LAURA &
ANNA
Laura e Anna non
potevano essere
più diverse: tanto la prima era audace, caparbia e
istintiva, quanto la seconda
era dolce, generosa e timida, eppure condividevano lo stesso DNA da
quando
erano venute al mondo.
Quella mattina
Anna si stava
lavando i denti, subito dopo colazione, come aveva consigliato il
dentista,
mentre Laura fece capolino in bagno per truccarsi.
“Ma
vuoi mettere quella minigonna
per andare a lavorare?” chiese Anna con tono scandalizzato.
Laura rise e lo
faceva spesso quando Anna reagiva così. “Certo.
Oggi ho intenzione di farmi
invitare a pranzo da Antonio, dell’ufficio
tecnico”.
Anna
strabuzzò gli occhi e per poco
non fece cadere lo spazzolino. “Antonio?
Ma…”
Anna la
guardò mentre si metteva il
mascara. Laura era così sicura di sé.
“Antonio è carino” ammise Anna.
Sicuramente Laura sarebbe riuscita nel suo intento. Anna non ci avrebbe
mai
provato, Antonio era molto popolare nell’ufficio: tutte le
ragazze ci avevano
fatto almeno un pensierino peccaminoso e i ragazzi lo ammiravano per il
suo
modo di fare. E Antonio avrebbe guardato Laura con ammirazione, lei
sapeva
sempre cosa dire e come comportarsi. Anna sospirò. Di sicuro
non avrebbe guardato
lei.
“Dai,
tesoro, dovresti fare
qualcosa anche tu. Perché non sbottoni un po’
questa camicetta da vecchia
suora?” E così dicendo Laura le si era avvicinata
e le aveva sganciato ben tre
bottoni. Quando Anna vide il pizzo del reggiseno attraverso
l’apertura della
camicetta esclamò, sempre più scandalizzata:
“Ma no! Cosa fai? Non voglio far
vedere il seno a tutti!” Laura, senza fare una piega alla
sceneggiata di Anna,
le rise in faccia.
“Sarebbe
ora che tu mostrassi un
po’ di pelle! Guarda come sei bella. Vieni, guardati allo
specchio.” E così
dicendo, Laura prese per mano Anna e la trascinò davanti
allo specchio a figura
intera vicino alla porta del bagno. “Guardati. Lo
vedi?”
Anna si
guardò. Era bella, era
vero. Perché se ne accorgeva solo quando glielo faceva
notare Laura? Era bella.
Ma si riallacciò uno dei bottoni.
Laura
sbuffò rumorosamente e iniziò
a brontolare. “Sempre a fare la cosa giusta, Anna,
brava” la prese in giro.
“Sempre composta, Anna, mi raccomando. Sempre educata, non
alzare la voce, non interrompere
nessuno, non ribattere alle provocazioni, non opporti a ciò
che dice il capo,
non contraddire una persona anziana, non…”
“Basta!”
gridò Anna. Era stufa.
“Non si può mica fare sempre come fai tu. Non si
può essere scontrosi o
rispondere male perché se ne ha voglia, non si
può dire a qualcuno che non
capisce niente, non si può oltrepassare la coda di attesa,
non si può
imbrogliare per andare avanti, non si
può…”
Laura rise
ancora “Sei così sicura
che non si possa fare?” Anna spalancò gli occhi.
Quante volte si sarebbe
scandalizzata quel giorno? Quante volte Laura l’avrebbe
sfidata così? “Sì che
sono sicura” Laura riprese a truccarsi. Fard e ombretto.
Erano esageratamente
vistosi. Troppo, pensò Anna. Quando si passò il
rossetto sulle labbra Anna
pensò che le venisse un infarto. Un rossetto rosso? Ma era
così… volgare? No,
non era volgare, era solo… molto evidente. Troppo.
Guardò
la ragazza attraverso lo
specchio. Avrebbe ancora voluto essere come lei. Laura si
voltò e le sorrise.
“Dai, andiamo, prima che si faccia tardi. Che scarpe metti
oggi?”
Anna
alzò le spalle, ma, una volta
raggiunto il soggiorno, aprì la scarpiera e pensò
a quali scarpe indossare. Le
ballerine o quelle da ginnastica? Bhe, era così importante
alla fine? Con i
jeans stava bene tutto.
Si
chinò per infilarsi le scarpette
e guardò Laura prenderne un paio rosse con il tacco alto e
sottile. “Non vorrai
metterti quelle scarpe lì!” La voce di Anna si
strozzò un po’ mentre gridava.
Laura rise
ancora di lei. “Se tu
puoi mettere quelle cose orribili, io posso mettere queste”
disse indicando i
suoi piedi. Anna sbuffò forte. Avrebbe lasciato perdere.
Stavolta.
Quando si
chiusero la porta alle
spalle, incontrarono sul pianerottolo il signor Brunchi, il loro
dirimpettaio,
che innaffiava le piante della moglie vicino allo zerbino.
“Buongiorno,
signor Brunchi!” lo
salutò sorridendo Anna, mentre Laura faceva finta di niente,
guadagnando il
posto davanti all’ascensore. Laura guardò di
sottecchi Anna mentre scambiava
qualche parola con l’attempato vicino e notò che
tutti e due stavano
sorridendo. Sì, Sì,
Anna, sii gentile col
vecchio, vai a pranzo con lui, oggi. Poi si pentì
di quello che aveva
pensato.
Anna era una
brava persona. Era
gentile e romantica. Aveva una buona parola per ognuno e tutti le
sorridevano
quando la incontravano. Con lei non succedeva mai. Era difficile che
qualcuno
sorridesse a Laura. E lei elargiva pochi sorrisi, quindi erano a posto
così.
Sì, andava bene così. Mentre si aprivano le porte
dell’ascensore, sentì Anna
congedarsi dal canuto personaggio e l’aspettò per
scendere insieme.
Anna
entrò in ascensore sorridendo.
Lei era sempre felice. Stava bene, viveva bene. Sempre sorridente,
sempre
contenta. Laura guardò Anna e la invidiò per un
attimo. Non aveva bisogno di
mettersi in mostra, lei. Sembrava un angelo.
Già,
un angelo. Un angelo
brillante, luminoso e che sembrava emanare luce cangiante e
iridescente.
Probabilmente ad Antonio sarebbe piaciuta una come lei, che non ha
bisogno di
vestiti, di trucchi e di altro, ma semplicemente di essere quello che
è.
Laura non
sarebbe mai riuscita a
essere come lei. Desiderosa di aiutare e donare sorrisi. Anna la
guardò e
inclinò la testa. La conosceva bene. Probabilmente sapeva
quello che stava
pensando. Laura guardò da un’altra parte,
improvvisamente imbarazzata.
Anna la
guardò sorridendo, le si
avvicinò e la prese sottobraccio. “Lo sai vero che
sei una bella persona? E
anche quando fai la dura io so che non sei veramente cattiva? A me
piaci
tantissimo!” Laura si sentì commossa e, incapace
di parlare, annuì.
Fecero due passi
fino al lavoro, si
presero per mano e si sorrisero. Non ebbero bisogno di dirsi
nient’altro.
Quando entrarono nell’edificio che ospitava il loro ufficio,
il receptionist
corse ad aprire la porta e salutò:
“Buongiorno,
signorina Annalaura, ha
visto che splendida giornata?”
***Questa
storia, un po’ banale e
forse fuori traccia per il contest, rappresenta ciò che
siamo. Tutti noi
abbiamo dentro più di una sfaccettatura, per fortuna. Mai
pensare che una sia
meglio di un’altra. Tutte fanno parte di noi. Se ne mancasse
una, non saremmo
più così. Quindi non pensate mai che sarebbe
meglio non possedere qualche
‘sfacettatura scomoda’. Siamo fatti da
più parti. E tutte ci completano.
Nessuna esclusa.