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Autore: KatherineFreebatch    31/03/2019    2 recensioni
“Vorrei tanto che qualcuno mi guardasse come Roger guarda te” dice Rami a Brian. E tanto basta per risvegliare sentimenti assopiti nei due musicisti. [Maylor a 3 capitoli]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian May, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Passarono solo poche ore prima che Brian si svegliasse. Sospirò quando, volgendo lo sguardo verso l’orologio, scoprì che era solo l’una di notte. Si passò le mani sugli occhi, stropicciandoseli e solo quando sentì un russare non troppo lieve provenire dalla sua sinistra, si ricordò che non era solo. 

Per un attimo si chiese cosa ci facesse Anita lì, dato che non passavano una notte insieme da molto più tempo di quanto non fosse stato pronto ad ammettere, quando la serata appena trascorsa gli tornò alla mente all’improvviso. 

 

Roger...

Si voltò verso di lui, e non riuscì a soffocare il sorriso che si impossessò delle sue labbra. Trovò l’amico rannicchiato sotto le coperte, la mano tatuata posata sul cuscino ed i ciuffi di sottili capelli argentei illuminati dalla luna piena che splendeva alta in cielo. 

Rimase incantato da quanto Roger, nel sonno, sembrasse giovane. Giovane come non era più da decenni, giovane come entrambi non si sentivano più. Nonostante i capelli corti e più radi, nonostante le macchie della pelle e le rughe che gli solcavano il viso anche nel rilassamento notturno e la barba candida, restava così bello. Brian sentì una stretta al cuore e non riuscì a staccare gli occhi da tanta bellezza. 

‘Dio quanto tempo abbiamo sprecato...’ pensò, avvertendo un leggero pizzicore agli occhi. In punta di dita accarezzò, quasi impalpabilmente, prima i capelli, poi lo zigomo ed infine le labbra di Roger. L’altro, ancora stretto tra le braccia di Morfeo, rispose con bacio vagamente abbozzato ed un “Bri” biascicato e quasi indistinguibile, strappando un sorriso enorme e luminoso come una stella alle labbra del chitarrista. 

Brian restò attimi infiniti a bearsi della bellezza dell’amico e delle sensazioni che averlo così vicino gli facevano provare, finché la schiena dolorante non lo costrinse ad alzarsi. In silenzio si rivestì con una t-shirt e gli slip e a piedi nudi, scese le scale, dirigendosi in salotto. Lì vagò senza meta per qualche minuto. 

Si avvicinò al pianoforte di Fred, sfiorandone il coperchio, lasciandosi andare ad un pensiero malinconico. Sospirò e si diresse alla finestra che dava sul parco, scostò la tenda e si ritrovò faccia a faccia con una vecchia amica, la luna. Anche così, senza occhiali e senza telescopio, era in grado di apprezzarne la bellezza assai familiare. Con il naso all’insù, sorrise al satellite e si chiese se Roger avrebbe apprezzato le sue chiacchiere astronomiche o se, anche lui come Anita, avrebbe sbuffato alzando gli occhi al cielo cercando di cambiare discorso il prima possibile. 

Con un tuffo al cuore, gli venne in mente una serata di fine agosto nel ‘75 fuori dagli Rockfield studios. 

 

Brian aveva fatto ascoltare la melodia e abbozzo di testo ai 3 amici della sua ultima canzone, ‘39, ma avevano perso troppo tempo nel cercare di capire il significato delle parole ed il chitarrista aveva terminato la sessione sfidando John ad abbandonare il suo fidato basso per un contrabbasso per quellasessione di registrazione, convinto che il cambiamento di strumento ed il tempo necessario per imparare a suonarlo avrebbero spostato la registrazione della canzone, e quindi le relative discussioni, di qualche settimana.

Se ne stava a gambe incrociate a bersi una birra direttamente dalla bottiglietta, quando era arrivato Roger e, accendendosi una sigaretta, gli si era seduto accanto.

“Ho ragione io, vero?” Avevo chiesto, sicuro e un po’ arrogante. “La tua canzone parla del viaggio nel tempo e non dei veterani di guerra come dice Fred, vero?”

Brian aveva riso e si era disteso sull’erba bruciata dalla calura estiva. 
“Cosa nei sai della dilatazione del tempo secondo la teoria della relatività ristretta, Rog?” 

“Uhm, niente.” Aveva biascicato il batterista “Ma sono sicuro che tra poco ne saprò molto di più.” Aveva aggiunto, rubando la bottiglietta di birra all’amico. Aveva bevuto tutto d’un fiato tutto il liquido rimasto. E, puntellandosi su un gomito, aveva guardato l’altro con aspettazione. 

“L’idea generale è che se dovessi intraprendere un lungo viaggio nello spazio viaggiando il più vicino alla velocità della luce, accadrebbero cose molto strane, cose non euclidee. Le distanze apparirebbero distorte e, ancora più importante, il tempo diventerebbe diverso per te rispetto a chi è rimasto sulla terra.” Aveva detto Brian, gli occhi fissi sulla luna gibbosa. “Quindi, immagina che io e te fossimo degli astronauti e che andassimo nello spazio alla ricerca a di nuove terre da colonizzare viaggiando alla velocità della luce. Nel tempo che impiegheremmo a tornare, potremmo sentirci invecchiati solo di un anno, ma sulla terra potrebbero essere passati cento anni. E allora ho pensato, come sarebbe tornare a casa e non trovare nessuno dei tuoi cari, solo i loro discendenti?”

Ne era seguito un silenzio in cui Brian aveva rimpianto di aver raccontato quelle cose a Roger. Sicuramente il batterista si era annoiato, sicuramente stava cercando di trovare una presa in giro adeguata...

“Dio, ma quanto sei intelligente, Bri “ Aveva invece esclamato Roger. “Potrei quasi innamorami.” E ridendo si era accoccolato sulla spalla del chitarrista. “Dai, raccontami altre cose da astronomo!”

E così avevano passato la serata, accoccolati a parlare di spazio e stelle. E forse, quella era stata la serata più meravigliosa della vita di Brian. 

Perso com’era nei ricordi, non si rese conto di Roger che si era alzato, gli aveva rubato un paio di pigiama ed era sceso in salotto. Sussultò quando avverti le braccia del biondo attorno la sua vita. 

“Torna a letto, Bri. “ Disse il batterista, posando il bacio sul suo sterno. “Fa freddo e non voglia di stare da solo.” 

Brian scrollò le spalle, lasciando che Roger sostenesse in parte il suo peso, ma lasciò che l’altro lo prendesse per un polso. 

“Dai, se vieni con me, puoi stare anche tutta notte a parlarmi delle stelle.”
Disse Roger. 

Brian sorrise e si senti molto toccato dell’offerta dell’amico. E mentre salivano le scale, prendendosi una pausa ogni qualche gradino, non riuscì a smettere si sorridere. 

Se quello era come si sentiva chi era innamorato, avrebbe dato qualsiasi cosa pur di stare sempre così bene, soprattutto per sentirsi così insieme a Roger. 

   
 
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