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Autore: VenoM_S    19/03/2019    1 recensioni
[Se appoggio l'orecchio al terreno posso percepirli, centinaia di tamburi in divenire, zoccoli che battono sull'erba, sui sassi, nell'acqua.]
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al "COWT" di Lande di Fandom
Settimana: sesta
Missione: M3
Prompt: -
N° parole: 500
Running Wild

Brevi boati a susseguirsi. 

La prateria sboccia insieme alla primavera, l'erba s'infoltisce, corolle ad aprirsi ovunque. Il cielo d'un blu quasi irreale si specchia nel fiume che scorre veloce, ingrossato dalla neve che si scioglie più in alto.
Se appoggio l'orecchio al terreno posso percepirli, centinaia di tamburi in divenire, zoccoli che battono sull'erba, sui sassi, nell'acqua. 
Due leprotti indispettiti saltano fuori da un ciuffo d'erba e scappano, tre sassolini saltellano sul posto. 

Ora si sente bene, come un tuono che rimbomba nella prateria, corsa sfrenata verso l'acqua, verso l'erba appena spuntata. 
Nitriti scocciati, impazienti, il passo aumenta in dirittura d'arrivo.

Posso vederli, le criniere distendese al vento, i muscoli tesi, sodi, possenti spingono il galoppo, i mantelli dei colori più disparati: roano, isabella, baio, sauro e morello, alcuni pezzati in disegni astratti e bicromatici, meraviglie di cui solo la Natura resta capace.
Circa venti, selvaggi ed eleganti come solo i Mustang sanno essere, le narici allargate ad accogliere tutta l'aria possibile, spinta poi fuori in grandi sbuffi.
I puledri corrono intorno alle madri, esibendosi in saltelli e sgroppate, rincorrendosi e chiamandosi con le loro acute e stridule voci. 

D'improvviso curvano verso di me, lungo il fiume, rallentando man mano fino a fermarsi in un'ampia radura.
Continuo ad osservarli fra i rami intrecciati di alcuni cespugli, cercando di non fare troppo baccano. Il cinturino della macchina fotografica si impiglia, ricordandomi che non è per guardare che sono qui. 

Avrò fatto qualche passo e poche foto, forse ho urtato qualche ciottolo o forse l’obiettivo aveva un che di minaccioso. Lo stallone a guida del branco esce dal gruppo e viene avanti fissandomi e sbuffando. 
Enorme, il mantello lucido color bronzo, la criniera e la coda nere e foltissime.
Rimango immobile ma lui non si ferma, anzi aumenta dal passo ad un trotto deciso, il collo incurvato. So quanto può essere pericolosa una situazione del genere ma non riesco a muovermi, stringo spasmodicamente la macchinetta fra le mani.

Si ferma di colpo a nemmeno un metro da me, raspando con uno zoccolo il fine terriccio della prateria mentre il resto del branco, incuriosito, osserva.
Lascio cadere la macchinetta ed alzo piano le mani, sussurrando terrorizzata un banalissimo «ciao bello, tranquillo, non ti farò del male»
Per tutta risposta ricevo un'imponente impennata, gli anteriori calciano l'aria a poca distanza dal mio viso. Cado all'indietro con un grido strozzato ed il cuore che minaccia di scoppiarmi nel petto, continuando a fissarlo pregando che se ne vada. 

Poggiate le zampe a terra, con cautela si sporge per annusare la macchinetta, dandole poi un colpetto con il naso; mi rivolge a quel punto uno degli sguardi più profondi che abbia mai sostenuto. 
Dandomi poi le spalle raggiunge galoppando il suo branco, che veloce riparte insieme a lui.
Riprendono i tamburi, si deve cercare un posto più sicuro.

Io, invece, rimango immobile a lungo seduta sul terriccio, a respirare e pensare che non ci si può mai andar leggeri, se chi ti trovi davanti ha un’anima selvaggia.
 
  
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