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Autore: Fandoms_Are_Life    29/03/2019    0 recensioni
i. Era notte fonda quando Philippe si svegliò nell’udire una carrozza fermarsi davanti Saint-Cloud.
ii. «Mio padre è morto.»
iii. «Avrei potuto esserci io al suo posto.»
iv. «Tu non mi ami.» […] «Neanche tu ami me.»
v. Quando gli era stato comunicato che sarebbe diventato padre, Philippe aveva provato una gioia immensa.
vi. «Te lo stavi scopando, vuoi negarlo?» […] «E tu vuoi negare di esserti fatta scopare da mio fratello?»
vii. «I fiori stanno cantando.»
viii. «Era bella?»
[Philippe/Henriette] [pre!S1-post!S1] [lievi accenni MonChevy, Louis/Henriette e Philippe/Liselotte]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
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Coherency

 

i.

 

Era notte fonda quando Philippe si svegliò nell’udire una carrozza fermarsi davanti Saint-Cloud.
Si alzò dal letto per correre alla finestra, giusto in tempo per veder scendere dal mezzo due figure incappucciate. Quando queste fecero il loro ingresso nella tenuta, si precipitò nella camera di suo fratello.
- Louis! Louis! - esclamò non appena fece irruzione nella stanza. Si gettò sul letto e cominciò a scuotere l’altro bambino con foga. - Louis, svegliati! C’è qualcuno!
Il primogenito sbadigliò sonoramente prima di rivolgersi al fratello: - Di che stai parlando, Philippe?
- È arrivato qualcuno. Ho visto due persone scendere da una carrozza. Vieni, vieni! - Trascinò Louis fuori dal letto e poi giù per le scale, ignorando gli insulti a mezza voce che gli venivano indirizzati da parte del re di Francia per essere stato svegliato così bruscamente.
Quando giunsero nei pressi del salone principale si azzittirono entrambi: alla fine anche Louis fu vinto dalla curiosità di scoprire chi fossero quei misteriosi visitatori. Raggiunsero la porta e la socchiusero senza fare il minimo rumore.
L’attenzione dei due fu subito catturata dalla voce della regina Anne, intenta a dare il benvenuto ai due sconosciuti. Philippe era sempre più curioso di scoprire di chi si trattasse, e focalizzò immediatamente l’attenzione sulla figura che si trovava di fronte a sua madre. Questa si levò il cappuccio proprio in quel momento, rivelando il volto di una donna non più giovanissima ma ancora molto bella, nonostante la stanchezza evidente sul suo viso.
- Ti ringrazio per averci accolte, cara Anne. Ci hai salvato la vita - disse con voce rotta, come se non avesse fatto altro che piangere per tutta la durata del viaggio che l’aveva condotta fin lì. Dopodiché indirizzò il suo sguardo da un’altra parte, e per la prima volta sul suo volto comparve un sorriso. - Non è così, my dear?
Philippe aggrottò le sopracciglia e si scambiò un’occhiata con Louis. Quest’ultimo mimò con le labbra la parola “Inglesi”, dopodiché tornarono entrambi a spiare l’incontro, sempre più confusi.
A quel punto Philippe notò la seconda figura che aveva visto scendere dalla carrozza: era minuscola, una bambina con corti capelli biondi e grandi occhi verdi. Si aggrappò alle gonne di quella che probabilmente era sua madre e vi nascose il viso, scatenando l’ilarità della regina. - Non essere timida, piccola Henriette. Sono tua zia, vieni ad abbracciarmi.
La bimba la squadrò con interesse, dopodiché, dopo aver lanciato uno sguardo alla madre, camminò verso di lei, fino a trovarsi faccia a faccia con Anne, che si era inginocchiata. La donna la prese tra le sue braccia e la cullò un po’, mormorandole parole che Philippe non riuscì a sentire.
E così quella era sua cugina. Non ne aveva mai sentito parlare, e in un certo senso restò quasi deluso da quella scoperta. Pensava che fosse qualcuno di molto più interessante, magari un altro bambino con cui giocare.
Evidentemente Louis doveva aver pensato la stessa cosa, poiché gli tirò leggermente i capelli e gli lanciò un’occhiataccia. - Mi hai svegliato per niente - sibilò, prima di voltargli sdegnosamente le spalle e risalire le scale.
Philippe sbuffò e si apprestò a seguirlo, lanciando un’ultima occhiata alle donne nel salone. Quando, però, si accorse che lo sguardo vispo della bimba era puntato su di lui si pietrificò.
La bambina lo osservò con curiosità da lontano, senza che sua madre o la regina si accorgessero di nulla. Poi, come se avesse appena preso una decisione, sollevò una mano e lo salutò, regalandogli un piccolo sorriso.
Philippe ricambiò timidamente il gesto, poi si rifugiò nella sua stanza, timoroso di venire scoperto.
Quella notte, non dormì più.

 

ii.

 

Oramai era trascorso più di un anno e mezzo dall’arrivo di Henriette e sua madre in Francia. La piccola princesse d’Angleterre faceva ancora fatica a parlare correttamente la lingua, scatenando le risate di Louis ogni volta che pronunciava male una parola. Philippe, dal canto suo, si limitava a correggerla senza farle pesare troppo l’errore e a lanciare occhiate irritate al fratello: non doveva umiliarla in quel modo. A quel punto, Henriette lo ringraziava con lo sguardo, dimenticando ben presto l’offesa ricevuta e tornando l’allegra bambina di sempre.
Quel giorno, però, non si era fatta né vedere né sentire. Solitamente piombava in camera sua o in quella di Louis di buon’ora, ansiosa di giocare: entrambi si erano sorpresi nel constatare che quella bimba all’apparenza così delicata sembrava trasformarsi in un vero e proprio maschiaccio quando si trovava all’aria aperta, soprattutto nel piccolo boschetto che circondava la residenza di caccia del loro defunto padre. Sebbene la piccola abitasse ufficialmente al Louvre, trascorreva la maggior parte del tempo lì con loro, e sembrava non stancarsi mai. Fu questo il motivo principale che spinse Philippe ad andare a cercarla appena prima dell’ora di pranzo, stupito e sconcertato di fronte alla sua inattesa assenza.
- Louis, vieni con me? - chiese al fratello dopo avergli esposto i suoi dubbi.
Quest’ultimo scosse la testa. - Raggiungetemi più tardi nei giardini. Ho voglia di fare una passeggiata.
Nell’udire quelle parole lo sguardo di Philippe si adombrò, ma fece finta di nulla e varcò la soglia della stanza del fratello senza aggiungere altro.
Camminò a passo spedito fino a quando non raggiunse gli appartamenti in cui alloggiavano la regina d’Inghilterra e il suo entourage. Si preparò a bussare, ma si bloccò non appena udì dei singhiozzi sommessi.
Indeciso sul da farsi, socchiuse lievemente la porta e fece capolino all’interno della stanza. La regina era seduta davanti alla sua scrivania, col volto coperto e il corpo scosso da singhiozzi.
- Madame - sussurrò con timore, poi un pensiero lo colpì all’improvviso. - Henriette sta male? - chiese, ansioso.
La donna sussultò e si voltò di scatto verso di lui. - Altezza… - Le parole le morirono in gola, e dovette tossire un paio di volte prima di poter continuare. - La principessa sta bene. È nelle sue stanze.
Philippe occhieggiò la porta che gli era stata indicata, dopodiché, con un ultimo sguardo indirizzato alla regina inglese, si precipitò verso di essa, chiudendosela subito alle spalle.
- Henriette! - esclamò non appena la vide. Era seduta sul letto, le gambe penzoloni e il volto abbassato, con i riccioli che le ricadevano sugli occhi. Philippe corse verso di lei e le si piazzò davanti, aggrottando le sopracciglia. - Cos’è successo? Perché tua madre sta piangendo?
Tra di loro calò nuovamente il silenzio prima che la bimba alzasse il viso e, con un’espressione indecifrabile, gli dicesse: - Mio padre è morto.
Davanti a quella notizia, il principe non seppe cosa dire o fare. Si limitò a fissarla, la bocca semiaperta e la mente in subbuglio, alla ricerca delle parole giuste o dei gesti più appropriati. Alla fine, riuscì a mormorare a mezza voce: - Mi dispiace.
Lo sguardo della bambina si fece vacuo. - Non me lo ricordo molto bene. Ero davvero piccola quando l’ho visto per l’ultima volta. So che dovrei essere triste come la mamma, ma come faccio a piangere per qualcuno che non ricordo?
Philippe deglutì e si sedette vicino a lei, ancora incerto sui suoi movimenti e le parole che gli uscivano dalla bocca. - Neanch’io ricordo mio padre. Ho solo visto qualche ritratto, è morto quando avevo due anni. Però era un re, come il tuo, e i re sono scelti da Dio, perciò adesso sono tornati entrambi da lui… no? - disse, guardandola di sottecchi.
Henriette parve riflettere sulle sue parole. Per essere così piccola era davvero molto sveglia, si ritrovò a pensare Philippe. Alla fine, la principessa volse il viso verso di lui e gli sorrise in modo strano: non l’aveva mai vista così. Dopodiché lo sorprese ulteriormente, avvicinandosi e stringendolo con le sue esili e sottili braccia. - Grazie, Philippe - gli sussurrò all’orecchio, e lui sentì gli abiti che indossava inumidirsi. Capì che stava piangendo e l’abbracciò a sua volta, totalmente dimentico di Louis e del suo ordine di raggiungerli in giardino. Henriette aveva bisogno di lui, e non poteva abbandonarla.
- Ci sarò sempre per te, mon petit ange - mormorò, accarezzandole i capelli. - È una promessa.
 

iii.

 

Philippe osservò con un pigro sorriso stampato sulle labbra la scena che gli si era presentata davanti non appena aveva varcato la soglia del salone.
- Sei solo uno stupido che non riesce a vedere a un palmo dal suo naso!
- Bada a come parli, io sono il re di Francia! - Uno schiaffo, e poi un grido scioccato: - Henriette!
La giovane passò accanto a Philippe, lo sguardo furioso indirizzato davanti a sé e le labbra che mormoravano come in una litania: - Stupido, stupido, stupido!
- Henriette, torna immediatamente qui! Come ti sei permessa? Henriette! - Le urla di Louis proseguirono ancora per qualche istante, dopodiché il re batté stizzosamente uno dei talloni per terra e strinse le mani a pugno. - Dannata ragazzina!
Philippe scosse la testa davanti a quello che sembrava in tutto e per tutto un litigio infantile. - Che cosa hai fatto stavolta?
Il fratello si voltò di scatto verso di lui, come se si fosse accorto solo in quel momento della sua presenza. Dopodiché borbottò: - Assolutamente niente.
Philippe alzò gli occhi al cielo. - Buon Dio, Louis, hai ventidue anni! Quando la smetterai di infastidirla come se foste ancora due bambini?
- Ti dico che non ho fatto nulla! - esclamò il re con veemenza. - Appena rientrato dalla mia passeggiata me la sono ritrovata davanti e ha iniziato a urlare all’improvviso, senza che le avessi detto o fatto nulla.
Il duca d’Orléans sospirò e girò sui tacchi, alla ricerca di Henriette. Era certo che lei gli avrebbe spiegato tutto.
La trovò su una delle terrazze che davano sull’enorme parco che circondava la reggia, con le braccia incrociate e l’espressione amareggiata.
- Henriette, cos’è successo? - le chiese, appoggiandole delicatamente una mano sulla spalla.
A quel contatto la giovane trasalì, inchiodandolo al suo posto coi suoi grandi occhi verdi. Poi, con un tono di voce quasi deluso, mormorò: - Ah, Philippe, sei tu.
Di fronte a quell’accoglienza, il ventenne fece un passo indietro. - Se non desideri compagnia me ne vado subito - ribatté con freddezza.
- No, ti prego - lo fermò Henriette, trattenendolo per un braccio.
Lui la fissò. - Che ti ha fatto?
Tra di loro calò il silenzio, prima che la ragazza si decidesse alla fine a confessare: - Niente.
Philippe sgranò gli occhi. - Come?
Henriette si morse un labbro e scosse la testa. - Louis non mi ha fatto nulla. Sono stata io ad attaccarlo all’improvviso. - Si strinse nelle spalle. - Mi fa arrabbiare così tanto… Cammina per i corridoi come se non fosse successo nulla, va avanti per la sua strada sempre con il sorriso sulle labbra… La sua vita sta per cambiare del tutto e lui sembra completamente indifferente, al contrario di me. - La voce le si spezzò.
Philippe aggrottò le sopracciglia. - Ti riferisci al suo matrimonio con Marie-Thérèse?
Un sorriso amaro comparve sulle labbra di Henriette. Si voltò, dandogli le spalle e tornando ad ammirare il paesaggio sottostante. - Avrei potuto esserci io al suo posto.
Philippe sentì il proprio cuore sprofondare di fronte a quella constatazione. Era vero: se le cose fossero andate diversamente, Henriette e Louis avrebbero potuto essere marito e moglie.
Non sapeva esattamente cosa lo infastidiva di quel pensiero. Aveva accettato già da tempo di preferire la compagnia degli uomini a quella delle donne a letto, e sebbene sapesse che presto o tardi avrebbe dovuto sposarsi anche lui per dare seguito alla dinastia dei Borbone non si era mai fatto troppi problemi in merito. In quel momento, però, si rese conto che vedere suo fratello e la sua amata cugina insieme gli avrebbe causato sensazioni spiacevoli di cui non riusciva interamente a capire la provenienza.
Per porre fine all’inquieto silenzio che era calato tra loro due, la fece voltare e le diede un bacio in fronte. - Troverai qualcun altro da amare - le disse semplicemente. - Hai solo sedici anni e tutta la vita davanti.
Henriette lo fissò intensamente e lui si sentì completamente indifeso di fronte a quello sguardo indagatore. Dopo pochi istanti, però, la giovane donna abbassò il capo, poggiandoglielo sul petto. - Grazie, Philippe.
Lui, con mani tremanti, la strinse leggermente a sé. - Te l’ho detto, ci sarò sempre per te.

 

iv.

 

Si sentiva strano.
Sapeva che avrebbe dovuto quantomeno fingere di essere felice, ma era travolto da un tale bagaglio di emozioni da non saper distinguere bene ciò che provava.
Lasciò vagare il suo sguardo sulla folla che lo circondava, incrociando poi gli occhi dello Chevalier de Lorraine. L’uomo, più bello che mai, sollevò un calice di vino nella sua direzione e, con un sorriso sornione, mimò con le labbra delle felicitazioni, prima di voltarsi e tornare a conversare con qualche nobile di cui Philippe al momento non ricordava il nome.
Suo fratello e sua moglie erano seduti a poca distanza da lui, e Louis non gli toglieva mai gli occhi di dosso: sembrava quasi rimproverarlo con lo sguardo, come se gli avesse portato via un giocattolo e non potesse fare nulla per riprenderselo.
Alla fine, Philippe si voltò alla sua sinistra, dov’era seduta Henriette: erano trascorsi pochi mesi da quando l’aveva vista per l’ultima volta, eppure gli sembrava più grande, più donna, nonostante i suoi diciassette anni. Forse era il matrimonio a fargliela vedere così.
Si erano appena sposati, lui e Henriette. Non avrebbe mai creduto che sarebbe potuta accadere una cosa del genere la prima volta che l’aveva vista, quando erano ancora due bambini, eppure eccoli lì, marito e moglie, seduti fianco a fianco e pronti a passare insieme il resto delle loro vite.
Eppure non riusciva a capire se lei fosse felice o meno. Si chiedeva se amasse ancora Louis, e il pensiero lo consumava dall’interno, lacerandolo e portando a galla il sentimento d’invidia e gelosia che aveva contaminato da sempre il rapporto tra lui e suo fratello.
Incapace di sopportare ulteriormente quei dubbi, le afferrò la mano e le sussurrò all’orecchio: - Andiamo.
Henriette incrociò per la prima volta il suo sguardo dopo la cerimonia e annuì timidamente, alzandosi in piedi.
Tutta la sala si girò verso di loro, riempiendoli di congratulazioni ed esultando per l’imminente consumazione del matrimonio. Si allontanarono più in fretta che poterono, seguiti a breve distanza da un piccolo gruppo di servitori. Tuttavia, non appena raggiunsero le camere, Philippe si voltò e disse loro: - I vostri servigi non sono più richiesti. - Dopodiché chiuse la porta, congedandoli in fretta e furia.
Respirò profondamente e si girò. Henriette si stava sciogliendo l’elaborata acconciatura che aveva indossato per tutta la durata della cerimonia e del banchetto. Le mani le tremavano visibilmente.
Philippe le si avvicinò con deliberata lentezza e prese a disfarle i nodi del corsetto. Un brivido corse per la schiena della giovane, che voltò appena il capo verso di lui senza trovare il coraggio di guardarlo negli occhi.
Quando il vestito di lei cadde per terra e i capelli le si sciolsero sulle spalle, il duca d’Orléans la afferrò per i fianchi e la trasse a sé. - Andrà tutto bene - le sussurrò all’orecchio. - Non ti farò del male.
Henriette si girò e cominciò a slacciargli la camicia. - Tu non mi ami - disse con voce tremante.
- Neanche tu ami me - le rispose lui, prendendole le mani tra le sue. - Ma ci vogliamo bene, e ti prometto che riusciremo ad essere felici nonostante tutto. - La aiutò a spogliarlo fino a quando non rimasero entrambi nudi, uno di fronte all’altra.
Henriette studiò il suo corpo con attenzione, accarezzandogli dolcemente il petto. Dal canto suo, Philippe la sollevò, lasciando che incrociasse le gambe dietro la sua schiena, e la mise sul letto, posizionandosi sopra di lei. Si chinò in avanti, lasciando che i suoi capelli ricadessero anche sul viso marmoreo della sua sposa, e le bisbigliò: - Fidati di me. - Dopodiché, la baciò. Era la seconda volta che lo faceva: la prima era avvenuta a poche ore di distanza, al termine della cerimonia nuziale. Lo trovava un contatto piacevole. Continuò a baciarla, passando poi al collo e ai seni.
Impiegarono diverso tempo affinché la consumazione avvenisse appieno: Philippe aveva avuto esperienze solo con uomini ed Henriette era ancora vergine, perciò si rivelò più complicato del previsto. Al termine dell’atto, però, quando entrambi si ritrovarono a urlare il nome dell’altro, Philippe riuscì finalmente a provare un po’ di quella contentezza che aveva ricercato per tutta la giornata. Sì, lui ed Henriette avrebbero superato tutto.
Sarebbero stati felici, insieme.

 

v.

 

Quando gli era stato comunicato che sarebbe diventato padre, Philippe aveva provato una gioia immensa. Gioia che aveva visto riflessa anche negli occhi di Henriette, che gli aveva stretto una mano tra le sue e gli aveva sorriso in quel modo che era capace di fargli scordare il resto del mondo.
Adesso che, però, il fatidico momento era arrivato, non era la gioia a dominarlo, bensì la paura: Henriette stava urlando da ore, e il ricordo delle sue grida strazianti minacciava di non abbandonarlo per gli anni a venire.
Il parto si stava dimostrando molto faticoso e rischioso. La sentiva piangere, strillare frasi e parole sconnesse, e pensava che il suo cuore non avrebbe retto di fronte a tanto dolore.
Il pensiero che avrebbe potuto perderla lo tormentava: Henriette non era solo sua moglie, ma un’amica, una confidente, parte della sua famiglia. La conosceva da così tanto tempo, oramai, che gli sembrava impossibile pensare a un futuro senza di lei. Era diventata talmente importante per lui…
- Philippe.
Si voltò di scatto nell’udire quella voce. Lo Chevalier de Lorraine era proprio davanti a lui. In un’altra occasione Philippe gli sarebbe corso incontro, l’avrebbe baciato magari, ma in quel momento era paralizzato dalla paura. Le mani gli tremavano incontrollabilmente, e sentiva di avere gli occhi lucidi. - Chevalier… - riuscì a mormorare alla fine.
L’altro uomo sospirò profondamente, dopodiché, con passi pesanti, si avvicinò a lui. - Io e lei non ci sopportiamo, è vero, ma, per quanto mi costi ammetterlo, è una donna incredibilmente forte. Non sarà certo un bambino a mettere fine alla sua vita.
Philippe lo osservò con uno sguardo colmo di gratitudine, dopodiché gli gettò le braccia al collo e lo strinse a sé. Rimasero in quella posizione a lungo, fino a quando lo Chevalier gli scostò i capelli da un orecchio e gli sussurrò: - La ami quanto ami me?
Colto alla sprovvista da quella domanda così inaspettata, Philippe barcollò all’indietro e boccheggiò, non sapendo cosa dire. Il biondo lo fissava enigmatico, in attesa di una risposta.
Proprio in quel momento, però, dalla stanza di Henriette si levò un grido acuto: - Mio marito! Dov’è mio marito?
Senza pensarci due volte, Philippe scattò in avanti e spalancò la porta della sala in cui sua moglie stava partorendo.
- Monsieur… - tentò di dirgli uno dei medici, ma Philippe ringhiò nella sua direzione e si apprestò a raggiungere Henriette. Aveva la fronte imperlata di sudore ed era incredibilmente pallida.
- Philippe, sei tu? - gli sussurrò con voce flebile, così diversa rispetto alle grida rauche che aveva dovuto ascoltare per ore.
- Sono qui - le disse, sedendosi su una sponda del letto e prendendole la mano. Henriette la strinse con forza e ricominciò a gridare, mentre lui le baciava i capelli e le accarezzava la testa, cercando di rassicurarla e, allo stesso tempo, di tranquillizzarsi.
Andò avanti così solo per pochi minuti: all’improvviso, infatti, un grido più acuto del solito perforò i timpani dei presenti. Philippe rimase immobile, incapace di reagire. Vide uno dei dottori avvolgere il neonato in un fagotto e ripulirlo dal sangue prima di porgerlo a lui e sua moglie. - Congratulazioni, è una bambina!
Henriette la prese subito tra le braccia, accarezzandole la guancia morbida, e Philippe non poté fare a meno di fissare intensamente la piccola: assomigliava a entrambi.
- Marie-Louise - disse alla fine.
Sua moglie lo guardò e parve pensarci un attimo prima di annuire, stanca ma soddisfatta. - Mi piace. - Tornò a fissare la bimba. - Le si addice.
E, a quel punto, Philippe sorrise, allungando timidamente una mano e sfiorando la rada capigliatura presente sulla testa di sua figlia.
 

vi.

 

Aveva bevuto un bel po’ quella sera. Non era raro, negli ultimi tempi. Non avrebbe saputo come affrontare il susseguirsi di tutte quelle feste organizzate a Versailles, altrimenti.
Spalancò la porta senza preoccuparsi del rumore che avrebbe causato, dopodiché si trascinò fino al divano, che però era già occupato.
- Dove sei stato? - gli domandò Henriette, gelida.
Philippe si accasciò accanto a lei, sbadigliando sonoramente. - Mia cara, cosa ci fai ancora sveglia? È tardi.
- Lo so - ribatté lei con lo stesso tono usato in precedenza. - Ti ho chiesto dove sei stato.
Lui rovesciò la testa all’indietro, passandosi una mano sul volto. - Nel salone, a giocare a carte.
- Ti aspetti che ti creda? - L’irritazione che provava era evidente. - Con chi eri, e cosa stavi facendo?
Philippe sbuffò. - Cosa diavolo ti prende?
- Eri con lo Chevalier, vero? - Henriette si alzò di scatto, parandosi davanti a lui. - Te lo stavi scopando, vuoi negarlo?
Philippe la fissò, sbalordito. Dopodiché assottigliò lo sguardo, sibilando con tono velenoso: - E tu vuoi negare di esserti fatta scopare da mio fratello? Dio, a volte ho il terrore di scoprire che Marie-Louise e Anne-Marie non siano veramente mie figlie.
Henriette sgranò gli occhi, le guance paonazze. - Come osi! - Levò una mano in alto, senza però avere il coraggio di colpirlo. La abbassò, fremente, e chinò il capo in avanti. - Tutto quello che c’è stato tra me e Louis… è successo solo perché non posso più avere te.
Philippe sbuffò. - Ti prego, smettila con questa patetica sceneggiata. L’hai sempre amato, non negarlo, e lui ha sempre avuto un occhio di riguardo per te, nonostante Marie-Thérèse e tutte le sue amanti.
- È vero, i miei sentimenti per Louis risalgono a quando ero ancora una ragazzina inesperta. Tuttavia, non ti è mai passata per la mente l’idea che io potessi essermi innamorata di te, dopo tutti questi anni di matrimonio? - Henriette rise, una risata amara e senza allegria. - Ma del resto come posso pretendere che tu ti accorga di me quando c’è lo Chevalier, così disponibile e affascinante? - Scosse il capo. - Ti ho sempre accettato, Philippe, e capisco perfettamente che, se non fosse stato per continuare la dinastia, non ti saresti mai nemmeno sposato, ma non puoi pretendere che non soffra per il modo in cui mi tratti. A corte sparlano di me, ridono alle mie spalle, e io sono costretta a sentire queste umiliazioni ogni singolo giorno. - Alzò lo sguardo, implorante. - Ti chiedo solo di permettermi di tornare a far parte della tua vita come quando eravamo bambini: non pretendo più il tuo amore, ma almeno un po’ di quell’affetto che mi dimostravi.
Il duca d’Orléans rimase a lungo in silenzio dopo quel discorso. Si alzò in piedi e lentamente si avvicinò alla consorte, rigirandosi tra le dita uno dei suoi boccoli dorati. - Sono sempre stato geloso di te e Louis - le confessò. - Avevo paura che ti portasse via da me, e così è successo, ma adesso so che ciò è accaduto per colpa mia. - Le afferrò la nuca e la baciò in fronte, proprio come aveva fatto tanti anni prima per consolarla quando aveva il cuore spezzato.
- Mi avevi detto che saremmo stati felici… - sussurrò lei, accarezzandogli una guancia. - Sarà davvero così?
Lui le sollevò la gonna con un movimento improvviso, facendola sobbalzare tra le sue braccia. - Sì, sarà davvero così - le disse prima di spingerla contro la parete più vicina. Non ricordava più nemmeno quando era stata l’ultima volta che aveva fatto sesso con sua moglie, ma aveva intenzione di non scordarsi tanto facilmente di questa.

 

vii.

 

Si avvicinò lentamente al letto su cui era stesa Henriette. Era pallida, con le labbra violacee e gli occhi semichiusi. Philippe si sentì stringere il cuore. Sapeva che Louis, sull’altra sponda del letto, era intento a osservare sua moglie proprio come stava facendo lui, ma non se ne curò. In quel momento, esisteva solo lei.
- C’è un po’ di brezza oggi? - la sentì chiedere con voce flebile. Lui e suo fratello si guardarono, ben consci di ciò che sarebbe accaduto da un momento all’altro.
Bontemps si affrettò a spalancare le finestre, mentre Henriette proseguì: - Esiste cosa più bella del profumo dei fiori nell’aria?
- Sì, esiste - le rispose Louis. - La sto guardando adesso. - E Philippe non riuscì a odiarlo per quelle parole, perché erano vere: Henriette era bella, bellissima, anche in punto di morte, ed era quella sua bellezza eterna a spezzargli il cuore, perché una volta che il coperchio della tomba che l’avrebbe ospitata si fosse chiuso su di lei non avrebbe più potuto ammirarla come aveva fatto per tutti quegli anni.
Lei respirò affannosamente. - Ho paura - disse, con voce spezzata.
Philippe desiderò intensamente toccarla, come se quel semplice contatto potesse spostare tutto il dolore che provava su di lui: se ne sarebbe fatto carico senza pensarci due volte, se questo avesse significato la sopravvivenza della sua Henriette. - Non c’è nulla di cui aver paura - le rispose.
- Come lo sai? - gli chiese, e per la prima volta tornò a fissarlo.
- Ricordi il momento prima di nascere? - replicò lui a sua volta, chinandosi ancora di più verso di lei. La vide scuotere la testa e mormorare un “No” quasi impercettibile. Dopodiché Henriette stese entrambe le braccia in direzione sua e di Louis. - Sentite la mia pelle. - Cominciò a piangere, e Philippe iniziò a tremare. - È così fredda.
Afferrò la mano che aveva teso verso di lui e la strinse con delicatezza, accarezzandole il palmo. Aveva ragione: era fredda come marmo.
- Mi dispiace - disse lei all’improvviso, e gli sorrise in una maniera così dolce e triste che lui non poté fare a meno di ricambiare. - Non ho saputo amarti abbastanza.
Philippe respirò profondamente, continuando a stringerle la mano. - Hai fatto il meglio che potevi. - Avrebbe voluto dirle altro: avrebbe voluto confessarle che non avrebbe mai potuto desiderare una moglie diversa da lei, che era e sarebbe sempre stata l’unica vera donna della sua vita, che l’aveva amata a discapito di ciò che gli altri potevano pensare.
- Ma come siete belli, tutti e due! - Il sorriso di Henriette lasciò però subito spazio a una smorfia di dolore. - Oh, Dio, fa così male respirare!
- Alzate la testa - provò a dirle Louis, ma lei lo interruppe: - Non voglio più soffrire!
- Spostiamola - ordinò Philippe, incapace di vederla così addolorata.
- Tu sposta il cuscino, io le sollevo la testa - decise Louis, e per una volta il duca d’Orléans non ebbe nulla da ridire: se sarebbe servito a rendere meno dolorosa l’agonia di Henriette, allora non avrebbe contestato suo fratello.
Osservò sua moglie contorcersi in preda alla disperazione e si trovò costretto a voltare la testa per non crollare. In quel momento entrò il vescovo, ma appena lei lo vide cominciò a urlare: - Mandatelo via!
- Henriette - provò a calmarla Philippe, inutilmente.
- Qualcosa per il dolore! - sentì dire da Louis, ma le sue parole furono sovrastate dall’urlo straziante di sua moglie: - Non voglio sentire!
La donna a cui suo fratello aveva deciso di affidarsi per le cure di Henriette si avvicinò con un boccale in mano e glielo fece bere. Dopodiché si allontanò e disse al re: - La gola si sta occludendo.
- Apritegliela, apritegliela! - gridò allora lui, ma Philippe comprese ciò che voleva dire.
- Fratello - lo chiamò.
- Bisogna fare qualcosa! - esclamò Louis, e per la prima volta il duca d’Orléans si rese conto che forse anche lui teneva veramente alla sua amata Henriette.
- Lasciatemi vivere - la udì implorare in quel momento.
- Mia adorata… - Philippe non sapeva più cosa fare. Sua moglie, la madre delle sue figlie, stava per lasciarlo per sempre. Come avrebbe fatto senza di lei?
- Lasciatemi immergere nel lago, sentire il sole… Lasciatemi scaldare dal sole - proseguì, e a quel punto lui non riuscì più a trattenere le lacrime. Il sole non avrebbe più baciato la candida pelle di Henriette, l’acqua non l’avrebbe più bagnata. Se ne sarebbe andata, e Philippe non poteva fare nulla per impedirlo.
- Oh, Signore - mormorò lei intanto, mentre il prete continuava la sua litania, inascoltato da tutti.
All’improvviso, Henriette parve calmarsi. Spalancò gli occhi e un debole sorriso si fece strada sulle sue labbra. - Riuscite a sentirli? - cominciò a dire. Philippe si chinò in avanti, ansioso di sapere cos’avrebbe detto, non volendo perdersi nemmeno una delle sue ultime parole. - I fiori stanno cantando.
Per un attimo il suo volto si illuminò e sembrò finalmente in pace, come se tutto il dolore provato nelle ultime ore fosse scomparso. Dopodiché, la luce abbandonò i suoi occhi ed esalò l’ultimo respiro.
Philippe sentì il proprio cuore sprofondare. L’aveva persa. Aveva dato per scontata la sua presenza e adesso che lei non c’era più si sentiva sperduto.
Sollevò lo sguardo e incrociò quello di suo fratello. Una rabbia gelida e incontrollata si fece strada dentro di lui e, prima che potesse esprimerla in qualche gesto che avrebbe rimpianto per il resto della sua vita, si allontanò da quel letto di morte e uscì dalla camera con l’intenzione di non tornarci mai più.
L’unica cosa che lo teneva legato a Versailles era Henriette: con la sua morte, nulla lo vincolava più a quel posto colmo di dolore e sofferenze. Decise in quel momento che non vi avrebbe fatto più ritorno.
Quando se ne andò, aveva ancora l’animo straziato per la perdita della sua amata.

 

viii.

 

- Era bella? - gli domandò Liselotte un giorno.
Philippe non si preoccupò neanche di aprire gli occhi. - Chi? - mugugnò, affondando il viso nel cuscino.
- La tua prima moglie. Tutti dicono che lo fosse, ma tu non ne parli mai.
Il silenzio che seguì quell’affermazione durò così a lungo che la donna si rassegnò a non ottenere alcuna risposta. Con un leggero sospiro, si alzò dal letto e cominciò a sistemarsi i capelli.
- Molto - sentì dire all’improvviso da suo marito.
- Come? - Si voltò, spiazzata da quell’inaspettata replica.
- Era molto bella - scandì Philippe, alzandosi anche lui a sua volta e cominciando a vestirsi.
Liselotte continuò a fissarlo, con curiosità sempre crescente. - Ti va di… parlarmene?
Lui scrollò le spalle. - Cosa vuoi sapere?
- Com’era, se saremmo potute andare d’accordo… - balbettò lei, incerta sulle domande da fare.
Philippe rise leggermente. - Non ne sono del tutto convinto, ma in fondo chissà: voi donne trovate sempre il modo di sorprenderci. - Si girò verso di lei. - Era sempre allegra e gioviale e aveva una fervida immaginazione. Non era molto paziente, e quando si arrabbiava era meglio non trovarsi nei paraggi, ma sapeva anche essere molto dolce e comprensiva. - La voce gli si spezzò, impedendogli di continuare.
Liselotte sorrise debolmente. - Ti manca, non è così?
Philippe aprì la bocca un paio di volte senza sapere cosa dire. Non riuscì neppure a incrociare lo sguardo della sua seconda moglie, poiché temeva che leggesse nei suoi occhi la risposta a quella domanda e ne rimanesse ferita.
- La amavi? - domandò alla fine lei con tono di voce molto basso.
Il duca d’Orléans chiuse gli occhi e respirò profondamente. - Sì - confessò alla fine, per la prima volta in tutta la sua vita. - A modo mio, sì.
E l’avrebbe sempre amata, nonostante tutto il dolore che si erano causati, perché c’erano stati momenti in cui Henriette era stata la sua ancora di salvezza, e certe cose non si possono cancellare dalla memoria. Ci sarebbe sempre stata una parte di lui innamorata di quella principessina inglese entrata nella sua vita per caso in una buia notte di tanti anni prima, e nessuno avrebbe mai potuto fare qualcosa per fargliela dimenticare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice:
Salve a tutti! È la prima volta che mi cimento a scrivere qualcosa nella sezione di Versailles e confesso di essere davvero felice di essere riuscita a concludere questa storia. Ce l’ho in cantiere sin da gennaio, quando ho avuto l’occasione di guardare e innamorarmi perdutamente di questa serie TV e di tutti i suoi personaggi.
Ho scritto le prime due parti a febbraio e le altre sei a fine marzo, ambientandole tutte in anni diversi:
- la prima nel 1647, anno in cui Henriette è fuggita dall’Inghilterra per cercare rifugio in Francia;
- la seconda nel 1649, anno della morte di Carlo I, padre di Henriette;
- la terza nel 1660, anno del matrimonio tra Louis e Marie-Thérèse;
- la quarta nel 1661, anno del matrimonio tra Philippe e Henriette;
- la quinta nel 1662, anno della nascita di Marie-Louise;
- la sesta nel 1669, anno della nascita di Anne-Marie;
- la settima nel 1670, anno della morte di Henriette;
- l’ottava nel 1671, anno del matrimonio tra Philippe e Liselotte.
Ammetto di essermi rifatta non solo alla serie TV ma anche alle varie fonti trovate su internet circa il rapporto tra Philippe e Henriette. Sono profondamente convinta, infatti, che a modo loro si siano amati, ma che il tempo in cui vivevano abbia inasprito il loro rapporto negli ultimi anni di matrimonio. Tuttavia ritengo che una delle scene più significative della prima stagione sia stata la morte di Henriette: Philippe era sinceramente addolorato e distrutto dalla perdita della compagna di una vita, dato che si conoscevano da sempre. Per tutta la prima stagione ci è stato mostrato un rapporto altalenante tra i due, sempre in bilico a causa della guerra imminente e delle loro relazioni con lo Chevalier de Lorraine e Louis, ma alla fine sono sicura che si amassero in una maniera particolare e diversa rispetto al sentimento che provavano per i loro amanti.
Spero che la storia vi sia piaciuta e vi sarei immensamente grata se decideste di lasciarmi qualche recensione per farmi sapere cosa ne pensate. ;*
Baci da Fandoms_Are_Life.

   
 
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