IL VALORE DELL'ARTE
Fausto si
girò nel letto e guardò la radiosveglia. Aveva
ancora cinque minuti di tempo prima di doversi alzare. Si
voltò verso l’altra
metà del letto, ma sua moglie si era già alzata.
Avrebbe potuto
farle una sorpresa per quella sera. Era il
loro secondo anniversario e a Fausto venne in mente l’idea di
cucinare per lei
una romantica cenetta e di passare la serata davanti al camino a
chiacchierare.
Si
alzò con uno scatto, pieno di energia all’idea di
organizzare qualcosa di nuovo. Lui che era così monotono e
difficilmente faceva
qualcosa di diverso dal solito. Glielo dicevano tutti. Bhe, quel giorno
avrebbe
fatto qualcosa di diverso.
Si
lavò e si fece la barba (lo faceva tutti i giorni, ma
alcune cose non andavano per forza modificate, giusto?) e si
incamminò verso
l’auto. Prima di arrivarci decise di cambiare anche qualcosa
di piccolo.
Piccolo e banale. Avrebbe preso il caffè nel nuovo bar
vicino a casa invece che
quello vicino all’ufficio. Così, invece di salire
in macchina, la sorpassò ed
entrò nel locale.
Si
guardò intorno, ordinò un caffè e
scambiò due chiacchiere
con i baristi, marito e moglie. Guardò l’orologio
e vide che si stava facendo
tardi. Si avvicinò alla cassa, e si toccò la
tasca dei pantaloni, dove teneva
il portafoglio, per pagare. Ma non trovò niente. La tasca
era vuota.
Aveva scordato
il portafoglio! No, com’era possibile? Era una
cosa totalmente assurda! E in più era in un posto dove non
lo conoscevano,
avrebbero potuto pensare che lo avesse fatto apposta. Va be, aveva
preso solo
un caffè, in fin dei conti, avrebbe potuto passare quella
sera, di ritorno
dall’ufficio. Doveva solo dirlo alla gentile barista.
Si
avvicinò un po’ imbarazzato, quando lei disse:
“Plié singolo
per il caffè” Fausto sbattè gli occhi.
Cosa aveva detto?
“Come,
scusi?” la barista lo guardò un po’
confusa e ripetè:
“Deve fare un Plié singolo” E
indicò un cartello alle sue spalle. Fausto alzò
gli occhi.
Il tariffario
del bar indicava il prezzo per ogni
consumazione; caffè, Plié singolo. Cappuccino,
doppio Plié. Cornetto un battement
tendu . Una colazione, Plié
singolo e un Tombé.
Fausto non
riusciva a capire. Sapeva cosa fossero Plié
e Tombé. Sua
moglie era una ballerina e quelli erano tutti passi di
danza. Sapeva più o meno tutti come si facessero. Quindi la
barista non
scherzava. Anzi, lo guardava con un po’ di impazienza.
Così
aprì la giacca e si mise in prima posizione.
Allungò le
braccia in fuori e si piegò sulle ginocchia. Poi
tornò su.
Fausto
guardò la barista che sorrise estasiata.
“Bravissimo!
Sei stato bravissimo!” Sorrise anche lui. Che cosa stupida!
“Quindi posso
andare?” non disse senza pagare
perché gli sembrava di aver appena pagato con la sua
dignità, nonostante,
quando guardò il marito della barista notò che
anche lui annuiva e sorrideva.
Si diresse fuori dal bar ancora sorridendo. Che strano bar,
pensò, ma almeno
aveva fatto qualcosa di diverso.
Si
allungò verso il panificio, avrebbe preso il pane e
sarebbe passato la sera a pagare e ritirare tutto. Il panettiere lo
conosceva,
in fin dei conti, non gli avrebbe detto di no.
Quando fu
servito, aprì la bocca per proporre all’uomo la
sua
idea, quando lui disse: “Due rime. Dai, facciamo una, che
vedo che sei di
fretta” Come? Sgranò gli occhi. Ma cosa avevano
tutti quella mattina? “Una
rima?”
Il barbuto
panettiere annuì e si mise in attesa. La gente
dietro di lui premeva per essere servita e così su due piedi
disse: “Le rose
sono rosse le viole sono blu…” e si
fermò a pensare. L’uomo scosse la testa
“Dai, puoi fare di meglio, Fausto! Su, inventa una
rima”
Oh, doveva
inventare una rima. Si guardò intorno… Non
è che
fosse molto bravo in quelle cose… ma se poteva portarsi via
il pane senza
pagare…
“Ehm...
Il sole splende
dietro le tende…? Va bene?”
L’uomo sbuffò un po’. “Per
stavolta va bene, ma
la prossima volta ti voglio più concentrato, eh?”
Oh, ok. Annuì prendendo il
sacchetto con il pane e scusandosi, uscì dalla porta.
Si
fermò davanti alla macchina. Ma cosa avevano tutti di
strano quella mattina? Perché nessuno voleva più
i soldi? I cari vecchi euro?
Salì
in macchina e andò al lavoro. Per tutto il giorno
pensò
a quello che gli era successo. Doveva essere un sogno. Un sogno che non
si era
accorto di fare. Certo, era senz’altro così.
Oppure? Non ne parlò con nessuno.
Aveva paura che gli dicessero che era fuori di testa.
Quando
staccò alle cinque, si fiondò in macchina e
tornò
verso casa. Voleva passare dal macellaio e dal fruttivendolo. Magari
avrebbe
potuto anche comprare un mazzo di fiori.
Quando
parcheggiò, decise di voltarsi per vedere se il nuovo
bar fosse ancora lì. Un po’ si
meravigliò che fosse così. E se stava impazzendo
davvero? Scosse le spalle e si allungò dal macellaio.
Comprò
delle fettine di carne tenera per fare una ricetta di
cui sua moglie gli parlava spesso e si spostò verso la cassa
per pagare. In
macchina aveva trovato il portafoglio. Chissà
perché avesse iniziato a tenerlo
lì. Ma prima che potesse aprilo, il macellaio gli disse
“Canta una canzone”
Eh? Fausto
alzò lo sguardo dal portafoglio, che aveva appena
scoperto fosse vuoto, e lo guardò. “Che
canzone?” Lui scosse le spalle. “Quella
che vuoi” Fausto aprì la bocca e cantò.
***
Quando sua
moglie tornò a casa, quella sera, le spiegò come
avesse pagato gli ingredienti per
la
cena, ossia recitando una poesia e interpretando una scena di un film, per il fruttivendolo, ma lei non fu stupita.
“E come avresti voluto
pagare, scusa?”
Fausto rimase un
attimo imbambolato. “Con gli euro, forse?
Sai, quelle monetine e quei pezzi di carta che si danno al posto degli
acquisti?” disse sarcastico, ma un po’ preoccupato.
Sua moglie
corrugò la fronte mentre mangiava l’insalata.
“Veramente mi sembra un modo un po’ strano di
pagare sai? È meglio come facciamo
adesso”
Fausto
spalancò la bocca: “Ah si?” e rise.