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Autore: Red_Coat    29/03/2019    0 recensioni
(SEGUITO DI "IL PRIMO AMORE DI IGNIS SCIENTIA")
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Vivere o morire, queste erano le due opzioni disponibili.
Toccava ripartire da zero, tentando invano di dimenticare l'orrore e il dolore appena vissuto.
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(Dal terzo capitolo: "Alexandra riaprì gli occhi alla vita e la prima cosa che udì fu il silenzio, rotto solo dal ticchettio inesorabile dell'orologio sul comodino. (...) Era sola, esclusivamente di questo si accorse. Sola e disperata, senza più nulla al mondo.
Come avevano fatto gli dei a dimenticarsi della sua esistenza, quel giorno ad Insomnia? Forse erano davvero troppo preoccupati a difendere il loro prescelto?"
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ignis Stupeo Scientia, Iris Amicitia, Nuovo personaggio, Talcott Hester
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il meraviglioso fuoco della conoscenza'
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Segni dal destino

 
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-Mi vede? Avverte qualcosa?-

La luce bianca dello strumento del medico invase il suo campo visivo dell'occhio ammaccato per qualche attimo, giusto il tempo di controllare meglio la situazione, poi il dottore tornò a guardarla da lontano e le fece quella domanda.
Alexandra batté un paio di volte le palpebre nel tentativo di mettere a fuoco il più possibile, ma  con scarsi risultati.

-Vedo solo ombre.- disse scuotendo il capo -Ombre e qualche colore, nulla di più.-

Il medico annuì serio, rimettendo a posto l'attrezzo nella sua borsa di cuoio e prendendo il martelletto per monitorare i riflessi.
Le chiese di scoprire il ginocchio, lei annuì in silenzio e sollevò il lembo della lunga gonna in seta verde acqua, mostrando la gamba affusolata e liscia, la pelle bianca e gli stivaletti di cuoio dalla quale non si separava mai.
Il medico la colpì una volta e destra e una a sinistra, in entrambi i casi la paziente reagì con prontezza.

-Mh.- sorrise il dottore, rialzandosi -I riflessi sono buoni. Ha detto che ha iniziato a camminare anche senza il bastone, ieri?-

Alex annuì sorridendo. Era soddisfatta di quel progresso quasi inaspettato.

-Ho sentito il bisogno di provarci.- replicò.

Due notti addietro aveva sognato di essere di nuovo ad Insomnia, e camminare per le sue strade magnifiche piene di luce. Era sicura, splendida nel suo completo rosso, e le ballerine bianche ai piedi erano comode e graziose. Sorrideva e si sentiva bene.
Aveva camminato a lungo, perdendosi tra i vicoli e assaporando ogni suono, colore e odore, mentre strani bagliori di luce le vorticavano attorno come piccole lucciole.
L'odore dei lunghi viali alberati in fiore, la fragranza dolce di crema pasticcera e quella aromata del caffè passando di fronte ad una caffetteria affollata.
Il chiacchiericcio della gente nei locali e per strada, la folla che la sfiorava e qualcuno che le rivolgeva un sorriso.
Le si era riempito il cuore, si era sentita bene e quasi commossa.
Era stato quasi come rivivere quei luoghi prima del disastro. Era passata perfino di fronte alla sua casa, a quella di Eve e anche a quella di Prompto, poste in punti diversi della città.
Poi, giunta di fronte al cancello del palazzo reale, era avvenuto qualcosa di veramente strano.
Le scintille di luce che l'avevano accompagnata si erano sollevate insieme e avevano preso a volteggiare attorno alla maestosa inferriata. Lei le aveva guardate sorpresa e affascinata fino a che non aveva visto il cancello aprirsi di fronte a lei, come invitandola ad entrare.
Aveva trattenuto il fiato, e senza esitare era entrata, rimanendo abbagliata dalla magnificenza del luogo.
Le alte guglie del palazzo si ergevano alte fino a trafiggere quasi il cielo sopra di loro, i marmi e le sculture trasudavano potenza e bellezza.
I vetri a specchio scuri facevano rifulgere il sole sopra le zone d'ombra del porticato, le finiture in oro animavano l'imponente edificio facendolo sembrare un grande guerriero che a braccia conserte stava lì, al centro della città, a vegliare sui suoi abitanti e le sue storie, e l'ampia, alta scalinata che conduceva al grande portone d'ingresso era l'accesso ad un paradiso blindato, una calorosa ma severa signora che con la semplice forza del suo sguardo riusciva a decidere chi fosse o meno degno di poterla calpestare.
Alexandra gli era arrivata proprio di fronte, stregata come da un potente incantesimo, e nel momento in cui si era ritrovata a decidere se seguire o meno la sensazione fiduciosa che la spingeva a voler intraprendere quella scalata, aveva sentito come un tintinnio e si era voltata, trovandosi di fronte, proprio alla sua destra, ad un'altra sorpresa inaspettata.
A terra, sul pavimento in marmo, era caduto quello che sembrava un piccolo diadema d'argento, finemente lavorato.
Lo aveva fissato stranita, quindi si era chinata a raccoglierlo e stringendolo tra le mani lo aveva esaminato cercando di capire cosa fosse e dove lo avesse già visto, ma proprio allora si era svegliata.
Era stato strano quello che era accaduto dopo.
Aveva sentito uno strano suono nella stanza, riaprendo gli occhi e si era accorta che era il suo telefono a farlo.
Aveva pensato alla sveglia, ma quando era andata a controllare si era accorta che in realtà la radio si era accesa su una stazione locale di musica rock-country.
Era rimasta davvero, davvero stranita. Ma da quel giorno non aveva fatto che pensarci, e soprattutto pensare al suo sogno.
E più ci pensava, più in lei crescevano la calma e la sicurezza.
Fino a che queste, il giorno prima appunto, non avevano fatto che favorire quello che per lei non era stato niente di che, ma per gli altri era risultato essere quasi un piccolo miracolo.
Si era svegliata all'alba, prima di tutti, ed era scesa al piano di sotto a preparare la colazione.
Diplomatica alla crema, e una bella moka di caffè.
Il tutto senza usare il suo bastone, dimenticato al fianco del letto.
Quando Iris se n'era accorta stavano già facendo colazione, ed erano esplose in una risata contenta dopo che glielo aveva fatto notare.
L'aveva davvero scordato al fianco del letto, e per quel giorno aveva cercato di lasciarlo lì.
Nemmeno adesso lo aveva con sé.

-Bene, bene.- commentò soddisfatto il medico -Può farmi vedere?- le chiese poi.

Di nuovo Alexandra annuì, e con un sorriso si alzò senza problemi dalla sedia sulla quale era seduta, arrivando fino alla porta d'ingresso e poi tornado indietro all'altro capo del tavolo.
Iris e Talcott si strinsero emozionati, sorridendo.
Jared osservò la scena calmo e contento. Quella giovane era testarda e forte, aveva fatto moltissimi progressi in pochissimo tempo proprio per il suo animo combattivo. Era contento per lei, per come le stessero andando le cose.

-Perfetto, signorina Baker!- concluse il medico, quando lei si fu riaccomodata -Ha fatto ottimi progressi, ne sono felicissimo.-

Alex sorrise contenta. Anche lei era soddisfatta. Meravigliata e soddisfatta. Non avrebbe mai creduto di riuscire a raggiungere quegli obbiettivi in così poco tempo. Due mesi e mezzo erano veramente pochi, considerato ciò che aveva rischiato.

-Inoltre la sua cheesecake alle fragole era squisita.- si congratulò scherzoso, strappandole un sorriso e facendola arrossire -Questo significa che ha ritrovato anche la voglia di dedicarsi alle sue passioni.-

Lei ci pensò per qualche istante, poi annuì.

-Si, possiamo dirlo.-
-Ottimo.- concluse il medico.
-Ma dottore ...- lo interruppe lei, tornando serio -Mi dica ciò che deve sul mio occhio. Ho intuito che ha delle brutte notizie da darmi.-

L'atmosfera si fece nuovamente seria. Iris, Jared e Talcott la guardarono sorpresi, e il medico si fece di nuovo serio, annuendo.

-Ha un intuito formidabile, Miss Baker.- le disse.

Il sorriso della ragazza si fece triste. Abbassò il capo in una muta ammissione di colpa.

-Allora?-

Il dottore si sedette di fronte a lei e dopo un breve sospiro le rivelò.

-Purtroppo non penso che la sua vista possa migliorare più di così. Dopo due interventi e tre mesi di degenza credo di poter avere la quasi totale certezza che sia il massimo che vi possiate aspettare.-

Alex sentì il suo cuore perdere un battito, ma la notizia non la sconvolse più di tanto. Se la aspettava. Ma fece ugualmente male.
Si diede qualche istante, poi ingoiò le lacrime e con un sospiro tornò a sorridere guardando negli occhi l'uomo.

-Quindi non tornerà più a vedere?- chiese sconvolta Iris.
-Potrebbe migliorare ancora un po’, ma tornare a vedere come prima è impossibile. Le immagini resteranno composte da ombre e colori.- le rispose lui.
-Avete fatto del vostro meglio per me, dottore. Devo ringraziarvi.- intervenne lei, concludendo poi cercando di sdrammatizzare -Almeno mi è rimasto un occhio buono con cui potrò cucinare, fare foto e scrivere. No?-

Non riuscirono a sorridere. Pur volendolo. Era una pessima notizia, anche se non del tutto cattiva. Voleva dire che avrebbe sempre avuto qualcosa a ricordarle il suo periodo buio. Il momento in cui era accorta di aver perso tutto.
Lei invece ... Si sentiva forte. C'era qualcosa in lei, come una strana sicurezza che non riusciva a spiegare. Qualcosa che le diceva di non arrendersi.
Era una colonna, una roccia, un scoglio contro cui un mare di tragedie si abbatteva con forza.
In un primo momento aveva creduto di non farcela, di sgretolarsi rapidamente fino a scomparire.
Ma, mano a mano che il tempo passava, quella strana forza l'aveva cambiata, e adesso era lì, a sorridere all'uragano.
Forse lo era sempre stata. Forse aveva solo bisogno di vivere quella situazione per riuscire a scoprirsi. Insomma, in fondo avrebbe ancora potuto vedere le meraviglie di Eos! Era una cosa più che positiva, un miracolo forse ancora più prezioso dell’aver smesso di zoppicare!
Il medico le sorrise, sorpreso.
 
-Si.- le rispose semplicemente, iniziando a riordinare i suoi effetti.
 
Anche Jared lo fece. Era solo un vecchio maggiordomo, ma ancora una volta si riconobbe in quella giovane dalla determinazione di ferro.
E riconobbe anche l’animo di una fiera regina guerriera, degna del trono di Lucis, senza riuscire a smettere di pensare che al Re Regis Lucis Caelum sarebbe piaciuta molto.
Se avessero avuto la possibilità di conoscersi, si sarebbero piaciuti molto perché erano anime simili, forse più di quanto lei adesso potesse credere.
Forse ora non era il tempo giusto per renderlo evidente, ma quando sarebbe arrivato sarebbero stati sotto gli occhi di tutti le innumerevoli analogie di quelle due anime affine.
Era giovane, Alexandra Jane Baker. Ancora troppo giovane per capire, proprio come un tempo lontano lo era stato anche Re Regis.
C’era ancora tempo per crescere per lei, per fortuna.
 

\\\
 
Il medico lasciò Capo Caem circa mezz’ora più tardi, dopo aver pranzato con loro, e non appena se ne andò Alexandra si ritirò in camera sua, a riflettere.
Tolse gli stivaletti e si sedette sul bordo del letto, rivolta verso la portafinestra aperta sul panorama del golfo. Si sentiva … ancora forte.
Era una novità per lei, che non aveva fatto che tremare, sempre e comunque. Sospirò pesantemente, con uno strano senso di inquietudine ad appesantirle il petto.
Il peggio era passato, ma da qualche giorno lei non sentiva più il bisogno di piangere.
Forse perché lo aveva fatto abbastanza dal giorno del suo risveglio, e la sua mente aveva finalmente ritrovato una sua stabilità.
Guardò il cassetto del suo comodino, e un pensiero le attraversò la mente.
Lo aprì e ne trasse la lettera di sua sorella, guardando con affetto e gli occhi lucidi di commozione la calligrafia sul retro della busta che recitava: “Alla mia piccola peste. Ti voglio bene, Monica.”
Non aveva avuto il coraggio di aprirla, per tutto quel tempo. Se fosse riuscita a leggerla voleva dire che aveva davvero superato tutto questo e poteva dirsi fuori da quel baratro di dolore che l’aveva divorata. Ma cosa sarebbe successo se, viceversa … avrebbe perso la scommessa?
Sospirò, e con mani tremanti fece per aprirla ma si bloccò, proprio nel momento in cui vide i caratteri a penna fare capolino. No, non era pronta ancora.
Glielo dissero i segnali che il corpo le mandò appena la mente recepì il messaggio. Gli occhi le si riempirono di lacrime e ricordi, il cuore prese a battere veloce e le mani iniziarono a tremare, finché non si arrese e rimise in fretta quella lettera chiusa a chiave dove l’aveva nascosta.
Si alzò e a piedi nudi corse a prendere una boccata d’aria, affacciandosi ad ammirare la costa dal balconcino della camera. Lasciò correre lo sguardo verso l’orizzonte, osservando il profilo selvaggio del promontorio e il fumo che saliva verso il cielo azzurro dalla bocca del vulcano Ravatog.
Scosse il capo, bevendo le sue stesse lacrime, quelle poche che erano riuscite a sfuggire al suo controllo.
“Non ce la faccio, Monica … scusami.”
Erano troppi i ricordi sopiti, troppo breve il tempo trascorso. Le ferite erano ancora aperte, e facevano male più di quelle vere ricevute. Perché un occhio, una gamba, perfino la vita stessa, non erano nulla in confronto all’aver perso una sorella e un’amica, una madre, due nipoti ancora nel pieno della loro ingenua fanciullezza.
Cos’era la sua vita, in confronto a quella di un bambino innocente? Perché avrebbe dovuto chiedere di sopravvivergli, come invece era accaduto.
Quindi si buttò sul letto e chiuse gli occhi, già pieni di lacrime, raggomitolandosi su sé stessa.
Sentì di nuovo la voglia di piangere farsi sempre più pressante, e non poté che cedere alla tristezza.

-Non ce la faccio, Monica ...- mormorò, delusa da sé stessa -Scusami, ma ... ancora non ce la faccio.-

Non ce la faceva a dirle addio, perché sapeva che una volta aperta quella busta e letta l'ultima riga di quella missiva, sua sorella non avrebbe avuto più niente da dirle, non avrebbe più potuto.
E lei non poteva accettarlo. Aveva ancora bisogno che se ne fosse andata solo per qualche istante, giusto il tempo di un breve viaggio.
Aveva immaginato tante volte una situazione simile. Tutte quante si era sentita angosciata ed era naufragata in lacrime
Rimanere sola era sempre stata una delle sue più grandi paure, perdere all'improvviso tutto e tutte le persone da lei amate era sempre stata la sua fobia più grande.
E adesso quell'incubo si era realizzato.

-Dei di Lucis ...- pianse -Perché?-

L'animo a pezzi, il cuore in gola.
E proprio in quell'attimo il suo corpo fu avvolto da un calore strano e confortante, come quello di un abbraccio, e un profumo diverso da quello salmastro sentito fino ad allora le riempì le narici, inebriandola.
Era un profumo forte, intenso ma avvolgente, suadente. Un'acqua di colonia maschile, di questo fu certa, e anche rara o molto costosa visto che di fragranze così non ne aveva mai sentite, né ad Insomnia, né fuori.
Nemmeno Ignis usava un profumo simile.
Tremò, riaprendo di scatto gli occhi e guardandosi intorno.
Era sola nella stanza, e nessuno la stava abbracciando. Ma allora ...
Con la rapidità con il quale era venuto quel calore scomparve, ma non il profumo.
Quello rimase anche quando, controvoglia perché non si sentiva minacciata, anzi avrebbe voluto restare accoccolata in quella strana ma confortevole sensazione ancora a lungo, si alzò e a piedi nudi si avvicinò di nuovo al balcone per capire se quella fragranza avesse origine da fuori.
Invece notò con stupore che più si allontanava dal suo letto, meno diventava intensa.
Era lì, era proprio da lì che proveniva, eppure non c'era nessuna boccetta di un profumo così, né tantomeno una macchia che testimoniasse ne fosse caduta qualche goccia.
Nulla.
Solo una variazione nell'aria, come un tremolio acqueo, un cambio di densità nella trasparenza che lei non riuscì a vedere, un po’ per colpa del suo occhio, e anche perché non aveva indossato gli occhiali, lasciati sopra il comodino dopo aver riposto la lettera.
E in ultimo anche perché restò appena qualche istante, poi scomparve, lasciandosi dietro quella scia intensa di aroma.
Alex sentì le forze ritornarle e la tristezza passare, si sentì come rassicurata e all'improvviso non gli importò poi più di tanto da dove giungesse, chiuse gli occhi e inspirò fino a sentirsi ricaricata, fino a riuscire a sorridere di nuovo.
Era buono.
Intenso, maschile e forte. Decise che avrebbe cercato di capirne la provenienza, poi sorrise, tornò ad indossare velocemente i suoi stivaletti e scese di sotto, vogliosa di passeggiare lungo la costa. Era da tanto, effettivamente, che non lo faceva. Quasi una settimana, e le mancava stare in contatto col suo amico oceano.
 
-Talcott!-
 
Il bambino stava rovistando nella sua scatoletta di latta ammirando i suoi kyactus giocattolo, vari modellini di diversi materiali, seduto al tavolo da pranzo in legno.
Alzò gli occhi e la guardò sorpreso.
 
-Ti va di venire con me sulla scogliera?- gli chiese dolce.
 
Il volto del giovane si colorò di entusiasmo.
 
-Certamente!- rispose.
 
Quindi ripose dentro al mobiletto alle sue spalle la sua preziosa collezione e corse a tenerla la mano, avviandosi insieme a lei.
Quel meriggio d’oro l’aria era tiepida, accogliente, ed era piacevole star fuori a godersi il sole.
Lei e il piccolo Talcott giunsero alla spiaggia poco distante dalla scogliera che il sole era già alto in obliquo, ma ancora distante dal punto in cui iniziava a tramontare.
La prima cosa che volle fare Alex fu togliersi gli stivaletti e i gambaletti color carne e camminare sulla sabbia calda, rabbrividendo di piacere alla sensazione del calore sotto la pianta e lungo la schiena. La prateria alle loro spalle intanto, spazzata da un venticello giocoso, rifulgeva di un verde brillante.
Poi la giovane si avvicinò al bagnasciuga e sollevò appena i lembi della lunga gonna, lasciando che la schiuma marina le stuzzicasse la pelle fino a ricoprirle le ginocchia.
Talcott, per imitarla, tolse le scarpe, fece i risvolti ai pantaloni e si avvicinò a lei, guardandosi intorno.
 
-Aaaah, che bellezza!- esclamò, allargando le braccia e chiudendo gli occhi, dopo aver alzato la testa verso il sole.
 
Alex lo guardò con un sorriso e lo imitò, inspirando a grandi sorsi quell’aria leggera e libera.
-Si, è vero…-
 
Ma mentre stava ancora sfidando il sole, all’improvviso uno schizzo d’acqua fresca arrivò a bagnarla. Si riebbe sorpresa, spalancando la bocca e rabbrividendo, e vide il bambino ridersela vispamente mentre la guardava in attesa, le mani ancora bagnate.
Lei sorrise assottigliando le palpebre, quindi si chinò verso la superfice limpida dell’acqua e gli restituì il favore ridendo a sua volte.
Ebbe inizio una breve battaglia in cui le loro risate riecheggiarono come esplosioni gioiese verso il cielo terso, che si concluse quando entrambi caddero in acqua sbilanciati dal peso dei loro corpi sulla sabbia bagnata.
Talcott non aveva mai riso coì tanto in vita sua, e nemmeno Alexandra. Subito dopo decisero di ritornare subito al faro, per non restare coi vestiti bagnati addosso per troppo tempo, e anche perché la fame si era riaccesa.
Il tramonto era arrivato, e la notte era per i daemon. Mentre risalivano ridendosela per il peso dei vestiti che ingoffava i loro movimenti, soprattutto quelli della giovane donna, Alexandra raccolse da un cespuglio more selvatiche.
 
-Ci farai di nuovo i pancake?- le chiese Talcott, speranzoso.
 
Lei gli sorrise, mettendo gli ultimi frutti raccolti nella piccola busta di plastica che si era portata dietro appositamente.
 
-Se ti piacciono così tanto, potrei anche rifarli.-
 
Talcott batté le mani ridendo.
 
-Non vedo l’ora di assaggiarli!-
 
Sorrisero assieme, poi si presero per mano e completarono insieme la scalata, aiutandosi a vicenda per non inciampare.
Mezz'ora dopo, il tempo di una doccia di indossare vestiti asciutti, la piccola cucina era piena di odori diversi.
Iris preparava la cena, lei la aiutava e intanto si dava da fare col dolce.
Talcott, dalla sedia all'altro capo del tavolo, guardava affascinato le due destreggiarsi ai fornelli e ridere, scambiandosi battute e pensieri sulla giornata appena trascorsa e su quelle avvenire.

-Oh, ma buonasera!-

La porta d'ingresso si aprì e Monica Elshett si fece avanti, guardando con un sorriso curioso la scena.

-Accidenti che profumino! Che mi sono persa?-

Era stata lontano per diverse settimane, impegnata ad aiutare la resistenza al fianco del maresciallo Cor Leonis.
Aveva anche aiutato il Principe e la sua gang, in diverse occasioni.

-Ciao Monica!- la salutarono in coro le due ragazze.
-Benvenuta.- le disse Jared, che fino a quel momento era stato impegnato a leggere un libro sulla poltroncina in un angolo dell'angusta stanza.
-Alex e Iris stanno cucinando per noi stasera. Iris fa primo e secondo, e Alex i pancake.- la informò Talcott.
-Ah, e tu immagino sia già in posizione di battaglia.- scherzò lei, scompigliandogli teneramente i capelli.

Risero insieme.

-In realtà Alexandra si sta occupando anche dei contorni.- precisò divertita Iris guardando l'amica.
-Che non è una cosa facile.- aggiunse lei -Sono come lo sfondo in un dipinto, devono far risaltare la scena ed essere altrettanto superlativi.-
-Oh ...- fece Jared, senza parole.
-Poesia.- le rispose ammirata Monica, annuendo -Sono pienamente d'accordo.-
-Anch'io.- assentì Iris.

Poi la guardia reale si sedette al suo fianco ed iniziarono a conversare, fino a che la cena non fu pronta, poi tutti quanti tacquero per godersi il magnifico pasto:
Spaghetti al profumo di mare, con gambero fresco, salmerino del Maiden, spigola di Alstor, basilico fresco e pomodorini; Calamari ripieni con contorno di patate, olive nere e fagiolini novelli come secondo, e per dolce pancakes ai frutti di bosco e fragoline con panna montata aromatizzata al limone.
Caffè e amaro per chiudere il cerchio.
Roba da leccarsi i baffi.
Difatti, mentre era intenta a gustare il dolce Monica assenti con vivo piacere ai complimenti di tutti verso la cuoca.

-Ti sei davvero superata, Alex. Sul serio, era come dicevi. Le patate e i fagiolini si scioglievano in bocca. E questo dolce è ...-
-Uao!- la prevenne Talcott, facendo ridere tutti i presenti per la sua spontaneità.
-Anche tu Iris, la pasta era semplicemente favolosa.- aggiunse poi Elshett, rivolgendosi alla giovane Amicitia che la ringraziò con un sorriso e aggiunse
-In realtà è stato merito di Alex che mi ha suggerito un segreto per insaporire meglio il sugo.-

Jane Baker le sorrise portandosi alla bocca l'ultima forchettata di pesce e nascondendo a malapena un sorriso soddisfatto.
Monica le osservò interessata.

-Oh, davvero? Lo insegnerai anche a me, un giorno?-

Alex bevve un sorso dal bicchiere di vino bianco che si era versata.

-Vedremo ...- disse con un sorriso, poi facendole un occhiolino -Se saprai meritartelo, magari ...-

Monica sorrise e prese anche il suo bicchiere versandosi un po di vino.

-Ci sto.- disse accettando la sfida, poi sembrò ricordarsi di qualcosa e dopo aver bevuto un sorso disse -A proposito, ho una buona notizia per te. Ti ho trovato un lavoro.-

La sorpresa si dipinse sul volto di tutti i presenti. Alexandra si fece seria e la guardò, appoggiando il bicchiere nuovamente sul tavolo.
Tremò mentre formulava la domanda, non seppe dire perché.

-Davvero? Dove?-

Monica annuì con un sorriso.

-Al molo di Galdin.
Ho un'amica che è da poco diventata comproprietaria del ristorante dell'hotel, e sta cercando un aiuto cuoco con un minimo di esperienza. Appena le ho detto che hai lavorato a palazzo ha detto che sarebbe stata felicissima di averti nello staff, a qualunque costo. La tua esperienza vale molto per un ristorante di prestigio come quello.-
-È fantastico!- esclamò entusiasta Iris.

Era contenta per lei, finalmente la fortuna tornava a girare e presto, se le cose fossero andate come avevano previsto lei e Gladio, oltre al lavoro avrebbe riavuto anche il suo unico amore.
Stavano cercando un modo per farli rincontrare, e forse uno lo avevano trovato.

-Ma ... le hai detto che sono ... cosi?-

Alex si fece preoccupata, e abbassò la forchetta appoggiandola sul bordo del piatto con ancora l'ultimo boccone attaccato.
Iris e Jared la guardarono preoccupati. Monica la fissò negli occhi per qualche istante, poi le sorrise.

-Intendi fenomenale in cucina, grande lavoratrice e persona onesta?- rispose -Si, gliel'ho detto. Per questo ti hanno accettato.-

Alexandra però si fece ancora più seria.

-No, intendo cieca da un occhio, leggermente zoppa e debole di costituzione.- rispose freddamente -Non ho abbastanza resistenza fisica per reggere i ritmi di una cucina professionale ... Non più, adesso.-

Trattenne il fiato, solo in quel momento all'improvviso, guardando le facce sconvolte degli altri, si rese conto di quanto fosse stata brutale, e anche abbastanza scortese.
Ma per quanto ora se ne pentisse, non era riuscita ad evitarselo. Perché era così, nulla avrebbe potuto cambiare il presente.
Sospirò, chiudendo gli occhi e poi tornando ad addolcire il tono.

-Scusami, Monica. Non volevo essere ingrata.- disse, sinceramente pentita -Ti ringrazio per aver pensato a me, ma non credo sia un mestiere che posso continuare a svolgere, con la mia salute attuale.-

La donna le sorrise, prendendole una mano e stringendogliela per farle forza.

-Alex, ti stai sottovalutando.- le disse.
-No.- replicò lei, cercando di resistere alla tentazione di essere di nuovo dura -Sono solo onesta con me stessa, tutto qui.-

La guardia reale continuò a mostrarsi comprensiva.

-E fai bene.- le rispose -Ma per onestà con te stessa prima di rifiutare questa offerta pensaci qualche giorno. E mentre ci pensi, sappi che sono stati informati delle tue difficoltà e sono disposti a darti una mano, turni flessibili, tempo di prova più lungo per ambientarti meglio, ferie e malattie anche con un preavviso di appena un paio d'ore. Pagano bene, non ti chiederanno sforzi eccessivi, e se non te la senti dopo il periodo di prova potrai tornare alla tua vita qui.-

Alexandra la ascoltò in silenzio, abbassando gli occhi sul piatto e incupendosi. Tutto molto bello.
Anche troppo. Non poteva pretendere di riuscire a fare la vita di prima, non ce l'avrebbe più fatta. E poi ...
Non era sicura di voler intraprendere di nuovo quella carriera. Cucinare ... La faceva stare bene, sollevava la mente e la aiutava a non pensare. Ma era cucinare per chi le voleva bene a farle quell'effetto benefico, invece farlo in una cucina professionale ...
Insomma, non era così divertente. Era bello vedere dei bei piatti prendere forma dalle sue mani come vasi di porcellana, ma il condimento perfetto erano i sorrisi dei commensali.
Sospirò. Inoltre senza Ignis ...
Scosse il capo, scacciando quel pensiero.

-Va bene, ci penserò.- risolse sbrigativa.

Monica la guardò con un sorriso alzarsi e chiedere scusa prima di salire in camera e chiudersi la porta alle spalle.
Lei e Iris si guardarono negli occhi, con un leggero sorriso imbarazzato.

-Credo abbia paura.- disse la guardia reale, con serenità -È normale. Ho visto tanti soldati fare i conti con le proprie ferite in questo modo.-

Iris e Jared annuirono insieme.

-Spero che accetti.- concluse Iris Amicitia, sinceramente preoccupata -Almeno potrà tornare a vivere una vita quanto meno normale, come quella che faceva prima.-

Jared annuì con un sorriso.

-Lasciamole il tempo che le serve.- disse, saggiamente -Se è questa la sua strada, il destino la aiuterà a scegliere la soluzione migliore.-

 
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Di notte le stelle luccicano come brillanti.
Sembrano vive, le anime di chi se n'è andato.
Fiammelle vivide di perduta speranza, fuochi fatui nella notte, liberi dal peso mortale.
Bussole in mezzo al cielo, irriconoscibili come dei ma immobili, come punti fissi a tracciare la strada.
Riuscire a seguirne i passi, che impresa impossibile.
Sarebbe bello poter avere la forza ...
"


Alexandra fermò la penna e guardò i versi appena scritti, trovandoli banali e scontati.
Sospirò, chiudendo il piccolo quaderno e abbandonandolo sul comodino assieme alla penna e spegnendo la piccola abat-jour.
Il buio della notte piombò nuovamente nella stanza, e gettandosi sul cuscino la ragazza chiuse gli occhi e restò ad ascoltare il canto del mare.
Era da poco passata la mezzanotte e lei non aveva per niente voglia di dormire, continuava a pensare alla proposta di lavoro appena ricevuta e ad ascoltare il canto dei grilli, sperando in un segno.
Non aveva idea sul da farsi.
Il suo cuore le diceva di accettare senza pensarci su, la sua mente le ricordava tutti i contro della scelta.
E continuava a tornarle alla memoria Ignis.
Si perse, a chiedersi dove fosse, cosa stesse facendo, se avesse saputo di Insomnia e se avesse tentato di cercarla.
Risolse che probabilmente la notizia lo aveva raggiunto quando era già oltremare e non avrebbe potuto ancora mettersi sulle sue tracce.
Era dedito alla sua missione, probabilmente non lo avrebbe fatto fino al giorno in cui Noctis glielo avrebbe permesso, o non avrebbe più avuto bisogno di lui. Però sarebbe comunque stato in pensiero per lei.
Magari avrebbe potuto chiamarlo!
No, meglio di no. Nel tentativo di rassicurarlo, avrebbe finito per fargli perdere la sua determinazione, ed era l'ultima cosa che voleva.
Però anche lei aveva bisogno di averlo vicino, non soltanto l'erede al trono dei Caelum!
Si sentì una stupida, quella gelosia non aveva senso.
Si nascose il viso tra le mani e guaì

-Per tutti gli dei, cosa devo fare??-

Non pretendeva di avere una risposta diretta, le sarebbe bastato anche solo un piccolissimo segno, un indizio. Un suggerimento in grado di aiutarla a sciogliere il nodo della matassa.
Qualcuno bussò alla porta, la voce di Jared la raggiunse oltre la soglia ancora chiusa.

-Alexandra, sei ancora sveglia?-

Lei sospirò, tornando a fissare persa il soffitto.

-Si.- disse -Si, Jared. Vieni pure.-

Tornò a chiudere l'unico occhio buono, per evitare che l'improvviso arrivo della luce elettrica le ferisse la vista, come infatti avvenne appena qualche secondo più in là, quando l'uomo entrò e accese la luce.
Lei rimase per qualche istante ad occhi chiusi, poi fu costretta ad aprirli per guardare il vecchio maggiordomo che le sorrideva bonariamente sulla soglia.
Aveva una tazza fumante tra le mani.

-Ti ho portato una camomilla.- le disse, avvicinandosi.

Lei gli sorrise, si mise a sedere e prese tra le mani la tazza calda, inspirando il vapore benefico.
Riconobbe subito la fragranza intensa e balsamica del miele, e si sentì immediatamente meglio.
Quando era piccola e aveva la febbre, troppo spesso per colpa della sua costituzione che non era mai stata robusta, le piaceva essere coccolata, e capitava spesso che sua madre e sua sorella Monica le facessero una sorpresa preparandole coccole culinarie come la camomilla col miele, le zuppe calde di legumi e patate, o i passati di verdure.
Jared non avrebbe potuto saperlo, mentre gliel'aveva preparata aveva pensato solo che la camomilla per l'insonnia e il nervosismo era un rimedio efficace, e che il miele avrebbe potuto aiutare il suo sistema immunitario.
Eppure bastò quello per risvegliare in un attimo ricordi.
Sospirò affranta, un paio di calde lacrime scivolarono veloci dagli occhi chiusi a bagnarle le guance.

-Oh, Jared ... Cosa dovrei fare? C'è qualcuno in grado di dirmelo?-

Una fitta di emicrania la colse, non riuscì a resistervi così strinse i denti.
L'uomo le si sedette accanto e lo sorrise.

-Nessuno può dirti ciò che devi fare, purtroppo.- le rispose gentilmente -Ognuno di noi ha un destino, una missione da compiere nella sua vita, e sta proprio a noi stessi il compito di comprendere la strada e percorrerla fino alla fine.-

Alex scosse il capo, più volte.

-Ma come faccio?- chiese disperata -Ho perso tutto. Sono lontana dalla mia casa, dalla mia terra e dalla mia famiglia ... il mio cuore è a pezzi ... Come faccio a capire dove devo indirizzare i miei passi, se non so nemmeno più se vale la pena andare avanti?-

Bevve un sorso per soffocare i singhiozzi. Jared nel frattempo tornò a sorriderle osservandola paterno.
Era stato in silenzio sino ad allora, ma in quel momento sentì di non poter più tacere.

-Sai, Alexandra. Al momento della propria incoronazione o successivamente, ad ogni re di Lucis veniva assegnato un compito direttamente dagli dei. Compito dal quale non potevano sottrarsi, volenti o nolenti, e che dovevano portare pienamente a compimento.-

La ragazza parve ridestarsi. Lo guardò e iniziò ad ascoltare con molta attenzione.

-Al Fondatore fu dato l'incarico di costruire la città di Insomnia e di fondare la capitale del regno, ai re successivi fu detto di espandere i propri confini.
Poi arrivò Mors, e subito dopo suo figlio, Re Regis...-

Un brivido lungo la schiena. Mentre il vecchio Jared, inconsapevole, proseguiva il racconto, Alexandra si sentì nuovamente cattura da esso, e all'improvviso la tristezza sembrò essere totalmente dimenticata.

-Regis aveva circa trent'anni quando salì al trono. Fino a quel momento aveva trascorso una vita da principe, girato il mondo assieme ai suoi compagni e imparato a comunicare con i suoi futuri sudditi facendosi ben volere da loro. Era convinto di aver trovato lo scopo della sua esistenza, ma all'improvviso si ritrovò a dover attendere, perché gli dei gli dissero chiaramente che la sua missione non gli sarebbe stata rivelata al momento della sua incoronazione. Dovette attendere altri quattro anni, fino alla nascita del suo primo erede.-

Alexandra trattenne il fiato, continuando a seguirlo senza riuscire a perdere l'attenzione. Per un istante, un singolo, brevissimo istante, gli sembrò quasi di risentire quel profumo intenso, ma la sua mente non fu abbastanza presente da registrarlo.

-Era Noctis la sua missione?- chiese.

Jared si fece un po’ triste, inclinò appena la testa di lato.

-Più o meno.
La regina, con la quale si erano conosciuti dall'infanzia, morì dandolo alla luce e Regis si ritrovò a crescerlo da solo, senza dover perdere di vista i bisogno del regno, che in quel momento erano complicati. Quello che so, è che non si arrese e gli dedicò tutto sé stesso, per questo erano molto uniti. Fino a che un giorno, quando Noctis aveva appena tre anni e mezzo, non ricevette la profezia.-
-Che profezia?-

Jared la guardò negli occhi, sorrise.

-Noctis è il prescelto, colui che avrebbe spazzato via le tenebre da Eos e risollevato le sorti dell'umanità. E lui avrebbe dovuto prepararlo per quell'incarico, proteggerlo ed essere pronto a tutto, quando il momento sarebbe giunto.-

Un brivido freddo percorse di nuovo la schiena della giovane Alexandra Jane Baker, che senza fiato si ritrovò a fissare a bocca aperta il nulla di fronte a sé, una mano sul cuore e una tristezza implacabile nell'anima.
All'improvviso si accorse di non riuscire più a trattenere le lacrime, ma Jared non si rese conto del loro vero significato, e forse nemmeno lei.
Non erano lacrime che dipendevano dalla sua situazione attuale, ne da quel racconto.
Erano sintomo di una tristezza atavica che all'improvviso si impadronì di lei e che durò a lungo, anche dopo quel giorno.
Per quel momento, anche se le lacrime erano talmente tante da appannarle gli occhi, Alexandra decise di bere un altro sorso di camomilla, asciugarsi gli occhi con il fazzoletto offertole dall'uomo e chiedere, con voce tremante.

-E questo ... C-come dovrebbe aiutarmi?-

Ora se ne accorse davvero. Quella fragranza intensa e forte era tornata, e non era Jared ad indossarla.
Ma continuò a non dargli peso, erano troppi i discorsi importanti da affrontare per preoccuparsi anche di questo.
Jared le sorrise nuovamente.

-Tu non sei una regina, ma puoi avere la stessa forza di volontà.- le rispose, incoraggiante -Devi solo avere fede, essere paziente e pronta a recepire i segni che gli dei vogliono inviarti. È normale essere spaventati quando le cose cambiano. Tutti noi abbiamo perso qualcuno o qualcosa, ma se siamo in vita vuol dire che la nostra missione non è ancora giunta a compimento.-

Un impeto di rabbia.
Alexandra lo guardò seria negli occhi e chiese, senza mezzi termini.

-È così che agiscono gli dei? Ci creano per uno scopo che solo loro conoscono e quando lo abbiamo raggiunto ci buttano via?-

Jared Hester non si fece spaventare da quella sentenza fredda. Seguitò a sorridere, e le rispose certo.

-Regis affrontò un momento simile quando si rese conto della sorte che sarebbe toccata a lui e a suo figlio. Ma riuscì a trovare la risposta, prima di andarsene ... anche tu se avrai abbastanza fede e coraggio la otterrai. Tutti prima o poi dobbiamo confrontarci con questa verità, ma solo chi sa accettarla sarà in grado di compiere imprese ad altri impossibili ed incomprensibili.-

Alexandra sospirò per l'ennesima volta, più pesantemente delle altre. Bevve un altro sorso e ricacciò in dentro le restanti lacrime ingoiando la tristezza che le attanagliava la gola.

-Io non desidero compiere nessuna grande impresa.- disse, appoggiando la tazza sul comodino e buttandosi nuovamente sul cuscino.

Jared si alzò per permetterle di sdraiarsi completamente.

-Volevo solo sposarmi, avere dei figli magari, stare fino alla fine della mia vita con l'uomo che amo e vivere in pace il tempo che mi restava con mia madre e mia sorella.-

Quindi chiuse gli occhi, e quasi immediatamente si addormentò, devastata nell'anima e stanchissima.
Il vecchio maggiordomo sorrise intenerito, le rimboccò le coperte, si riprese la tazza e se ne andò, spegnendo la luce e chiudendosi la porta dietro di sé.
Sciacquò le ultime stoviglie, poi tornò nella sua camera e prima di addormentarsi pregò gli dei, per sé, per suo nipote, per gli Amicitia e per quella ragazza.
Che potessero aiutarla a ritrovare la sua strada e il coraggio per percorrerla fino in fondo per potersi gustare appieno di tutti i tesori e le emozioni che le avrebbe riservato il viaggio della vita.
 
\\\
 
Il giorno dopo ...

-Ho appena sentito mio fratello, Cid arriverà qui domattina tardi.-

Era mattina, le nove e quaranta minuti per essere preciso, ed erano tutti radunati attorno al tavolo da pranzo, intenti a finire la loro colazione.
Non appena Iris pronunciò quella frase, Alexandra per poco non rischiò di strozzarsi con il ciambellone allo yogurt che aveva preparato appena qualche ora addietro.
Si era svegliata alle sei e trenta, con ancora in mente le parole di Jared e il sogno fatto.
Aveva di nuovo visto Regis, da giovane, ma stavolta era sicura si fosse trattata della sua mente troppo suggestionata perché le immagini era poche, mischiate, e per la maggior parte silenziose.
Aveva cercato di riaddormentarsi, ma alla fine non era riuscita a smettere di pensarci e così era scesa di sotto e aveva iniziato a cucinare, per tentare di concentrarsi e mettere in ordine le idee.
Il risultato era quel buon ciambellone morbido e delicato, che troneggiava al centro del tavolo assieme a una coppa di macedonia di frutta fresca, una di panna ed un barattolo di miele.
Tremante lasciò nel piatto la sua fetta smozzicata e si affrettò a bere un sorso del suo thè al gelsomino, mentre Jared con un sorriso chiedeva alla sua amica, seduta alla sua sinistra.

-Quindi hanno deciso di partire con lo yacht.-

Stavolta il cuore di Jane Baker fece un tripla capriola e si fermò per un istante, mentre lei cercava di riprendere il respiro ingollando il the restante nella tazza e versandosene dell'altro.

-Si, gli hanno chiesto di ripararlo al più presto, non possono più ritardare.-

Niente da fare, con un singulto strozzato Alexandra soffocò un colpo di tosse, e finalmente Iris sembrò accorgersi del suo disagio.

-Alex, ti senti bene?-

Lei annuì, riprendendo fiato e annuendo più volte, pur di sembrare decisa. Sorrise.

- Di chi state parlando?- chiese, pentendosene subito dopo.

Perché lo aveva chiesto? Perché non poteva fare un'altra domanda?

-Di Cid Sophiar, il miglior esperto di motori a disposizione.- annunciò contenta Iris.
-Era un vecchio amico del Re.- aggiunse Jared.
-Si.- confermò nuovamente Iris, aggiungendo poi -È sua l'officina di Hammerhead, adesso però è in pensione, e il lavoro sporco lo fa tutto Cindy, sua nipote.-
-Ah ...- fece Alexandra.

E a quel punto avrebbe potuto sfruttare l'opportunità per star zitta, come infatti fece.
Ma Talcott invece non riuscì a contenere l'entusiasmo. Perché avrebbe dovuto, del resto?

-Verrà anche Gladio?- chiese, felicissimo alla prospettiva.

Alexandra riprese a bere thè per nascondere il nervosismo.
Quella conversazione stava prendendo una piega inaspettata.

-Loro verranno più tardi, tra quattro giorni.-
-Loro?-

Alex guardò Iris sgranando gli occhi e trattenendo il respiro.
Iris rimase un istante interdetta, in dubbio se rivelarle la presenza di Ignis o meno. Ma ci pensò Jared, che non sapeva nulla di quella storia, a dissipare ogni dubbio.

-Pare che a breve potrai conoscere il Principe Noctis di persona.- le disse.
-Evvai, quindi verrà anche lui!- Talcott era eccitatissimo all'idea.

Iris la guardò meglio, preoccupata.

-Gladio, mio fratello, è stato addestrato per essere la sua guardia del corpo così come nostro padre lo è stato per Re Regis.- le spiegò, facendo finta che non sapesse -Erano partiti verso Altissa, prima della firma dell'armistizio, per raggiungere sua grazia Lady Lunafreya. Dovevano sposarsi, lei e Noct.-
-E invece? Cos'è successo? Perché sono ancora qui?-

Sembrava veemenza stupita, invece era rabbia, sconcerto, sorpresa.
Ignis, lui non aveva mai lasciato i territori di Lucis?
Sul serio??
Per tutto questo tempo in cui era stata convinta di averlo lasciato andare e di avere il golfo a separarli, in realtà non erano che a qualche chilometro di distanza l'uno dall'altra? E lui? Sapeva che lei si trovava lì, o anche lui aveva preferito non cercarla?
Perché non l'aveva cercata?
Come stava?
Lo avrebbe rivisto tra ... quanto?
Quattro giorni?
Senza accorgersene, il suo sguardo si perse e lei impallidì, senza riuscire ad evitarsi di tremare.

-Gli imperiali hanno bloccato i collegamenti portuali, così adesso dovranno usare lo yatch.- le rispose Iris, che però subito dopo le versò un altro po' di the, preoccupata -Alex, sei sicura di sentirti bene?-

No, affatto. Non si sentiva bene, si sentiva in trappola.
Ignis se la ricordava ancora prima dell'incidente, cosa avrebbe fatto rivedendola così, con una benda su un occhio e claudicante?
Se si fossero rincontrati e avessero avuto tempo e voglia di stare da soli, come gli avrebbe spiegato quella cicatrice sul petto e tutte le altre, dentro e fuori di lei?
Erano argomenti che non riusciva ad affrontare nemmeno con sé stessa, come avrebbe fatto a farlo con lui?
E poi perché non l'aveva cercata, perché continuava a non chiamarla? Pensava di averla persa? Era un sollievo o uno tortura per lui, quella prospettiva?
Sarebbe stata in grado di parlarne senza sembrare una bambina o una pazza isterica?
Trattenne il fiato troppo a lungo, e alla fine questo le si ritorse contro.
Iniziò a tossire, non riuscì più a fermarsi. Subito gli altri si prodigarono per lei: Iris la aiutò a tirar fuori dalla tasca laterale della lunga gonna di seta nera la bomboletta di ossigeno, Jared le versò un bicchiere di acqua fresca di frigorifero e Talcott corse ad aprire porta e finestra, ma lei era già svenuta.
Si risvegliò una decina di minuti più tardi, sdraiata nel suo letto, il cuore che le batteva così veloce da arrivarle in gola.

-Oh, finalmente!- esclamò sollevata Iris, che le stava accanto facendole aria con un ampio ventaglio di stoffa -Alex, come stai? Ti senti meglio, adesso?-

I contorni apparivano offuscati, ma si, stava decisamente meglio. Probabilmente per chiarificare la vista dell'unico occhio buono avrebbe dovuto solo indossare i suoi occhiali, che gli erano stati tolti.
La guardò e sorrise, annuendo.

-Meglio, grazie ... Forse ho bevuto troppo thè.- aggiunse per sdrammatizzare.

Iris sorrise divertita.

-Tieni...- disse porgendole un bicchiere d'acqua che fino a quel momento era stato appoggiato sul comodino -Avevi la pressione molto bassa, per questo sei svenuta. Un po di acqua e zucchero dovrebbe bastare, prima dell'arrivo del dottore.-

Alexandra sospirò, mettendosi a sedere e prendendo dalle sue mani il bicchiere, svuotandolo a piccoli sorsi.
In effetti le girava parecchio la testa.

-Lo avete disturbato di nuovo...- disse, con una nota rammaricata nella voce e un sorriso triste -Non era necessario, è solo un calo di pressione, ne ho avuti altri negli anni passati. Mi riprenderò ...-

Iris le sorrise scuotendo il capo.

-A maggior ragione. Come fai a riprenderti se continui a ignorare i segnali che ti manda il tuo corpo?- le chiese premurosa.

Alex la guardò negli occhi, colpita da quella frase. Segnali ... Quali segnali?
Sorrise a sua volta, senza rispondere.
"Qui tutti a mandarmi segnali in codice e mai nessuno che sia disposto a spiegarmeli. Sembra che io sia sempre l'ultima a sapere le cose, perfino dopo me stessa."

 
***
 
Cid e sua nipote arrivarono a Capo Caem verso le undici del mattino seguente, accolti da tutti gli ospiti con tutti gli onori del caso.
Il vecchio pilota scese dal furgoncino col marchio della sua officina, si guardò intorno e sorrise appena, celando l'emozione dietro ad una smorfia.

-Ah, quanto tempo è che non tornavo in questo posto?- osservò.

Sua nipote Cindy gli si accodò, guardandosi intorno con curiosità.

-È come te lo ricordavi, nonno?- gli chiese.

Il vecchio scosse le spalle.

-Mh, il paesaggio non cambia, è troppo presto per dirlo. Saliamo e vediamo.- rispose.

Quindi vide qualcuno agitarsi in fondo alla strada, all'inizio del sentiero lastricato di ghiaia.
Erano Iris e Talcott, che agitavano le braccia per farsi vedere.
L'uomo sorrise.

-Ah, ecco il nostro comitato di benvenuto.- fece, indicando con un cenno del capo i due.

Quindi si avviarono insieme verso di loro.
Non si erano mai conosciuti di persona, ma dalle foto e dai racconti di Regis in particolar modo Iris aveva imparato ad apprezzare quell'uomo apparentemente scorbutico ma in fondo leale e saggio.
Per il Re era stato un amico fidato, ma il tempo li aveva divisi ancor prima che la situazione del regno peggiorasse.
Cor e Clarus gli erano rimasti affianco, aiutati dai loro ruoli e dal loro passato che li legava entrambi alla famiglia reale.
Lui e Weskham invece avevano finito per tornare alla vita di sempre, rimpiangendo ogni tanto i bei vecchi tempi.
Regis non aveva dimenticato i suoi amici, non era tipo da cadere in errori del genere, e fino all'ultimo era rimasto in contatto anche con loro.
Ma non aveva potuto raggiungerli per un'ultima riunione, i suoi impegni istituzionali e i rischi di un viaggio simile erano troppi.
Doveva rimanere ad Insomnia e prendere tutto il tempo possibile grazie alla barriera magica che l'anello dei Lucii gli permetteva di creare, non poteva rischiare in alcun modo di essere ucciso prima di aver fatto tutto il possibile per il suo popolo e la salvezza di suo figlio, il Prescelto.
Cid lo aveva capito, ma era stato comunque un duro colpo perderlo, senza nemmeno essere riuscito a rivederlo un'ultima volta.
Avrebbe voluto essere d'aiuto anche lui, ma Regis aveva ritenuto di poter fare da solo. Gli aveva chiesto di essere un sostegno per Noctis, per questo era lì quel giorno.
Ma il modo in cui si erano lasciati era stato l'addio più amaro che avesse mai potuto immaginare di dargli.
Lontano da Insomnia, impossibilitato a combattere con lui come aveva sempre fatto, mentre Regis si faceva ammazzare per un bene più grande.
Era morto come voleva, ma senza di loro.
Avrebbe preferito farlo con lui e Clarus, in battaglia al loro fianco, invece era rimasto a prendersi cura dei loro figli.
Ah, vecchiacci maledetti! Stavolta gliel'avevano proprio fatta.
Ritornare in quei luoghi che li avevano visti giovani e spensierati fu un altro nostalgico colpo al cuore.
Cid si lasciò abbracciare da Iris e Talcott, strinse la mano a Jared scambiando con lui quattro chiacchiere mentre salivano, lasciando ai giovani i loro discorsi.

-Allora, come mai avete deciso di venire qui e non rimanere a Lestallum?- chiese.

Jared sorrise.

-In realtà non avremmo voluto appropriarci così di una residenza reale, ma è stata una scelta obbligata. Abbiamo incontrato una persona che aveva bisogno di aiuto, questo era un posto perfetto dove permetterle di riprendersi, così abbiamo pensato che Re Regis non se la sarebbe presa più di tanto. Era un sovrano compassionevole, dopo tutto.-

Cid sorrise, inclinando orgogliosamente il capo verso la punta dei suoi stivali.

-Mph.- fece semplicemente, trovandosi d'accordo con quelle parole.

Aveva visto tante volte l'amico farsi avanti per gli altri. Prima della nascita di Noctis aveva perfino salvato un orfano che poi, a detta di Cor, gli si era rivoltato contro visto che era stato il fautore della ribellione dei suoi Angoni.
E probabilmente lo aveva anche ucciso, maledetto traditore ingrato.

-Di chi si tratta?- chiese, ricacciando a fatica quei cupi pensieri.
-È una giovane proveniente da Insomnia. Era riuscita a scappare insieme alla sorella, ma purtroppo erano messe entrambe male e la maggiore non ce l'ha fatta, così è rimasta l'unica sopravvissuta della sua famiglia.- gli spiegò Jared.
-Povera sfortunata ...- bofonchiò Sophiar.

Hester annuì.

-È una brava ragazza, ma ovviamente sta passando un brutto periodo a causa delle ferite riportate.- confermò.
-Sono gravi?- chiese allora Cid, stavolta veramente curioso.
-Meno di quello che pensavamo, ma comunque non indifferenti.- disse il maggiordomo di casa Amicitia -Ha perso parzialmente l'uso dell'occhio destro, comunque portava già gli occhiali da vista. Inoltre è leggermente zoppa, e i suoi polmoni hanno dovuto subire un lungo intervento perché erano stati forati da alcuni proiettili magitek.-

Cid fece una smorfia.

-Mph, magitek ... Ferraglia maledetta. È stata fortunata a salvarsi.- commentò, contento che la fortuna si fosse fatta viva con quella povera sventurata.

Non la conosceva ancora, ma sentiva che sarebbero potuti andare d'accordo. Ci volevano tenacia e coraggio per sopravvivere a un dramma del genere. Qualunque fosse il suo aspetto, di sicuro quella ragazza era un bell'osso duro, un po’ come la sua nipotina.
Sarebbero andate d'accordo anche loro.

-Quanti anni ha?- chiese, a proposito.
-Venticinque.- rispose Jared.
-E adesso dov'è?-
-Dentro, sta preparando il pranzo. Le piace molto cucinare, ed è anche molto brava.-

Cid guardò la casa che già svettava sopra la collina.
Sorrise.

-Sul serio?- commentò -Vedremo che ne dice il mio palato.-

Sorrisero insieme, quindi annuirono e presero a parlare d'altro, mentre anche Cindy dietro di loro finiva di informarsi sulla nuova arrivata, e farsi più o meno la stessa opinione di suo nonno.
Lei sapeva cosa volesse dire perdere qualcuno, era rimasta orfana appena bambina e lui le aveva fatto da padre e madre, quindi capiva perfettamente il dolore di Alexandra.
Quando entrarono però trovarono molto più di quanto si aspettassero.
Sulla tavola già apparecchiata svettava un bellissimo bouquet di fiori di campo, posto dentro un vaso di ceramica bianca dal collo allungato.
Nell'aria si spandeva la fragranza dei piatti che la ragazza stava preparando, destreggiandosi abilmente ai fornelli della piccola cucina.
Risotto ai frutti di mare di Cleige, gambero alla griglia con insalata verde e ravanelli, e per dolce un delicato soufflé alla vaniglia.
Cid era ghiotto di pesce, appena entrò si sentì quasi inebriato.

-Per tutti gli dei, che profumo!-

Alexandra si voltò a guardare i nuovi arrivati, e sorrise.
Erano simpatici. Soprattutto Cid, nonostante la vecchiaia, non era così diverso dalle foto.
Sua nipote sembrava una ragazza allegra e riflessiva, le ricordava molto Prompto, e aveva anche qualcosa in comune con Iris, anche se sembrava più grande di entrambi.

-Benvenuti.- li accolse -Potete già accomodarvi, la pasta è quasi cotta.-
-Tempismo perfetto , Alex.- replicò divertita Iris, ricevendo in cambio un sorriso e un occhiolino.

Cid si sedette al suo solito posto, alla destra del capotavola che stavolta fu occupato da Alexandra, per praticità visto che era il posto più vicini ai fornelli.
Cindy gli si sedette accanto, Talcott e Iris lasciarono il secondo posto da capotavola a Jared.

-Se il sapore è come il profumo credo proprio che mangerò da dio, oggi. Chi me lo doveva dire!- osservò soddisfatto Cid.

Alex sorrise, portando in tavola il piatto che aveva preparato in una coppa di porcellana.

-Farò del mio meglio per non deludervi.- replicò, iniziando a servire proprio da lui e sua nipote.
-Ah, accidenti!- fece ammirato il pilota, ammirando la splendida composizione.

Un nido abbondante di spaghettini al sugo sul quale svettavano qualche ostrica, cozze, pomodorini in pezzi e foglioline di basilico fresco.
Era una gioia per gli occhi e una tentazione per il palato.

-Alex, sei davvero un'artista della gastronomia.- la ammirò Iris.

Alex sorrise, arrossendo appena e preparandosi a darle la buona notizia.

-Sarà meglio che tu abbia ragione, Iris. Perché ...- guardò Jared, che le sorrise -Ho appena deciso di dar retta al destino. Ho accettato la proposta di lavoro al molo di Galdin ... e che gli dei me la mandino buona.-


 
  

Cid Sophiar e Cindy Aurum


(Continua ...)


NdA:

Buon pomeriggio a tutti. Come avete potuto notare, in questo capitolo si è parlato molto di Regis. E anche il mio avatar è cambiato.
Questo perchè mi sto accorgendo di amare sempre più questo personaggio (lo amavo sin dal kingsglaive, ma la mia passiona è cresciuta col tempo). Di conseguenza anche se purtroppo me lo hanno ammazzato (sigh ... sigh, sob!!) ho trovato un modo per dargli comunque una parte importante nella storia senza snaturare la storia stessa e i personaggi.
Forse, anzi sicuramente, avrete già capito. Nel qual caso non lo aveste ancora fatto, vi avviso che dopo la fine di questa mini long ne avremo un'altra, che precede quella annunciata ambientata nei dieci anni di oscurità. E in questa successiva mini long i protagonisti indiscussi saranno proprio RE REGIS LUCIS CAELUM e Alexandra.
Ebbene, io non vedo l'ora, ho già la copertina e il prologo pronti, spero di riuscire a realizzare al meglio un tributo a questo personaggio troppo sottovalutato secondo me.
Nel frattempo vi invito ad informarvi, non con le fan fiction che spesso lo mal caratterizzano e lo relegano a personaggio super secondario (io non ne ho mai scritto fino ad oggi proprio per paura di cadere in questo errore), ma giocando il game arcade per ps4 A KING'S TALE.
Anche su sulla final fantasy wikia e nei vari trailer potrete carpire preziose informazioni su di lui. Io le userò tutte, come ho fatto scrivendo questo capitolo anche per raccontarvelo al meglio nella terza minilong di questa raccolta su Ignis, che si intitolerà Beliver, e avrà come filo conduttore le canzoni dei The Score e degli Imagine Dragons. Sarà una fan fiction su Regis, in sostanza, ma Alex ci aiuterà a seguirne le orme e ovviamente, come stiamo imparando a fare in questi ultimi capitoli, approfondiremo ancora di più i suoi poteri da "sensitiva" e forse riusciremo a scoprire come li ha ottenuti.
Ripeto: Forse :P
Siete curiosi?
Ci vediamo presto con l'ultimo capitolo di questa long e il link per leggere il suo seguito ;) ^^
Bye <3

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