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Autore: Leuvia    21/07/2009    0 recensioni
mi terrorizzava l'idea di perderti, volevo vederti vivere... come tutti gli altri [SagaxShou]
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Faceva male, soprattutto a me, vederti seduto su quella sedia. Avrei voluto avere il potere di guarirtiper farti andare via, ma tu continuavi a sfuggirmi ogni volta, negando gli aiuti.Le pareti bianche sembravano un tutt’uno con le vesti che cadevano sul tuo magro corpo,dimagrivi ogni giorno di più e i tuoi occhi si stancavano, e si chiudevano. Ho pensato più volte di lasciarti stare, di affidare la veglia a qualcun altro, però uscire da quella stanza senza essere riuscito a farti sorridere non mi rendeva contento. Eri una sfida, e volevo vincere. “ Shou-kun…ti ho portato un succo di frutta. È alla pesca, come piace a te “ Mi chinai in avanti,equilibrando il corpo per mantenerlo fermo quando allungai il vassoio verso di te proponendoti di bere un po’, dato che non toccavi nulla da più di un giorno. Abbassasti lo sguardo solo per incentrare i miei occhi, ma poi scappasti di nuovo, spostando il braccio nascosto sotto la veste solo per sfiorare con la punta fredda delle dita il vetro del bicchiere. In me si accese una luce: pensavo ti fossi deciso a mandar giù qualcosa, ma ancora una volta, comparve l’indecisione sul tuo viso. Guardavo i tuoi occhi e ci leggevo solo un eterno ed immenso vuoto. “ prendilo..dai..” ti incitavo,volevo veramente il tuo bene, e non solo perché eri capitato sotto le mie cure. Ero il tuo medico. La tua unica fonte di salvezza, il tuo unico appiglio: che tu rifiutavi.
Perchè mi cacciavi via..?

Perché preferivi startene fermo a fissare il mare, invece che guardarmi..? Non riuscivo a capirlo, non riuscivo a capire perché solo tu mi davi dei problemi, perché solo la tua malattia riusciva a farmi impazzire. Ne avevo curati centinaia prima di te, e nessuno era mai arrivatoal punto da farmi fissare: da farmi morire di dolore. La notte tremavo nel letto, chiamavo a me tutto ciò che conoscevo, scavavo tra le frasi della mia memoria, ipotizzavo, creavo soluzioni impossibili. E niente di tutto ciò mi portava a qualcosa di concreto. Ogni giorno da te, ogni giorno fino all’alba a fissarti per cercare di capire cosa ti spingeva a non farti aiutare. Volevi forse morire così..?“ perché non ti lasci aiutare..? “ Mi sfuggì, uno dei tanti pomeriggi in cui mi ero rifugiato nella tua stanza isolando le nostri discussioni dal mondo: isolando completamente tutto si trovasse al di fuori di quella stanza. Le tue dita si catturavano a vicenda in un gioco fatto di carezze, ti fissavi la pelle, misuravi la sottilizza dei tuoi capelli, ma non mi rispondevi. Sapevi parlare, eri intelligente più di me. “ che senso avrebbe rispondere a questa domanda.?” Deliziasti le pareti bianche solo per un attimo – colorandole e decorandole - ciononostante facevi persistere in te quella voglia di non rispondermi. Mi mandavi in crisi. I tuoi occhi sfitti, le tue labbra pressate senza forza tra di loro, il tuo respiro regolare: tutto mi dannava e mi consumava. Eri apatico, ma la tua bellezza era inammissibile. “ devi rispondermi Shou..voglio farti uscire da qui..” “ vorrei la sabbia..”

Esitai. Mi si fermò per un attimo il cervello, nel quale fluttuò una scena così struggente da tirarmi i nervi nello stomaco. Come se un qualcosa stesse risucchiando tutto il sangue che sgorga nelle vene del mio corpo. “ voglio farti uscire per sempre..non solo un paio d’ore “ ti raggiunsi, rimossi tutti i centimetri di distanza che separavano il tuo corpo dal mio, e mi chinai, intrappolando tra le mani le onde delle tue ginocchia che ben si intravedevano da quella tunica bianca – tipica dei manicomi/ospedali -. Sapevo di averti scosso con quella vicinanza, ma è ciò che volevo: scuoterti, svegliarti da quello stato che ti spegneva la mente.Volevo vederti vivere, come chiunque altro. “ portami sulla sabbia..per favore..” Ti lanciasti su di me come un bambino, cingendomi le spalle alla ricerca di appoggio. Non vedevo il tuo viso, era nascosto dai tuoi capelli che mi solleticavano la mascella “ Shou…promettimi che ti farai aiutare. Fatti aiutare da me “ Non ti sei mosso. Non hai nemmeno respirato a dire la verità. Il tuo corpo si fece pesante, le mie gambe incredibilmente deboli. E cadesti, dalla sedia, spingendomi all’indietro – forse volutamente, forse no – facendomi ritrovare sotto di te. Continuavi però a tenere il viso nascosto: le tue gambe nude, le dita dei tuoi piedi scoperti, e il profumo asfissiante del tuo corpo non mi fecero muovere. Assumemmo entrambi l’aspetto di tue eteree statue, avvolte nel bianco accecante della stanza. La luce era forte, quella del sole picchiava prepotente sulla finestra attraversando i vetrie poggiandosi su tutti gli angoli che riusciva a catturare. La tua sedia però no. Non ci arrivava a quella, che era nascosta, all’ombra. Per questo eri un cadavere: eri bianco e pallido come l’avorio. “ Andiamo..sulla spiaggia “ Sollevai le mani cercando di aggrapparmi alla tua testa per tirarla indietro. Infilai le dita tra i tuo capelli, e raggiunsi con gli occhi finalmente il tuo viso: steso in un ennesima faccia da spettro; Dopo vari tentativi – in cui tu tra l’altro mi avevi complicato le cose decidendo di non muoverti minimamente: facendo la parte del morto – riuscii ad alzarci, facendo in modo di trovarci seduti, a fissarci. Volevi andare a mare, volevi perderti nel suono delle onde – quelle vere, non quelle che ti portavo rinchiuse in una cassetta registrata – ma ignoravo la tua immobilità. Dovevi muoverti, farmi capire che eri vivo“ getta via quella cassetta..” un altro sussulto, le pareti della mia barriera crollarono lasciandomi senza difese. Mi avevi forse letto nel pensiero..eri capace di fare perfino questo? “ andiamo..” Ti alzasti, senza aggiustare le pieghe della veste e ti allontanasti, allungandoti via da me. Un me che avevi fatto rimanere a terra, con il cervello esamine: svuotato.

Iniziai ad avere paura di te.
  
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