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Autore: Kia_1981    19/03/2019    2 recensioni
Un pomeriggio sul fiume dagli sviluppi inaspettati.
"Mi spiace. Ero... troppo vicino", si scusò, dandosi dell'idiota perchè, considerando come le stava addosso, troppo vicino era l'eufemismo del secolo. Se si fosse comportato in quel modo solo qualche anno prima, si sarebbe già ritrovato a far compagnia a Dominus Fenaretes. Come cadavere, probabilmente.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Julian Lord, Megan Linnet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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Megan sbadigliò. Si ricordò di coprire la bocca con un lieve ritardo e il gesto suscitò una risatina nel suo accompagnatore. Lo fulminò con un'occhiataccia, prima di distogliere lo sguardo e fingere di concentrarsi sul paesaggio: aveva proprio bisogno di una tregua, di rilassarsi un po' dopo tutte le ore che stava passando a studiare per prepararsi per la laurea imminente. La sera precedente, oltretutto, era stata invitata a cena alla Reggenza di Aldenor e, purtroppo, era presente anche il molesto figlio dell'ambasciatore che le era stato addosso per tutto il tempo, facendola tornare in collegio con i nervi a fior di pelle. 

"Come mai così arrabbiata?"

Strano che ci avesse messo tanto a domandarglielo. Avrebbe dovuto dirgli che non erano affari suoi.

"Il figlio del vostro ambasciatore è un emerito imbecille, Lord", rispose in tono piatto.

"Questo lo sapevo già", replicò lui ridendo. Si piegò verso di lei e affondò i remi in acqua. La barca scivolò agile sul fiume tranquillo. L'aria era piacevolmente tiepida   e Megan si disse che quella gita, in fondo, non era stata un'idea tanto assurda, anche se improvvisata. 

"Allora, dove stiamo andando?", gli chiese socchiudendo gli occhi e sollevando il viso verso il tepore del sole.

"A te proprio non piacciono le sorprese, vero?"

Julian la guardava incantato, cercando di mandare a memoria ogni minimo particolare dell'espressione che aveva in quel momento, per poterla ritrarre più tardi. 

"Non sempre", ammise Megan. Tornò a fissare il volto sorridente di Julian, si soffermò con lo sguardo sulle sue labbra per un lungo momento e cercò di non pensare al bacio che le aveva dato tanto tempo prima. Quella sì che era stata una sorpresa, e ancora più sorprendente per lei, era stato rendersi conto di averlo trovato piacevole. 

"Siamo arrivati", avvertì Julian. Saltò giù dalla barca tirandola in secco, prese il cesto per il pic-nic e lo poggiò sul prato, quindi tese la mano a Megan per aiutarla a scendere.

"Faccio da sola", protestò decisa la giovane. Indossò il cappello, raccolse la pesante borsa con i libri che aveva portato per studiare e cercò di raccogliere le gonne ingombranti. Non le ci volle molto per rendersi conto che scendere da quella barca sarebbe stato più complicato del previsto.

"Va bene, come non detto", ammise sconfitta. Tese a Julian i libri e accettò la mano che le porgeva.

"Non sono troppi, questi libri?", le domandò soppesando la borsa.

"Sono venuta per studiare in pace. Non è quello che mi hai proposto tu stesso? Un posto tranquillo per mangiare qualcosa e studiare senza essere disturbati. Se  non sbaglio sono state le tue esatte parole"

"Non sbagli", confermò Julian che stava fantasticando sul genere di studio per cui le avrebbe volentieri fatto da cavia. Si era accorto di come lo stava fissando, sulla barca, e non poteva fare a meno di domandarsi se lei ripensasse mai alla notte in cui l'aveva baciata per errore. E adesso, cosa provava? 

Si assicurò che la barca fosse a posto, si caricò del cesto e dei libri e indicò a Megan uno spiazzo erboso sotto un salice, dove aveva intenzione di apparecchiare. 

"Vieni qui spesso?", domandò Megan guardandosi attorno mentre Julian preparava il pic-nic. L'angolo che aveva scelto era deliziosamente tranquillo e appartato, probabile che ci andasse di frequente in dolce compagnia. Quel pensiero le strappò una smorfia infastidita.

"Non tanto quanto vorrei", rispose il giovane, concentrato a preparare tutto nel migliore dei modi. Aveva portato con sè anche il blocco da disegno, nascondendolo sul fondo del cesto per il pranzo e sperava di riuscire a fare qualche schizzo di Megan in quell'angolo di paradiso in cui l'aveva portata. Forse poteva essere il momento buono per dirle la verità. O forse no, perchè lei avrebbe potuto sentirsi in trappola lì, in mezzo al fiume, senza avere la possibilità di allontanarsi se ne avesse sentito il bisogno. Non si era mai sentito tanto in difficoltà.

"E cosa fai quando vieni qui?"

Julian la osservò. Megan gli voltava le spalle, quindi si sentì libero di ridacchiare prima di darle una risposta.

"Non porto qui le mie conquiste, come le hai chiamate tu una volta, se è quello che vuoi sapere"

"Non mi interessa affatto chi porti qui!", replicò stizzita Megan, voltandosi per fronteggiarlo. 

Come al solito si trovò davanti il suo sorriso disarmante e uno sguardo che sembrava in grado di scorgere qualunque segreto o mezza verità che volesse nascondergli. Notò che aveva finito di preparare e si era messo comodo: i primi bottoni della camicia erano slacciati e guardando le maniche arrotolate che gli lasciavano scoperti gli avambracci, non potè fare a meno di ricordare la notte in cui quelle braccia l'avevano tenuta stretta e fatta sentire al sicuro. Accantonò le sensazioni che cercavano di farsi strada dentro di lei e si sedette a mangiare. Julian aveva procurato un pranzo freddo che Megan trovò molto soddisfacente. Per deviare il discorso da argomenti potenzialmente imbarazzanti per lei, Megan gli aveva chiesto dello stato delle contusioni che aveva riportato dopo l'incidente con le vespe di poche settimane prima.

"Quasi del tutto guarite!", la rassicurò Julian illuminandosi. "Vuoi controllare tu stessa?", le propose con un sorriso letale.

Per un momento, ma solo per un momento, Megan fu tentata di dirgli di sì. Vuotò in un sorso il bicchiere di vino che aveva davanti e ricambiò il sorriso.

"Ti credo sulla parola", scandì beffarda, poi si alzò dirigendosi verso la riva del fiume. Era seccata: come si permetteva Julian di farle una domanda del genere? Diceva di amare una donna e osava fare l'idiota con lei. Come si poteva prenderlo sul serio? Raccolse alcuni sassi e cominciò a lanciarli nel fiume, come se con quel gesto potesse scagliare lontano anche tutta la confusione che non le dava tregua. Il gesto ripetitivo e il silenzio di Julian (che sembrava aver deciso che tacere fosse la scelta più saggia) riuscirono a calmarla al punto da cominciare a trovare divertente quel passatempo infantile. Quando raccolse un sasso piatto, decise di farlo saltare sull'acqua. Non aveva mai provato e non aveva assolutamente idea di come si facesse, quindi il primo tentativo fallì miseramente. Cercò altri sassi piatti e provò di nuovo diverse volte senza riuscire nemmeno a capire dove fosse l'errore. Aveva deciso di provare un'ultima volta quando si sentì afferrare la mano.

"Non ci riuscirai mai in quel modo"

Alle sue spalle Julian l'aveva bloccata un istante prima del lancio. Le aveva circondato il polso con una stretta delicata, le aveva sistemato il sasso tra le dita e lei, frastornata da quella vicinanza, l'aveva lasciato fare. Le stava anche spiegando la dinamica del lancio perfetto, ma Megan non riusciva ad afferrare che poche parole, il resto era tutto coperto dal battito accelerato del suo cuore.

"Rilassati, è una questione di polso", stava dicendo Julian. Si chinò verso di lei e, appoggiandole una mano sul fianco, continuò la sua spiegazione guidandola nel movimento. "Ruota un po' il busto e accompagna..."

La sua voce era una carezza vicino all'orecchio e Megan fu improvvisamente consapevole di tutti i numerosi punti di contatto fra i loro corpi, del calore delle dita di Julian intorno al suo polso destro che sprigionavano un formicolio che, dal braccio teso, scendeva ad annidarsi nello stomaco. Le sembrava che reggersi in piedi stesse diventando un'impresa ardua; avrebbe voluto lasciarsi andare e farsi sostenere da lui. Il pensiero la fece avvampare.

"Lord...", sentire la propria voce ridotta a un sussurro incerto la riportò in sè. Chiuse gli occhi e inspirò a fondo, riprendendo il controllo di se stessa. Sollevò appena la testa e si rese conto che le loro labbra erano pericolosamente vicine.

"Lord", ripetè in tono più deciso. 

Julian si riscosse. Si rese conto di aver esagerato e si scostò a malincuore.

"Mi spiace. Ero... troppo vicino", si scusò, dandosi dell'idiota perchè, considerando come le stava addosso, troppo vicino era l'eufemismo del secolo. Se si fosse comportato in quel modo solo qualche anno prima, si sarebbe già ritrovato a far compagnia a Dominus Fenaretes. Come cadavere, probabilmente. 

Fece un passo indietro, raccolse un sasso, lo lanciò a pelo dell'acqua con abilità e rimase a guardarlo mentre si allontanava rimbalzando. Era consapevole della presenza di Megan, immobile alle sue spalle. Gli era sembrata piuttosto scossa, quindi decise di tornare a sedersi sotto il salice per lasciarle il tempo di ricomporsi.

Rimase a guardarla mentre riprovava a lanciare senza troppa convinzione. Al terzo tentativo il sasso rimbalzò quattro o cinque volte prima di affondare e Megan lanciò in aria il pugno in segno di vittoria. Julian rise e applaudì mentre Megan si voltava ridendo verso di lui.   

 "Perchè finisco sempre con il fare cose tanto puerili, quando ci sei di mezzo tu?"

Julian si strinse nelle spalle. Che fosse la loro differenza di età a frenarla? Sperava proprio di no. Intanto la dottoressa era tornata a sedersi sulla coperta che avevano steso per il pic-nic, aveva preso uno dei suoi libri e si era messa a studiare. Decise di fare altrettanto e per un po' rimasero concentrati in quel modo. Il rumore rilassante del fiume, il tepore del sole e il pranzo consumato da poco ben presto fecero effetto e Julian si ritrovò con la testa ciondolante, vittima di un improvviso colpo di sonno. Era in preda a una specie di dormiveglia quando Megan gli rivolse una domanda che lo sorprese.

"Le hai già parlato?" 

Gli ci volle un momento per raccogliere le idee.

"Non proprio", ammise.

"Che razza di risposta è?", replicò lei.

"E tu perchè continui a fare queste domande così personali?", la stuzzicò. "Cosa vi succede, Milady, sentite forse la primavera?"

"E va bene, lasciamo stare", sbottò stizzita. "Fai finta che non ti abbia domandato niente"

La giovane maledisse quel momento di debolezza. Cosa le era saltato in mente? Si stava rendendo ridicola, ed era l'ultima cosa che voleva.

"In realtà ci ho provato, in più di un'occasione. Temo però di non avere mai avuto la possibilità di essere sufficientemente esplicito. Ho l'impressione che lei non voglia sentir parlare dell'argomento"

Megan azzardò un'occhiata verso il ragazzo, sorpresa dal tono grave con cui aveva parlato. Era sdraiato, con il libro aperto appoggiato sul petto e lo sguardo perso nel cielo che si intravedeva tra i rami del salice coperti di germogli. 

"E se mi rendessi conto che le cose sono cambiate, che lei potrebbe ricambiare i miei sentimenti, come potrei farmi avanti?", proseguì spostando lo sguardo su Megan.

"Non chiederlo a me!", lo interruppe allarmata. "Io non ho assolutamente esperienza in queste faccende"

"Riflettevo ad alta voce", la rassicurò Julian. "Credo che in questo campo sia meglio non chiedere consigli"

"E sarebbe saggio anche evitare di prendere qualcuno da esempio", aggiunse Megan.   

"Lady Linnett, non avrei molti esempi a cui ispirarmi: il principe Axel e lady Eloise hanno condiviso la vita fin dal primo momento e quando la loro relazione è diventata un po' tesa, ne ho fatto le spese anche io..."

Megan sogghignò al pensiero dei mesi di punizione che Eloise gli aveva rifilato per averle spiato, per conto di Axel, la corrispondenza.

"Poi ci sono Morgan e Lara..."

La dottoressa alzò gli occhi al cielo: non c'era bisogno di aggiungere altro, perchè solo un pazzo o un disperato avrebbe seguito l'esempio di Morgan per corteggiare una donna. Una donna dotata di un cervello perfettamente funzionante, almeno.

"Tra Emily e Ross, se non sbaglio, è stata lei a prendere l'iniziativa"

"In effetti, Lord, messa così sembra proprio che tu non abbia molti esempi da poter seguire", intervenne Megan divertita. "E cosa mi dici di Gabriel e Sophia?"

Julian si passò una mano sul volto.

"Dico che preferisco non pensare a quello che fanno loro due insieme. Preferisco non pensarci affatto"

Megan scoppiò a ridere, poco dopo anche Julian si unì a lei.

"Potrei fare delle prove!"

Esclamò, folgorato all'improvviso da un'idea folle. 

"Prove? Che assurdità!" 

Colta alla sprovvista e temendo di aver capito le intenzioni di Julian, Megan cercò di mettere una certa distanza dal giovane. Non voleva starsene buona e tranquilla a sentire le dichiarazioni d'amore che avrebbe fatto a un'altra donna. Si guardò intorno e decise di andare a sedersi su un albero tagliato, dandogli le spalle, ma Julian sembrava non aver recepito il messaggio perchè l'aveva seguita e le si era piazzato davanti.

"Ti prego!"

Si mise in ginocchio, rivolgendole uno sguardo supplichevole.

"Anche Lord, il mio gatto, mi guarda in quel modo, quando vuole qualcosa", commentò ironica, alzando gli occhi al cielo per il gesto plateale del giovane.

"E penso che Eloise abbia ragione quando ti suggerisce di prendere in considerazione la Corporazione dei Teatranti"

Julian rise di cuore, divertito dal paragone.

"Quindi accetti?" 

Megan non sapeva come interpretare l'espressione di Lord in quel momento: c'era qualcosa, nel suo sguardo, qualcosa di cui non si era mai accorta e che le fece venire voglia di trattenere il respiro. Incrociò le braccia, contrariata dal disagio che sentiva crescere inesorabile.

"E va bene!", sbottò infine convinta che, se non si fosse arresa, lui avrebbe continuato a insistere fino allo sfinimento. "Ti aiuterò, ma a una condizione"

"Qualunque cosa!", esclamò Julian, scattando in piedi entusiasta.

"Ti darò una sola occasione, quindi scegli bene le parole. Una sola possibilità è tutto quello che potresti avere anche con lei"
Megan era certa che non avrebbe potuto sopportare di più. Si stava già pentendo di aver accettato e non aveva alcuna intenzione di rendergli l'impresa facile.

"Grazie. Mi concedi più di quanto osassi sperare", stava dicendo Julian, di nuovo in ginocchio ai suoi piedi. Le aveva anche preso una mano fra le sue, accennando un baciamano che le mandò in subbuglio lo stomaco. 

"Hai intenzione di rimanere in ginocchio?", boccheggiò Megan, ritirando la mano e nascondendola in grembo.

"Credo che di solito si faccia così", Julian riuscì a mascherare con un sorriso il lieve disappunto provocato da quella improvvisa ritirata.

Aveva messo in conto una possibile resistenza, ma non immaginava di doverla affrontare ancora prima di aver cominciato.  

"Troppo melodrammatico", sentenziò Megan.

"Stai sabotando la mia prova", le fece notare.

"Magari lei potrebbe reagire così. Potrebbe sentirsi a disagio, infastidita...", si giustificò la giovane.

"Va bene, va bene. Ho afferrato il concetto. Ammetto che, per quanto improbabile, potrebbe anche succedere"

Julian si alzò, pensieroso, fece qualche passo per schiarirsi le idee, quindi tornò da Megan.

"Milady, vi devo parlare", esordì serio.

"A che proposito, Lord?"

"A proposito di una questione molto importante di cui vorrei farvi partecipe da tempo"

Julian si rese conto di non essersi mai sentito tanto in difficoltà. All'improvviso aveva l'impressione di non essere in grado di mettere insieme una frase coerente, non riusciva a concentrarsi, nè a pensare con lucidità. Come se non bastasse, Megan stava anche ridacchiando.

"Megan, ti prego! Sii seria", protestò sull'orlo dell'esasperazione.

"Perdonami, Jules, ma faccio davvero fatica a prenderti sul serio"

Julian sospirò e si passò una mano sul volto. Doveva controllarsi, rimanere tranquillo. Una simile occasione avrebbe potuto non ripresentarsi più e non doveva lasciarsela sfuggire. Inspirò a fondo e provò di nuovo.

"La prima volta che vi ho vista..."

"Andiamo! Ti credevo più originale!", lo punzecchiò Megan. "E spero che una frase del genere non rievochi in lei l'immagine di una matricola sprovveduta che si è messa in grossi guai infrangendo un divieto"

"Insomma, non mi lasci nemmeno il tempo di parlare!"

Punto sul vivo, Julian si allontanò di nuovo. Stava andando male, molto male, ma non voleva ancora arrendersi. Doveva farsi ascoltare, ma Megan sembrava sempre più ostile. Che bisogno c'era di rivangare quella vecchia storia della notte di Ognissanti?

"Senti, Lord, se davvero vuoi un aiuto per questo genere di cose, ti stai rivolgendo alla persona sbagliata. Non sono una donna sentimentale e non ho mai ricevuto una dichiarazione che si possa definire tale. O, se anche fosse successo, non ero interessata, quindi non avrò prestato minimamente attenzione. Quindi, Jules, fai un favore a te stesso e parla al più presto con questa tua straordinaria creatura senza fare altre prove"

Julian camminava avanti e indietro come un animale in gabbia. A Megan un po' era dispiaciuto farlo innervosire tanto, ma, d'altro canto, era sicura di non poter sopportare di sentirgli pronunciare dichiarazioni d'amore che avrebbe poi ripetuto a un'altra donna. Stava cominciando a capire perchè Lara avesse respinto Morgan tanto a lungo. Non aggiunse altro, accontentandosi di osservarlo mentre si passava le mani fra i capelli, teso come una corda di violino. Per un momento, con sua grande sorpresa, si trovò a desiderare di poterglieli scompigliare lei stessa, i capelli. Si stava rimproverando per quel pensiero assurdo quando Julian si voltò improvvisamente verso di lei, con dipinta in volto una determinazione che la fece preoccupare.

"Hai ragione. Non sei come le altre donne, e ora capisco di avere fatto tanti, troppi errori con te"

Era tornato a inginocchiarsi di fronte a lei, prendendole nuovamente una mano. Questa volta, però, Megan non si ritrasse e, rapita, non riuscì a distogliere lo sguardo da quello del Cavaliere. 

"Da troppo tempo ho bisogno di dirti quello che provo per te ogni volta che ti guardo fin dal nostro primo, imbarazzante incontro"  

Megan accolse quella dichiarazione con sorpresa, domandandosi in quale genere di situazione potesse essersi trovato Julian con la sua misteriosa innamorata.     

"Da allora non c'è stato giorno in cui non abbia sperato - o meglio cercato - di incontrarti, nè notte in cui mi sia addormentato senza prima domandarmi se sarei stato tanto fortunato da sognarti"

La dottoressa si mosse a disagio, ripensando alle rare volte in cui le era capitato di sognare Julian: si era svegliata sempre piuttosto accaldata e non voleva nemmeno immaginare in che condizioni si potesse trovare un uomo in una situazione analoga. Soprattutto la infastidiva pensare a Julian che faceva sogni simili riguardo qualcuna che non fosse lei. Aprì la bocca per protestare, ma lui la fermò, sfiorandole le labbra con un dito.

"Aspetta, ti prego, lasciami finire"

L'urgenza della richiesta non le avrebbe impedito di esprimersi se non fosse stata accompagnata dal quel contatto lieve, che le aveva ricordato il primo e unico bacio che avesse mai ricevuto. Da lui stesso. La dottoressa, turbata, chiuse gli occhi.

"Megan, guardami"

Aveva sentito il tocco della sua mano sul proprio volto, una carezza leggera che l'aveva spinta a riaprire gli occhi.

"Per favore, Megan"

Lei respirava a malapena. Non riusciva a reagire, non riusciva a capire come avesse potuto ridursi così e non si spiegava come mai lui non si rendesse conto di quanto la stesse mettendo in difficoltà. Julian era sempre così attento, come mai non aveva capito che era cambiato tutto, per lei? Forse perchè ormai i suoi pensieri erano tutti rivolti all'altra. 

"Io ti amo", proseguì Julian stringendole le mani. "Ti amo e vorrei potertelo ripetere ogni giorno, per il resto della mia vita"

Megan boccheggiò. Quelle ultime parole le avevano procurato l'attacco di nausea più forte che avesse mai provato. Julian la stava guardando, sembrava in attesa di una risposta. Megan cercò di ricomporsi, per non rischiare di dire qualcosa di cui avrebbe potuto pentirsi.  

"Lord", esordì in tono sommesso appena fu abbastanza sicura di riuscire a parlare senza che le tremasse la voce. "Lord, avevo detto niente più prove"

Lui si ritrasse sbigottito. In un attimo fu in piedi e indietreggiò di un paio di passi.

"Niente più prove?", ripetè. Non riusciva a credere che Megan avesse frainteso di nuovo: la stava guardando negli occhi, l'aveva chiamata per nome. Per ben due volte. Sorrise amareggiato, pensando al vecchio detto: non c'è peggior sordo...

Julian tornò a sedersi sotto il salice, indispettito. Prese il libro che aveva portato per studiare, lo aprì a caso e si distese su un fianco, voltando le spalle a Megan. Doveva essere un incubo, non c'erano altre spiegazioni. Le aveva appena fatto una esplicita dichiarazione d'amore, dopo aver aspettato per mesi il momento più adatto... e lei? Lei non lo stava nemmeno ascoltando! Si sentì improvvisamente esausto: i troppi impegni, qualche notte insonne e la tensione che aveva accumulato dal momento in cui aveva cominciato a esprimere i suoi sentimenti, cominciarono a gravargli addosso. Nonostante Julian si trovasse in una posizione piuttosto scomoda, la stanchezza e la tensione ebbero la meglio e lui si addormentò senza nemmeno rendersene conto.  

Megan era rimasta seduta al suo posto, respirando appena. Stare ad ascoltare Lord era stato destabilizzante, aveva fatto vacillare le sue convinzioni. Aveva passato anni tranquilli senza prendere nemmeno in considerazione la possibilità di poter provare qualcosa per un uomo. Aveva rifiutato, senza pentirsene, regali di ogni genere da parte di ammiratori più o meno insistenti. Aveva inflitto punizioni memorabili a chi era stato tanto stupido da tentare di infilarsi sotto le sue gonne. Non se ne era mai pentita, neppure per un istante. Eppure ora era lì, le mani impegnate a torcere e tormentare le gonne, unico sfogo per alleviare il peso dei dubbi che la stavano assalendo: se avesse ammesso prima che qualcosa stava cambiando, se gli avesse parlato, sarebbe cambiato qualcosa? Forse quella dichiarazione che era stata costretta ad ascoltare avrebbe potuto essere per lei. Ripensò a tutto quello che Julian aveva detto e a come lo aveva detto, rivivendo le immagini che quelle parole le avevano evocato. 

Vorrei potertelo ripetere ogni giorno per il resto della mia vita.

Immaginò come potesse essere svegliarsi la mattina al suono della sua voce, trovarsi davanti il suo sorriso e il suo sguardo carico di promesse. Non le sembrava una brutta prospettiva e il pensiero che un'altra avrebbe potuto vivere un'esperienza del genere era sempre più intollerabile. D'altra parte, non sapeva assolutamente come comportarsi: avrebbe dovuto esporgli i suoi dubbi? Chiedergli di darle una possibilità? Assurdo! Non aveva idea di come dare voce alle sensazioni che provava e non voleva rischiare di mettersi in ridicolo. Oltretutto, non aveva intenzione di sperimentare cosa si provasse ad essere respinta.

Arrischiò un'occhiata veloce in direzione di Julian e lo vide disteso sotto l'albero. Se le stava tenendo il broncio, era un comportamento davvero infantile, e aveva intenzione di dirglielo. Si diresse verso di lui, marciando risoluta. Quando lo ebbe raggiunto, però, si limitò a sederglisi accanto, senza dire una parola. Lui continuava a darle le spalle e non sembrava intenzionato a cominciare una conversazione. Megan non voleva essere la prima a parlare, così rimase in attesa. Strappò qualche filo d'erba, poi dedicò la sua attenzione ai germogli sui rami del salice sopra di loro, pensando che le sarebbe piaciuto tornare lì durante l'estate a godere dell'ombra di quelle fronde. Il silenzio stava diventando intollerabile e Lord non si era ancora mosso, così Megan decise di averne abbastanza. 

"Senti, Jules", scosse la testa, indecisa su come continuare. "Mi costa dirlo, ma hai ragione. Ti ho detto che ti avrei aiutato, invece ho fatto di tutto per metterti in difficoltà"

Sentì una specie di mugolio e con la coda dell'occhio gli vide fare una sorta di cenno di assenso, dondolando la testa. Doveva essersela davvero presa se non si degnava nemmeno di guardarla! Il fatto che lei si fosse comportata in maniera irritante, poco prima, non giustificava quell'atteggiamento. Si morse la lingua, cercando di trattenere le parole che minacciavano di uscire, ma alla fine non riuscì più a trattenersi e parlò tenendo lo sguardo fisso davanti a sè.

"La verità è che non posso starti a sentire mentre provi la dichiarazione d'amore -che non era poi così male, alla fine- che hai intenzione di fare a un'altra donna. E non riesco ad ascoltarti perchè..."

Megan si interruppe all'improvviso, disturbata da un rumore inaspettato. Si voltò verso Julian, che ancora non si era mosso. Si mise carponi e si sporse sopra di lui per avere conferma di quello che le era sembrato di sentire: un russare sommesso.

"Dannazione, Lord!", imprecò ad alta voce, svegliandolo di soprassalto. Per la sorpresa, lui si voltò di scatto e le finì addosso, facendola cadere sopra di sè e averla lì, in quel modo, gli fece passare la stanchezza in un istante. Nel frattempo lei imprecava e brontolava con un certo impegno mentre tentava di rialzarsi. Julian le diede cavallerescamente una mano, ma finirono con il trovarsi in una posizione ancora più imbarazzante, o almeno così sembrò a Megan, quando si ritrovò a guardarlo dritto negli occhi.

"Stavi dormendo", gli disse, con il solo scopo di spezzare il silenzio che era seguito.

"Un momento di stanchezza", si giustificò il giovane, augurandosi che quel momento potesse durare per sempre. "Voi, Milady? Coma mai così... vicina?" 

Voi... Rinunciare alla confidenza che gli aveva accordato, era un modo come un altro per prendere le distanze. Megan ne prese atto e decise che non si sarebbe messa in ridicolo ripetendo quello che aveva cercato di confessargli poco prima.

"Mi è parso ci fosse un'ape che ti girava intorno", mentì sfacciatamente, "Sai, non volevo rischiare di dover prendere la barca e andare a cercare aiuto, lasciandoti qui agonizzante a causa di una puntura" 

Julian si esibì in un sorriso teso. Cercò di convincersi che non potevano esserci api o vespe, tuttavia non potè fare a meno di guardarsi intorno per esserne del tutto sicuro. Megan sogghignò divertita e Julian se ne accorse.

"L'unica ape che vedo qui attorno, mia signora", disse avvicinandosi a lei, "Si trova proprio sul vostro abito"

Megan trattenne il respiro quando Julian posò il dito sulla spilla che le aveva regalato tempo prima. Era così vicino e continuava a sporgersi verso di lei. O forse era lei ad andargli incontro? Non riusciva a capirlo e forse non le importava nemmeno. Forse non avrebbe avuto bisogno di ammettere niente e le cose sarebbero state più facili di quanto pensasse. Sapeva cosa stava per accadere, le sembrava inevitabile e cercò di scacciare il pensiero che lui si comportasse in quel modo perchè era sempre stato poco serio con le donne, preferendo le avventure a un impegno. Cercò di non pensare alla donna a cui lui era quasi pronto a dichiararsi. Cercò di non pensare che lei stessa era stata sul punto di dichiararsi, poco prima. Cercò di non pensare quanto avesse fantasticato su quel bacio che sembrava vibrare nell'aria intorno a loro.

"Senti la primavera, Milady?", sussurrò vicino alle sue labbra.

Non avrebbe saputo cosa rispondere, ma non ebbe nemmeno il tempo di pensarci perchè, con un ronzio assordante, qualcosa sfrecciò nello stretto spazio fra i loro volti. Megan si tirò indietro sorpresa, individuando con facilità il responsabile di quella intempestiva interruzione: un grosso insetto, dalle elitre di un verde blu iridescente, si era posato lì vicino e aveva cominciato a passeggiare indisturbato su un ramo del salice. Riportò l'attenzione su Julian, che stava imprecando pesantemente con la testa tra le mani.

"Scusa, penso di essermi sbagliata. A quanto pare non si trattava di un'ape", cercò di sdrammatizzare Megan che aveva deciso di archiviare quello che era quasi successo. Le imprecazioni di Julian divennero più sommesse, ma non si interruppero.

"Ti senti bene?", domandò la dottoressa afferrandogli un polso.

"Maledizione! Non ho pensato all'albero!"

Non era una risposta alla sua domanda e nemmeno una spiegazione, ma la dottoressa intuì cosa fosse successo: era evidente che il passaggio dell'insetto aveva provocato una reazione simile in entrambi che si erano scostati di colpo. Alle spalle di Julian, però, c'era l'albero e lui doveva averlo colpito con la testa.

"Andiamo, fammi dare un'occhiata", lo invitò Megan, sistemandosi in ginocchio alle sue spalle. 

"Hai un bel bernoccolo", lo informò, scostando con delicatezza i capelli, in cerca di eventuali lacerazioni. "Ma niente di più grave"

A Julian sembrò che l'ispezione di Megan durasse un'eternità, ma gli andava bene così. Amava sentire le sue dita tra i capelli e chiuse gli occhi, abbandonandosi per un momento a una fantasia in cui lei, dalla posizione in cui si trovava, gli cingeva le spalle e si chinava per sussurrargli parole audaci all'orecchio. Lui avrebbe riso, tirandola in grembo e poi...

"Un bacio e passa tutto"

La voce di Megan lo riportò alla realtà.

"Come?" Domandò sbalordito, voltandosi a guardarla. 

Lei si irrigidì.

"Ho detto che servirebbe del ghiaccio per far passare tutto"

"Non abbiamo ghiaccio", replicò Julian.

Megan scrollò le spalle. "Dovrai farti bastare l'acqua fresca del fiume, allora"

Senza scomporsi, la dottoressa si alzò dirigendosi verso la riva. Aveva corso un bel rischio ed era sicura che Julian non avrebbe mai creduto alla storia del ghiaccio, ma era altrettanto certa che l'avrebbe assecondata. Quando gli porse il fazzoletto bagnato, infatti, si limitò a ringraziarla, nonostante le loro dita si fossero sfiorate per un lungo momento.   
Ripresero a studiare finchè l'aria diventò più fresca. Julian si accorse che Megan si stava strofinando le braccia per scaldarsi e le appoggiò la propria giacca sulle spalle.

"Credo sia meglio rientrare", la informò cominciando a raccogliere le loro cose. La giovane assentì e, in silenzio, gli diede una mano. Era così persa nei suoi pensieri, che non si accorse di essere rimasta sola. Con il cesto e i libri pronti ai suoi piedi, si guardò intorno sorpresa.

"Lord?", chiamò, senza ricevere risposta. Sentì un fruscio e si voltò allarmata verso quella direzione. Non aveva niente con cui provare a difendersi ma, mentre apriva bocca con l'intenzione di chiamare di nuovo Julian con tutto il fiato che aveva, se lo vide comparire davanti.

"Maledizione!" Inveì contro di lui. "Ma cosa ti salta in mente? Volevi farmi prendere un colpo?"

Julian era piuttosto divertito, ma tentò, senza successo, di nascondere un sorrisetto.

"Scusa"

Dalla sua espressione non sembrava affatto dispiaciuto e quella constatazione strappò anche a Megan un sorriso esasperato. Prese le sue cose e si diresse verso la barca. Julian la raggiunse e l'aiutò a salire. Appena ebbe preso posto, si rese conto che il ragazzo le aveva appoggiato qualcosa in grembo. Si ritrovò ad ammirare un tulipano scarlatto, appena dischiuso. Lo sfiorò con delicatezza, senza sapere cosa pensare. 

"Ti sei allontanato per questo?", domandò con una sfumatura emozionata nella voce.

Julian spinse la barca in acqua, prese posto e cominciò a remare.

"In realtà no, ma ti giuro che prima di raccoglierlo e tornare da te mi sono lavato le mani"

"Lord!", esclamò Megan dopo aver interpretato la risposta, sorpresa e sconcertata da tanta franchezza.

"Scusa, sei stata tu a chiedere", ribattè lui con candore. "Era una domanda indiscreta, dovresti apprezzare la mia sincerità"

"E da quando domande indiscrete meritano risposte sincere?"

Julian alzò le spalle e rimasero in silenzio fino all'arrivo. Le ombre che si allungavano sulle strade indicavano che il pomeriggio era finito. Julian stava cercando una carrozza che la riportasse in collegio, ma Megan non aveva alcuna voglia di rientrare. Eppure quando il giovane la chiamò e le aprì lo sportello, lei si infilò nella vettura senza esitare. 

"Tra qualche settimana sarà il compleanno di Lady Eloise"

Le parole di Julian la bloccarono. Guardò prima la mano del giovane che teneva stretta la sua mentre la aiutava a salire, poi rivolse l'attenzione su di lui. 

"Lo so. Stanno organizzando qualcosa alla Reggenza, se non sbaglio"

Lui non disse niente, si limitò a sorridere in quel suo modo disarmante.

"Lei ci sarà?", gli chiese provando una stretta ansiosa allo stomaco.

"Può darsi", rispose laconico. "Mi concederai un ballo, questa volta?"

"Può darsi", riuscì a replicare lei prima di chiudere lo sportello. 

Si abbandonò esausta contro il sedile. Solo al suo arrivo in collegio si rese conto di non aver restituito a Julian la sua giacca. 

   
 
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