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Autore: _kid    27/03/2019    1 recensioni
«Sai quali sono le tue alternative adesso?»
«Sperare per il meglio o operarmi» rispose Izuku con la voce ancora roca. Aveva sperato contro ogni logica che fosse qualcos’altro, ma ormai era costretto ad affrontare la situazione.
«Esatto»
«C-che fiori sono?»

[Canon!AU] [3-A] [Hanahaki Disease] [TodoDeku] [BakuDeku] [MinorSpoiler!per chi non è in pari con il manga] [Warning: attacchi di panico]
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Shouto Todoroki
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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find the light
Gelsomino
Esprime amore e speranza di felicità per la persona amata.
 

Midoriya Izuku si sentiva fiducioso e non riusciva a smettere di sorridere mentre indossava il suo costume da eroe per la prima sessione di allenamento del nuovo anno: non solo era riuscito ad entrare alla U. A, ma alla fine
di quell’anno si sarebbe diplomato e avrebbe cominciato la sua scalata per diventare l’eroe numero uno, il nuovo simbolo della pace.
«Si può sapere che hai da ridere, nerd?» interruppe i suoi pensieri Bakugou.
Nonostante fossero ormai lontani i giorni in cui la sola presenza del suo vecchio amico lo portava a tremare e nascondersi non poteva dire di sentirsi ormai perfettamente a suo agio accanto al biondo, ma quel giorno neanche
lui sarebbe riuscito a rovinare il suo umore: «Non vedo l’ora di diventare un eroe» gli rispose con lo stesso sorriso in faccia.
«Tzk, vedi di sbrigarti» gli disse prima di uscire dallo spogliatoio.
Quando tutti furono radunati il professor Aizawa decise di dividerli in coppie per vedere se avessero fatto i loro compiti durante le vacanze.
Midoriya venne messo in coppia con Todoroki: uno aveva ricevuto il compito di migliorare le proprie capacità nel combattimento a distanza, l’altro negli scontri ravvicinati. All’annuncio della coppia Midoriya arrossì fino alla
punta dei capelli: durante le vacanze, quando avevano smesso di vedersi ogni giorno, si era reso conto di quanto gli mancasse Todoroki; si erano scambiati messaggi quasi quotidianamente e alla fine era stato costretto ad
ammettere a sé stesso di essersi preso una cotta per il compagno di classe. Quello a cui non aveva pensato era quanto sarebbe stato difficile comportarsi come se nulla fosse una volta ritornati alla loro routine.
Verso la fine del combattimento Midoriya sentì di essere a corto di fiato – doveva essere più fuori allenamento di quanto pensasse. O forse si stava prendendo l’influenza, pensò con terrore: non poteva permettersi di
rimanere indietro già all’inizio dell’anno. Si disse che, per precauzione, quella sera avrebbe preso un’aspirina prima di andare a letto.
Con un piano d’azione in mente si diresse con gli altri verso le docce.
*
 
Durante la settimana la sua condizione non voleva saperne di migliorare: si svegliava la mattina stando bene e con l’andare della giornata si ritrovava di nuovo senza fiato e, anziché migliorare, con il passare dei giorni gli
sembrava di stare sempre peggio.
«Midoriya, tutto bene?» gli chiese Todoroki seduto accanto a lui: «Sembri pallido».
Apprezzava veramente la preoccupazione dell’amico, ma non sapeva veramente come rispondergli: da quando Midoriya aveva aggiunto al carico di lavoro la preoccupazione di dover nascondere i suoi sentimenti, quelle
sessioni di studio erano diventate una tortura per lui, ma interromperle all’improvviso sarebbe stato sospetto. Quando erano così vicini c’era ben poco che potesse fare per controllare le sue reazioni: sentiva di avere la pelle in
fiamme, le mani sudate e riusciva a malapena a nascondere i suoi balbettii con i suoi tradizionali fiumi di parole: «Cr-credo mi stia venendo un po’ di influenza».
«Vuoi che continuiamo domani il ripasso di inglese?»
«Non c’è bisogno, non preoccuparti».
Andarono avanti a studiare per un’altra mezz’ora prima di concordare che, per quella sera, non sarebbero più riusciti a concludere nulla.
«Sei sicuro di stare bene?» tornò alla carica Todoroki. Non aspettò neanche la sua risposta prima di poggiargli una mano sulla fronte: «Sembri caldo, dovresti andarti a riposare».
«S-sì, credo che lo farò. Buonanotte. E grazie per l’aiuto!» recuperò rapidamente le sue cose Midoriya e si allontanò dalla sala comune.
Quando arrivò in camera sentì nuovamente mancargli il fiato, ma a questo si aggiunse un fastidioso pizzicore alla gola. Forse veramente si stava prendendo l’influenza. Provò a fare qualche colpetto di tosse nella speranza che
la sensazione passasse, ma si tramutarono rapidamente in un vero e proprio attacco di tosse che lo lasciò accasciato al muro senza fiato: quando allontanò le mani dalla bocca trovò un petalo bianco macchiato di sangue.

 
*

 
Quella notte Midoriya non riuscì a prendere sonno. E neanche quella dopo. E neanche quella successiva. Passava ore intere a fare ricerche nella speranza di trovare qualcosa, qualunque cosa, che gli dicesse che la sua ipotesi fosse sbagliata, che gli desse una via di fuga, ma finiva sempre a rileggere gli stessi articoli sugli stessi siti.
Cominciò ad evitare di allenarsi con Todoroki, cominciò a fare maggiore attenzione durante i suoi allenamenti – aveva il terrore di finire da Recovery Girl e ricevere la diagnosi definitiva. Per la prima volta nella sua vita
desiderò non sapere.
Il suo comportamento non passò inosservato ai suoi compagni di classe: tutti loro vedevano che si stava trattenendo. Con sua sorpresa il primo a confrontarlo al riguardo fu Bakugou: era un sabato mattina e avevano appena
finito una delle sessioni di allenamento speciale per One for All.
«Si può sapere che cazzo ti prende?»
Izuku si sentiva esausto, non aveva voglia di affrontare una qualsiasi discussione con Kacchan, figurarsi quella. Fece per uscire dallo spogliatoio, ma l’altro bloccò la porta.
«Fammi uscire»
«No. Ti stai allenando di merda e in classe riesci a malapena a tenere gli occhi aperti»
«Sembri quasi preoccupato per me» Izuku sapeva che dirgli una cosa del genere era un colpo basso, ma voleva finire il più in fretta possibile.
Bakugou sembrò preso in contropiede: «Non ha senso sprecare così i miei sabato mattina»
«Fammi uscire, Kacchan».
«No.»
Midoriya per la prima volta in vita sua provò il desiderio di ferirlo: caricò il suo quirk e provò a colpirlo, ma i riflessi dell’altro erano sicuramente migliori dei suoi in quel momento. Quello che doveva essere un modo rapido di liberarsi di Kacchan e uscire da lì si trasformò rapidamente in una rissa in piena regola: nessuno dei due stava utilizzando il suo quirk, volavano calci e pugni, ma pochi dei colpi di Izuku andarono a segno.
«Come pensi di diventare un eroe se non riesci neanche a colpirmi, eh, Deku?» gli urlò il biondo.
Vennero interrotti da All Might, che sentendo il caos si era precipitato nello spogliatoio e li aveva separati.
«Vedi di riprenderti» gli disse Bakugou prima di uscire di lì.
Midoriya si sedette a terra con la testa tra le ginocchia. All Might si sedette accanto a lui: «Che ti succede, ragazzo mio?»
Per la prima volta da quando era iniziato tutto Izuku sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
*
 
La stanchezza e la carenza di sonno gli presentarono definitivamente il conto durante gli allenamenti individuali del martedì pomeriggio: Midoriya stava cercando di allenarsi sull’utilizzo in serie sia dei calci che dei pugni. In atterraggio da un salto sentì una improvvisa fitta alla caviglia.
Todoroki, che si stava allenando poco distante, gli fu subito accanto: «Midoriya, tutto bene?»
«E’ solo la caviglia» fece per alzarsi, ma Todoroki lo bloccò mettendogli una mano sulla spalla.
«Dovresti rimanere fermo, potresti esserti rotto qualcosa»
«Midoriya, ragazzo, riesci a camminare?» gli si avvicinò All Might: «Aiutami a portarlo da Recovery Girl» disse a Todoroki. Lo presero per la vita, facendosi passare le sue braccia intorno alle spalle e lo trasportarono in infermeria e lo aiutarono a stendersi sulla barella indicata dall’eroina.
«Puoi tornare agli allenamenti» disse All Might a Todoroki, che annuì e uscì dalla stanza. Non appena fu uscito Izuku venne preso dall’ennesimo attacco di tosse. Non poté evitare che All Might e Recovery Girl vedessero.
 
«La tua caviglia ha preso una storta. L’ho sistemata, ma dovresti comunque prenderti qualche giorno di riposo»
Izuku annuì. «Ma non è quello che mi preoccupa al momento» riprese Recovery Girl.
Il ragazzo abbassò lo sguardo – aveva fatto di tutto per evitare quel momento ed era stato tutto inutile.
«Hai già capito di che si tratta, immagino». Izuku annuì nuovamente. «Da quello che ho visto oggi posso immaginare di chi si tratti». All Might accanto a loro seguiva la conversazione in silenzio.
 «Sai quali sono le tue alternative adesso?»
«Sperare per il meglio o operarmi» rispose Izuku con la voce ancora roca. Aveva sperato contro ogni logica che fosse qualcos’altro, ma ormai era costretto ad affrontare la situazione.
«Esatto»
«C-che fiori sono?»
«Sono gelsomini. Il fiore in sé non è molto grande, ma è una pianta rampicante molto fitta e invasiva»
«Cosa comporterebbe l’intervento?» trovò il coraggio di chiedere.
«Purtroppo allo stadio attuale comporterebbe la perdita di tutti i ricordi».
Aveva letto che poteva succedere, ma non voleva rassegnarsi così a perdere tutti i ricordi legati a Todoroki: prima di tutto erano amici, come poteva dimenticare tutto quello che avevano passato insieme? Solo il pensiero gli risulta insopportabile.
«Non è escluso che con il tempo i ricordi possano ritornare» continuò Recovery Girl.
«Io voglio… devo almeno provarci»
Recovery Girl annuì: «Puoi tornare quando vuoi, ma ti consiglierei di affrettarti»
«Mi dispiace» non sapeva bene per cosa si stesse scusando.
«Non è colpa tua, ragazzo mio» lo confortò All Might accanto lui. La sua voce non riusciva a nascondere la preoccupazione.

 
*
 
Quando aveva capito di essersi innamorato, Izuku aveva pensato che tutto ciò che si diceva sull’argomento fosse una bugia: per lui non c’era stato nessun tormento, nessun fuoco bruciante, nessuna notte insonne. La sensazione per lui era stata più quella di un alberello piantato sul suo cuore il giorno dello sport festival che con il passare del tempo aveva spinto le sue radici sempre più in profondità – era stato qualcosa di dolce, di delicato, di naturale. Come poteva arrivare a far tanto male?
Perso nei suoi pensieri si ritrovò di fronte alla porta della stanza di Todoroki – sentì immediatamente il suo battito accelerare e la gola stringersi al pensiero di stare per vederlo. Per l’ultima volta? Si chiese distrattamente.
«Todoroki, sono Midoriya» bussò.
«Come sta la tua caviglia?» chiese l’altro non appena ebbe aperto la porta.
«E’ solo una piccola storta. Posso entrare un momento? Dovrei parlarti».
Todoroki si spostò dalla porta e lo fece entrare. Nelle ultime ore Izuku aveva provato il suo discorso un’infinità di volte, ma adesso che era lì sentiva il fiato mancargli, la bocca secca e la testa completamente vuota: «Io avevo preparato un discorso e- e adesso n-non so bene cosa dovrei dire… Dovrei andare dritto al punto, sì. E-ecco… Tu… Tu mi piaci, non solo come un amico. I-io dovevo dirtelo, almeno una volta prima che… prima di… dovevo dirtelo».
Todoroki sgranò gli occhi davanti a lui, incerto su come avrebbe dovuto reagire. Midoriya non l’aveva mai visto così preso alla sprovvista: cercò di osservare ogni singolo del dettaglio del suo volto, voleva essere sicuro di aver colto tutto prima di dover dimenticare.
«Midoriya, io… io non posso. Tu sei mio amico. Sei una delle persone a cui tengo di più, ma non posso ricambiare. Mi dispiace» aveva la voce in procinto di rompersi, stava facendo del male a una delle persone più importanti della sua vita.
«Lo immaginavo, ma dovevo fare almeno un tentativo» c’era un sorriso amaro sul suo volto. «C’è un’altra cosa che devo dirti… Dovrò sottopormi all’intervento per l’Hanahaki… mi dimenticherò di te…»
Todoroki ne aveva sentito parlare, ma era sempre stato convinto fosse una leggenda metropolitana: come era possibile ammalarsi per amore? Come poteva sembrare credibile una cosa del genere proprio a lui, a cui era stato impedito di crederci sin da piccolo, quando i bambini imparano cosa sia guardando i propri genitori?
«Non preoccuparti, starò bene» continuò Izuku tentando di sfoderare il suo sorriso da eroe, ma il suo volto si era scavato nell’ultimo periodo e il suo corpo non smetteva di tremare.
«Perché non me l’hai detto?»
«Non volevo influenzare la tua decisione. Credo sia meglio che vada». Izuku si avviò verso la porta.
«Midoriya? Grazie.»
Midoriya gli sorrise dalla porta: «Abbi cura di te, Todoroki».
 
Izuku riuscì a malapena a fare un piano di scale prima di perdere quel poco di compostezza che era riuscito a mantenere fino a quel momento: si accasciò a terra e sentì la gola stringersi, ma non riuscì a capire se dipendesse dai fiori. Il suo cuore batteva troppo veloce, con ogni respiro sentiva di avere un macigno sul petto e di non riuscire a prendere abbastanza aria, sudava freddo e il corpo tremava, la sua vista cominciò ad annebbiarsi e i contorni del mondo intorno a lui cominciarono ad essere sempre più ovattati.
Era convinto che sarebbe morto lì, senza essere riuscito a fare nulla della sua vita.
Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi sul suo respiro, ma chiudere gli occhi lo fece stare peggio e ogni volta l’aria passava per la sua gola la sentiva grattare e veniva scosso da un altro attacco di tosse.
Cominciò a riscuotersi solo quando sentì qualcuno afferrargli le spalle e scuoterlo: «Deku, che cazzo ti prende?»
Bakugou era accovacciato davanti a lui, Izuku lo guardo terrorizzato, continuando a respirare affannosamente: «I-io… non riesco a respirare».
«Ok, è solo un attacco di panico. Tranquillo. Respira con me… Piano» Izuku non ricordava di aver mai sentito la sua voce così tranquilla, senza urla o insulti. Fare respiri profondi però aumentò il dolore alla gola e gli causò un nuovo attacco di tosse; portò una mano alla bocca, nella speranza di nascondere i petali che sentiva di avere in bocca, ma non ci riuscì. Vide Katsuki sbiancare.
Izuku si sporse verso di lui, poggiò la testa sul petto dell’altro e si aggrappò alla sua maglietta, confortato dal calore del suo corpo; cominciò a riafferrare la realtà che lo circondava e iniziò a piangere per tutto ciò per cui non aveva pianto fino a quel momento: per la paura, l’ansia, per sé stesso, perché avrebbe perso Todoroki.
Respirare era ancora più doloroso così, ma almeno il peso sul suo petto cominciò a sembrare più sopportabile.
Si chiese se dimenticare avrebbe reso tutto più facile.
Quando, sfinito, cadde in un sonno agitato Bakugou se lo caricò in braccio e lo portò nella sua stanza.
*
Quando Izuku si svegliò era a malapena l’alba e la stanza intorno a lui non era la sua. Ci mise un po’ a ricordare gli avvenimenti della sera precedente. Katsuki dormiva ai piedi del letto, con la testa poggiata al muro e le braccia incrociate; quando lo sentì muoversi aprì gli occhi.
«Devi andare da Recovery Girl» gli disse con un tono che non ammetteva repliche.
«Sì»
«Devi sottoporti all’operazione»
«Lo so»
«Non posso superarti se ti fai ammazzare da due fiori del cazzo» disse alzandosi. «Andiamo»
«Adesso?»
«Sì, adesso»
Izuku si arrese e si alzò dal letto: «Voglio almeno cambiarmi»
«Ti aspetto di sotto»
«Vieni con me?»
«Devo assicurarmi che tu non fugga all’ultimo per salvare qualche gatto del cazzo».
Scesero le scale e Izuku si fermò al primo piano, Bakugou fece per proseguire, ma si fermò dopo un paio di gradini: «Chi?» chiese voltando leggermente la stessa nella sua direzione.
«Todoroki» ammise l’altro.
Izuku lo vide stringere i pugni mentre scendeva le scale.
 
Todoroki aveva passato la notte a fare ricerche ed era arrivato a scoprire due cose: che l’unica strada che Midoriya poteva percorrere adesso era quella dell’intervento e che il contatto la persona che aveva causato la malattia era sconsigliato. Lui avrebbe perso tutto, il suo supporto, la sua amicizia, le giornate passate insieme – avrebbe perso il suo migliore amico, ma sarebbe stato bene con il tempo. Era seduto in un angolo del divano della sala comune con una tazza di caffè in mano, continuava a ripercorrere la conversazione che avevano avuto: si chiese se avrebbe potuto dirgli qualcos’altro, se avrebbe potuto almeno provarci – magari con il tempo sarebbe stato in grado di ricambiare i suoi sentimenti.
A riscuoterlo fu una mano che lo afferrò per il colletto della maglietta e lo attaccò al muro, sentì la testa sbattere contro la parete dietro di lui. Bakugou non disse nulla, nessun insulto, nessuna imprecazione, la furia che traspariva dai suoi movimenti era nuova, Todoroki non l’aveva mai vista: non era la grinta che gli faceva vincere i combattimenti, era qualcosa di più viscerale e profondo. Gli tirò un pugno, poi un altro. Todoroki non si scansò. Sentì qualcuno urlare qualcosa e tirare via Bakugou, sentì la stretta alla sua gola allentarsi e i suoi piedi toccare terra.
«Che diavolo ti prende?» stava urlando Kirishima a Bakugou. «Todoroki, tutto bene?» chiese poi a lui.
Todoroki annuì prima di uscire dal dormitorio: non sapeva bene come comportarsi, ma c’era almeno una cosa che poteva fare per aiutare Midoriya.

*
 
La sala professori era piena e odorava di caffè. Aizawa seduto alla scrivania aveva a malapena alzato i fogli dai compiti che stava finendo di correggere: «Todoroki, è presto. Cosa ci fai qui?» gli chiese con la sua solita voce senza inclinazione.
«Vorrei essere spostato nella sezione B»
«La sezione B è piena. Non posso spostare studenti per dei bisticci» gli rispose Aizawa gettando una mezza occhiata allo zigomo che stava rapidamente diventando nero.
«Sposti Shinsou nella A e faccia andare me nella B»
«Sarebbe indietro e-»
«Sa meglio di me che se c’è qualcuno in grado di recuperare quello è lui» lo interruppe.
Aizawa sospirò e alzò la testa dalle sue carte: «C’è un motivo particolare per questa richiesta?»
Todoroki annuì.
«E hai intenzione di illuminarmi?» continuò Aizawa.
«Non posso farlo»
Aizawa sembrò voler chiedere altro, ma venne interrotto da Recovery Girl: «Faglielo fare».
Il professore sembrò sorpreso dall’intromissione, ma dovette notare qualcosa perché smise di fare domande: «Dovremo notificare il trasferimento a tuo padre, non sarà contento»
«Lo so»
«Puoi cominciare già da oggi. Ci penserò io a comunicarlo a Vlad. Alla fine delle lezioni dovrai trasferirti nel dormitorio della classe B»
Todoroki annuì, ringraziò e fece per andar via: «Ragazzo?» lo interruppe Recovery Girl. «Stai facendo la cosa giusta».
Un po’ rincuorato Todoroki si preparò per cominciare a conoscere la sua nuova classe.
*
 
Bakugou non aveva ancora idea di come l’avessero convinto a lasciare l’infermeria e frequentare le lezioni quella mattina. Era seduto al suo posto, grattava nervosamente il banco e cercava di ignorare faccia-tonda che continuava ad aspettare che comparisse Deku e le occhiate preoccupate che gli rivolgevano i suoi auto-proclamatisi amici – capelli-di-merda doveva aver già raccontato a tutti il suo exploit della mattina.
Quando entrò Aizawa tutti si accomodarono ai loro posti: «Alcune informazioni prima di cominciare la lezione» cominciò. «Todoroki ha chiesto di essere trasferito nella sezione B e da oggi non sarà più un vostro compagno di classe». Alcuni mormorii cominciarono ad alzarsi. La notizia, doveva ammettere Bakugou, l’aveva sorpreso – era forse l’unica cosa giusta che avesse fatto il bastardo a metà; solo a pensarci ricominciavano a tremargli le mani. «Al suo posto si unirà alla sezione A Shinsou Hitoshi» continuò Aizawa come se niente fosse.
Questa volta ci volle un po’ di più per riportare l’ordine nella classe: «Ora l’altra comunicazione» riprese. «Midoriya mancherà per qualche giorno per sottoporsi ad un intervento. Non dovrei divulgare queste informazioni, ma avrà bisogno della collaborazione di tutti per il prossimo futuro…»
Bakugou non aveva nessuna intenzione di rimanere lì a sentire il resto del discorsetto su come avrebbero dovuto trattarlo, su come avrebbero dovuto evitare di nominare Todoroki per un po’ di tempo e tutte le altre stronzate. Fosse stato per lui l’avrebbe fatto fuori e risolto il problema alla radice. Si alzò di scatto e uscì dalla classe. Per una volta nessuno gli disse niente.
 
L’operazione sembrava non finire più. Bakugou continuava ad aspettare la telefonata di All Might, ma non riusciva a stare fermo. Aprì la porta della stanza di Deku e fece sparire tutte le cose che riguardavano Todoroki da quella stanza: i video del primo festival sportivo, lo stupidissimo portachiavi di All Might che gli aveva regalato per il babbo natale segreto dell’anno precedente e tutte le pagine dei quaderni che lo riguardavano – non riuscì a non storcere la bocca quando vide quanto fossero dettagliate, le uniche altre persone su cui il nerd aveva speso tanta attenzione erano lui stesso e All Might. Avrebbe voluto dare fuoco a tutto, ma il pensiero dell’impegno che c’era stato dietro lo fermò.
Si sedette sul letto di Izuku con la sua orribile coperta di All Might, si prese la testa tra le mani e per la prima volta dalla sera precedente si lasciò prendere dalla preoccupazione.  
*
 
Le lezioni quella mattina furono un incubo per Todoroki: la sezione B non sembrava male e già conosceva molti di loro, ma non riusciva a non pensare che cosa stesse passando Midoriya in quel momento. Era già in sala operatoria? Come stava andando? Si sarebbe ripreso in fretta? Non voleva che la sua carriera di eroe fosse rovinata da quella situazione.
Il senso di colpa sembrava non volerlo far respirare: la testa continuava a dargli delle fitte, sentiva di avere le vertigini e gli veniva da vomitare. A peggiorare le cose durante la pausa pranzo arrivò la telefonata di suo padre: «Cosa pensi di fare Shouto?! Non è dalla sezione B che uscirà l’eroe numero uno!»
 
Stava facendo le valige per il suo trasferimento quando sentì qualcuno bussare: «Posso entrare, Todoroki?».
Aprì la porta a Momo: «Come sta?» le chiese immediatamente.
«L’hanno operato, sembra sia andato tutto bene» rispose l’amica entrando.
Todoroki riprese a fare i bagagli.
«Sei sicuro di tutto questo?» gli chiese la ragazza.
«Se ho una possibilità di diventare un eroe diverso da mio padre lo devo a lui»
«Sai che non è colpa tua, vero?».
Era facile a dirsi, ma Todoroki non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che avrebbe potuto fare qualcosa di più, che avrebbe potuto gestire meglio l’intera situazione.
«Sono sicura che Midoriya non ce l’abbia con te» continuò la ragazza.
«Sai che gli frega, non ricorderà neanche chi sono». L’idea di diventare un estraneo per qualcuno che aveva contato tanto nella sua vita non riusciva a mandarla giù; aveva sempre pensato che sarebbero finiti a lavorare insieme e sarebbero diventati la coppia di eroi più forti del paese: riuscivano a capirsi al volo, e ognuno dei due poteva coprire le carenze dell’altro. E, come bonus, il fatto che fosse il pupillo di All Might avrebbe fatto infuriare suo padre. Egoisticamente avrebbe voluto che continuassero ad essere amici, che potessero continuare come avevano sempre fatto, ma una cosa del genere l’avrebbe ucciso.
Si chiese se sarebbe mai riuscito a perdonarsi.
*
 
Quando si svegliò dall’anestesia la prima persona che Izuku vide fu Kacchan mezzo addormentato storto su una sedia.
«Kacchan…» mormorò ancora intontito.
L’altro si svegliò di botto: «Era ora!». Gli porse un bicchiere d’acqua.
«Dovresti essere agli allenamenti» lo rimproverò Izuku tirandosi meglio su sul letto.
«Alla terza volta che Kaminari ha rischiato di fulminarlo, Aizawa ha deciso di sospenderli» Izuku ridacchiò.
«Erano tutti preoccupati per te» continuò Katsuki.
«Anche tu?» lo canzonò l’altro.
«Tsk».
«E hanno deciso che eri tu la persona giusta per stare accanto ad un convalescente» continuò con lo stesso tono.
A Katsuki venne quasi da ridere – qualche anno prima non si sarebbe mai permesso di prenderlo in giro in quel modo, ma è la prima volta che lo vede sorridere onestamente da troppo tempo per dirgli qualcosa.
«Ero l’unico in grado di capire se fossi ancora normale. Come ti senti?»
«Bene. Triste. Con la sensazione di aver dimenticato qualcosa di importante».
 
Izuku venne dimesso tre giorni dopo; si sentiva bene, ma non riusciva a non sentire che mancava qualcosa.
Era seduto sul balconcino della sua stanza con una bottiglia di disgustosa vodka alla fragola che gli aveva regalato Uraraka per la dimissione – per quando sentirai il bisogno di rilassarti un po’, gli aveva detto.
Accanto a lui venne a sedersi Katsuki, gli strappò di mano la bottiglia ancora sigillata e ne bevve qualche sorso – di solito non gli piaceva bere, gli si scioglieva la lingua e perdeva il controllo di quello che diceva, ma gli ultimi giorni erano stati pesanti e prima di rendersene conto aveva bevuto un quarto di bottiglia.
«Mi hai fatto prendere un mezzo infarto, nerd di merda» come volevasi dimostrare, si disse.
«Mi dispiace»
«Tsk» Katsuki non aveva idea del perché si stesse scusando, non avrebbe mai dovuto scusarsi con lui, aveva un pass a vita per non scusarsi.
«Grazie. Se non ci fossi stato tu…» Izuku non sapeva bene continuare. «Grazie».
Katsuki scosse la testa: «Sto a malapena cominciando a ripagarti».
L’altro lo guardò incuriosito, non sapendo bene a cosa si stesse riferendo il biondo.
«Ti ho trattato di merda per anni. Mi dispiace» erano anni che pensava che avrebbe dovuto farlo, scusarsi con lui, ma ogni volta non sembrava il momento giusto o non gli uscivano le parole, o semplicemente si vergognava troppo per farlo, ignorare la questione era sempre stata la strada più facile.
L’altro non sapeva bene cosa dire, ma era decisamente sorpreso: Kacchan che si scusava era sulla lista delle cose che non pensava avrebbe mai visto succedere.
«Come facevi a saperlo?» chiese dopo qualche momento di silenzio.
«Cosa?»
«Non avevo idea di cosa mi stesse succedendo, arrivi tu e lo sai… e sai quello che devi fare… mi ha tranquillizzato. Sapere che era una cosa che poteva succedere. Come facevi a sapere che era un attacco di panico?»
«Li ho avuti, fanno schifo al cazzo» rispose prendendo un altro sorso di vodka.
«Non me lo hai mai detto»
«E secondo te sarei venuto a dirlo a te?»
«Quando?»
«Primo anno. Perfezionismo, manie di controllo, complesso di inferiorità…boom! O così ha detto lo psicologo»
Izuku rimase sorpreso dalla tranquillità con cui riusciva a parlarne: «Mi sorprende solo il complesso di inferiorità nella tua lista»
«Tu crescevi, continuavi a crescere e io mi sentivo bloccato. In più per la prima volta mi scontravo con gente che aveva dei quirk seri, gente che poteva battermi. Bella merda»
Nonostante Katsuki cercasse di minimizzare, a Izuku fu chiaro quanto avesse lavorato: in quel momento realizzò per la prima volta quanto fosse cambiato, cresciuto e maturato in quegli anni; ma tutto ciò non era stato gratis. Quello che aveva davanti non era più il suo amico d’infanzia, e Izuku voleva imparare a conoscere quel nuovo Kacchan.
«Io non riesco a ricordare cosa l’abbia scatenato»
«Meglio così. Ora cerca di dormire» Katsuki si alzò e si avviò verso la porta «domani si ricomincia e non ci andrò piano con te».
*
 
Il giorno dopo Todoroki vide Midoriya camminare per i corridoi della U. A. Rideva di qualcosa con Uraraka – avrebbe veramente saputo di cosa. Un paio di mesi prima sarebbe stato lì con loro, avrebbe potuto sapere cosa ci fosse di così divertente. Gli mancava tutto quello. Si sentiva come quando vedeva i suoi fratelli giocare e a lui non era permesso di partecipare – pensava che quei giorni fossero finiti.
Decise di pranzare sul tetto, nella speranza di non vederli a mensa. Sentì la porta aprirsi: «Immaginavo di trovarti qui» gli disse Momo sedendosi accanto a lui.
«Come sta?» le chiese
«Nel complesso abbastanza bene»
«Davvero?»
«Ogni tanto sembra triste, ma si sta riprendendo. Bakugou gli sta molto vicino»
«Non mi sorprende». Era abbastanza sicuro che il biondo non avesse mai visto di buon occhio la sua amicizia con Midoriya e probabilmente stava approfittando dell’occasione per riprendersi il suo posto nella vita del suo vecchio amico. Si chiese se ci fosse dell’altro, se la reazione del biondo fosse stata causata da qualcosa di più profondo, non l’aveva mai visto così…
«Sembrava distrutto» realizzò.
«Cosa?».
Todoroki non si era reso conto di averlo detto ad alta voce, ma proseguì a spiegarsi: «La mattina dell’intervento Bakugou sembrava distrutto»
«E’ stato insopportabile in questi giorni» concordò la ragazza. «A proposito, come sta la tua faccia?».
Todoroki si portò una mano allo zigomo: «Abbastanza bene. E ho trovato anche un accordo con mio padre… mi toccherà lavorare nella sua agenzia dopo il diploma. Almeno per un po’».
Momo annuì.
«Nessuno ce l’ha con te» riprese a parlare dopo qualche attimo di silenzio. «Sanno tutti che hai fatto la cosa migliore per Midoriya. Dovresti cominciare a perdonarti anche tu».
Todoroki non le rispose.
*
 
Qualcosa era cambiato nel suo rapporto con Kacchan, ma Izuku non riusciva ancora bene a capire cosa. Passava metà del suo tempo con lui, ogni volta che erano insieme guardava in cagnesco i ragazzi della B e più volte aveva fatto lo stesso con Uraraka, che interrompeva improvvisamente qualunque cosa stesse raccontando. Sembrava quasi che ci fosse un tacito accordo tra i due, ma non riusciva veramente a capire di che cosa potesse trattarsi – qualcosa che aveva a che fare con il suo intervento, forse? Però ormai erano passati alcuni mesi da quel giorno.
In ogni caso fu in quel periodo che Izuku cominciò a ricordare quanto gli piacesse passare il suo tempo con Kacchan: stava ricominciando a conoscerlo e ogni giorno notava un nuovo aspetto di lui. Cominciò a intravedere l’eroe che sarebbe diventato e non riusciva a non essere orgoglioso di lui.
Avevano cominciato a fare insieme i compiti, spesso Kirishima si univa a loro, ma quel giorno aveva il tirocinio.
Stavano ripassando per il test di matematica, quando lo sguardo di Izuku cadde sulla cicatrice sulla sua mano destra.
«Oi, nerd! Rimani concentrato».
Solo quando alzò lo sguardo verso il compagno si rese conto che aveva gli occhi umidi: «La cicatrice sulla mia mano… mi rende triste».
«Lascia stare ‘ste stronzate o dovrai fare tutto da solo».
Izuku ci mise un po’ a recuperare la concentrazione, ma riuscì a rimettersi a studiare. Non riuscì a capire perché Kacchan sembrò rimanere irritato per il resto della giornata.
*
 
«Vi ricordo che lunedì inizierà il festival sportivo» Annunciò Aizawa. «E’ il vostro ultimo anno, la vostra ultima occasione per farvi notare. Se usciti da lì nessuno si ricorderà di voi e del vostro quirk avrete difficoltà a trovare un’agenzia disposta a farvi fare esperienza sul campo. Fate del vostro meglio».
Su quella nota suonò l’ultima campanella della settimana, lasciandogli cominciare quel fine settimana con un misto di eccitazione e nervosismo.
 
Katsuki non perse tempo e già quel venerdì pomeriggio decise di allenarsi in solitaria. Quando uscì dalla doccia non vedeva l’ora di sedersi a cena, stava morendo di fame. Scese le scale e si fermò davanti alla camera di Deku: «Oi, scendi a cena?» gli chiese affacciandosi alla porta della sua stanza.
«Arrivo subito!»
La camera era un completo disastro, il contenuto di tutti i cassetti sembrava essere stato rovesciato sul pavimento: «Che stai cercando?»
«I video del mio primo festival sportivo, dovrebbe essere insieme a quelli del secondo, ma non c’è. Non riesco a ricordare quasi nulla e non ricordo come sono uscito!»
«In barella con tutte le ossa rotte. Andiamo?!» rispose il biondo cominciando a innervosirsi.
«Ha a che fare con la persona di cui ero innamorato?» gli chiese Izuku senza il coraggio di guardarlo in faccia.
Katsuki fu preso in contropiede: «Se anche fosse?»
«Ho bisogno di sapere, Kacchan!»
«Cosa? Chi ti ha spedito sotto i ferri?! Perché?!» non si rese conto di aver alzato la voce.
«Perché chiunque fosse si è portato via una parte della mia vita e io la rivoglio!» gli rispose l’altro. «Chiunque fosse» riprese Izuku riabbassando la voce «era una persona a me vicina, non solo la persona di cui ero innamorato. Rivoglio quei ricordi, rivoglio quella parte di me. E’ frustrante essere circondati di persone che sanno più cose di me di quante ne so io. Ho provato a chiedere anche a Uraraka, ma nessuno vuole dirmi niente. E anche tu, ogni volta che si tocca l’argomento ti innervosisci. Cosa può esserci di così terribile? Cosa cambierebbe se sapessi?!» il suo tono si era progressivamente alzato.
«Che te ne andrai con lui che ti ha trattato come meritavi e non ha fatto le cazzate che ho fatto io!»
L’espressione sul suo viso Izuku ricordava di averla vista solo un’altra volta: quando era convinto di essere stato la causa della caduta di All Might. Katsuki diede un pugno al muro e uscì dalla stanza.
Midoriya rimase completamente senza parole: cosa era appena successo? Come doveva prendere quello che aveva detto Kacchan?
*
 
Quella sera avevano deciso di riunirsi in camera di Bakugou, Denki e Sero avevano rimediato delle birre e le stavano bevendo seduti sul pavimento, Ashido aveva preso possesso del letto. Bakugou prese la sua birra e andò sul balconcino – quella sera non aveva veramente voglia di gestirli e le urla in quello spazio ristretto lo stavano mandando al manicomio.
«Se non gli dici qualcosa finirai per ammalarti pure tu» Kirishima si appoggiò sulla ringhiera accanto a lui.
«Um?»
«Midoriya»
«Tsk»
«Tutti hanno visto come era conciato Todoroki. Non ti ho mai visto perdere così la calma»
«Lo sa» rispose Bakugou. Non aveva la forza di continuare a negare.
«Cosa?! Come? Quando?»
«Non ti agitare. Ho mezzo sbroccato e gliel’ho urlato, credo. Contento?»
«Che ha detto?»
«E che ne so?! Me ne sono andato»
«Perché?» la domanda sottointesa era un ma che sei scemo, a giudicare da come lo stava guardando.
«Non posso aspettarmi niente da tutto questo – non dopo come l’ho trattato»
«Credo ti perdonerebbe»
«Già» Kirishima non l’aveva mai sentito così amareggiato. «Ma il bastardo non aveva bisogno di essere perdonato».
 
Midoriya si accorse che era arrivato in buio solo quando sentì qualcuno bussare alla sua porta.
«Deku, tutto bene? Non sei sceso a cena» si affacciò Uraraka.
Si sedette sul letto accanto a lui: «Tutto bene?».
Midoriya si ritrovò a raccontarle tutto.
«A me sembra una confessione a tutti gli effetti» fu il commento finale della ragazza.
«Ma… è Kacchan… non può essere, non con…me»
«E perché no? Credo spiegherebbe molto. Ma tu come ti senti al riguardo?»
«Io… io credo di esserne innamorato da sempre, ma è una di quelle cose che rientrano nell’impossibile, c-che ti rassegni che non potranno mai succedere e ti metti l’animo in pace… come quando ti innamori di un attore…?»
Uraraka rise alla comparazione, aveva reso l’idea: «Adesso sai che è reciproco, però»
«Come posso essere così stupido da rifarlo? Io… io non voglio ricaderci, non voglio rifare tutto daccapo… se mi dovessi dimenticare di lui…». Mai come in quel momento Izuku avrebbe voluto ricordare: era stato così anche l’altra volta? Si sentiva bruciare, voleva correre da lui e correre il più lontano possibile allo stesso tempo. Si sentiva come i personaggi di uno di quegli stupidi romanzi rosa.
«Ehi, ferma un attimo!» lo interruppe Uraraka. «Non è come l’altra volta, questa volta sai che anche per lui è lo stesso. Dovresti buttarti per una volta»
*
 
Quel lunedì, al fischio di inizio del festival sportivo, Izuku non era per nulla più vicino a capirci qualcosa. I giorni delle fasi preliminari passarono senza incidenti, tenendogli la mente occupata, ma il pensiero di sottofondo c’era sempre e guidava ogni sua azione.
In semifinale si trovò a battersi proprio con Bakugou: fu uno scontro senza esclusione di colpi, nessuno dei due voleva mollare davanti all’altro; Izuku si ritrovò sopra Bakugou, tenendolo immobilizzato nello stesso modo in l’altro l’aveva bloccato anni prima.
Non riuscì a non sorridere: «Ho vinto».
 
Il tabellone annunciò chi sarebbe stato il suo sfidante per la finale: Shoto. Sapeva che era un ragazzo della B, ma non ricordava di avergli mai rivolto la parola. Qualcosa lo rendeva triste al riguardo – probabilmente perché il suo tempo alla U. A. stava per finire e non era riuscito a conoscerlo meglio. Aveva una vaga idea di quale fosse il suo quirk.
«Comincerà con un attacco potente per non farmi avvicinare, ma nel corpo a corpo posso sopraffarlo» cominciò a borbottare tra sé. Si sorprese di come facesse a saperlo, pensò di averle assimilate senza rendersene conto vedendolo combattere. «Se schivo il suo primo attacco e mi avvicino posso metterlo al tappeto, ma potrebbe congelarmi o alzare in maniera per me insopportabile il calore del suo corpo. Devo trovare il modo per sorprenderlo».
Si alzò dal suo posto in tribuna per andarsi a preparare per lo scontro.
«Oi nerd!» si sentì chiamare da Bakugou. «Visto che mi hai battuto, vedi almeno di vincere sto cazzo di torneo».
Era la prima volta che gli rivolgeva la parola dal venerdì. E Izuku fu colpito da una folgorazione: era questo quello che voleva, era lui che voleva.
«Sarà fatto!» gli sorrise, e poté giurare di aver visto gli angoli della bocca di Kacchan alzarsi impercettibilmente.
 
Al fischio di inizio Shoto attaccò con un getto di fuoco potente, che Deku disperse grazie allo spostamento d’aria che poteva causare il suo quirk; convogliò One for All nelle gambe e si slanciò in avanti, ma invece di colpire il ragazzo si trovò davanti un muro di ghiaccio che si sgretolò al colpo. Era veloce.
Dietro al muro riuscì a vedere Shoto con metà del corpo completamente in fiamme: l’immagine risvegliò qualcosa in lui e Deku ebbe un attimo di incertezza di cui l’altro approfittò per bloccargli i piedi nel ghiaccio e colpirlo con una fiammata. Si riparò il viso con le braccia e si rese conto che, come aveva pensato, la temperatura di quelle fiamme era insopportabile per lui. Doveva trovare una soluzione, doveva vincere quell’incontro. Non solo per lui, ma anche per Kacchan – voleva che fosse orgoglioso di lui.
In quel momento Shoto fece un errore: provò a colpirlo con il ghiaccio invece che nuovamente con le fiamme. Deku usò il suo quirk per aprirsi un varco nel quale lanciare il suo fumo nero, che si avvolse intorno alla vita di Shoto. Lo usò come fionda per avvicinarsi rapidamente a lui e usò la spinta per caricare il suo calcio destro. D’istinto l’altro andò a coprirsi il volto, la ma gamba di Midoriya gli passò sopra la testa; mentre il suo corpo stava finendo la rotazione Deku usò la spinta accumulata per colpirlo con un pugno allo stomaco che spinse Shoto indietro di diversi metri. La sorpresa durò meno di un secondo, in un attimo Shoto era di nuovo pronto a lanciare un altro attacco, ma si rese conto che, nel tentare di frenare la scivolata, la sua gamba era finita al di là della linea bianca.
«SHOTO E’ USCITO DAL RING. DEKU E’ IL VINCITORE DI QUEST’ANNO!» annunciò Present Mic dagli altoparlanti.
Shoto gli si avvicinò e gli porse la mano: «Bell’incontro».
«Grazie» sorrise Midoriya stingendogliela. «Ti sembrerà una domanda strana, ma io e te abbiamo già combattuto?». Todoroki rimase paralizzato sul posto. Durante lo scontro era quasi riuscito a dimenticare tutto quello che era successo, gli sembrava di essere tornato indietro. A Midoriya non sfuggì come improvvisamente fosse diventato triste. Il momento venne interrotto da una raggiante Uraraka, volata letteralmente giù dagli spalti per congratularsi con il suo amico.
Todoroki approfittò del caos per allontanarsi. Ci ha messo un po’, ma stava cominciando a scendere a patti con quello che era successo: aveva capito che non poteva fare altro – stare con lui solo per non farlo soffrire avrebbe reso entrambi infelici e avrebbero finito con l’odiarsi. Todoroki stava cominciando a perdonarsi e, forse, sentiva di potersi permettere di stare male per quella domanda.
*
 
I festeggiamenti per la vittoria andarono avanti a lungo nel dormitorio, Midoriya aveva cercato Bakugou per tutta la sera, ma non lo aveva trovato da nessuna parte. Provò a bussare alla sua porta.
Quello che si trovò davanti era un Katsuki con i capelli in disordine che si stropicciava gli occhi: «Che c’è Deku? Sto cercando di dormire e fanno già abbastanza macello di sotto».
«Era lui vero? Shoto?»
Katsuki si arrese: «Sì, ora lo sai. Contento?»
«Ora lo so. E sono qui» lo afferrò per la maglietta e lo baciò. «Sei un idiota» gli disse stringendolo quando si staccarono.
«No, tu lo sei» gli rispose il biondo stringendolo un po’ più forte. «Come faranno senza festeggiato?»
«Se ne faranno una ragione» gli rispose Izuku entrando in stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
*

«Todoroki!» si sentì chiamare nei corridoi. Midoriya gli si avvicinò: «Possiamo parlare?»
Lo seguì in un punto del cortile in cui potessero parlare in privato.
«Io ho parlato con Kacchan… e con Uraraka, e con gli altri… mi hanno detto quello che hai fatto per me – il cambio di sezione e tutto, e anche Iida mi ha raccontato un po’ di cose… Credo che diventerai un fantastico eroe. Io ancora ricordo molto poco… qualcosa sta tornando con i racconti… Ecco. Quello che volevo dire è che non deve essere stato facile neanche per te e da quello che mi hanno detto ti sei comportato nel modo migliore possibile… Quindi… Grazie.»
«Se non fosse stato per te non sarei mai stato in grado di farlo, Midoriya»
«Un giorno, se non dovessi recuperare i ricordi, mi farebbe piacere sentire anche i tuoi di racconti»
«Quando vorrai» sorrise Todoroki.
Izuku capì in quel momento come potesse essersi innamorato di lui, ma voltando la testa vide Katsuki che cercava di fare finta di niente mentre continuava a lanciare occhiate nervose nella loro direzione e seppe che era quello che voleva. E probabilmente, in fondo, quello che aveva sempre voluto.
 
Nella speranza che, un giorno, tu possa trovare il tuo Bakugou.
E, in fondo, nella speranza che anche io possa trovare il mio.
Grazie.
 
 
Angolo autrice
E’ la prima volta che scrivo in questo fandom e temo di essere andata OOC in un paio di occasioni ^^’
Se trovate errori – soprattutto nella grafia dei nomi – fatemelo sapere, please!
Se siete arrivati fino a qui, grazie per l’attenzione.
Alla prossima,
kid,
  
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