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Autore: Miryel    23/03/2019    21 recensioni
In una vita alla costante ricerca di un vuoto da colmare, Peter Parker e Tony Stark si trovano, in un momento della loro esistenza in cui si sentono divisi a metà, a condividere parti della loro anima e della loro mente, con la sola scusa di un tempo che giustificano come speso per forza insieme. Il loro rapporto cresce, di giorno in giorno, fino a creare inaspettatamente un legame e, inesorabilmente, una rottura.
Una rottura che per Tony significa mettere da parte l'orgoglio per affrontarla e per Peter mandandare giù bocconi amari, tentando di non soffocare con la sua stessa saliva.
[ Young!Tony x Peter - Angst/Introspettivo/Romantico - College!AU ]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[ Young!Tony x Peter | Angst - Romantico | word count: 4352 ]


You Say Goodbye,
I Say Hello





•  •  •
«I don't know why you say goodbye,
I say hello»
•  •  •



 

Capitolo VII. I Want To Hold Your Hand

 

 

Tony Stark era nervoso, ma non nel solito modo insofferente che da sempre lo contraddistingueva. Tony Stark era nervoso come non lo era mai stato in vita sua, e quella sensazione era ingestibile tanto quanto lo era fingersi tranquillo. Riempì le guance d'aria, e sbuffò cercando di alleggerire la tensione; dondolava i piedi, perché di stare fermo, non ne voleva proprio sapere. Un atteggiamento molto da Peter, più che da lui, ma in quel momento era talmente impegnato a chiedersi cosa avrebbe dovuto fare, una volta che l’altro  sarebbe sceso giù dal suo appartamento – dopo che lo aveva baciato a testa in giù nelle vesti di Spider-Man – che non ci fece nemmeno caso.

Aveva giusto fatto in tempo ad arrivare a casa, farsi una doccia, trovare dei vestiti decenti e uscire subito, rifiutando come sempre il passaggio di Happy.

«Mi pagano anche per scarrozzarti, Stark Junior!» lo aveva rimbeccato l'uomo, e Tony aveva risposto nervosissimo, con un commento acido. Più del solito. Non voleva in alcun modo che Happy sapesse che accidenti di piani aveva in testa quella sera, perché, ad essere sinceri, non ne aveva idea nemmeno lui. Quel bacio non era stato programmato, come non lo era stato il tentativo di Peter di chiarire le cose vestito da Spider-Man. Un'idea folle, onestamente, ma sorprendentemente efficace. Aveva passato tutta la giornata a chiedersi come avrebbe fatto a superare quella cotta stratosferica, e ora si ritrovava sotto casa sua ad aspettarlo per il loro… primo appuntamento?

Dio, nemmeno lui sapeva cosa accidenti gli era passato per la testa, quel giorno. Solo… non era ancora riuscito a realizzare la verità più assoluta: Peter lo ricambiava e ora stava aprendo il portone di casa per raggiungerlo. Portava un paio di jeans neri e delle Converse blu ai piedi; una camicia a quadretti e un giacchetto di jeans con i bottoni d'ottone. Doveva aver provato a tirare i capelli all'indietro con la gelatina, ma un adorabile ciuffo ribelle gli cadeva sugli occhi, indomabile. Tony si incantò a guardarlo, ben sapendo di aver messo su l'espressione più idiota e esposta della storia, ma Peter era bello. Bello come l'arrivo inaspettato del caldo primaverile. Bello come una canzone sorprendentemente emozionante, che dà i brividi.

«Ehi», lo salutò, alzando una mano e l'altro ricambiò, avvicinandosi e stringendosi nelle spalle.

«Ehi.» Peter arricciò le labbra. C'era un'atmosfera strana, ma cristallina. Piacevole, per quanto vi fosse implicato tanto imbarazzo che quasi tagliava l'aria. Tony non era mai uscito con nessuno che gli piacesse davvero, e questo di sicuro lo stava mettendo in una situazione nuova che aveva paura di non saper gestire. L’aveva baciato un paio d’ore prima e ora non sapeva che cosa fare, come comportarsi. Stavano insieme? Oppure no? Erano ancora in quella fase di corteggiamento, dove lui avrebbe dovuto mostrarsi un minimo intraprendente e dimostrargli che sì, gli piaceva davvero da impazzire? Non si stava riconoscendo, perché in fondo al cuore non aveva mai provato niente del genere e il solo pensiero di deluderlo, di imbarazzarlo, lo frenava dal prendere iniziative che, con qualcuno che non fosse lui, avrebbe preso senza troppi problemi.

Tossì. «Come stai?»

«Sorprendentemente bene. E tu?» chiese Peter, impacciato, infilando le mani nelle tasche della giacca di jeans, chiaramente confuso quanto lui.

«Io? Oh, beh!» Lo indicò con l'indice. «Oggi è stata una giornata pesante ma immensamente produttiva, sai? Prima la tuta, poi la pulizia del laboratorio – incazzatura interiore a parte e il ritorno a casa con annessi incontri inaspettati! Ho conosciuto Spider-Man, un simpaticone!» ironizzò, cercando di alleggerire quell’atmosfera con l’uso della sua inconfondibile intraprendenza.

«Sì, lo so… me lo ha detto. O non sarei qui, no? Il nostro appuntamento… me lo ha comunicato lui.»

Tony lo guardò arrossire, con una tenerezza nel cuore che lo sciolse. Peter stava cercando di fingere che quel bacio non fosse mai avvenuto, ma se era lì significava che lo aveva voluto tanto quanto lui. Le sue labbra sulle sue, poi, Tony non riusciva a togliersele dalla mente nemmeno per un istante. Le guardava pure in quel momento, le bramava ancora, ma tutto ciò che voleva era poter rispettare – per lo meno – l’obiettivo di quell’appuntamento. Parlarne, discuterne, aprirsi quel poco che potesse servire a mettere a nudo i sentimenti. Per una volta, quanto era vero Dio, non avrebbe rovinato niente. Glielo doveva.

Inclinò la testa di lato e sospirò. «Dobbiamo parlare, Peter.»

«Sì, sarebbe meglio. Sto cercando di fingere che non sia successo nulla ma è successo e, per favore, vorrei farlo lontano da casa mia, se non ti dispiace.» Peter si morse di nuovo un labbro, dopo quella supplica. Per quello Tony annuì e gli fece cenno di affiancarlo e di avviarsi da qualche parte. Non sapeva nemmeno dove, il più lontano possibile da qualsiasi cosa. Persino nello spazio, se ne avesse avuto la possibilità, lontano dall'atmosfera terrestre. Su Plutone, ovunque ma non lì. Si infilarono silenziosi, perciò, in una delle tante entrate di Central Park. La colonna sonora del traffico cittadino era fatta di frenate brusche e clacson assordanti. Eppure, così lontani, ora non li disturbava quasi più. Per quello il silenzioso fu più schiacciante e Tony di sentì in dovere di romperlo, siccome Peter non sembrava per nulla propenso a prendere quell'iniziativa.

«Pensavi davvero di aver fatto qualcosa di male?»

Peter alzò le spalle, e un sorriso gli scintillò sul volto, malinconico. «Io sono così. Io penso sempre di aver fatto qualcosa di male. Ormai dovresti saperlo.»

«Sì, ovvio che lo so! Ma… accidenti… senti, so di averti cacciato via, di aver cambiato atteggiamento improvvisamente, mentre eravamo in quel laboratorio, ma non hai fatto niente. Niente di niente!» Agitò le mani, nel solo ed unico intento di rassicurarlo che no, non doveva preoccuparsi, che l'idiota era lui...

«È evidente che ho fatta qualcosa», sbottò Peter, poi sospirò. «Tony, mi hai cacciato via, dopo che ti ho fatto quel discorso sui ringraziamenti e tutto il resto. Hai cambiato espressione. Vuoi che non mi accorga di dettagli simili? Insomma… sono quasi due mesi che collaboriamo a quella tuta.» Usò un tono di voce un po’ duro, ma effettivamente le cose erano andate esattamente così, e Tony non poteva negarlo.

«Non sono i ringraziamenti, il problema. È quel dannato discorso del cazzo che hai fatto sull’amicizia. Peter, se hai una cotta per me, perché hai puntualizzato una cosa del genere con tanto entusiasmo? Cos’è che fai? Ti dai la zappa sui piedi da solo?»

«Certo che no! Ma mettiti nei miei panni, anche solo per un attimo: cosa ne potevo sapere che tu ricambiavi? Mi hai sempre dato modo di credere che io non contassi così tanto», spiegò Peter, continuando ad agitarsi e a evitare il suo sguardo, fissandolo davanti a sé, verso un laghetto artificiale poco lontano. «Con quel tuo continuo ricordarmi quanto io sia insopportabile, certe volte. So di esserlo, e me ne dispiaccio, ma t-»

«Andiamo, ci credi davvero? Abbiamo passato tante di quelle ore insieme, e non sei ancora in grado di capire quando scherzo e quando non lo faccio?» chiese Tony, sbuffando poi divertito da quella ridicola spiegazione.

«Sta proprio qui il problema! Io so benissimo quando lo fai! Ti conosco tanto quanto tu conosci me… insomma, non ho un ego smisurato, tutt’altro, è palese! Quindi sentirmi dire da te, che sono insopportabile, significa cominciare a crederci, ad un certo punto, perché…» si bloccò, e sospirò, ma finalmente lo guardò. Si fermarono, nel bel mezzo del parco ormai inghiottito dal buio, illuminato da alcuni lampioni e lanterne; semivuoto. Ormai l’ora di punta accoglieva il traffico urbano, snervante e rumoroso persino nelle rassicurarti mura di Central Park. Eppure Tony sentì quel sospiro che Peter gli tirò contro, assordante come una bomba atomica.

«Perché?»

«Perché è vero. Perché la tua opinione vale più di moltissime altre. Perché so di esserlo, in fondo e credimi… credimi! Non ho ancora capito come accidenti tu faccia ad avere una cotta per me!»

«Peter, che cazzo! È una cosa positiva!» sbottò Tony, sempre più convinto che quella discussione avesse del paradossale.

L'altro si indicò, disperato. «Ma proprio per me, che non sono niente di che e tu inve-»

«Io cosa sono?» lo interruppe Tony, e distolse lo sguardo, frustrato. «Un viziato, capriccioso, rompiscatole che nessuno sopporta. Uno che non riesce a mantenere un atteggiamento gentile nemmeno sotto tortura. Peter, io sono così. Tu lo sai benissimo, eppure provi lo stesso. La verità è che io e te non ci piacciamo abbastanza. Per quello andiamo d’accordo.»

«Lo so, so che è così, ma io non voglio che tu perda tempo con uno come me. Tu non sei uno sfigato, io sì…» mormorò Peter, e l’amarezza in quel tono di voce lasciava intendere solo che, quella conversazione, era più infelice di quanto sarebbe dovuta essere. Avevano messo a nudo ciò che provavano, ma c’era talmente tanta paura di ferirsi, che la prima scelta sbagliata che avevano fatto, era stata quella di dimostrarsi il peggio del peggio, solo per evitare l’uno all’altro la possibilità di iniziare una relazione con la persona più atroce del mondo.

«Io sono uno stronzo. Un cinico. Incapace di pensare a nient'altro che a se stesso», disse Tony, poi si passò una mano tra i capelli, cercando solo di trovare le parole giuste, quelle che non potevano ferire. «Senti, ti piaccio e tu mi piaci. Che altro c’è, da mettere in chiaro? Elencarmi tutti i tuoi difetti caratteriali non mi farà cambiare idea, perché io li conosco a memoria. E va bene così! E se così non fosse stato, non penso che saremmo qui a cercare di fingere che l’uno non meriti l’altro. No?»

Peter sospirò, e distolse lo sguardo amareggiato, tentando poi inutilmente di tirarsi indietro quel ciuffo ribelle che proprio non ne voleva sapere di lasciare il suo incantevole viso. «No, non penso… ma sentirsi inadeguati è qualcosa che odio a morte. Non mi lascia vivere certe situazioni con serenità. So che dovrei fregarmene e lasciar correre; prendere le cose come vengono, come fai tu, ma non è semplice.»

«È qui che sbagli. Io non lascio correre proprio niente. Pur di non dirti cosa provavo, ti ho cacciato via sperando che tu non potessi nemmeno capirlo. Ho cercato di tagliare con te, ogni possibilità di avere quel rapporto che non desideravo… essere per te solo un amico. Questo non è prendere le cose come vengono, questo è fuggire via come un vigliacco», rispose Tony e si rese conto di tutte quelle cose, solo ora che ne stava parlando a cuore aperto. Si era esposto, di nuovo troppo, ma quella situazione richiedeva sincerità e non avrebbe mai permesso al suo stupido ego di limitarlo e nascondere dietro alla sua arroganza, le cose che realmente pensava. Non con Peter.

Quest'ultimo si infilò le mani nelle tasche e alzò le spalle. «E allora… che cosa vuoi fare?»

«In questo momento vorrei baciarti, ma credimi, sto cercando in tutti i modi di trattenermi dal farlo. Ma, a parte questo, tu cosa vuoi fare?» gli chiese, trattenendo una risata quando lo vide sussultare e arrossire per quell’improvviso piglio con cui aveva detto quella frase.

«Vorrei solo che tra di noi non ci fossero segreti ed è per questo che voglio essere sincero, con te. Tony, tu mi piaci da un sacco e credimi, non avrei mai pensato che saremmo arrivati a parlare di cosa proviamo l'un l'altro, scoprendo che è lo stesso sentimento. Per me è paradossale già così. Per me già questo è un traguardo; dopo questo io non so che altro ci può essere.»

«Da un sacco…?» domandò Tony, alzando un sopracciglio, decisamente preso alla sprovvista di fronte a quella confidenza, ignorando tutto il resto del discorso a piè pari.

«Da… da prima di entrare allo S.H.I.E.L.D., ad essere sinceri.»

«Da prima? Sul serio? Che vai dicendo? Non ci conoscevamo nemmeno!» rise lui, trovando ridicolo quel fatto. Prima del loro incontro allo S.H.I.E.L.D. Tony non lo aveva nemmeno mai visto o forse un paio di volte.

Peter arricciò le labbra. «Venivi ogni giorno in classe, per Rogers. Sentivo i vostri discorsi e avrei voluto farne parte ma non… non mi sono mai permesso di intromettermi. Con Steve non ho mai avuto granché confidenza e tu… mi sei sempre sembrato inarrivabile», ammise e, per l'ennesima volta, lo spiazzò. «Però, sinceramente, a volte non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso.»

«Non ti ho mai beccato a fissarmi!»

«Semplicemente perché non mi hai mai guardato, Tony. Mai.» Peter non sembrava triste, nel fare quella confessione, eppure Tony sapeva benissimo che quegli istanti in cui lui aveva ignorato la sua esistenza, dovevano essere stati momenti infelici e, chissà, a volte intrisi anche di grandi aspettative. Se lo immaginava, il suo Spider-Man, prepararsi al mattino tentando di risultare un minimo affascinante e autoconvincendosi che sì, Tony Stark lo avrebbe guardato. Che quello era il giorno giusto, e Tony non lo aveva mai fatto.

Scusa, pensò, senza dirglielo. Faceva male ammettere che, se avesse potuto, sarebbe tornato indietro per ricambiare quelle occhiata e, perché no, regalargli un sorriso che sarebbe durato un attimo soltanto. Il tempo di dirgli con quel gesto ehi, ti ho notato!, quando invece non era stato così.

«Dio, tu e le tue paranoie… avresti potuto avvicinarti, nessuno ti avrebbe mangiato o cacciato via.» Cercò di ironizzare, e Peter rise con amarezza.

«Come quella volte? Quando Steve ci ha presentati? Non è stato proprio un incontro idilliaco, devi ammetterlo. Pensavo mi odiassi a morte.»

«Era così», ammise Tony e di fronte allo sguardo sconvolto e colpevole di Peter, scosse la testa nel solo ed unico tentativo di rimediare a quell'uscita, «Nel senso che non ti conoscevo ma tu mi avevi rubato il primato di giovane promessa dello S.H.I.E.L.D.,  perciò ho avuto subito una sorta di repulsione nei tuoi confronti ma come vedi mi è passata! O non sarei qui e non avrei baciato Spider-Man a testa in giù in un vicolo sudicio, dove ho rischiato di prendermi il colera e qualche altra malattia venerea mortale.»

«Il primato? Ma che… okay, senti, mi sa che mi sono perso qualcosa, eppure continuo a pensare che io non sia assolutamente all'alte-»

Tony alzò gli occhi al cielo e lo zittì, prendendogli le guance tra le mani. Strinse i denti. «Smettila! Taci, per l'amore del cielo! Taci!» Lo baciò, siccome quello era l'unico modo per chiudergli quella bocca, incapace di esternare anche solo un minimo di amor proprio. Peter gli strinse subito le dita intorno ai polsi, d'impulso, e per Tony fu un sollievo non percepire alcun tentativo di scansarlo. Fu solo… impacciato. Molto più di quanto non lo fosse stato qualche ora prima, nelle vesti di Spider-Man. Ma ora era Peter; ciuffo ribelle, viso bollente e tutto il resto. Accorciò le distanze, appropriandosi del suo petto, appoggiandovi sopra il proprio. Battito contro battito, brividi contro brividi. Gli prese le mani e le intrecciò tra le sue, invitandolo poi a fargliele stringere intorno alla sua vita, mentre gli posava le proprie sui suoi fianchi e se lo tirava contro. Si staccò solo per un impercettibile secondo, cercando i suoi occhi, e quando li trovò splendenti dentro ai suoi, tornò a sfiorargli le labbra alla ricerca di qualcosa che sapeva avrebbe trovato. Un rifugio, una casa, un posto caldo e accogliente. Qualcosa che conosceva ma che non aveva ancora mai provato. Tony si sentiva l'essere più stupido e sottomesso della terra, in quel momento, ma per una volta nella vita, del proprio orgoglio non gli importava un granché. Si sentì quasi fiero di quel fatto. Quando si divisero, con un lentezza che a Tony fece male al cuore, Peter reclamò la sua fronte e, con gli occhi chiusi, vi poggiò sopra la propria. Sospirò.

«Scusa per le paranoie.»

«Ogni volta che ne avrai una, io ti risponderò così, perché sei un complessato e io non ti sopporto», mormorò e Peter scoppiò a ridere. Alzò la folta corolla di ciglia per guardarlo negli occhi e Tony si sentì quasi mancare. Per la prima volta, da quando lo conosceva, quella frase non lo aveva ferito.

«Me ne farò una ragione», rispose Spider-Man, prima di reclamare un nuovo bacio che Tony non gli negò.

 

...

 

«Una riunione straordinaria? Cos’è, ti hanno promosso a operatore sanitario dello S.H.I.E.L.D. e dobbiamo festeggiare?» gli chiese Banner, e Rogers rise. Tony li aveva raggiunti al pub, dicendo loro che aveva qualcosa da dire e che ogni tentativo di ironizzare sulla cosa, avrebbe troncato per sempre la loro ormai decennale amicizia e chiuso ogni possibilità di recuperarla.

«Cosa avevo detto riguardo all’ironia?» lo minacciò, indicandolo con l’indice.

Rogers alzò le sopracciglia, stupito. «Che atmosfera seriosa! Penso che l’ultima volta che abbiamo parlato seriamente di qualcosa, sia stato quando vi ho detto di me e Bucky, due anni fa. Più o meno i presupposti erano gli stessi, perciò spezzo una lancia in tuo favore, Tony e faccio ammenda. Che succede?»

Tony arricciò le labbra, e li guardò entrambi protesi verso di lui, dall’altra parte del tavolo, fin troppo curiosi di scoprire cosa avesse da dire e, per quanto non vi trovasse chissà che difficoltà, non era esattamente pronto a dar loro quella notizia. Prese in mano il boccale di birra e diede una lunga e rinfrescante sorsata, che gli annebbiò la testa per un attimo, mentre ricordava il momento esatto in cui Steve aveva raccontato dell’inizio della sua relazione con Barnes. Ecco, era praticamente la stessa cosa, solo che lui era Tony Stark, non era mai stato con nessuno in quei termini sentimentali e stava nascondendo quella relazione con Peter ormai da una settimana. A scuola mantenevano un profilo basso, com’era giusto che fosse, ma Tony doveva quella verità ai loro amici e non solo per loro. Voleva che Peter potesse sentirsi a suo agio, nelle loro successive uscite e, siccome lui era un disastro in quello, aveva disperato bisogno della collaborazione di chi gli stava attorno.

«Vado a dirlo ai ragazzi, stasera. Non mi va che lo vengano a sapere per caso», aveva detto a Peter, quel pomeriggio. Quest'ultimo aveva sorriso nel tentativo di rassicurarlo.

«Non devi farlo per forza, se non ti senti a tuo agio. Non ora, magari.» Aveva risposto con dolcezza, mentre gli stringeva la mano. Ecco, Tony a suo agio ci si sentiva pure… il problema era dover ammettere per la prima volta in vita sua, di sentirsi legato a qualcuno, e non conoscere nella maniera più assoluta la reazione dei suoi amici.

«Ehi? Come sei misterioso!» esclamò Banner, quando Tony aveva taciuto per troppo, poi fece una smorfia, «E come mai Parker non è con te? Pensavo che ormai facesse parte del team! A me sta simpatico!»

«Ed è un bene che sia così», rispose Tony, quando riemerse dalla sua birra e si pulì la bocca con un lembo della manica, nervoso. «È un bene, perché devo dirvi una cosa proprio a proposito di Peter.»

Steve e Bruce si guardarono, stralunati, tornando poi a posare lo sguardo curioso su di lui, che si sentì dannatamente esposto e in trappola. «Gli è successo qualcosa?»

«Per dio, perché? No, santo cielo, mi auguro di no!» Tony sentì un moto di nervosismo smuovergli le viscere e, dando un altro sorso alla birra, infine sospirò. «Comunque, vi ricordate, no? Tutto il discorso sull’odio che provavo verso di lui, la mia insofferenza, il fastidio, la rabbia, eccetera eccetera?»

«Certo che ce lo ricordiamo! Sei stato peggio di una piattola, in quel periodo!» intervenne Bruce, con una risata, mentre Steve approvava e metteva su uno di quei suoi odiosissimi sorrisi smaglianti fatti di troppi denti dritti e perfetti. Da prendere a pugni un giorno sì e l’altro pure.

«In più mi chiedo ancora cosa accidenti ti avesse fatto di male! Quel poveraccio ha una pazienza invidiabile, con te. Non so come faccia a sopportarti, credimi!»

«E poi tutto quel rancore infondato? Avanti, Tony! Si vede lontano un miglio che ci vai d’accordo e che hai una predilezione per lui. Alla fine avete instaurato una bella amicizia, non negarlo!»  

«Stiamo insieme», sbottò Tony, prima di perdere il coraggio di farlo e scese il silenzio. Sembrò una di quelle scene dei film, dove ad un tratto qualcuno dice qualcosa di sconvolgente e il suono di un disco rotto fa cadere un silenzio tombale. Gli occhi dei suoi amici erano puntati sui suoi senza alcuna emozione. Vuoti come due pupazzi, le bocche semi spalancate dallo stupore, le birre ben serrate nelle mani.  Tony ebbe il timore che Bruce potesse rompere il suo bicchiere, siccome ultimamente non era esattamente bravo a controllare la rabbia. Colpa degli esami e per la cotta stratosferica che si era preso per Vedova Nera, una dei membri degli Avengers.

«Cosa?» domandò infine Steve, in una botta di coraggio.

Tony abbassò la testa sul proprio boccale quasi vuoto e tossì, cercando di risultare un minimo tranquillo e per nulla disturbato da quegli sguardi. «Io e Peter… stiamo insieme. Da una settimana.»

«Prevedibile», sentenziò l’amico e, piegando le labbra in un sorriso fin troppo scaltro, si guadagnò un’occhiata truce da parte di Tony, che avrebbe voluto rispondergli con un: ma prevedibile cosa? Chi? Tu, cosa avresti mai predetto, con quel cervello di gallina?

«Prego?»

«Sapevo che sarebbe finita così, tutto qua», rispose Steve, con un'alzata di spalle.

«Non penso proprio. Lo dici solo perché ora te l'ho detto io! E comunque non è questo il punto! Io… volevo essere corretto nei vostri confronti e dirvelo, ma solo per non metterlo in imbarazzo la prossima volta che verrà con me. Lo sapete com'è fatto e non gli ci vuole pure qualcuno che lo prenda in giro o cose così!»

«Come hai fatto tu quando ti ho detto di Bucky?»

«Il tuo ragazzo incassa bene i colpi e io non lo sopporto! Non è colpa mia se ha sempre da ridire su qualsiasi cosa. Qualcuno deve pur dirglielo.»

Steve aprì la bocca, indignato. «Ma che acc-»

«Peter non è Barnes. Mettiti in testa che ha una sensibilità diversa e lui vuole piacervi. Vuole essere accettato, e so che l'avete già fatto, ma lui non lo sa. Il tuo innamorato non si fa le stesse fisime… almeno credo.» Non era proprio sicuro, Tony, di quel fatto ma non gli era mai importato così tanto di Bucky, effettivamente. In più i loro scontri verbali erano fatti di botta e risposta, perché tutti e due volevano l'ultima parola. Con Peter si vinceva tacendo.

«Non ci permetteremmo mai di prenderlo in giro, Tony. A maggior ragione ora che sappiamo che state insieme. Insomma, il sentore c'era, che sarebbe finita così. Siamo felici per te e per lui, ma davvero… pensi seriamente che potremmo farti una cosa del genere?» rispose Banner, accorato.

«Sì?» domandò, retorico, alzando le sopracciglia.

«Beh, magari a te personalmente sì, ma non a Peter. Lui se lo merita il rispetto, tu un po’ meno.»

Era vero. Anche se Steve stava scherzando, era dannatamente vero. Il rispetto non lo meritava, siccome era il primo a non averne per quasi nessuno, ma Peter era Peter. Conoscerlo bene significava conoscerne la bontà e la gentilezza e, per forza di cose, apprezzare quelle sue doti che non tutti vantavano di possedere. Tony per primo.

«Voglio solo che sia a suo agio. Soprattutto ora che sapete la verità ed è per questo che non l'ho portato con me, stasera, anche se avrei voluto.» Abbassò gli occhi sul suo boccale di birra ormai vuoto, e si sentì dannatamente esposto. Si era tolto un peso enorme dicendo loro che lui e Peter si erano impegnati in una relazione, ma era difficile accettare di mostrarsi così debole, per colpa dei sentimenti. Però stava bene con se stesso, perché dopotutto quella rassicurazione significava che poteva sentirsi libero di non doversi fingere il cinico incapace di amare, almeno con i suoi amici. Lo doveva a Peter.

«Beh, la prossima volta non te lo dimenticare a casa. Per noi è sempre il benvenuto. Ormai è parte del team, come diceva prima Bruce», sorrise Steve e Tony non riuscì a trattenere lo stesso gesto, alzando l'angolo della bocca da un lato. Era il suo modo di dire loro grazie. Fu felice che il concetto fu chiaro.

 

 

«Ho detto loro la verità. Se lo aspettavano», scrisse a Peter, quando lasciarono il pub e si avviò verso la fermata dell'autobus, chiuso nelle spalle e una canzone dei Pixies¹ nelle cuffie.

Peter fu subito online. «Colpa mia, sono un libro aperto.»

«Nah, sono io il libro aperto, con loro», gli rispose e non riuscì a trattenere un sorrisetto, mentre lo faceva.

«Stai tornando a casa?»

«Sì, e tu non dormi ancora?» gli domandò, notando che era l'una passata.

«Aspetto che torni, così ci diamo la buonanotte» rispose, quasi come se fosse ovvio. Come se, prima di quel momento, ci fosse mai stato qualcuno che lo avesse aspettato per una ragione simile, a Tony. Si sentì sciogliere ma allo stesso tempo terribilmente malinconico a quel pensiero. Ogni volta che Peter gli diceva certe cose, era sempre più convinto di non meritare vicino una persona così solerte nei suoi confronti, perché sapeva che non poteva dargli le stesse cose.

«D'accordo Spider-Man. Appena sarò a casa ti scriverò», lo rassicurò, poi infilò il telefono in tasca e si poggiò al palo della fermata, con le braccia incrociate; la musica a fare da colonna sonora a quella strana serata, che era stata un tassello importante di quel cambiamento di vita che stava subendo. Sperò solo di non rovinare tutto. Non era bravo a tenersi stretto ciò a cui teneva. Chiuse gli occhi, con un estremo dolore all’anima, sperando che stavolta, almeno questa, potesse dimostrarsi più umano e non il mostro che  realmente era.  




 

Fine Capitolo VII

  


«
Oh please say to me You'll let me be your man
And please say to me You'll let me hold your hand
Now, let me hold your hand I want to hold your hand
»  
I Want To Hold Your Hand – The Beatles


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¹ La canzone dei Pixies è "Where is My Mind" ♥
 
Angolo angoloso angolare di Miryel che 'sti giorni c'ha sempre fame e mangerebbe pure i tavoli:
Buonasera a tutti!
Come la va? Non ve lo nascondo, ci siamo quasi e fa male. Fa quasi male perché ci avviciniamo al momento della verità e io da una parte vorrei dirvi tutto ma dall'altra non lo farò. Non è mica giusto che soffra da sola, eh!
Insomma, sperando che il capitolo vi sia piaciuto, come sempre vi ringrazio tantissimo per il sostegno e il supporto caldissimo che sempre mi date! Se vi va, fatemi sapere la vostra opinione!
P.s. La canzone del capitolo è la mia canzone preferita dei Beatles ç___ç così, giusto per dirvelo!
A prestissimo,
Miry
 
 
   
 
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