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Autore: VenoM_S    19/03/2019    1 recensioni
La strada era quasi deserta, solo pochi passanti la occupavano, rivestiti di impermeabili scuri. L'uomo la osservava dalle sue finestre scure e senza tende. Sul letto, una valigia di tela, di quelle morbide con due maniglie in pelle e una tracolla di stoffa più scura, apparentemente piena.
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al "COWT" di Lande di Fandom
Settimana: sesta
Missione: M3
Prompt: -
N° parole: 500
 
 
Attesa
 
La strada era quasi deserta, solo pochi passanti la occupavano, rivestiti di impermeabili scuri. L'uomo la osservava dalle sue finestre scure e senza tende. Sul letto, una valigia di tela, di quelle morbide con due maniglie in pelle e una tracolla di stoffa più scura, apparentemente piena. 

Silenzio. 

L'uomo aspettava da quasi due ore ormai. Le luci erano tutte spente, il letto perfettamente in ordine, gli asciugamani ancora piegati sulle lenzuola. Persino il dolcetto sul cuscino, timido sfoggio di classe in un alberghetto di periferia, era ancora lì. L'uomo aspettava una macchina, la più anonima possibile. Non accese mai la luce durante l'attesa, non avrebbe lasciato tracce in quel piccolo albergo. 

Invisibile. 

Aveva i suoi motivi, effettivamente. Tirò fuori il portafoglio da una tasca dei jeans, lo aprì e guardò la carta d'identità nella custodia trasparente:

Mark Remming
Occhi verdi, capelli neri, Americano, 32 anni. 

Sorrise della sua fantasia; ogni volta, prima di partire, guardava quei documenti perfetti e cercava di ricordare come fosse, realmente, quando tutta la sua vita prese quella strana eppur eccitante piega. Non ricordava quasi più il suo originale colore di capelli, tante volte li aveva tinti, e quasi non avrebbe ricordato il suo vero nome, tanti ne aveva cambiati. Ma un nome è difficile da dimenticare, un nome come il suo poi. Killian. Forse per questo amava darsi nomi tremendamente comuni durante il lavoro.

Lavoro.

Pensando a quella parola si girò istintivamente a guardare la borsa morbida sul letto. All'interno, mezzo milione in gioielli aspettavano di essere venduti, e il ricavato trasferito su un conto non rintracciabile. I grandi furti erano ormai la sua specialità. Era eccitante pianificare, studiare la vita dei proprietari di gioielli, entrare a far parte della loro quotidianità per poi prender loro tutto. 

Due ore e trenta.

La macchina non aveva mai tardato tanto. Ogni volta che udiva una sirena in lontananza si spostava nell'ombra, aspettava due minuti, non respirava quasi. Stava diventando davvero troppo tardi. Il cielo andava schiarendosi man mano che i minuti passavano, una timida luce azzurrina colorava lo sfondo oltre i palazzi ancora bui.
Rumore di un motore, prima lontano, che si avvicina senza troppa fretta. È la macchina, finalmente. Un veicolo nero, né lucido né troppo sporco, di una marca comune, non troppo costosa, svoltò l'angolo e si posteggiò poco più avanti dell'entrata dell'albergo. Prima di fermarsi, accese e spense gli abbaglianti una volta. Era così che si faceva riconoscere da Killian.

Dovette fare tutto più in fretta del solito, mise la giacca di pelle marrone mentre prendeva la borsa dal letto, chiuse la porta a chiave e scese le scale velocemente. Fortunatamente alla reception non c'era nessuno, probabilmente il proprietario sonnecchiava nella stanza lì di fianco. Killian girò dietro il bancone e appese le chiavi accanto alle altre, poi uscì in strada. Ormai la luce stava spandendosi sempre più in fretta. Salì in macchina e bofonchiò qualcosa sul non arrivare mai in ritardo, poi controllò l'orologio: erano le 6:30.

«Sbrighiamoci, abbiamo un volo da prendere» 
  
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