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Autore: Ryo13    31/03/2019    8 recensioni
Verso la fine della Seconda Guerra mondiale una giovane donna fugge dal lager di Dachau. Viene soccorsa da un medico tedesco da sempre innamorato di lei che la nasconde in casa propria.
❈❈❈Seconda classificata e vincitrice del premio speciale "Sliding Doors" al contest "Coincidenze perdute, appuntamenti mancati, scelte difficili: Sliding Doors Contest" indetto da missredlights e Shilyss sul forum di EFP❈❈❈
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Ulmer Spatz

 

1. Voci dal passato

Aprile, 1990

Faith Haller quella mattina rispose al telefono perché aveva dimenticato la giacca a vento. Nella fretta di uscire aveva lasciato dietro di sé persino la carpetta con gli appunti che le sarebbero dovuti servire per la lezione.
Sua madre le aveva sempre ripetuto che era troppo sbadata, ma qualsiasi tentativo di darsi un’organizzazione era puntualmente fallito. Le diceva sempre che aveva ereditato la svampitaggine da qualche parente lontano perché il resto della famiglia era un prodigio di accuratezza e pianificazione. Ma lei era così: sempre pronta a buttarsi in ogni nuova avventura, con una fede spontanea nelle persone e l’esuberanza fresca di una giovane ragazza che si apprestava a sfidare il mondo, col desiderio di volerlo cambiare.

Nonostante i rimproveri occasionali della madre, la nonna la consolava, sorridendo dei guai che combinava.

«Non badare a ciò che dice», le diceva, «tu somigli ai parenti di tuo nonno Hans.» Le raccontava le storie della sua infanzia e di quel suo primo amore, morto in Germania a causa della persecuzione nazista, dal quale era nato Stefan, il padre di Faith: emigrato insieme alla madre quando aveva solo tre anni, era poi stato cresciuto dal secondo marito di lei, Thomas, l’unico nonno che la ragazza avesse mai conosciuto.

Nonna Brigit aveva sempre raccontato con affetto dei suoi anni giovanili, ma non era mai riuscita a dire molto sugli eventi concernenti la guerra: ogni volta che parlava della fine che avevano fatto le persone a lei care, gli occhi le si riempivano di lacrime e la voce si spegneva. Tutti loro avevano rispettato quel dolore e non le avevano mai fatto troppe domande al riguardo: preferivano concentrarsi sui momenti più sereni del passato.

Trovò la carpetta all’angolo della scrivania e l’afferrò al volo. Proprio mentre si dirigeva di nuovo alla porta il telefono squillò.

“Oh, uffa… che faccio? Lo prendo o no?” Rimase un momento paralizzata dall’indecisione, poi lasciò la giacca sul divano e sollevò la cornetta. “Potrebbe essere la nonna…”

«Pronto?»

«Parlo con la famiglia Haller?»

«Sì, sono Faith Haller. Chi cerca?»

«Salve. Ecco… sono il dottor Andreas Keller, chiamo dalla Germania. Vorrei accertarmi che la sua famiglia sia quella che cerco...»

Faith lanciò un’occhiata all’orologio, mordendosi un’unghia. Avrebbe voluto chiedergli se fosse una cosa urgente, ma chiamava dall’Europa: doveva essere notte da quelle parti. Immaginò che, di qualunque cosa si trattasse, doveva essere importante.

«Quali sono gli Haller che cerca?», lo interruppe al mezzo di una sua frase.

L’uomo, dall’altra parte, rimase interdetto. Poi gli sfuggì una risata. «Mi perdoni, chiamo forse in un momento inopportuno per lei? Se non ha il tempo di parlare magari...»

«No, no… mi scusi, va bene. Volevo… volevo solo sapere come facciamo a sapere se siamo le persone che cerca.»

«Ecco… io ho qualche riferimento. Mi dica se è a conoscenza di alcuni di questi eventi.»

«Bene, mi dica.»

«Un ramo della sua famiglia ha origini tedesche? Le risulta che qualche parente sia emigrato durante gli anni della Seconda Guerra mondiale?»

«Ah, sì, certo. Mia… mia nonna Brigit e mio padre sono nati in Germania. Sono fuggiti per via della persecuzione.»

«Erano ebrei?»

«Sì, lo siamo.»

«Ecco. Forse ci siamo. Per caso… so di chiederle molto — mi perdoni ancora — ma ricorda se qualcuno dei parenti di sua nonna o di suo nonno si chiamava Hannah o Cecilie?»

Quando Faith sentì quei nomi un brivido le corse lungo la schiena.

«S-sì. La madre di  nonno Hans e sua sorella.»

L’uomo si lasciò andare a un’esclamazione di gioia. Poi si ricompose, scusandosi ancora una volta.

«Ma perché chiama? Ha per caso loro notizie? O è in contatto con dei discendenti? È per caso un investigatore?»

Aveva sentito raccontare di famiglie separate dall’Oceano che si erano ritrovate grazie alle indagini svolte da privati. Forse qualche vecchio conoscente della nonna era ancora in vita e avrebbe voluto incontrarli.

«Oh, no… sono un dottore, come ho detto...»

«Ah, giusto! Non ricordavo», esclamò Faith, rendendosi poi conto di averlo interrotto un’altra volta. Ma lo sentì ridacchiare, quindi forse non si era offeso.  

«Se la sua famiglia possiede dei documenti...», continuò Andreas, «magari potremmo fare un controllo incrociato ed esserne certi.»

Accantonata del tutto la lezione, la conversazione proseguì per chiarificare i motivi della chiamata.

«Seguo da anni un paziente che è un conoscente della signora Hannah Haller. La questione è complessa ma mi sono proposto di cercare un collegamento con la sua famiglia. Spererei… beh, che qualcuno di voi fosse disposto a viaggiare per venirlo a conoscere. Sarebbe un confronto piuttosto stimolante. Il signor Kruger, però, è malato da anni, quindi non è in grado di spostarsi.»

«Capisco.»

Faith non aveva ancora chiare molte cose, ma quella storia si prospettava quantomeno interessante. Stava già immaginando di fare un viaggetto per esplorarne le possibilità. «Se mi dà qualche altra informazione, vorrei riferirla a mia nonna: lei potrà confermare con certezza se gli Haller che cerca siamo proprio noi. Nel qual caso, sarei felice di venire a trovare il suo paziente.»

«Ma certo. Prima di tutto, però, vorrei spiegarle qualcosa sul singolare caso del signor Kruger. Solo dopo deciderà se se la sente di venire.» 

Quando Faith finì di raccontare tutto alla nonna, questa si ritrovò in lacrime.

La nipote le mise una mano sulla spalla, rattristata per il suo turbamento. «Perdonami, nonna… forse queste sono cose troppo dolorose e non ne vuoi parlare...»

La donna le afferrò la mano e la tenne strettamente, portandosela al cuore. «No, mia cara bambina. No. Sono… sono solo felice. Ho sempre portato con me il peso di non sapere che fine avessero fatto Cecilie e Hannah. Adesso mi stai dando una speranza.» 

«Nonna, il dottor Keller ha parlato solo di un certo signor Kruger che… beh, a quanto pare è stato molto vicino alla prozia e...»

«Sì, l’ho capito. Tuttavia questo signore potrebbe confermare che Hannah non era morta come pensavo. Mi sono sempre detta che se fossero state ancora vive, lei e sua madre, avrebbero trovato un modo per mettersi in contatto con me.»

Si asciugò gli occhi umidi col fazzoletto e mandò fuori un grosso sospiro.

«Se questo Kruger ha conosciuto Hannah, avrà di certo delle informazioni su di lei. Purtroppo io non me la sento di affrontare il viaggio: andare in Germania sarebbe...», la voce le si spense in un mormorio angoscioso.

«Vorrei… vorrei che andassi tu, Faith, bambina. Lo faresti questo, per me?»

La ragazza l’abbracciò strettamente. «Sai che non devi nemmeno chiederlo.»

Mettendo per un po’ da parte il discorso, si ricomposero, proseguendo su argomenti neutri. Infine la lasciò, dedicando il pomeriggio alla ricerca delle vecchie carte di cui le aveva accennato su in soffitta.

Quella stessa sera Faith contattò Andreas Keller, informandolo che aveva prenotato un volo per Stoccarda e che sarebbe arrivata la settimana successiva.

 


NOTE FINALI:
L’Ulmer Spatz:Il passero di Ulm”, rappresentato con un bastoncino al becco, è il simbolo della città di Ulm.
 
   
 
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