Fanfic su attori > Cast The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: DarkYuna    26/03/2019    2 recensioni
(Seconda parte di "Ricama il mattino con i fili della notte")
Dal nono capitolo:
"La luce opalescente del giorno vicino alla morte si riverbera suggestiva nei suoi occhi
e le iridi trasparenti albeggiano su un cuore che si strugge, nella forza tragica,
di un amore non corrisposto.".
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Evans, Nuovo personaggio, Sebastian Stan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic



 
10.








 
Dicono che quello che avviene una sola volta nella vita è come se non fosse mai successo.
Quindi non conta la straordinarietà, ma conta solo l'ordinarietà?
Non lo so, forse sì, tuttavia le situazioni in cui mi sono sentita viva erano tutte straordinarie, inconsuete, in grado di spezzarti per la portata mirabolante della rarità.
 
 
Sebastian è la straordinarietà a cui non riesco a fare l'abitudine, ogni volta è come se lo vedessi per la prima volta, non è mai come la precedente, è come essere sulle montagne russe in discesa, ti senti volare, ma il realtà stai cadendo.  Pensi di aver raggiunto la vetta più alta, da cui potrai ammirare il panorama, invece ti rendi conto che tutti i tuoi sforzi sono vani, perché non sei in paradiso, ma in fondo all'inferno.
Solo una stupida sentimentale poteva illudersi di aver sciolto almeno qualche nodo dentro di lui, di essere riuscita a togliergli l'armatura, di aver fatto un passo in più nel suo buio, illuminandolo.
Ma, come ho già detto, sono solo una stupida sentimentale.
 
 
Nel pomeriggio avrò la prima ecografia con il ginecologo, dovrei essere elettrizzata, in realtà ho paura, non era così che desideravo divenire madre, ho ancora un sogno ben definitivo di come aspirerei fosse il mio futuro e, nonostante sia quasi impossibile, vorrei provare a tenere su i cocci che rischiano di cadere in qualsiasi momento.
Sebastian sarà con me, ha preso un impegno, però ha garantito che ci sarà a tutti i costi, si comporta in maniera stravagante dalla sera in cui abbiamo fatto l'amore, per la prima volta con sentimento e non per svuotare una mera pulsione fisica.
 
 
Ho trascorso il weekend con Anastasiya e Jillian nel nostro appartamento, per ora mi divido tra lì, la casa di Sebastian e quella dei miei genitori. Nessun'altro sa che sono incinta, voglio attendere che le cose si assestino, prima di rivelarlo al resto della famiglia e agli amici.
 
 
Sto camminando sul marciapiede di fronte al negozio di libri, continuerò a lavorare fin quando mi sarà possibile, anche se avevo promesso a Sebastian che oggi sarei rimasta a casa a riposare, i livelli di emoglobina non sono risaliti e devo riguardarmi il più possibile. Andria non sospetta ancora nulla, ma giungerà il momento che dovrò affrontarla e capire che ruolo interpreta lei in tutta questa storia grottesca.
Dalle cuffiette vengono fuori le canzoni con cui Anastasiya ha aggiornato la mia playlist personale, certa che mi sarebbero piaciute: mi conosce meglio di chiunque.
 
"You're just a cannibal and I'm afraid I won't get out alive
No, I won't sleep tonight
Oh, oh I want some more
Oh oh, What are you waiting for?
Take a bite of my heart tonight
Oh oh, I want some more
Oh oh, What are you waiting for?
What are you waiting for?
Say goodbye to my heart tonight.".
 
Immersa ad ascoltare la canzone, persa nelle frasi avvincenti e nella musica graffiante, non metto subito a fuoco le due persone che discutono concitate dinanzi la libreria ancora chiusa.
Tremo dalla testa ai piedi nell'accettare passivamente di essere nella parte sbagliata del mio destino.
Andria e Sebastian.
 
 
 
Discutono animatamente, ma non stanno litigando, no, proprio per nulla, assomiglia più ad un addio strappalacrime cinematografico, una di quelle scene che ti si aggrappano al cuore con un vigore inconcepibile, stringe il nodo di lacrime in gola e lascia in ricordo una via lastricata di amarezza e passioni deleterie. Lei ha gli occhi umidi ed arrossati dal pianto, è di una bellezza accecante... lei, la protagonista.
Lui è agitato, ha occhi solo per Andria, la contempla come se fosse una Dea, le stringe le mani frenetico, le accarezza il volto in maniera intima ed amorevole... lui, il protagonista.
 
 
Ed io... beh, io sono solo la comparsa sullo sfondo della pellicola, quella che nessuno ricorda mai al cinema, che passa beatamente inosservata, quindi non importa se muore o se si salva: non ci si innamora di un'ombra. Il cliché del principe che sposa la ragazza povera, sola e maltrattata è uno stereotipo talmente applicato che non fa più novità, adesso il principe sposa la principessa e vivono nel loro regno di fiaba. 
 
 
"Here we are again
I feel the chemicals kickin' in
It's getting heavy and I want to run and hide
I want to run and hide
I do it every time
You're killin' me now
And I won't be denied by you, the animal inside of you.".
 
 
  
Ed i cocci che mi sono tanto affannata a tenere legati, d'improvviso si frammentano a terra, in miliardi di schegge affilate che mi lacerano nel profondo.
 
 
 
Sebastian non ha mai contemplato me allo stesso modo che concede ad Andria, ed è tutto così evidente, assiomatico e lampante che solo una sciocca ragazzina come me poteva non notarlo: tra loro due non è mai finita. In questi anni hanno continuato ad amarsi disperatamente, come solo due anime dannate per l'eternità possono fare.
Per questo il cuore di lui non riesce a ricambiare i miei sentimenti, perché c'è posto per un'unica donna e quella donna è Andria, non Elaine... Andria, semplicemente lei e nessun'altra.
 
 
La testa mi gira impetuosa, le lacrime scendono involontarie, la terra trema sotto di me, le orecchie fischiano e la musica diventa la colonna sonora del mio dolore; indietreggio istintiva, in realtà non sto davvero pensando alle reazioni del corpo, agisco di conseguenza. Una pressione intollerabile stritola il cuore in una morsa dai denti acuminati e so che non posso sopportarlo, che non sono in grado di affrontare questo dolore, non sono capace e preferisco morire pur di evitarlo.
 
 
Gli occhi di Andria slittano fino a me, deve essere stata distratta dai miei movimenti insoliti, le palpebre si spalancano e sbianca, poi pronuncia qualcosa a mezza voce e Sebastian si volta... ed è il suo sguardo sconvolto di trovarmi lì a darmi una sensazione fredda come la fine di ogni cosa, la fine della speranza, dei sogni, del giorno, della notte, dell'esistenza... la fine di me.
E, prima, che possa decidere di confondermi con altre bugie, spiegazioni che non voglio ascoltare, falsità e menzogne che non faranno altro che strapparmi ancora e ancora e ancora, mi volto di getto per fuggire e, solo all'ultimo, mi accorgo con sgomento di essere scesa dal marciapiede e della macchina a tutta velocità che sta venendo dritta verso di me.
 
 
Accade tutto con una velocità di una lentezza esasperante, so che sta per arrivare il dolore fisico a far compagnia a quello dell'anima, che ci sono altissime probabilità che non vedrò il crepuscolo stasera, ma ciò che più mi fa male da morire è che la vita dentro di me non vedrà mai la luce del sole.  
Non ho obiettivamente il tempo materiale di spostarmi, di urlare, di fare null'altro che portare una mano sul ventre nel vano riflesso di proteggere l'unica cosa di veramente importante.
La vettura non tenta neppure di sterzare, il conducente è assorto al telefono, mi colpisce in pieno e il dolore che mi investe per intero non è neanche paragonabile a quello che ho supposto. Il corpo viene travolto con violenza, finisco con una brutalità inaudita sul cofano, batto forte la testa sul parabrezza, odo il rumore di un vetro rotto, la macchina frena brusca con un stridio sordo che solca l'asfalto e per reazione gravitazionale al colpo subito, rotolo malamente sulla strada. 
 
 
La musica non suona più per me.
Osservo i bagliori mattutini del cielo ceruleo, ma non li vedo veramente, la vista si scolora e si dipinge di macchie nere, ogni cosa si muove a rallentatore, non vi è più alcuna fretta, più alcuna sofferenza, non sento più niente... solo freddo.
Sono ancora lucida, anche se non riesco più a percepire il mio corpo, quando nella visuale appare il volto traumatizzato di Sebastian, sta versando lacrime per me, singhiozza incontrollato, si inginocchia e mi prende tra le braccia, non riesco a rispondere agli stimoli: sono bloccata in me stessa. Parla veloce, faccio fatica ad elaborare le parole agitate, grida un aiuto che nessuno sembra volergli dare, è devastato, fuori di sé, lo stesso smarrimento che ha colto me poc'anzi, si sta impadronendo anche di lui.
Con agghiacciante chiarezza, apprendo che è questo che anelo: voglio con tutta me stessa che soffra. Deve sentirlo nel profondo dentro di sé l'impossibilità nel trovare pace, un perdono che non giungerà mai, la colpa lo deve divorare con la stessa crudeltà ogni giorno della sua vita, fin quando avrà respiro.
 
 
Chiudo gli occhi e il tempo beffardo danza con me in un vortice vertiginoso ed incalzante di ricordi, lacrime e sofferenze che non guariranno mai, sono in strada, la mente crea scherzi di fantasia, poi sono in ambulanza e alla fine odo chiacchiere celate da una forte luce che acceca. Provo a toccarmi la pancia, ma gli arti non rispondono ai miei comandi, ho perso quel briciolo di potere che potevo esercitare su me stessa, dopo piango smodata, il tempo preme il tasto per accelerare, mi dilaniano le budella, fendono i muscoli, frantumano le ossa, urlo con la bocca imbastita da aghi, nessuno può udire la mia disperazione: è un incubo ad occhi aperti.
Ho sperato di morire, ma non sono morta.
Non credo di aver mai perso veramente i sensi, sono stata sveglia nonostante tutto, nonostante la sofferenza atroce, nonostante il desiderio spasmodico di chiudere gli occhi per sempre... ho visto tutto e sentito tutto.
Il bambino, il mio bambino...
Non ho capito quanto fosse fondamentale per me, fino a quando la sua vita è stata messa in pericolo dagli eventi.
In circolo ho tanto di quell'antidolorifico che il giorno e la notte si confondono, i limiti si mescolano e nulla ha più senso, apro gli occhi e vedo mio padre e mia madre: sono angustiati per me. Chiudo gli occhi e vengo investita di nuovo, ho una pressione spiacevole sull'addome, la gamba sinistra è come bloccata, la schiena duole a dismisura, ora fisso la luce del mattino divenire notte, qualcuno parla nel buio della coscienza. Riesco a cogliere il mondo che mi ruota attorno, ma sono da sola in un luogo che non ha porte, finestre o vie d'uscite, ubicato in un posto che non si trova da nessuna parte, in uno squarcio tra la dimensione terrestre e l'oblio.
 
 
Dalle tenebre dell'irrealtà odo un neonato piangere, la voce innocente riecheggia nel vuoto sconfinato e, nell'oscurità un cono di luce giunge dall'alto, rischiarando un uomo che, a passo sicuro, giunge verso di me.
Sebastian sorride come se il paradiso fosse sceso in terra solo per lui, ha tra le braccia una copertina rosa pastello che avvolge un piccolo corpo umano, che si dimena e geme forte.
Scorgo il bambino, ha nelle iridi di laguna il riflesso di quelle di suo padre, ma la forma ricordano i miei. Lo sguardo infantile slitta fino a me e finalmente smette di piangere, per ritrovare la quiete dopo la tempesta.
 
 
 
<< Lei ha i tuoi occhi. >>, rende noto Sebastian, non l'ho mai visto così raggiante, mi contempla con un amore che non mi ha mai regalato, ed è di una felicità accecante.
 
 
<< Lei? >>, ripeto stupita. Fino ad ora ero certa che sarebbe stato un maschio, invece sbagliavo.
 
 
<< Prințesa noastră. >>, sussurra in rumeno, per poi aggiungere. << La nostra principessa. >>. La gioia gli ravviva i tratti, rende la sua bellezza fulgida, il sorriso brillante, ma spezza il mio cuore definitivamente.
Provo un dispiacere sterminato, perché so che sta accadendo tutto nella mia testa, che quello che vedo con gli occhi della mente non è la realtà, sono più che sicura che io, quella bellissima bambina, non la incontrerò mai. È morta nell'incidente e con lei anche io.  
 
 
Il sorriso abbacinante di Sebastian si arresta e la favola si spezza, il momento lieto si scioglie come cera di una candela e resta solo una profonda amarezza.
 
 
<< Quanto è difficile lasciare andare qualcuno che non è mai stato nostro... >>, dico a mezza voce e la neonata tra le sue braccia si trasforma in polvere corvina che si disperde nell'oscurità. Un sorriso amaro e vuoto distorce la mia bocca. << Ti ho incontrato quando ormai era troppo tardi: non c'è spazio per me dentro di te. >>.
 
 
Faccio per voltarmi, ma lui mi afferra per un polso e con una lentezza che serve a sottolineare il momento solenne, grava la mia mano aperta sul torace, lì dove sotto strati di pelle, muscoli e sangue, avverto un cuore pulsare scatenato.
<< Lui non lo sa cosa prova, dovrai essere tu a dirglielo. >>, ammette e mentre le lacrime scivolano brucianti sul mio viso, riapro d'improvviso gli occhi.  
 
 
Batto più volte le palpebre, dopo tanta notte ho bisogno di abituarmi alla luce, traggo un profondo respiro perché so esattamente cosa mi è accaduto e dove mi trovo. Nell’aria, odori molesti di medicinali, formaldeide ed altri conservati di natura chimica, avverto un fruscio lieve e quando metto a fuoco il profilo familiare dell'uomo alla finestra, porto d'istinto una mano sull'addome.
Benché sia frastornata dalle medicine, riesco a sentirlo ugualmente il fastidio fisico e il grande cerotto medico che fascia da sotto l'ombelico, fino ai pressi del pube. Ho un tuffo di puro terrore che scalcia devastante dal cuore, di riflesso cerco qualcosa che non c'è più, che mi è stato strappato con la forza, quando più ero debole, mi agito ed è il ginocchio sinistro ingessato a protestare.
 
 
<< Dov'è? >>, sbotto sotto shock, così tante volte da perdere il conto, attirando così colui che mi ha condotta qui.
 
 
Sebastian si volta pallido come il marmo, sbarra le palpebre traumatizzato e prima che possa fare altro, corre verso di me per provare a calmarmi.
 
 
I lucciconi bollenti sgorgano istintivi.
<< Dov'è? >>, grido, benché non ne ho la forza, benché stia male, benché il dolore si irradia con una potenza insopportabile. << Non è più dentro di me! Perché hai permesso che me la portassero via? >>.
 
 
<< Elaine, ti prego, ti prego! >>, è l'unica cosa che sa dire, l'unica cosa, perché la sua colpa è così grande, da non avere parole abbastanza autentiche e provate per chiedermi perdono. Mi blocca perentorio per i polsi sul cuscino, ciò non serve, continuo a dimenarmi violentemente, l'ago della flebo si strappa dal braccio sporcando le lenzuola e il pavimento di sangue, il ginocchio ha delle fitte atroci ed avverto la ferita sul grembo bagnarsi con del liquido caldo.
 
 
<< Lasciami! >>, sbotto in uno strillo agghiacciante e, mentre lo fisso in quegli occhi annientati, umidi e rossi, gli vomito addosso un odio tale, capace di uccidere chiunque. << L'hai uccisa! Hai ucciso mia figlia! Hai ucciso mia figlia! >>.  
 
 
Lui accusa il colpo, lascia andare la presa ed indietreggia scosso, fino ad addossarsi al muro. L'espressione distrutta, sgomenta ed affranta fanno rapidamente presa al centro del petto e, per un lungo ed interminabile istante, tutto il rancore disumano che nutro per lui viene meno: l'amore è più forte.
 
 
Principalmente sono le mie urla ad attirare le infermiere, i miei genitori, Anastasiya, Jillian e Josephine dal corridoio. Una delle infermiere viene ad appurare i danni, scosta la coperta e il camice che indosso presenta una chiazza allarmante di sangue all'altezza della pancia; un'altra infermiera va a chiamare il medico in fretta, che fa uscire tutti dalla stanza e resto da sola con lo stesso dottore che mi ha prestato soccorso quando sono svenuta l’altra volta.
Devono mettermi altri punti di sutura perché alcuni si sono scuciti, disinfettano nuovamente e l'infermiera applica una garza pulita.
Per tutto il tempo sono stata inerme, ferma ed in silenzio, con la testa rivolta verso la finestra e le lacrime che inzuppavano il cuscino.  
 
 
<< Deduco che lei non lo voglia proprio questo bambino. >>, dice ad un certo punto, sradicandomi fuori dal mio stato di torpore.
 
 
Necessito di più tempo di quanto dovrebbe essere normale, per assimilare bene il significato di quell'unica frase.
<< C-cosa? >>, sbiascico a stenti, guardandolo scossa.
 
 
Ha un sorriso astuto, è certo che sia questo il motivo per cui ho dato di matto poc'anzi, perché sono certa di aver perso mia figlia.
<< Questo bambino avrà davvero una madre molto... >>, ci pensa un po' su, mentre annota qualcosa sulla cartella clinica, per poi passarla all'infermiera. <<... esuberante... mi permetta il termine. E quello che ha preso a male parole, deve essere il padre suppongo. Centra qualcosa con il suo incidente? >>.
 
 
Scuoto perentoria la testa, non centra fisicamente, ma ne è la causa simbolica.
<< Lui sa che non ho perso il bambino? >>. Nella mia testa ormai è una bambina, ma come posso spiegare il sogno che ho fatto? Verrei presa per matta, cosa che, tra l'altro, sta già accadendo, grazie alla mia scenata.
 
 
<< Sono tenuto a rivelare le condizioni dei pazienti solo ai parenti stretti, quindi, per quanto ne so, solo i suoi genitori ne sono a conoscenza. >>.
 
 
Scrollo la testa, confusa.
<< Allora perché mi avete operata? >>.
 
 
<< L'incidente ha causato un'emorragia addominale, abbiamo semplicemente eseguito una Laparotomia Verticale... se il giovanotto in ambulanza non avesse detto prontamente al personale medico che lei è incinta, avrebbe senza dubbio perso il bambino. >>. Quindi è grazie a Sebastian che mia figlia... nostra figlia, è ancora viva, la notizia mi provoca sollievo e dispiacere al contempo.
 
 
<< È sempre stato qui? >>, chiedo, ho la voce che trema e il cuore tuona di battiti funesti.
 
 
<< Per quanto abbia appurato in prima persona, non è mai uscito da questa stanza. Ha rifiutato perfino il cibo che i portantini gli hanno offerto ed ha passato le ultime due notte lì. >>. Indica il tavolino bianco e la sedia di metallo duro adiacente la finestra, dove Sebastian ha dormito, pur di non andarsene.
 
 
In un primo momento mi illudo che lo abbia fatto per me, che mi sono sbagliata, che c'è uno spazio in lui dove ci sono io, poi ricordo la ragione che mi ha condotta qui e giungo alla soluzione più ovvia: è la colpa che lo obbliga. Null'altro.
 
 
<< Devo farlo entrare? >>, domanda placido il dottore, mentre l'infermiera esce dalla stanza, richiudendosi la porta dietro. È inconsapevole del vortice caotico che ho nel cervello.
 
 
Socchiudo appena le palpebre, il corpo è stanco di soffrire, così come l'anima, ma sono due dolori diametralmente opposti. Quello del corpo si può curare, ogni minuto che passa mi porterà a stare meglio, ma quello dell'anima no, quello non guarisce con un farmaco o un analgesico e se, i sentimenti che lo hanno causato sono sinceri fino in fondo, allora no... non guarirà mai.
 
 
<< No, non voglio vederlo... non voglio vederlo mai più. >>.









Note: 
Se le storie non le scrivo dolorose, non le sento davvero mie e veritiere. Ormai si era capito xD poveri i miei personaggi! 
Oltre a dispiacermi tantissimo per Elaine e l'incidente, mi dispiace ancor di più per Sebastian, perché crede che lei abbia perso il bambino (o bambina) durante l'incidente. E lui desidera davvero tantissimo diventare padre. Tutti (o quasi) sanno che non è così, tranne che lui e la colpa per quel che è accaduto lo sta uccidendo in una maniera impressionante. 
Anche questa volta, se lei gli avesse dato modo di parlare e spiegare, anziché fuggire, forse le cose sarebbe andate differentemente. 

La canzone all'interno del capitolo è: "Animal" dei Neon Trees. 

 

La storia può presentare errori ortografici.



Un abbraccio.
DarkYuna. 

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: DarkYuna