Mi stai dicendo che dobbiamo saltare?» Gli strattonai il giubbotto guardandomi indietro nervosamente.
«Non è altissimo, se salti bene arrivi al suolo senza nemmeno accorgertene.» Ma pensava fossi superman? Mi premurai di farglielo notare scatenando la sua ilarità. «Un coniglietto come te non dovrebbe avere problemi a saltare.»
«Se ti sembro un coniglio ti consiglio una visita oculistica..» il mio tono di voce piccato non sembrò scalfirlo, lo vidi poggiare un piede sul bordo della finestra e mentre trattenevo il fiato saltò. Mi sporsi pochi istanti dopo a guardare sotto, ritrovandolo accucciato col viso rivolto verso di me. Okay, l’altezza non era granché dovevo ammetterlo, ma io avevo ancora quel piccolo handicap per la quale inciampavo anche in superfici piane camminando con attenzione.
«Ti muovi? Lo spettacolo inizia tra poco.» Mi mise fretta strappandomi un’imprecazione che soffocai appena in tempo. Non c’era altra soluzione, con espressione teatrale mi feci il segno della croce velocemente per poi saltare. Supponevo che Dio non avesse smistato tutti gli esseri umani allo stesso modo durante la creazione, mi piaceva pensare che se quelli come Enoch riuscivano ad atterrare in maniera elegante io invece avrei avuto altri pregi. Ma quali?
Continuai a massaggiarmi il didietro per tutto il tragitto fino all’auto ignorando le risate di quello stronzo accanto a me.
 
Il drive-in si era riempito lentamente ma poco, fissavo lo schermo presissimo da quel film che non avevo mai visto finché la sensazione di essere scrutato nell’ombra non mi costrinse a voltarmi ritrovandomi due occhi blu nell’angolo più lontano intenti a osservarmi.
«Non guardi il film?»
«Lo so a memoria.» La voce graffiante come sempre, con quel retrogusto indolente e immancabile, se lo sapeva a memoria perché mi aveva portato lì? Sembrò leggermi nel pensiero, tossicchiò fissando lo schermo per due secondi netti tornando nuovamente su di me.  Non sapevo cosa dire, mi sentivo imbarazzato e anche abbastanza nervoso nell’essere chiuso in auto con lui; mi sfregai le mani tra loro con una punta di isteria.
«Josh.»
«COSA?» Mi morsi la lingua maledicendo il mio nervosismo, dovevo calmarmi.
«Mostrami le tue fossette.» Si indicò la guancia come se fossi un cretino a cui doveva spiegare anche l’ovvio, restai inebetito per qualche secondo.
«Le mie fossette? Perché— » scacciò l’aria con la mano come se il ‘’perché’’ fosse irrilevante, dovevo farlo e basta. Allora sorrisi, e lo vidi soddisfatto.
«Lo sai che le fossette sono il prodotto di una malformazione? Penso sia la malformazione più carina che un essere umano possa avere.» Mi stava dicendo che ero carino? O il complimento era ristretto solo alle fossette? «Quando pensi a qualcosa come le ‘’malformazioni’’ ti vengono in mente cose orrende, e invece..»
«Ti piacciono così tanto? Se potessi te ne regalerei una..» lo vidi aggrottare la fronte.
«Perché? A me piacciono su di te.» Ricominciai a innervosirmi, che dovevo dire in quel momento? Qualcosa di intelligente, ma cosa?
«I tuoi genitori dove vivono?» Dalla sua espressione dedussi che non era stata per nulla una domanda intelligente.
«Mio padre vive a Stoccarda, è un attore, mentre mia madre abita qui a New Haven.» si prese qualche secondo per fissare lo schermo. «Sono divorziati.»
«Mi dispiace.. però considera il lato positivo, hai doppi regali durante le feste.» Mi guardò serio per poi scoppiare a ridere scuotendo il capo.
«Riusciresti a vedere il lato positivo persino in un uomo morente tu – parlami dei tuoi genitori.» Quando gli avevo chiesto della sua famiglia non avevo considerato il concetto di ‘’causa effetto’’ secondo il quale poi ti viene rigirata contro.
«I miei genitori biologici vivevano a Las Vegas, non so moltissimo di loro.. so solo che mi diedero in adozione perché non riuscivano più a mantenere due figli, sono morti cinque anni fa.» Scrollai le spalle serrando la mascella. «Hai presente la sensazione di avere una ‘’madre’’, no? Ecco, a me manca. Non so se sia peggio averla e poi perderla oppure non averla del tutto come nel mio caso.» Il suo silenzio riempì l’abitacolo in maniera assordante.
«Avere una madre non è sempre così bello come si pensa. Quando non hai l’istinto materno, o quando ti viene soppresso da terzi, non riesci comunque a fare la tua parte. E’ meglio in quel caso vivere nell’ignoranza, piuttosto che pensare di avere qualcosa a pochi passi da te .. e non poterla considerare tua.» La sua voce si sporcò di malinconia, e in quel momento seppi con certezza che parlava di se stesso; il silenzio ci cullò per svariati minuti, mentre il film scorreva senza avere più la nostra attenzione. «Perché sei nervoso quando sei con me?»
«Cosa? No io non—» quella domanda mi aveva colto impreparato, ero così evidente?
«Con Kevin sembri a tuo agio, ma con me no.» Il tono divenne accusatorio mentre mi fissava con attenzione. «Sono io il tuo amico, non lui, giusto? Quindi è con me che dovresti essere a tuo agio..» la gelosia amichevole mi mancava per raggiungere il baratro più profondo dell’umiliazione. Mi umettai le labbra secche ponderando una risposta.
«A Kevin non ho mai raccontato dei miei genitori, e non lo avrei fatto nemmeno se me lo avesse chiesto..» e soprattutto per Kevin non sentivo nulla.
«Sei un libro aperto Josh, tutto quello che provi è scritto in faccia.» Mosse il dito come a toccarmelo nella sua mente, sorrisi scuotendo il capo.
«Non credo..» se fosse davvero così ti saresti reso conto da un pezzo di come le mie espressioni cambiano in tua presenza, di come ti cerco in mezzo alla folla quando non ci sei e di come il mio cuore batte quando mi vieni vicino, non dissi nulla di tutto ciò. «Non credo tu conosca davvero ciò che provo.» Non ribatté a quell’affermazione, la sua faccia mi fece pensare che mi aveva appena creduto sulla parola e soprattutto che avrebbe cercato di capire cos’è che non conosceva ancora di me.
 
Intercettai William nel corridoio troppo tardi per cambiare nettamente strada, maledicendomi mentre lo vedevo avanzare verso di me.
«Ma guarda un po’ chi c’è qui.» Sospirai silenziosamente racimolando un sorriso per lui, ero del parere che a tutti bisognava concedere un’occasione.
«William! Non sei a lezione?»
«L’hanno sospesa per alcuni problemi tecnici credo.» Dal modo in cui lo disse non sembrava importargliene molto, secondo me avrebbe avuto la medesima espressione pure se fosse crollato il tetto dell’aula. Tutto ciò che non girava attorno a lui era irrilevante.
«Come stai?»
«Ti interessa davvero?» Ecco, il fulcro della mia antipatia nei suoi confronti era proprio quello. Non riusciva a tagliarsi quella lingua da serpe, ogni mia azione per provare ad essergli amico finiva con un suo commento acido.
«In tutta franchezza non ho tempo di litigare con te adesso, quindi..» feci per andarmene ma mi venne dietro.
«Io non sono come gli altri, Josh.» No tu sei peggio, ma evitai di dirglielo infastidito dal diminutivo appena datomi. «Io lo vedo quanto sei falso, ti cospargi di quest’aura buona e gentile.. ma sei il peggiore.»
«Io non mi cospargo di niente, provo a essere semplicemente cordiale a differenza tua.» Il suo sorrisino mi fece infuriare ancora peggio.
«Pensi sia la tecnica giusta per avvicinarti a Lui?» Pure senza dire il nome sapevo bene di chi parlasse, strinsi il bicchierino di caffè tra le mani rischiando di rovesciarmelo addosso, avvicinandomi.
«Quello che usa ‘’tecniche’’ per avvicinarsi a Enoch sei tu William. Ma lascia che ti dia un consiglio: stai sbagliando direzione.»
«Ne sei sicuro?» Il tono suonava un po’ troppo trionfante per i miei gusti. «Comunque ti voglio confidare una cosa: a Enoch la mia compagnia piace più di quanto pensi.» Lo fissai confusamente senza capire mentre si allontanava da me con quell’andatura arrogante. L’istinto di lanciargli il caffè bollente sulla schiena mi sfrecciò nella mente più e più volte ma evitai. Che aveva voluto dire con quella frase? Decisi che in fondo non volevo saperlo, avevo vent’anni non tredici e andavo all’università non alle medie. Quei comportamenti infantili non dovevano più appartenermi; eppure quella sensazione strisciante di disagio e curiosità non volle abbandonarmi.
 
Tutti parlavano del fine settimana che sarebbe arrivato, io ascoltavo distratto disegnando sul mio quadernino finché una parola non interruppe le mie elucubrazioni mentali: campeggio. Sollevai di scatto il capo fissando i visi che ormai facevano parte della mia quotidianità, Sophia, Friedl, Kevin.. Enoch. A quanto pare qualcuno aveva avuto la brillante pensata di passare due giorni nei boschi. Con gli insetti. Le bestie malefiche e assetate di carne umana. Le ombre e gli scricchiolii.
«Ci divertiremo vedrai.» La voce eccitata di Sophia non riuscì a cambiare la mia espressione sgomenta mentre fissavo lo spigolo del tavolo decidendo se frantumare lì la mia testa.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Luana89