Ancora,
gli occhi miei,
sul viso tuo, mio caro,
cedono, vecchio mio cancello!!
Tu, fragile creatura,
mio fardello,
che il cuor mio,
a stento sostiene;
ricordi, quando,
nelle ore imbrune,
le nostre labbra bagnate,
solevamo unire;
i nostri bei capelli, odorare;
i tuoi occhi di color
d'ocre brumose, fissare;
e le tue fanciulle e pallide mani,
baciare.
Poi, di questi al finire,
tu, proseguivi,
ed il vecchio, al quale poggiavi
la tua giovine schiena,
per lasciar riposare
il tuo corpo bello,
pian piano,
richiudevi;
quasi che nel fuggente istante,
il suo cigolar,
anni, sembrava perdurare.
Oh, mio vecchio cancello!!
quanti saluti, quanti addii,
tu hai veduto;
quanta bella giovinezza,
quanti giovini visi,
quante vane speranze!!
Perchč, tu, adesso,
che sei vecchio e stanco,
perchč, tu, continui a sperare?
chč ti induge,
se la dimora,
alla quale solevi guardare,
č spenta;
anche se,
non pių alcuno,
dinanzi a te, pių si arrischia;
Anche se l'erbe e spine,
di quietar, il dė,
non ti lasciano?
Lo sai, mio vecchio;
io, ormai da tempo,
gli occhi suoi belli,
pių non vedo,
i suoi linei fianchi,
pių non cingo,
e la sua chiara voce,
pių non odo.
e, tu, come me,
adesso, pensi,
con medesima e grave malinconia,
pensi, a tutte le parole,
lasciate al vento,
a tutti i baci:
giovani labbra!!
e al tempo,
veloce,
che scorre per questa via,
e che tra le mani mi sfugge,
come sabbia al vento.
Cosė, tu,
come me, pensi,
al lei,
a quella candida...
lucente..
Pratolina di campagna.
Quello spiraglio di chiaror,
che al varcare della tua soglia,
accennavi, mio vecchio cancello,
per sempre, nell'oblio,
nell'ombra pių cupa,
adesso, si č spento.