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Autore: Scarlet Jaeger    20/03/2019    2 recensioni
Dal capitolo 18:
"«Eh sì, io ti conosco bene…angelo sul volto, demone nel cuore!» sorrise, anche se una nuova consapevolezza e una nuova idea iniziò a farsi spazio nel cuore del colpito. Forse fu la disperazione del momento a muovere Kanon. La disperazione fa fare alla gente cose assurde…"
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Gemini Kanon, Nuovo Personaggio
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 21

 

 

 

Kanon non riusciva a credere ai suoi occhi e al fatto che, di fronte a lui, la sua allieva stesse vestendo la Cloth che un tempo era appartenuta a Galatea. Osservare quella ragazza con indosso quelle sacre vestigia era una scena troppo pesante per lui, tanto che non aspettò neanche che Athena finisse di parlare, e durante l'applauso dei presenti si dileguò tra la folla sotto gli occhi sgomenti di Elena e lo sguardo preoccupato di suo fratello.
Aveva ancora di fronte a sé il volto della ragazza amata e l'espressione sempre spensierata che caratterizzava il suo viso. Credeva di essere riuscito a superare almeno in parte il dolore, ma sapeva per certo che non era così. E ciò che era successo con la sua sottoposta sull'Isola di Kanon ne era la prova schiacciante.
Eppure, nonostante sapesse che Ippolita non era Galatea e che neanche potevano essere messe in comparazione, osservare l'argento di quell'armatura lo rendeva inquieto e fin troppo pensieroso.
L'armatura era andata perduta dopo la morte del precedente possessore, eppure si era materializzata per Elena quando ha dato prova della potenza del suo cosmo.
Esattamente come aveva fatto in precedenza.
Probabilmente era una peculiarità di quella Cloth proveniente dai ghiacci siberiani*, e chi più di Elena poteva meritarsela in quell'epoca?
Ma in quel momento al Saint dei Gemelli non interessava. Non interessava “festeggiare” con lei, avere i complimenti da suo fratello per il lavoro svolto sul discusso addestramento della ragazza e non aveva voglia di ascoltare il discorso della sua amata Dea.
Solo. Voleva rimanere solo e questo fece, chiudendosi nelle stanze private della sua casa.
Si distese composto sul letto e rimase a fissare il soffitto in funereo silenzio, mentre nella mente ripercorreva la sua vita in loop, quasi fosse un film, quasi volesse auto infliggersi di nuovo una punizione.

 

 

Intanto, nell'arena, la neo Saint della Corona Boreale era rimasta incredula dalla velocità in cui erano avvenuti gli ultimi risvolti. Era rimasta imbambolata al centro dell'area dove, solo pochi minuti prima aveva gareggiato per la conquista di un'altra armatura, ora indosso alla sua ex avversaria. Non le aveva rivolto che un sorriso sprezzante comunque, nessun complimento. Neanche da parte di Aprhodite, che l'aveva squadrata da testa a piedi con un sorrisetto che trasportava quasi una spiccata dose di asprezza, come se a lui non fosse andato a genio ciò che aveva appena vissuto.
Eppure, in mezzo a quel tripudio di gente che la stava osservando dalle scalinate, compresi Camus, il Grande Sacerdote e la Dea Athena, avrebbe solo voluto essere insieme al suo nuovo maestro. Forse lui avrebbe saputo cosa fare in quel momento, l'avrebbe condotta nella sue stanze, oppure al riparo da tutti quegli sguardi interessati e increduli. Invece lui era stato il primo ad andarsene, senza neanche aspettare che la Dea finisse il suo discorso.
Discorso per giunta, che neanche lei aveva ascoltato. Notò solamente quando fu finito, perché sentì gli applausi di gloria dei presenti, che incitavano le due nuove guerriere del Tempio. Due nuove sacerdotesse che avrebbero dovuto lasciarsi addietro la loro vecchia vita, i loro dissapori e tutto ciò che c'era stato prima dell'investitura.
Ma Elena, nonostante avesse pensato per un attimo di esserci riuscita, in quel momento non ne era più di tanto convinta.
Solamente quando vide tutti i presenti allontanarsi dal luogo riuscì a capire che era tutto finito. Il non avere tutti gli occhi puntati addosso la tranquillizzò subito e riuscì a godersi a pieno il fatto di essere finalmente, dopo tantissimi anni, riuscita a diventare un Saint. Certo, non indossava la fiera armatura d'oro dell'Acquario, ma si sentiva realizzata comunque. Essere riuscita a superare sé stessa, a conquistare l'armatura perduta - anche se ancora doveva capire il perché fosse apparsa proprio a lei - , poter dire finalmente di appartenere ad un posto, di aver trovato una casa e una causa per cui combattere la rendeva fiera, e anche un po' stanca dopo tutto. Non vedeva l'ora di ammirare la Cloth nel suo Pandora Box, seduta sul suo letto e avvolta in un caldo accappatoio dopo una bella doccia rilassante. Era da quando era partita con Kanon pochi giorni prima che non era riuscita a fare una doccia a modo e il suo corpo stanco e sporco dopo il combattimento lo richiedeva. In più aveva intenzione di incontrare il suo maestro il prima possibile, per capire il perché avesse abbandonato così repentinamente l'arena.
Quando finalmente rimase sola, ad ascoltare solamente il fruscio del vento che spostava i piccoli sassolini di pietra bianca del selciato, poté finalmente prendere la via delle dodici case, salendo alla svelta le scalinate della prima e della seconda casa, apparentemente vuote.
Anche la terza lo sembrava, ma si fermò d'improvviso sull'uscio, cercando di captare anche il minimo rumore che le facesse intendere che il suo inquilino fosse realmente in casa. E in quel momento anche la tanto bramata doccia era passata in secondo piano.
Chiuse gli occhi, affinando l'udito, e finalmente riuscì a cogliere una presenza nelle stanze private del Tempio, anche se apparentemente non sembrava essere Kanon.
Incuriosita corse fino alla sua meta, aprendo cautamente la porta, fino a trovarsi di fronte un'ancella intenta a rifare il letto lasciato sfatto dall'uomo chissà quanto tempo prima. In più sembrava giovane, forse appena maggiorenne, vestita con un semplice peplo bianco appartenente alla gerarchia più bassa del luogo.
«Oh, scusatemi, non vi ho sentito entrare», iniziò la ragazza, accennando un inchino come si conveniva ad un Saint. Inoltre, non aspettandosi l'incursione di qualcuno, la povera inserviente era saltata al rumore della porta che si apriva.
«Oh, non preoccuparti. Sto cercando il mio maestro, Kanon», rispose Elena, spostando lo sguardo in tutti gli angoli della stanza.
«Purtroppo non è qua, è uscito ma non ha detto dove fosse diretto», piegò la testa l'ancella con sguardo curioso e la Saint non indugiò oltre. Se Kanon non era nella sua casa non aveva interesse a rimanerci, oltretutto in compagnia della sua ancella...
«Grazie», ringraziò semplicemente, richiudendosi repentinamente la porta alle spalle e ripercorrendo a ritroso la via che aveva appena percorso. Probabilmente era salito fino alla Tredicesima Casa, magari convocato da suo fratello o dalla Dea Athena, ma qualcosa le diceva che invece era proprio uscito dal Tempio.
Tornò al centro dell'arena, cercando di rilassare i sensi chiudendo gli occhi e concentrandosi per cercare il cosmo di Kanon, anche se in quel momento sembrava sparito nel nulla.
O forse troppo lontano per essere intercettato.
Lontano, ma non per i sensi di un'armatura, perché fu proprio la Cloth della Corona Boreale a rifulgere di un bagliore argentato, conducendola fino a quella dei Gemelli, probabilmente indossata in quel momento dal suo maestro.
Decise così di seguire il suo volere.

 

 

°°°°°°°°°°°

 

Il pugno di Saga era arrivato senza che lui se ne accorgesse, proprio mentre era intento a ridere di gusto per il suo oscuro piano. La sua stessa risata ancora risuonava nelle sue orecchie mentre pian piano riprendeva i sensi. Lo aveva accompagnato solo il buio, e la sensazione di oscillazione probabilmente dovuta alla sconveniente posizione.Quando aprì gli occhi si ritrovò seduto su una roccia, bagnato fino al bacino e all'interno di una caverna, chiusa da sbarre. Non seppe dire come ci fosse arrivato, ma tirando le somme doveva avercelo portato suo fratello mentre era svenuto. Non aveva fatto i conti con la parte buona che ancora albergava nel suo cuore. Era sicuro di aver visto un'ombra oscura, ma la bontà del suo animo impediva all'altra di uscire allo scoperto.
Ma c'era, Kanon lo sentiva...e ne gioiva! Non era stato molto attento, aveva abbassato le sue difese per pavoneggiarsi dei suoi subdoli piani, sperando di trascinare nell'oscurità anche lui, ma in fondo era di fronte a un sacro guerriero di Athena, uno dei dodici Saint più forti a disposizione del Tempio. Se non il più forte.
In ogni caso non si perse d'animo Kanon, nonostante oramai non avesse più nessuna via d'uscita. Era stato condannato dal sangue del suo sangue, ma non gliene stava facendo una colpa. Anzi...
Si alzò in piedi appena il suo corpo glielo permise, avvicinandosi alle sbarre della prigione e guardando con espressione sghignazzante il fratello.
Si guardarono negli occhi per un istante e, per un momento riuscì a vedere anche il demone sopito nel cuore del Saint dei Gemelli.
E rise della sventura che stava per capitargli e continuò a farlo, accompagnando con una sonora risata tutta la risalita del Saint sulla scalinata, fino a che non vide l'ultimo pezzo del suo mantello svolazzante svoltare l'angolo, e allora rimase solo con la sua solitudine. Ma anche in quel momento non si perse d'animo.
Continuò per tutto il giorno a stare attaccato alle sbarre di ferro oramai corrose dall'acqua. Avevano un aspetto così vecchio che, per del ferro così arrugginito sarebbe bastato un colpo ben assestato per mandarle in frantumi. Ma Kanon, per quanto ci avesse provato, non era riuscito a incrinare una sola sbarra della prigione.
Così, con un sospiro, si lasciò cullare dall'acqua salata, fino a che l'alta marea non giunse fino al pelo del soffitto di roccia, lasciando all'uomo solo un misero spazio per respirare.
Prendeva fiato e si lasciava cadere a peso morto nell'acqua, lasciandosi tirare giù cullato dalle correnti. Poi risaliva a prendere fiato, e poi di nuovo giù.
Continuò così per tutta la notte, aspettando il giorno per avere la tregua della bassa marea.
Per poi riprendere a lottare tra la vita e la morte la notte seguente.
E via così, per tre giorni*...

 

 

Ed eccolo di nuovo lì, tra le stesse acque che lo avevano tenuto prigioniero circa quindici anni prima, solo che adesso indossava fiero la Gold Cloth dei Gemelli.
L'acqua rifletteva sulla liscia superficie dorata dell'armatura, mentre Kanon sedeva composto sullo stesso spuntone di roccia in cui era finito in passato e osservava il punto in cui aveva fatto crollare la parete e trovato il tridente di Poseidone. Ma non aveva intenzione di tornare in quel Tempio sottomarino, adesso semi distrutto dopo la battaglia.
In realtà non sapeva nemmeno lui perché continuasse a rimanere immobile nel luogo che, più di tutti, avrebbe voluto dimenticare. Avrebbe facilmente dimenticato quella parte della sua vita, nonostante fosse anche grazie ai bagagli di esperienze malvagie che poteva vantarsi di essere il guerriero che era.
Ma c'era sempre quel maledetto passato a tormentarlo e finalmente aveva capito cosa lo tormentasse ancora.
Galatea non c'era più, era morta in battaglia come tanti altri Saint prima di lei. I Saint, purtroppo, muoiono in nome di Athena e della pace, e lei non avrebbe fatto eccezione. Era morta da sacra guerriera d'argento, accanto a uno dei guerrieri più forti del Santuario.
No, non era stata la morte della donna amata a sconvolgerlo così tanto, ma il fatto che fosse morta senza avergli dato spiegazioni. O una risposta. Senza sapere chi avesse scelto tra lui e Camus. Il fatto che fosse morta tra le braccia di lui, e non le sue, perché lui non era un Saint.
Mentre adesso, l'oro dell'armatura che aveva tanto bramato era attanagliato al suo corpo e i suoi occhi verdi potevano vederne i dorati contorni rispecchiarsi nell'acqua nonostante la semi oscurità della caverna e questo lo rendeva fiero. Fiero delle scelte da lui compiute e del percorso fatto come Saint di Gemini. Era riuscito a non rivolgere più di tanto la sua attenzione a Camus, rimanendo fortemente “nascosto” nella sua casa e partecipando alle riunioni nella Tredicesima solo quando era Saga, o Athena, a convocarlo o a convocare l'intera schiera di Saint.
Era riuscito, anche in seguito alla “punizione” infertagli da Milo, a rimettersi sulla retta via, abbandonata molti anni prima.
Eppure, la sua pace interiore era stata scombussolata di nuovo da una donna. Una che, nonostante avesse in quei giorni mentito a suo fratello, somigliava a Galatea più di quanto ci tenesse ad ammettere. Aveva visto in lei la sua stessa forza, il suo stesso temperamento, la sua stessa audacia e la sua stessa testardaggine. Non era tanto l'aspetto fisico ad accomunarle, quanto quel suo carattere autoritario.
E ora, ad accomunarla ancora di più alla donna perduta, c'era la Cloth che tutti, nel Tempio, credevano perduta. Aveva ancora tante domande nel cuore e nessuno che potesse rispondere.
Era tornato nel luogo in cui le sue malefatte avevano avuto inizio per espiare di nuovo delle colpe che credeva di possedere, ma oramai non c'era rimasto più nulla da espiare.
Solo da dimenticare.

 

 

«Kanon!»
Il richiamo di Elena echeggiò in tutto Capo Sounion, compresa la caverna nel quale si era “rintanato” l'uomo. Non era stato difficile per lei trovarlo, grazie al richiamo del suo cosmo e al legame tra allieva e maestro che ogni Saint crea*, anche se lieve. Aveva fatto appello a tutto il suo potere per intercettare quello del custode della terza casa, ma ce l'aveva fatta. E, in fondo, un po' se lo aspettava di trovarlo lì e anche i motivi che potevano avercelo spinto.
In ogni caso attese sullo spiazzo di roccia di fronte all'acqua che lui uscisse dalla semi oscurità della caverna e lo osservò sporgersi con le braccia conserte. Il vento gli smuoveva il mantello oramai fradicio e i capelli rimasti asciutti gli incorniciavano il viso. Le gocce dell'acqua salmastra invece rigavano il perfetto oro dell'armatura, che mandava bagliori dorati tutto attorno a sé.
Lo guardò per un attimo, godendo a pieno di quella visione. Aveva ancora il naso tumefatto, ma oltre quello la bellezza di quell'uomo era tutt'altra cosa rispetto a quella più delicata di Camus, l'unico fino a quel momento che l'avesse mai sconvolta tanto.
Eppure in quel momento, se lui le avesse chiesto di curargli le ferite che il suo cuore ancora portava lei lo avrebbe fatto...e inoltre oramai era certa di essere riuscita, in buona parte, ad aver curato le sue. Il Saint dell'Acquario era solo un ricordo. Meraviglioso, certo, ma solo un ricordo!
«Che ci fai qui?», le rispose lui dopo qualche secondo di silenzio, in cui anche lui aveva approfittato per osservarla. Anche lei aveva ancora i segni evidenti dello scontro avuto sull'Isola di Kanon, ma tutto passava sotto un altro piano di fronte all'armatura d'argento della Corona Boreale. In fondo era proprio quella che Kanon si era fermato ad osservare. Ricordava ogni dettaglio, ogni ornamento e ogni ombra che portava quella secolare Cloth. Rinvenne solamente quando vide la cascata di capelli castani sopra l'argento degli spallacci, così diversi da quelli di Galatea, e gli occhi verdi che lo osservavano con curiosità e ammonizione.
«Potrei farti la stessa domanda...», azzardò Elena, accorciando la distanza tra loro, raggiungendolo fin dentro la prigione e sotto l'espressione di pura disapprovazione di lui.
«Non sono affari tuoi», cercò invano di liquidarla. Non sapeva quanto poteva essere testarda la neo Saint.
«No, infatti, la tua vita non sono affari miei, ma quello che succede a me dovrebbe essere affar tuo. Come avresti dovuto, in qualità di mio maestro, assistere a tutta la mia investitura. Invece ti sei dileguato appena è giunta a me l'armatura che indosso. E poi ti trovo qua, nel posto in cui tutto è iniziato...non è vero?», si impettì portando le braccia conserte al petto, ma lui strinse la mascella cercando però di non mostrarsi colpito dalle sue parole. In fondo era un Gold Saint e non avrebbe voluto che la rabbia riprendesse di nuovo possesso del suo cuore, fino a spingerlo a colpirla come aveva fatto l'ultima volta.
«Avevo bisogno di riflettere, e in ogni caso non devo darti spiegazioni ragazzina...», asserì bruscamente e, per quanto la sua risposta non le fosse andata a genio, Elena rimase impassibile.
«Cosa c'è che ti impedisce di guardarmi?», assottigliò lo sguardo, notando come gli occhi verdi di Kanon vagassero dappertutto tranne che su di lei.
«Assolutamente nulla»
«Il tuo animo è inquieto...», sospirò lei, allentando un po' la rigidità della postura.
«Cosa te lo fa pensare?», le voltò le spalle facendo frusciare il mantello nell'acqua e portandosi fino a toccare con una mano la roccia al limitare della prigione, lisciandola col palmo della mano.
«L'ho sentito. È stato proprio il tuo cosmo, insieme alla mia armatura, a condurmi da te».
«La tua armatura?»
Si voltò di scatto, come se Elena avesse detto qualcosa di increscioso. Inoltre la sua reazione esagerata le fece inarcare un sopracciglio.
«Sì...probabilmente è entrata in risonanza con la tua...», inclinò leggermente la testa di lato, facendosi più inquisitrice in relazione all'espressione quasi sofferente di lui. In ogni caso stava cercando di sembrare serio, ma i leggeri cambi d'espressione non riusciva a nasconderli a degli occhi esperti come quelli di lei. In fondo, aveva passato tutta la vita a sopprimere i suoi di stati d'animo.
«Un caso...», tagliò corto, ma di certo la nuova Saint non demorse.
«Ah, un caso dici?», si portò due dita al mento con fare pensoso e non ci mise molto a fare due più due.
I dissapori con Camus per una donna, una Saint del Tempio, morta in battaglia lasciando molte questioni in sospeso. Lui che aveva così instaurato nel suo cuore l'oscurità in seguito alla disperazione della perdita, e della situazione. La sua armatura che era entrata in contatto con quella d'oro dei Gemelli e lui che non riusciva a guardare la Corona Boreale come avrebbe fatto un qualsiasi essere vivente su quella terra...
A meno che...
«Ma certo...», ridacchiò per essere riuscita ad arrivare alla conclusione, «quella ragazza, la ragazza che Camus e quella missione ti hanno portato via, la donna che hai amato, era la Saint della Corona Boreale, non è vero? È per questo che te ne sei andato prima. Per questo non mi guardi!»
Con un accenno di cosmo, Elena fa volare via la sua armatura, fino al Tredicesimo Tempio, in modo che non ci fossero ostacoli e distrazioni tra loro e per un momento le sembrò che Kanon avesse gradito il gesto.
Solo in quel momento si accorse di avere finalmente i suoi occhi incollati addosso, che osservavano con fare intimidatorio i suoi. Ma lei non aveva paura, era inoltre preparata a tutto, anche a una nuova disputa con il suo maestro. Ma l'uomo, per fortuna, non ne sembrava intenzionato.
Si osservarono per qualche minuto, in silenzio, rotto solamente dallo scrosciare delle onde sulla superficie rocciosa.
Fu Elena la prima a riprendere in mano la situazione, eliminando definitivamente la distanza che c'era tra loro. E inoltre lui, a differenza di quel che aveva pensato lei, non era minimamente arretrato.
Arrivò a pochi centimetri di distanza da lui e alzò leggermente la testa per guardarlo negli occhi. Era troppo alto per lei per poterlo guardare da pari a pari, ma non le stava importando. Non erano in un combattimento e poteva anche permettersi di restare “sottomessa” dall'altezza dell'uomo.
Poggiò solamente il palmo della mano destra sulla parte sinistra del pettorale dorato, all'altezza del cuore, che in ogni caso, per via dello spessore di quell'oro, non riusciva a captare. Ma sentiva il suo cosmo in subbuglio e le bastò solo questo per capire il suo stato d'animo.
«Sei stato un maestro impeccabile...hai saputo insegnarmi lo spirito di un Saint. Ho capito che dovevo pensare solo a me stessa e alla mia vita, cancellare Camus e ogni distrazione dal mio cuore, anche se abbiamo passato poco tempo sull'isola. Devo la mia investitura anche al mio vecchio maestro comunque...», iniziò lei, con voce lieve, addolcendo un po' il tono. Non era tempo di portare altri rancori.
«Eppure Kanon, i tuoi stessi insegnamenti non sei riuscito a seguirli tu stesso...», concluse, vedendolo alzare gli occhi al cielo con un grugnito.
«Tzè, anche tu ti ci metti a ribadire concetti già espressi da altre persone?», ribatté lui, leggermente sprezzante, ricordando le varie discussioni avute con suo fratello tra la terza casa e il tredicesimo Tempio, dimora del Grande Sacerdote.
«No, non mi voglio intromettere nel tuo passato. Come mi hai insegnato tu: il passato è passato, no? Per quanto fa male dovrebbe rimanere tale, anche se capisco quanto non sia facile, io ne sono la prova vivente...», rise amaramente e l'uomo si ritrovò a darle ragione con un piccolo sorrisetto divertito. «Prima di riuscire a riprendere in mano la mia vita, diventare quello per cui mi sono sempre formata, ho fatto passare troppi anni e dissapori. Come te. Eppure, forse, il nostro legame non è arrivato per caso. Il fatto che mi sia stato assegnato tu come maestro, forse fa parte di un destino alla quale non siamo a conoscenza...», fece spallucce Elena, ma Kanon rialzò gli occhi al cielo stringendo i pugni.
«O forse è colpa di un fratello fin troppo impiccione...», grugnì sottovoce. Ma in fondo Saga aveva cercato di redimere i suoi sbagli nella sua nuova vita, quella come guida del Tempio, cercando di essere per Kanon la figura del gemello amorevole che non era stato ai tempi. Anche l'Ex Gemelli, con suo dispiacere, aveva passato troppo tempo a pensare a sé stesso.
«E quindi cosa vorresti che faccia? Che mi dimentichi di tutto da un momento all'altro, quando non ci sono riuscito nemmeno passando al lato oscuro? Che magari guardi un'altra donna come guardavo lei? Sono un Saint ormai, un uomo a difesa della giustizia, un uomo che potrebbe morire in battaglia da un giorno all'altro. Non ho tempo per altri sentimentalismi. Il legame che c'era tra me e Galatea andava oltre l'amore...era un legame creato nel tempo, quando non ero ancora un Saint, quando ero ancora giovane e inesperto. Un legame fatto di fiducia reciproca...»
«Fiducia che lei ha distrutto...»
Le parole di Elena risuonarono brusche ma in ogni caso veritiere, e lo sapeva anche lui. Sentirsele dire dalla sua allieva invece non gli andò molto giù, ma non disse nulla. Sospirò leggermente, lasciando cadere di nuovo la conversazione.
Inoltre sentiva ancora il palmo della sua mano che aveva scaldato il freddo pettorale dorato della sua Cloth.
«Quindi cosa mi stai chiedendo di fare?», chiese, ma la sua voce uscì roca dalle sue labbra. Labbra che Elena si perse ad osservare.
«Sai come sono riuscita a lasciarmi addietro i sentimenti per Camus, nonostante avrà sempre un posto speciale nel mio cuore? In fondo ci conosciamo dai tempi dell'addestramento, quando era l'unico amico, confidente e conoscente, a parte il mio maestro. Ci davamo manforte nei momenti tristi e nei momenti faticosi. Mi sono auto inflitta punizioni su punizioni, rimanendo in Siberia per anni, dandomi la colpa dei miei insuccessi. Un po' come hai fatto tu. Ma tutto mi è sembrato diverso una volta avuto uno scopo. In fondo quello di diventare un Saint era lo scopo della mia vita, da quando il mio maestro mi prese con sé. Tornare a sperare di diventarlo ha messo in secondo piano tutto il resto. Questo Kanon ti sto chiedendo, in qualità di allieva o amica, o quel che ti pare...trova uno scopo, qualcosa per dimenticare il passato. Non so, una nuova missione, qualcosa che allontani la tua mente dai pensieri. In fondo siamo in un periodo di pace e c'è stato fin troppo tempo per pensare al passato».
«Dammelo tu uno scopo allora...»
Le parole di Kanon le risuonarono all'orecchio come una supplica e non fece altro che sgranare gli occhi dalla sorpresa. Tutto si sarebbe aspettata fuorché quello.
Spostò di nuovo gli occhi in quelli di lui, perdendosi in quelle iridi color smeraldo...così diverse da quelle color ghiaccio di Camus.

Fine capitolo 21

 

 

°°°

 

 

Colei che scrive:

Ma ben trovati in questo capitolo che, in tutta onestà, è stato per me un parto! L'ho scritto, cancellato, riscritto, rimodificato...insomma, una tragedia! Non sono neanche sicura di essere soddisfatta del risultato,questo ultimo periodo è stato talmente pieno che non ho avuto un attimo di pace T.T ma ce l'ho fatta a darvi l'aggiornamento senza far passare mesi U.U sto migliorando! E inoltre siamo entrati nella fase clou della storia (non manca nemmeno troppo alla fine xD). Secondo voi come reagirà Elena? E Kanon che farà? Eheheh, ci sarà un bacio? O forse no?
Mi sento come gli annunciatori dei trailer xD

Chiarisco al volo gli asterischi:

Per quanto riguarda la Cloth della Corona Boreale, ho scritto che proviene dalla Siberia, anche se non ne sono propriamente sicura, ma per esigenze di trama l'ho scritto così.

I giorni passati da Kanon nella prigione di Capo Sounion ricordo fossero tre, ma se ho sbagliato ditemelo pure (non vorrei fare figuracce ma dovrei riguardare gli episodi, perdono!! xD)

Il legame invece tra allievo e maestro me lo sono puramente inventato U.U anche questo per esigenze di trama ehehe ma in fondo, un po' di legami tra gli allievi e i maestri ci sono, dai! Guardare Sirio, Seiya....HYOGA! XD

E va bene, detto questo passo a ringraziare come sempre i recensori, chi ha messo la storia tra le preferite/ricordare/seguite e tutti i lettori silenziosi che sono giunti fin qua e che continuano silenziosamente a seguire la storia!
Un saluto a tutti
alla prossima!!

  
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