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Autore: VenoM_S    29/03/2019    0 recensioni
Cosa fai quando non ricordi niente e l'unica cosa certa è che stai fuggendo?
Come possono le persone che ami scomparire in una notte senza lasciare traccia?
Quanto ancora credi di poter mantenere il tuo segreto, se chi sa tutto ti sfugge tra le dita?
Una Cerva, un Cacciatore e una Regina, in una città ignara dove tutti vedono, ma nessuno può sapere.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo partecipa al "COWT" di Lande di Fandom
Settimana: settima
Missione: M6
Prompt: Rosso
N° parole: 1522
La Reggente
Capitolo 8


Lo scranno di mogano liscio e lucido, circondato da morbidi cuscini rosso scuro che componevano una specie di morbida isola attorno ad esso, spiccava nel grande salone di marmo pallido. Completamente spoglio, tranne per il lungo tappeto di velluto rosso che lo tagliava in due metà perfettamente identiche raggiungendo i piedi dell’imponente trono, trasudava freddezza, rigore e perfezione.
Poche volte si era riempito di persone da quando il vecchio Reggente aveva abbandonato la confortevole vita terrena, ma Lei non se ne dispiaceva, anzi. Trovava gli abitanti di Breaux, o forse sarebbe stato più corretto dire le persone in linea generale, tremendamente noiose ed inutili.
Buone solo a servire e perpetrare i suoi scopi nella più totale ignoranza.
 
Mentre addentava con avidità un pezzetto di carne squisitamente al sangue, i cui succhi scarlatti si riversavano sul piatto ogni volta che ne prendeva un pezzo con la piccola forchetta argentata, le grandi porte del salone si aprirono lentamente e senza produrre nemmeno un cigolio, permettendo ad un paggio di entrare a passo veloce nella grande stanza.
«Mia Signora» disse abbassandosi in un profondo inchino di fronte a Lei «I nobili stanno per varcare i portoni del castello. Sono in perfetto orario, come di consueto»
Lei gli rivolse uno sguardo palesemente scocciato, forse anche leggermente disgustato per aver interrotto quel momento di calma e silenzio, in compagnia solo di quel cibo squisito. Ma, in fondo al suo sguardo, si poteva perfettamente scorgere un’eccitazione febbrile, una bramosia antica e profonda che andava via via accrescendosi.
 
Ogni quaranta giorni esatti, i nobili di Breaux venivano invitati nelle riserve private del castello per concedersi una battuta di caccia al cervo. Se ne uccidevano quattro o cinque ogni volta, ma il numero degli animali sembrava mantenersi sempre costante, cosa certamente curiosa ma di scarsa importanza per gli ospiti, che invece dimostravano di gradire particolarmente questa iniziativa.
Molta importanza sembrava avere per Lei, invece.
Dopo la morte di Ghorrel, il precedente Reggente della città, la sua consorte e nuova regnante aveva emanato un editto che con effetto immediato vietava ai cittadini la possibilità di cacciare i cervi nella Foresta che circondava la Periferia Sud della città. Successivamente, grazie anche all’aiuto dei suoi cinque Wraith aveva provveduto a catturare e trasportare tutti i branchi di animali all’interno dei confini della riserva del castello.
Ovviamente tutto questo non era stato fatto per caso, né era propriamente un caso che nuovi animali si aggiungessero più o meno spesso.
“A questo proposito” pensò la Reggente leccandosi con lentezza il labbro inferiore, dove si era trattenuta una piccola goccia di sangue rosso vivo proveniente dalla carne che stava gustando.
«Ti ringrazio per avermi avvertita così in anticipo» rispose freddamente all’uomo che le stava di fronte, ancora inginocchiato davanti a lei come una piccola macchia di sporcizia su quel meraviglioso velluto rosso «Ma dimmi, ora, gli altri nostri ospiti sono pronti?»
Notando la luce ancora più selvaggia negli occhi della sua Signora, il paggio si affrettò ad annuire con vigore, abbassando la testa visibilmente a disagio. Si alzò poi in piedi e, senza voltarsi per non dare le spalle alla donna, indietreggiò in fretta scomparendo al di là della pesante porta d’ingresso.
Nuovamente sola, mentre con le unghie perfettamente curate ed affilate come artigli, anch’esse dipinte con una tintura rosso sangue che preparava lei stessa, tracciava invisibili ghirigori sulle teste di cervo scolpite negli spessi braccioli del suo trono, un leggero sorriso si delineò sulla sua pelle incredibilmente candida, che ormai da qualche giorno era solcata da un leggerissimo intreccio di rughe sottili, totalmente invisibili da lontano ma inconcepibilmente chiare per lei.
Era ora di rimediare a questo inconveniente.
Infilzando un ultimo pezzo di carne con la forchetta e portandoselo velocemente alle labbra, Ràke, Reggente di Breaux, si diresse verso il portone della sala del trono, pregustando il ricco banchetto che l’avrebbe attesa quella sera e dimentica, almeno per quella giornata, di una seccante fuggitiva.
 
Nel corridoio dalle pareti bianche e spoglie, prive di quadri o altre suppellettili, che portava alle stanze private del castello, i passi di Ràke si susseguivano ovattati dai morbidi tappeti rosso scuro che lo ricoprivano. Le ricordavano il colore del sangue, così pieno, così caldo ed inebriante da ossessionarla da sempre, tanto da voler riportare quel colore un po’ ovunque nel castello, così da potersi sentire sempre immersa in quel colore, da poterne sentire il sapore metallico in bocca ed il suo scorrere sotto la pelle.
Si passò la lingua sul labbro superiore mentre svoltava a sinistra verso le sue stanze private, che a differenza degli altri ambienti del palazzo erano più riccamente arredate. L’accolsero i lunghi arazzi colorati alle pareti, le grandi cassettiere di mogano poste ai due lati dell’ingresso della stanza, il morbido sofà color avorio al centro della prima stanza, circondato dai soliti cuscini rosso scuro che lei tanto amava, ed il camino di pietra grigia in cui danzava una deliziosa fiamma aranciata che i servitori del castello si adoperavano a tenere sempre viva per scaldare gli ambienti.
La stanza accanto era occupata per lo più dall’imponente letto a baldacchino, fin troppo grande persino per due persone. La struttura era di legno scuro, riccamente decorata ed intagliata sulla testata a formare un intricato intreccio di rami carichi di foglie e fiori, mentre sul materasso alto e imbottito di soffici piume si stendeva una meravigliosa coperta lavorata a mano, in cui due cervi neri su fondo rosso incrociavano le corna in combattimento. La camera da letto era illuminata da una grande finestra che si apriva sulla riserva privata del castello, ed in quella stanza, appeso ad una delle ante dell’armadio che copriva tutta la parete sinistra, l’attendeva il suo abbigliamento da caccia.
 
La donna tirò leggermente una cordicella che scendeva dal soffitto posta proprio di fianco all’armadio, ed in pochi secondi due giovani ancelle si presentarono alla porta, chinando la testa in segno di saluto. Poi, senza parlare, si avvicinarono ed iniziarono velocemente a svestirla slacciando l’intricato labirinto di fili e nodi che le teneva stretto il corsetto, aiutandola ad uscire dalla pesante gonna a strati e sfilandole le scarpe con i nastrini che si arrampicavano fino a metà polpaccio.
Velocemente, poi, le strinsero al petto il corpetto di cuoio nero, si infilò i pantaloni aderenti di pelle e le ancelle le fecero calzare gli stivali di pelle scura alti fino al ginocchio. Le sistemarono sulle spalle il lungo mantello rosso scuro bordato di morbida pelliccia e le intrecciarono i lunghi capelli corvini attorno alla corona ornata da alte corna di cervo.
Ad un veloce gesto della mano di Ràke infine, si ritirarono indietreggiando con la testa sempre chinata verso il basso, fino a scomparire dietro la porta della camera da letto.
Era pronta.
 
Una volta uscita dalla sua confortevole stanza, la Reggente doveva sbrigare solo un’ultima incombenza prima di potersi dedicare con piacere alla battuta di caccia con i nobili. Svoltò a destra seguendo un intricato intreccio di corridoi che la portarono verso il basso, sempre più nelle profondità del castello, con le pareti che da bianche e perfette divenivano grigiastre, antiche e dismesse. Il suo sguardo si posò infine sulla grande porta, anch’essa rosso sangue come molte delle cose che la circondavano a palazzo, che conduceva alla sua stanza più intima e personale. Non vi metteva piede da ormai quaranta lunghissimi giorni, che avevano iniziato a sembrarle un’eternità. La Stanza era il vero specchio della sua anima, il suo unico e magnifico Regno.
All’interno tutto era buio, ma lei riusciva a vedere perfettamente tutto ciò che vi era nascosto: vedeva i libri stipati in grandi scaffali, le loro copertine consunte e rovinate dal tempo, vedeva le pareti spoglie fatte di pietra grezza, vedeva le lunghe catene che partivano dai muri e finivano verso il basso, allacciate ai polsi delle Vittime scelte per questa occasione, di cui poteva sentire il respirare affannoso ed annusare la paura.
Il fatto che non riuscissero a vederla fino al compimento della Maledizione le dava una più grande sensazione di potenza. Cosa potevano fare quei piccoli ed insignificanti umani, come potevano difendersi dal loro atroce destino e da una Strega potente come era lei?
Senza perdersi ulteriormente nei suoi pensieri, Ràke tese le mani in avanti, con i palmi rivolti verso le tre persone che, incatenate, stavano inginocchiate vicine uno all’altro di fronte a lei. La bambina al centro stava piangendo, in silenzio, senza nemmeno un singhiozzo, con il viso premuto sulla camicetta sporca del padre che si guardava attorno spaesato insieme alla madre, senza poter vedere nulla.
Quindi, proferì a gran voce le parole che componevano la breve formula, carica di odio e di dolore. Un bagliore scarlatto avvolse la stanza, che per un attimo sembrò immersa nel sangue, mentre la Strega si rivelava per quello che era realmente ed i suoi occhi dorati fiammeggiavano trionfanti verso le Vittime. Poi, come se nulla fosse successo, tornò di nuovo il buio.
Ràke, ricomponendosi, osservò con i risultati dei suoi sforzi giacere momentaneamente privi di sensi al centro della stanza.
«Bene, miei piccoli spuntini, è ora di iniziare la caccia» disse sorridendo mentre si voltava per uscire ed andare ad accogliere i suoi ospiti.
 
 
  
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