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Autore: Happy_17    30/03/2019    0 recensioni
Cosa sono i ricordi?
Qualcosa che abbiamo o qualcosa che abbiamo perso per sempre?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Caro Peppe,
non so nemmeno da dove cominciare. Forse potrei cominciare col dirti che sei un idiota, che hai perso il treno, che lo abbiamo perso, lasciato andare probabilmente pensando che ce ne sarebbe stato un altro.
Ci conosciamo da quando abbiamo 13 e 17 anni, ma allora forse la differenza d’età contava troppo per pensare che ci fosse qualcosa ad attrarci l’una dell’altro. Ero la ragazzina con più voglia di vivere che tu avessi mai conosciuto, e anche se non lo hai mai detto lo so che è così, e tu eri l’adolescente più triste che io avessi mai visto. Ridevi e scherzavi come se niente fosse, ma lo sapevo che qualcosa dentro di te era spezzato, che ti stava opprimendo e non riuscivi a scappare.
So che hai ancora le foto di quando eravamo piccoli, so anche che ogni tanto le riguardi perché ti va di ricordare un momento felice, e sono anche consapevole che probabilmente a quel tempo per te ero solo la ragazzina simpatica amica di una bella ragazza, esattamente come per me eri solo il ragazzo triste che pensava di farsi vedere felice perché tutto un giorno sarebbe migliorato.
Ci siamo incontrati sette anni dopo quando io non ricordavo più nemmeno chi fossi. Eravamo diversi da come ci ricordavamo: tu eri diventato un po’ più alto e anche più bello, la montatura degli occhiali era diversa, ma gli occhi erano sempre gli stessi, i modi di fare erano cambiati ma celavano sempre la stessa tristezza, quella da cui non poteva salvarti nessuno.
Quella sera d’estate io in realtà non ti ho visto, lo hai fatto solo tu, quando ti sei fermato con i miei amici a parlare mentre io, forse un po’ brilla, ero occupata a bere la mia birra e a ridere con altre amiche per accorgermi di te.
Ci siamo rincontrati davvero ad ottobre di quell’anno, te lo ricordi? Quando la mia migliore amica aveva quella strana tresca con il tuo amico.
Seduti a quel tavolo ci siamo effettivamente resi conto del cambiamento che avevamo fatto: io non ero più la ragazzina amica di una bella ragazza, ero diventata la bella ragazza, e per tutta la sera non abbiamo fatto altro che ridere e provocarci e ci piaceva, me lo ricordo bene io. Ci siamo raccontati le nostre vite, quello che era successo in quei sette anni senza vederci, e anche questo ci era piaciuto: io con il mio judo, tu con la tua moto. Ognuno di noi aveva avuto le sue soddisfazioni e ricordo di essermi sentita un po’ orgogliosa di te e in dovere di spingerti a lottare ancora di più per il primo posto nazionale.
All’inizio non pensavo, ma poi mi sono resa conto che anche tu eri orgoglioso di me, anche tu mi dicevi che potevo andare lontano, che sarei diventata qualcuno. Sai? Da come ne parlavi sembrava quasi che tu avresti fatto parte di quel futuro, ma forse ero ritornata bambina e mi ero illusa di una strana storia voluta dal destino. Se ci pensi però non è troppo strano: i due che si conoscono da bambini, si rincontrano dopo sette anni e si innamorano. Era anche una bella storia, una di quelle sulle quali scrivi un libro e tutte le donne invidiose sperano che sia solo frutto della tua fantasia, perché tutte vorrebbero una storia così.
Oggi a distanza di un anno mi chiedo se ancora ci pensi a tutti quei momenti insieme, ai nostri baci, a tutti i sorrisi che abbiamo condiviso guardandoci dai lati opposti di una stanza, e a tutte le volte in cui le persone, sempre tra quelle mura, scomparivano: noi eravamo il centro del mondo. Come quel capodanno indimenticabile, quello che dici essere stato il più bello della tua vita, quello stupido giorno, quando lo hai detto, non avrei dovuto pensare a niente, avrei dovuto lasciarmi ogni responsabilità alle spalle e dirti che anche per me era stato il migliore, e farti sapere che nonostante tutto, per la prima volta in vita mia, mi sono sentita talmente libera di essere me stessa che per un secondo ho anche pensato di poter volare, o di andare a fare un bagno a mare con l’acqua gelida, oppure scappare via e svegliarmi il giorno dopo con te accanto in una Londra piovosa sotto il piumone più caldo del mondo.
Oggi, invece, sono qui che mi pento per non averti detto che in un momento del tutto irrazionale, in uno strano universo dentro la mia testa ho pensato davvero che ci fosse un futuro per noi, anche se tu sei la persona più infedele del mondo e io sono terribilmente egoista, oltre che lontana 1200 km, perché questa mia sosia totalmente priva di razionalità e buon senso pensava davvero che forse poteva essere lei l’eccezione, e credimi, ti ho odiato per non averlo capito quella sera, tu che dicevi di sapere come mi comportavo in ogni situazione, tu che pensavi di conoscermi meglio di quanto mi conoscessi io stessa.
Ho odiato la tua arroganza e alla fine ti ho detto che non mi importava niente di te, e forse in quel momento era così, forse in quel momento eri davvero l’ultimo dei miei pensieri, o forse era la vendetta che volevo: quella in cui ti rendevi conto che ti ho dato milioni di opportunità ma tu non ne hai colta nemmeno una, ne hai approfittato e sei rimasto fregato.
Finché alla fine non è arrivata questa ragazza, che magari è davvero quella che riuscirà a farti essere una persona seria, una di quelle che va a lavorare si sposa e fa figli, e se è questo ciò che vuoi mi va bene, spero che lei ti renda tutto questo.
Ma non prendiamoci in giro, perché sappiamo entrambi che se avessi potuto scegliere tra passare una sola notte con me a provocarci e baciarci senza fare nient’altro e andare a letto con lei ogni notte della tua vita, avresti scelto me ogni volta.
E questa non è arroganza, ma semplicemente la consapevolezza di quello che sono per te: la libertà che in vita tua non hai mai potuto avere perché in troppi si aspettano che diventi un uomo troppo serio per quello che sei davvero. Perché l’infinita tristezza che ho sempre visto nei tuoi occhi è quella di uno che non può essere sé stesso, non gli è permesso, non è ben visto, ma con me non era così, noi potevamo essere chi volevamo quando eravamo insieme. Ma immagino che non potesse durare, non per sempre almeno. Probabilmente ci saremmo stancati di condurre una vita sregolata e avremmo voluto guardare altrove, sistemarci e avere le vite che tutti hanno prima o poi: quelle di due persone adulte. Non le avremmo avute insieme quelle vite, e detesto pensare che a te non sarebbe importato, ma a me probabilmente sì, perché la cosa che odio di più di tutta questa situazione è che io per te e con te quella vita ci avrei pensato ad averla, probabilmente, se tu me lo avessi chiesto io mi sarei fermata a immaginare come sarebbe stato, mi sarei chiesta se ne valesse la pena e forse mi sarei detta che no, non aveva senso fermarsi, ma ci avrei comunque pensato e già solo questo, per una persona che non si è mai soffermata a pensare al bene di un’altra o anche solo di averne una accanto, è incredibile. Tu mi conosci e dici che sono come te, ma non è vero, nessuna di queste due affermazioni è vera, tu sei un bastardo ma non sei egoista, anzi, sei una delle persone più altruiste che io conosca e se dovessi rinunciare a te stesso per qualcuno a cui vuoi bene so che lo faresti, ne ho la certezza, ma questo non è ciò che farei io. Contrariamente a te scapperei il più lontano possibile perché ho talmente paura di sentirmi legata a qualcuno che mi fermo prima che le cose possano cominciare, e soprattutto quando iniziano e mi stancano so di pensare solo ai miei sentimenti, ma con te era diverso, perché ho pensato a come ti sentissi per via della mia distanza prima ancora di pensare che io fuori da casa sono felice.
Ma per te, lo ammetto, ho pensato di restare, di non andare più lontano di qualche metro rispetto alla tua posizione, che già i pochi km tra il mio paesino e il tuo erano abbastanza.
Ci siamo rivisti, il giorno del mio compleanno, io ero con il mio ragazzo e tu con la tua. In quell’istante ho realizzato che probabilmente tra noi sarebbe sempre stato così: vicini ma lontanissimi, come due linee parallele destinate a guardarsi da lontano tutta la vita, ma che non si sarebbero incontrate mai, per paura, o forse semplicemente perché gli andava bene così.
Siamo rimasti così: a guardarci da lontano sperando che uno dei due salutasse l’altro, almeno quello, pensavamo, era giusto farlo, ma non ci siamo riusciti. Siamo stati troppo codardi per poterlo fare.
Va bene così comunque, adesso almeno so che probabilmente nessuno penserà a te più di quanto possa fare tu. Quindi si, sei un idiota, ma per la prima volta in tutti questi anni voglio dirti che mi piaci, e tanto. E che la cosa finisce qui, perché per quanto tu possa piacermi, voglio amarmi più di così.
   
 
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