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Autore: LysandraBlack    20/03/2019    5 recensioni
Marian è scampata al massacro di Ostagar. Garrett ha assistito alla distruzione di Lothering, mettendo in salvo la loro famiglia appena in tempo. Senza più nulla, gli Hawke partono per Kirkwall alla ricerca di un luogo dove mettere nuove radici. Ma la città delle catene non è un posto ospitale e i fratelli se ne renderanno conto appena arrivati.
Tra complotti, nuovi incontri e bevute all'Impiccato, Garrett e Marian si faranno ben presto un nome che Kirkwall e il Thedas intero non dimenticheranno facilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Anders, Hawke, Isabela, Varric Tethras
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO 11
The Grey Wardens



 

 

Garrett lanciò ad Anders uno sguardo carico di sospetto. «Sei sicuro siano loro?»

Quello si strinse nelle spalle. «Loro, o un altro gruppo di Prole Oscura. Non posso esserne certo, circondati come siamo.»

Varric sbuffò sonoramente. «La prossima volta che mi metto in testa di scendere sottoterra, colpitemi prima che possa fare un'altra stronzata del genere.»

«Non è colpa tua, Varric!» Cercò di consolarlo Merrill, che non mollava per un attimo Carver.

Il ragazzo procedeva con cautela, appoggiato al carrello pieno di ricchezze, il volto terreo e coperto di sudore freddo.

«Dovresti riposarti.» Gli ripetè per l'ennesima volta il fratello, preoccupato.

«Mi rifiuto di incontrare i Custodi come un sacco di patate marce.» Ringhiò il minore degli Hawke, mettendo ostinatamente un piede davanti all'altro e procedendo solo grazie alla sua forza di volontà.

Percorsero un lungo corridoio che terminava con un arco su una grande sala piena di colonne, straordinariamente in buono stato. Un'imponente scalinata saliva verso l'alto, accanto ad essa notarono quelle che sembravano indicazioni rovinate dal tempo.

«Queste portano in superficie.» Lesse faticosamente il nano, sospirando. «Sempre che le provviste ci bastino, trovati i Custodi.»

«Non abbiamo molto tempo-» Anders si interruppe di colpo, voltandosi alla loro destra verso un altro corridoio immerso nel buio, il bastone magico puntato davanti a sé che iniziava a brillare.

Subito portarono tutti le mani alle armi, pronti ad affrontare altra Prole Oscura, quando dal corridoio cominciò ad intravedersi una flebile luce dorata.

Garrett vide il guaritore rilassarsi visibilmente, tuttavia senza abbassare il bastone.

«Sono loro.» Annunciò Anders, facendo qualche passo avanti.

Dopo poco, comparvero una mezza dozzina di persone, le insegne dei Custodi Grigi ben visibili nonostante fossero insozzate di sangue e terra. Un mago minuto illuminava la galleria con il suo bastone magico, accanto a quello che doveva essere il loro comandante.

La figura che procedeva in testa al gruppo, un uomo alto quasi due metri in armatura massiccia, si immobilizzò per la sorpresa. Appoggiò per terra il grosso scudo a torre e sollevò la visiera dell'elmo con le ali di grifone ai lati, rivelando una folta barba castana, capelli corti dello stesso colore e due brillanti occhi verdi. Non doveva avere più di trenta o trentacinque anni. «Che mi venga un colpo! Pensavo fosse altra Prole Oscura e invece...» esclamò con un forte accento Orlesiano «Anders!»

Quello accennò un sorriso incerto, aggiustandosi il bastone da mago sulle spalle. «Comandante.»

Uno dei Custodi, un nano dai capelli rossi, barba e baffi dello stesso colore, superò il Comandante a braccia aperte, esibendosi in un largo sorriso nonostante la minacciosa ascia bipenne fissata alla schiena. «Ah! Lo sapevo che eri un pazzo, mago!» Quando fu abbastanza vicino, storsero il naso per il forte olezzo di alcol e altre sostanze non meglio identificabili che gli aleggiava attorno.

«Oghren!» Lo salutò Anders, sorridendo a sua volta. «Ancora vivo e sempre in forma, vedo!»

L'altro scoppiò a ridere, dando un colpetto affettuoso alla grossa fiasca di pelle che portava alla cintura. «Conosci altri modi per sopportare le Vie Profonde?»

«Pensavo avessi lasciato perdere la Prole Oscura, cosa ci fai qua sotto?» Chiese l'Orlesiano, riportando l'attenzione su di sé. «Dovrei trascinarti con me se mi attenessi alle regole, lo sai.»

Il Guaritore deglutì vistosamente. «Sarebbe un pessimo tempismo iniziare proprio adesso a seguire le regole, no?» Cercò di scherzare. «Spero di essere stato fortunato ad incontrarvi, Comandante.» Si girò verso il resto del gruppo, lo sguardo che cadde infine su Carver. «Vi presento Adrien de Lancourt, Comandante dei Custodi Grigi del Ferelden e Arle di Amaranthine.»

«Non più, ora, a dir la verità...» Ridacchiò il Comandante, accennando un inchino. «Nathaniel era entusiasta di avere l'onore di riprendersi Amaranthine. Dovevi vedere la sua faccia quando la regina Elissa l'ha dichiarato nuovo Arle dopo che sono stato trasferito!» La risata si spense in un attimo quando i suoi occhi si posarono su Carver. Si fece immediatamente serio.«Ah.»

Anders intercettò il suo sguardo. «È il motivo per cui non vi ho evitati, Comandante... è stato ferito da uno Shriek tre giorni fa. Sono riuscito a rallentare la Corruzione, sperando di trovarvi in tempo.»

«Anders. Sai benissimo che l'Unione non è un atto di carità.»

«Non vi chiediamo di salvarlo per compassione!» Si intromise Garrett, non riuscendo a stare zitto, fronteggiando il Custode. «Carver è un ottimo combattente, solo un idiota non lo recluterebbe.»

Il labbro superiore del Comandante Adrien si arricciò in un sorrisetto divertito. «Insultarmi è una strategia azzardata... siete suo fratello, immagino, noto una certa somiglianza.»

Garrett si costrinse a reggere il suo sguardo, sfidandolo.

«Comandante, se posso.» Si intromise Anders, lanciando a Garrett un'occhiata di ammonimento. «Ora che il Flagello è concluso da un anno, voi Custodi non avete un grande afflusso di reclute. L'Ordine ha sempre bisogno di guerrieri capaci.»

«Soprattutto se le nuove reclute disertano dopo qualche mese...» Commentò l'Orlesiano, sollevando un sopracciglio allusivamente.

Anders incassò la frecciata abbassando un poco il capo. «Con Stroud abbiamo avuto delle... divergenze.»

«Sì, ho sentito delle storie bizzarre.» Il Comandante assottigliò gli occhi, inquisitorio. «Parecchio bizzarre. Ma la sua idea di accollarti una recluta fresca fresca di addestramento templare è stata una sciocchezza, ci si aspetterebbe che un Custode veterano dimostri più criterio.» Sospirò profondamente, rivolgendo di nuovo la sua attenzione su Carver. «Dimmi, ragazzo, vuoi davvero unirti ai Custodi? Potrebbe rivelarsi una sentenza di morte quanto la tua presente situazione.»

«Morirò comunque. Almeno così potrò portare qualcuno di quei bastardi giù con me.» Replicò Carver, impettito.

«Non è esattamente lo spirito nobile dei Custodi, ma è una delle motivazioni più comuni...» Commentò il Comandante Adrien, pensoso. «Ah, beh, vedremo come va.» Si avvicinò al minore degli Hawke, dandogli una pacca sulla spalla. «Spero tu sopravviva, ragazzo. Mi piaci. E poi, Anders mi ha praticamente riportato in vita dopo un brutto scontro, glielo devo.» Strizzò l'occhio all'ex-Custode, con fare complice. «Vedi di non farti trovare dagli altri, alcuni sono molto meno amichevoli di me, come puoi bene immaginare... E tieniti fuori dai guai.»

Il nano che puzzava di alcol proruppe in una fragorosa risata a crepapelle. «Quello coi guai ci va a braccetto!» Esclamò, sollevando la sua fiaschetta e bevendo in direzione del mago. «Lo conosci, Comandante, non può farne a meno.»

«Senti chi parla!» Finse di offendersi Anders, accennando un sorriso.

Il Comandante scosse la testa, divertito, per poi rivolgersi a Carver. «Forza ragazzo, saluta in fretta, non abbiamo molto tempo a giudicare dalla tua faccia.»

Il cuore di Garrett sprofondò un altro po'. Pensava di aver toccato già il fondo, ma vederlo effettivamente andarsene via coi Custodi, verso un futuro incerto...

«Garrett.» Lo salutò Carver, un po' impacciato. «Ti scriverò appena posso.»

«Non dimenticartene, altrimenti vengo a prenderti a calci.» Replicò, sforzandosi di sorridere. «Anzi, peggio, ti mando direttamente Marian.»

Il ragazzo fece una smorfia, ridacchiando nonostante il volto tirato. «Tra la Corruzione e la Prole Oscura, perché a farmi paura di più è sempre l'occhiata di disapprovazione di nostra sorella?»

Garrett sospirò, pensando a cosa avrebbe dovuto affrontare in superficie. «Sono certo che avrebbe voluto salutarti anche lei. Ti scriveremo entrambi. E anche nostra madre.»

«Saranno furiose che sono sceso con te. E sarai l'unico a sentirsi le loro scenate!»

Ridacchiò, anche se c'era ben poco da stare allegri. «Dici che sono ancora in tempo per candidarmi come seconda recluta?»

«Non ci provare. Finalmente mi libero di voi e mi vuoi seguire?»

Si sorrisero, tristi. «Prenditi cura di te, Carver. Davvero.»

«Anche tu. Evita di finire ammazzato o in qualche Circolo.»

«Tranquillo, lo terremo d'occhio.» Si intromise Varric, dando di gomito a Garrett.

Carver scosse la testa con disapprovazione. «Questo non mi rassicura per niente...»

Merrill, dietro di loro, aveva gli occhi colmi di lacrime. Garrett e Varric si scostarono leggermente, facendole spazio.

L'elfa si avvicinò titubante al ragazzo, per poi colmare la distanza tra di loro e stringerlo in un abbraccio, così minuta a confronto dell'altro. Gli sussurrò qualcosa che non riuscirono a sentire, il viso nascosto sulla spalla di Carver, che sorrise triste.

Dopo qualche secondo, Merrill si staccò da lui, voltandosi di schiena. Si asciugò gli occhi, cercando di nascondersi ai loro sguardi.

«Seguite quelle scale, la superficie è a tre giorni di cammino. Buona fortuna. Anders, evita di combinare guai a Kirkwall, ho sentito notizie preoccupanti sui templari, lì.»

Il Guaritore annuì, poco convinto, salutando un ultima volta il Comandante Adrien. Il nano lo costrinse ad abbassarsi per un abbraccio che avrebbe stritolato un genlock, per poi lasciarlo andare con una pacca sulla schiena e l'ennesima risata alticcia. «Attento a non stropicciarti la gonna!»

«È una veste!» Lo corresse esasperato Anders, che tuttavia stava sorridendo.

Uno dei Custodi Grigi passò un braccio attorno alle spalle di Carver, aiutandolo a camminare mentre si allontanavano verso il fondo della grande sala.

Merrill rimase immobile a fissarli. Improvvisamente, in un impeto di coraggio, corse loro dietro, parandosi davanti a Carver e posandogli un bacio leggero sulle labbra, sfiorandolo appena. «Dareth shiral, lethallin.» Gli disse, rossa in volto e fino alle orecchie, per poi scappare nuovamente verso il gruppo, lasciandolo sorpreso e imbarazzato.

Garrett non potè che sorridere, mordendosi la lingua e cercando di non piangere. Sollevò la mano, salutando per l'ultima volta il fratello e restando a guardare i Custodi che imboccavano un corridoio laterale, la luce dorata emanata dal bastone magico del'elfo minuto che era con loro che piano piano spariva alla vista.

Si sentì stringere delicatamente il braccio, trovandosi Anders accanto. «È ora di andare. Ci aspettano parecchi gradini, temo.»

Annuì. Non c'era nient'altro da fare per loro, lì sotto.



 

Uscirono da uno degli ingressi scartati all'inizio di quella maledetta spedizione, a qualche chilometro dalla città.

L'aria fresca del mattino e il profumo dei pini erano un piacevole cambiamento rispetto alle maleodoranti esalazioni e spifferi stantii delle Vie Profonde, ma nessuno riusciva ad apprezzarli davvero. Non dopo tutto quello che avevano dovuto affrontare.

Varric procedeva cupo, calciando ogni tanto qualche sassolino di fronte a sé.

Merrill si era chiusa da giorni in desolato silenzio, e a malapena aveva sorriso alla vista dell'uscita e del verde degli alberi che amava tanto.

Anders era visibilmente sollevato all'idea di essere di nuovo in superficie, ma anche lui non spiccicava quasi parola.

Garrett si sentiva sull'orlo di una crisi di nervi.

Affiancò Varric, quasi di corsa. «Non vedo l'ora di farmi un bagno e mangiare qualcosa di caldo.» Disse, giusto per riempire il silenzio che gravava da ore.

«E una birra. O due, ancora meglio.» Annuì il nano. Da lontano, riuscivano a scorgere le porte della città. «Credi che Bartrand sia già arrivato? Con un po' di fortuna...»

«Sarebbe una sorpresa, la fortuna, visto come ci è andata ultimamente.»

Varric sospirò profondamente. «Mi dispiace. Non mi fossi fatto fregare da Bartrand, a quest'ora... e tutta la faccenda di tuo fratello, davvero Garrett, non-»

Si fermò di colpo, mettendogli una mano sulla spalla e guardandolo dritto negli occhi. «Varric. Non è stata colpa tua.»

L'amico cercò di sfuggirgli, divincolandosi. «Ma avrei potuto evitarlo.»

«Se è colpa di qualcuno, è solo di Bartrand e di quei maledetti Prole Oscura.» Insistette Garrett, stringendo la presa. «Non tua. Non mia. Di nessun altro.» “Se contino a ripeterlo, magari finirò per crederci sul serio...”

«Vorrei esserne convinto quanto te, davvero.» Sospirò di nuovo, scuotendo la testa e sistemandosi Bianca sulle spalle. «Per la Prole Oscura, non so cosa farci, ma riguardo quel lurido verme... lo troverò, fosse l'ultima cosa che faccio.»

Garrett si sforzò di sorridere, temendo che il risultato fosse più simile ad un mal di denti. «Vediamo il lato positivo: stiamo tornando ricchi sfondati.»

La bocca di Varric si piegò in un ghigno soddisfatto. «Oh, sì.»

Rientrarono a Kirkwall nel tardo pomeriggio. Ogni singolo scalino verso la città bassa sembrò una tortura. Varric li salutò di fronte all'Impiccato, portando con sé le ricchezze che avevano saccheggiato nel Thaig abbandonato. Poco lontano dalla casa di Gamlen, anche Merrill si congedò brevemente per poi infilarsi in uno dei vicoli che portavano all'Enclave.

Rimasti soli, Anders e Garrett si scambiarono un'occhiata tesa.

«Vuoi... posso fare qualcosa?» Gli chiese l'ex Custode, preoccupato.

Scosse il capo. «Hai già fatto molto. Grazie, per Carver. Avresti rischiato la vita, non fosse stato il Comandante Adrien.»

«Te lo dovevo, dopo quello che hai fatto per Karl e gli altri maghi.»

Garrett annuì, facendo due passi in avanti verso la scalinata che conduceva alla porta di casa. Poteva quasi immaginarseli, Leandra china su qualche vecchio cimelio di famiglia intenta a pregare per il loro ritorno, Gamlen in qualche taverna o bordello per evitare la sorella, Bu accoccolata davanti alla porta in attesa che rientrassero a casa. Si voltò di nuovo verso Anders, accennando un sorriso stanco. «Se hai bisogno per la Resistenza, o qualsiasi cosa alla clinica... sai dove trovarmi.»

«Garrett-»

«Sei un buon amico, Anders, ma con questo non puoi aiutarmi.» Gli diede le spalle, salendo i pochi gradini. Inspirò profondamente, prima di bussare sul legno vecchio e consumato.

Sentì Bu scattare ad abbaiare e correre verso l'ingresso, grattando la porta.

«Bu, piantala, ti ho già detto che-»

Leandra si immobilizzò per la sorpresa, sgranando gli occhi, mentre sul volto tirato dalla preoccupazione si faceva strada un sorriso. «Siete tornati!» Spalancò la porta, lasciando che Bu gli corresse incontro, quasi travolgendolo e rischiando di buttarlo a terra mentre cercava di leccargli la faccia e gli saltava addosso.

«Madre.»

La donna lo abbracciò stretto, tremando appena. «Creatore, grazie, temevo-» Il sorriso della madre si raggelò all'istante quando, cercando oltre la spalla di Garrett, non vide il fratello minore. «Dove... dov'è Carver?»

Garrett sprofondò ancora più in basso. «Non è qui...»

Leandra sbattè più volte le palpebre, nel tentativo di capire. «Ma... tornerà, vero?»

Si sforzò di annuire. «Sì, credo di sì. Spero.»

Sull'orlo delle lacrime, Leandra gli appoggiò una mano sulla guancia, coperta da un'ispida barba troppo lunga. «Cosa è successo, Garrett?»

Si morse l'interno della guancia, stringendole delicatamente la mano. «Parecchie cose.»

Rientrarono in casa e, mentre Leandra gli porgeva una ciotola tiepida di zuppa stantia, Garrett iniziò a raccontare di come fossero stati traditi da Bartrand, dei pericoli che avevano dovuto affrontare per tornare in superficie, delle ricchezze che avevano portato con sé.

Arrivato al punto dell'imboscata dei Prole Oscura, Leandra sussultò a sentire come Carver aveva rischiato la vita, e alla fine del racconto sedeva in lacrime sull'orlo della sedia, sconvolta.

«Un Custode Grigio, il mio bambino...»

«Madre, Carver se la caverà. È sempre stato forte, lo sai, è un ottimo guerriero. Dovrebbero sentirsi onorati di averlo con loro.»

«Preferirei che non lo fossero, e di averlo ancora qui con me.» Ribattè lei, asciugandosi gli occhi con un fazzoletto di stoffa. «Perchè non mi avete dato ascolto, Garrett? Potevi scendere solo tu e lasciarlo qui, come ti avevo chiesto...»

«Mi ha salvato la vita più di una volta, nelle scorse settimane. Sarei morto, senza di lui.»

Leandra non rispose, ma era chiaro dalla sua espressione che riteneva di aver comunque perso uno dei suoi figli.

Il dubbio, sempre presente, che a tornare fosse stato quello sbagliato gli attanagliava il cuore, grattando contro lo sterno con i suoi artigli affilati come rasoi.

La madre intercettò il suo sguardo ferito.

Con sua grande sorpresa, gli prese una mano tra le sue, stringendola e sforzandosi in un sorriso nonostante le lacrime che le rigavano le guance. «Sono contenta che tu sia tornato, Garrett. Davvero. Solo...» Inspirò profondamente, tirando su col naso «spero che Carver ci invii sue notizie presto. Chissà quando i Custodi Grigi lo lasceranno venire a trovarci.»

Garrett ricambiò la stretta della madre, sollevato. «In ogni caso, non dovrà tornare in questa topaia. Tra poco avremo abbastanza soldi da ricomprare la vecchia tenuta degli Amell e trasferirci lì in grande stile. Persino Gamlen, se vorrà.»

Leandra scosse la testa, asciugandosi gli occhi con un fazzoletto. «Dubito che il suo orgoglio gli lascerà accettare una cosa del genere, ma sicuramente finirà per chiederti dei soldi.»

«Sì, come “ricompensa” per averci ospitato...»

Sorrisero entrambi, nonostante tutto, gli occhi lucidi di pianto.

«Prova ad andare alla Forca, qualcuno deve avvisare Marian...»

Garrett deglutì a vuoto. Se con la madre era andata meno peggio di quanto avesse temuto, non era certo che la sorella avrebbe reagito così bene.









 

 

La Chiesa era quasi vuota, a quell'ora. Erano da poco scoccate le sei di sera e persino le Sorelle e i Fratelli del clero si affrettavano a finire i loro compiti per riunirsi poi nel refettorio per la cena.

Marian, la schiena rigida dalle ore passate di guardia al palazzo del Visconte, si appoggiò alla balaustra di fronte alla grande statua dorata di Andraste, le mani giunte in una silenziosa preghiera al Creatore e alla Sua Sposa.

La vergogna degli eventi di qualche giorno prima la attanagliava ancora, ma almeno la nausea e il mal di testa che l'avevano tormentata erano finalmente cessati.

Aveva chiesto a Ruvena di aiutarla a nascondere il fatto che avesse perso la boccetta di lyrium della settimana, dividendo quella dell'amica. Per quanto riguardava la paga di due settimane, era stata probabilmente già spesa in alcol e lyrium di contrabbando, quindi non avrebbe avuto alcun senso avventurarsi in città bassa alla ricerca di Samson. Oltretutto, dopo quella sera, sarebbe stata felicissima di non incontrarlo mai più.

Non si ricordava proprio tutto ciò che era successo, ma era sicura di averci passato parecchio tempo assieme, più di quanto fosse accettabile per una templare dell'Ordine. Sperava ardentemente che Isabela avesse ragione sul fatto che nulla fosse accaduto tra lei e l'ex templare quella sera, ma non potendo esserne certa, aveva intenzione di evitarlo per il resto della vita.

Individuò la Somma Sacerdotessa Elthina parlare con un paio di Sorelle chine a sostituire le candele scarlatte ai piedi delle statue.

«Marian?»

Sentendosi chiamare, si girò verso il corridoio alla propria destra, sorpresa.

Riconobbe all'istante i capelli rossi e l'armatura candida dell'uomo che si avvicinava, sentendosi arrossire per l'imbarazzo. «Ah, buonasera...» Si rese conto che non aveva la minima idea di come si chiamasse l'uomo di Starkhaven.

L'altro sorrise, mostrando i denti bianchi a contrasto con la pelle abbronzata. «Non ci siamo ancora presentati ufficialmente, in effetti. Sebastian. Sebastian Vael.»

«Vael?» Corrugò la fronte, pensosa. L'aveva già sentito da qualche parte...

«La mia famiglia ha regnato sulla città di Starkhaven per generazioni.» Le corse in aiuto lui, appoggiandosi alla balaustra accanto a lei. «Fino a poco tempo fa.» Sembrava turbato.

«Dovrei ringraziarvi, per l'altra sera.» Ruppe il silenzio Marian dopo un poco.

«Figuratevi.» Accennò un sorriso, gli occhi di un azzurro intenso che si posarono per un breve attimo nei suoi, per poi tornare a guardare la statua di Andraste di fronte a loro. «Eravate in difficoltà, ho fatto il minimo.»

«Avreste potuto ignorarmi, soprattutto dopo...» “che la mia amica ha provato a molestarti all'Impiccato” «avervi infastidito in quel modo.»

Sebastian ridacchiò, scuotendo la mano. «Sono certo che la vostra amica volesse solo trovare il modo per risollevarvi il morale, anche se con un approccio... sfacciato.»

«È tipico di Isabela. E...» sospirò profondamente, torcendosi le dita «non ero esattamente al meglio di me, ho avuto recentemente un lutto in famiglia.» “Ultimamente, sembra di non avere altro.”

L'uomo riportò l'attenzione su di lei. «Ho saputo. Le mie condoglianze.»

Marian annuì, un nodo alla gola. Tornò a guardare la Somma Sacerdotessa, che ora conversava amabilmente con una delle Sorelle più anziane, sedute in una delle alcove della chiesa.

Anche Sebastian le stava osservando, lo sguardo cupo. «So come ci si sente. A perdere la propria famiglia, intendo.» Strinse la balaustra fino a sbiancarsi le nocche. «Ho detto che i Vael hanno governato Starkhaven fino a poco tempo fa... quello che intendevo, è che la settimana scorsa mi è giunta notizia di come siano stati assassinati quasi tutti.»

Marian lo guardò sorpresa. «Mi dispiace.»

«La cosa peggiore è non poter fare nulla. La Somma Sacerdotessa Elthina-» guardò la Sacerdotessa, scuotendo la testa. «Avevo affisso una ricompensa per chiunque fosse riuscito ad eliminare la compagnia mercenaria dei Flint, ma ha fatto rimuovere la pergamena più di una volta.»

«Non è molto nello stile della Chiesa, a meno che non si parli di una Santa Marcia.»

«Sono perfettamente consapevole che la Chiesa non perdona l'omicidio. E nemmeno io ci riesco, se per questo.» Inspirò profondamente, la luce tremula del grande cero tenuto dalla statua della Profetessa che si rifletteva sulla sua armatura lattea. «Voglio che quegli assassini sappiano che non c'è un singolo luogo sicuro in tutti i Liberi Confini dove nascondersi.»

«Volete vendicarvi.»

La guardò dritta negli occhi, l'espressione tormentata che era la stessa che vedeva allo specchio da giorni. «Non vorreste fare lo stesso? È davvero così sbagliato, cercare di dare pace ai morti, vendicare la mia famiglia e-» Strinse la mascella, abbassando la voce fino ad un sussurro. «Non mi importa dei voti che ho preso, i colpevoli devono essere puniti.»

Marian sospirò profondamente. Sebastian aveva ragione, se fosse stato possibile avrebbe sterminato tutti i Prole Oscura sopra e sotto la superficie dell'Intero Thedas, ma era impensabile. Una compagnia mercenaria, d'altro canto, era un obiettivo molto più a portata di mano. «Dovremmo scoprire chi li ha ingaggiati. Avete qualche sospetto, qualche nemico della vostra famiglia?»

L'espressione sorpresa dell'uomo la fece sorridere. «Volete... aiutarmi? Così, di punto in bianco?»

Si strinse nelle spalle. «Avete ragione, su tutto. Se potessi, mi vendicherei anch'io, ma contro Prole Oscura e tunnel franati non posso fare granché. Aiutarvi ad avere la vostra vendetta mi sembra un buon modo per ottenere almeno un po' di giustizia in questo mondo.»

«La Somma Sacerdotessa avrebbe da ridire.»

Arricciò il labbro in un sorrisetto. «Per questo lei è la sotto e noi stiamo complottando qua sopra.»

Lo vide esitare. «Mi sembra di tradire la sua fiducia, così. Ma se è l'unico modo...»

«Lo è. Certo, potete sempre dimenticarvi di tutta la faccenda, ma se qualcuno sta dando la caccia ai Vael, presto o tardi vi ritroverete un coltello nella schiena. Tanto vale colpire per primi.»

Sebastian ricambiò il sorriso. «Siete una donna interessante, Marian Hawke. Persino per una Templare. La penso esattamente come voi, ma da solo non avrei avuto molte speranze.»

«Fortuna che mi state simpatico, quindi. E che vi devo un favore, più o meno. Anzi, conosco un altro paio di persone che ci daranno una mano, così avremo più possibilità di scoprire il mandante.» Si fermò un attimo a riflettere, pensierosa. Isabela avrebbe voluto una ricompensa, Fenris forse si sarebbe aggregato volontariamente, per quanto riguardava Aveline, invece, Marian non aveva dubbi che l'amica si sarebbe scagliata contro i mercenari con tutta la forza che aveva solo perché era la cosa giusta da fare. «Avete parlato di una ricompensa, prima?»

Sebastian aggrottò le sopracciglia, ma sembrava divertito. «Tante belle parole e ora mi chiedete dei soldi, Ser Marian?»

Ridacchiò. «Io posso avere tutte le buone intenzioni del mondo, ma Isabela è fedele al suo codice da pirata. Non muove un dito se non c'è da ricavarci qualcosa. E a meno che non vogliate subire le sue molestie tutto il tempo, conviene darle un buon motivo per collaborare...» “Probabilmente lo infastidirà comunque, ma meno. Almeno spero.”

Sebastian annuì. «Mi fido di voi, se dite che la vostra amica può essere un'alleata preziosa, saprò ricompensarla per il suo aiuto. E anche voi, ovviamente.»

Marian alzò una mano, scuotendo la testa. «Figuratevi, non sarà necessario...»

«Eppure mi pareva di capire che avevate perso parcchio denaro, o meglio che ve l'avessero rubato

Sentì imporporarsi le guance. «Non importa, davvero.»

«Come volete. Siete sempre in tempo per cambiare idea, comunque.» Lanciò uno sguardo di sbieco alla Somma Sacerdotessa, che li stava fissando corrucciata, abbassando ulteriormente la voce. «So dove si nascondono i mercenari, hanno un covo giù al porto, in uno dei vecchi magazzini.»

«Possiamo attaccarli domani notte. Ho amici nella Guardia Cittadina, possono bloccare l'accesso al vicolo ed evitare che qualcuno dia l'allarme mentre noi ripuliamo il covo.» Riflettè Marian. «È meglio che l'Ordine non venga a sapere nulla, ma se trapela qualcosa posso sempre dire di essere accorsa dopo aver sentito le urla dello scontro.»

«Mi sembra perfetto. Grazie, davvero.» Le tese la mano, riconoscente.

Marian la afferrò, stringendola saldamente. «Vedrete, scopriremo chi è il mandante.»

Sebastian sembrò voler aggiungere qualcosa, quando vennero interrotti da dei passi alle loro spalle.

«Me ne vado per un po' e tu progetti massacri con perfetti sconosciuti?»

Il cuore della ragazza perse un battito.

Si voltò lentamente, non osando sperare di aver davvero riconosciuto il proprietario di quella voce.

Di fronte a lei, accanto alla torcia che gli illuminava il volto stanco e segnato, la barba lunga e i capelli più spettinati che mai, c'era suo fratello Garrett. «Hei, Marian.» Tentò di sorriderle, poco convinto, le mani strette attorno all'arco magico quasi ad aggrapparvicisi.

Rimase impalata a fissarlo come un'idiota, sbattendo le palpebre come ad assicurarsi che non fosse un'allucinazione.

«Dì qualcosa, ti prego.»

Aprì la bocca, ma non le uscì alcun suono.

Lui si grattò un orecchio, a disagio. «D'accordo, ti do' una mano... “Garrett, mi sei mancato”. Sì, Marian, anche tu mi sei-»

«Eri morto. Dovresti essere morto.» Riuscì a rantolare lei, incredula.

«Beh, non lo sono, grazie tante... Anche se il Creatore ci si è messo proprio d'impegno, stavolta.»

«Come... abbiamo sentito che eravate rimasti intrappolati sotto una frana, quel nano, come si chiama lui, ha detto-»

«Bartrand,» la interruppe lui serrando la mascella, furente «quel verme traditore ci ha chiusi in un Thaig apparentemente senza uscita per non dividere i profitti. Dovevamo immaginarlo, che avrebbe raccontato una triste storia per pararsi il culo...»

Le venne da ridere, mentre le scappava un singhiozzo sollevato. Cercò di darsi un contegno, asciugandosi una lacrima che le era sfuggita. «Non vorrei essere in lui quando gli metterete le mani addosso.»

«Varric è furioso. Ma alla fine faremo un sacco di soldi con quello che abbiamo recuperato, vedrai, nostra madre tornerà a vivere nella villa di famiglia e finalmente smetterà di darmi del buono a nulla, ti immagini, trasferirsi in città alta con tutti quei nobilotti, noi dei Ferelden-»

«Garrett?»

Il fratello interruppe il suo sproloquio nervoso, deglutendo a vuoto.

Marian si costrinse a fare la domanda che le ronzava in testa. «Dov'è Carver?»

Lo vide stringere con più forza l'arco, gli occhi che rifuggivano i suoi. «È stato... abbiamo incontrato dei Prole Oscura, nelle Vie Profonde. Avevi ragione, ce n'erano troppi per...»

Si sentì sprofondare fino alle viscere della terra. Chiuse gli occhi, concentrandosi sul proprio respiro. «È morto anche lui, quindi.» Il tono piatto con cui lo disse spaventò perfino sé stessa. Le mancava l'aria.

«No!» La contraddisse allarmato l'altro, facendola sussultare. «Fortunatamente abbiamo incontrato dei Custodi Grigi, che hanno accettato di reclutarlo. Ora è probabilmente a cavalcare grifoni e bearsi del fatto di non doverci più sopportare, hah, beato lui...» Cercò di buttarla sul ridere, come faceva sempre quando era a disagio.

La rivelazione la lasciò ancora più sorpresa che il saperlo morto. “Carver, un Custode Grigio?” Scosse la testa, il sollievo che le permetteva di respirare di nuovo. «Andraste, grazie.»

«È in buone mani, il Comandante Adrien è un Custode Grigio rinomato, Carver non avrà problemi con lui a farsi accettare dall'Ordine, e-»

Marian si ritrovò a stringerlo in un abbraccio, colmando la distanza tra di loro in due rapide falcate e stritolandolo contro la sua armatura. Nascose il viso nell'incavo del collo del fratello, aggrappandosi a lui quasi con disperazione, vergognandosi di sé stessa ma non riuscendo a costringersi a lasciarlo andare.

«Marian, mi stai strangolando...» Rantolò l'altro, prendendola in giro ma stringendola a sua volta.

«Stà zitto. Dovrei ucciderti, per avermi fatto preoccupare così tanto. Non hai idea-» si zittì, mordendosi il labbro inferiore e serrando le palpebre. «Non farlo mai più. Mai più

«Mi dispiace, avremmo dovuto darti retta...»

Annuì, ma non aveva la forza di sgridarlo di nuovo. Non dopo come si era ridotta nei giorni precedenti. «Anche a me. Per quello che ti ho detto. Non...» “Non volevo, sono una persona orribile e una sorella ancora peggiore, perdonami per essere quasi morto pensando che ti odiassi?” No, non sarebbe riuscita a dirlo. «Mi dispiace.» Sciolse l'abbraccio, allontanandosi un poco. «Nostra madre?» “Creatore, come l'avrà presa? Dopo Bethany...”

«Sono passato da lei come prima cosa. Ha... accettato la cosa. Più o meno.»

«Deve essere dura, per lei. I gemelli...» Lasciò la frase in sospeso, era inutile continuarla.

Garrett annuì. «Credimi, se potessi fare cambio-»

«Non è stata colpa tua.» Lo interruppe senza pensarci un attimo, lasciandolo sorpreso. «Carver è sceso là sotto con te perché ha sempre avuto la testardaggine di un mulo come tutti noi, e Bethany...» scosse la testa, abbassando lo sguardo sul pavimento, mortificata. «Non avrei dovuto dirti quelle cose, l'ultima volta.»

Lo sentì sospirare. «In parte, lo è. Avrei potuto costringere Carver a restare a casa con nostra madre. E quello che è successo a Beth...» Le mano destra del fratello si chiuse a pugno, le unghie premute contro il palmo, la mascella serrata. «Mi sono immobilizzato, e ho lasciato che la prendesse.»

Gli prese la mano, costringendolo ad aprirla, i segni impressi sulla pelle. «Era coraggiosa, si è frapposta tra te e quel coso senza pensarci un attimo. Sappiamo benissimo entrambi che se scoprisse che te ne ho fatto una colpa, mi sbraiterebbe addosso.»

Sorrisero entrambi.

«Ho esagerato. E mi dispiace.» Continuò lei. «Non addossarti la colpa anche di Carver.»

Garrett sembrò esitare, come a ponderare se parlare o meno. Alla fine, incrociò il suo sguardo, determinato. «Non è l'unica cosa che mi hai detto, quella volta, non l'ho dimenticato. E sappi che non torno indietro sulle mie decisioni.»

Marian sospirò, rassegnata. «Sei un maledetto stupido ostinato.»

«È tipico degli Hawke, no?»

Annuì. «Già.» Si ritrovò a giocherellare con le fibbie che legavano il fodero della spada lunga alla cintura. «Anche io resto della mia decisione. Non voglio sapere niente di quello che fai nel tuo tempo libero, e ho intenzione di adempiere al mio ruolo di Templare al meglio delle mie capacità, secondo ciò che ritengo giusto.» Sembrò che Garrett stesse per replicare, ma lo fermò prima che potesse interromperla. «Tuttavia,» calcò il tono, accennando un sorriso «sei pur sempre mio fratello, non ti trascinerò al macello. Solo, cerca di evitarmi il più possibile quando sono in servizio. Per il tuo amico, invece, non faccio promesse.»

Garrett si concesse una risatina divertita. «Ne prendo nota. Starò attento.»

Gli lanciò uno sguardo scettico. «Sono seria, Garrett.»

«Anche io. Cercherò di non litigare con i tuoi amichetti, lo prometto.»

«Lo sai che guardi sempre a sinistra prima di raccontare qualche palla?»

«Chi, io?! Mai!»

Roteò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. Qualche settimana prima gliele avrebbe suonate, ma dopo tutto quel casino... era quasi grata di averlo di nuovo lì a mettersi nei guai.

Quasi.












 

FINE PRIMO ATTO


















 

Note dell'Autrice: Adrien de Lancourt è il mio Custode Orlesiano. Mi spiace un po' non aver trattato gli eventi di Amaranthine, ma sono contenta di averlo inserito qui, al posto di StroudL'InutileCarneDaMacello. Oghren ricompare perchè non ha alcun senso che sia sparito per sempre dopo essesi unito ai Custodi, mentre Nathaniel è stato nominato Arle di Amaranthine assieme a sua sorella, lui come rappresentante dei Custodi e lei come erede degli Howe. Alla fine Elissa, che comunque conosceva gli Howe, non poteva accusare l'intera famiglia di tradimento e ucciderli tutti, quindi come ha scoperto che Nathaniel era vivo e si era pure unito ai Custodi, dopo la battaglia ha restituito almeno in parte la fortezza e le terre agli Howe. Quando non serviranno più ai Custodi come punto strategico, passerà completamente nelle mani di Delilah e Thomas (il figlio minore di Rendon, che ha attualmente quindici anni). 
Per quanto riguarda le scelte in Awekening: il Comandante Adrien non si è fidato dell'Artefice e l'ha ucciso, ha lasciato una guarnigione alla Fortezza che è riuscita a resistere grazie a restauri e miglioramenti delle difese e ha scelto di salvare la città e i suoi abitanti. 
Successivamente, ha saputo di Picco del Soldato da Levy Drynden, ha distrutto il demone con l'aspetto di Sophia e ordinato ad Avernus di tornare a lavorare su una cura utilizzando però metodi più etici. Picco del Soldato è ora saldamente in mano ai Custodi Grigi, che hanno così una base stabile nel Ferelden oltre ad Amaranthine (e per questo possono permettersi di lasciarla piano piano agli Howe). 
Chissà, magari lo rincontreremo in seguito.

Per quanto riguarda gli Hawke, invece, per una volta la famiglia è rimasta unita nella perdita di Carver, forse perchè non è morto, forse perchè hanno già sopportato tanto e sono anche ormai stanchi di addossarsi le colpe di tutto e poi rimpiangerlo qualche momento dopo. 
Le tensioni tra i due fratelli maggiori si sono un po' sopite ma non certo sparite, vedremo come si evolverano negli anni a venire... 
Al prossimo capitolo! 

  
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