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Autore: _kookieo    01/04/2019    2 recensioni
"Dove andiamo per il nostro anniversario?" Questa domanda tormenta Yoongi da più di una settimana e Jimin non sembra intenzionato a lasciar cadere l'argomento. Messo con le spalle al muro, Yoongi è costretto a farsi venire in mente qualcosa nonostante l'incredibile ansia di deludere il suo fidanzato. Quale potrebbe essere il regalo più bello? | Yoonmin OS
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice: Ciao people! Le note oggi sono in testa! Solo un piccolo disclaimer per contestualizzare questa OS. L'ho scritta per la mia partner in crime preferita, la mia altra metà della sope che la scorsa settimana ha compiuto gli anni. È tantissimo tempo che mi chiede di scrivere qualcosa di simile e ho voluto per questa occasione farla felice, creando dunque una storia apposita, scollegata completamente da qualsiasi altra cosa io abbia scritto, piena di fan service fatto ad hoc per lei e che potesse recarle gioia. Ho deciso di pubblicarla perché magari dà un momento di svago anche a voi e anche come “contentino” per chiunque segua Waiting e stia ancora aspettando gli ultimi capitoli (che arriveranno giuro… mi merito il linciaggio lo so).

Mi son resa comunque conto che nemmeno in occasioni come queste riesco a fare a meno del mio amato angst, è accaduto prima ancora che potessi accorgermene sigh É molto light però, voi che avete letto le mie storie ne avete passate di ben peggiori eheh Nient'altro da dire, buona lettura e come sempre potete farmi visita nei commenti, o in messaggio privato, o twitter (sono _kookieo) o dove volete voi insomma :P

Bacioni, Elle ♥♥♥♥

 

 

01.fresh frappes and uncomfortable questions

 

Come accadeva ogni sabato, Yoongi e Jimin si trovavano all’ombra del fresco porticato del loro coffee shop preferito, circondati da piante dal verde vibrante e gustandosi un fresco frappè per festeggiare l’arrivo del primo, tanto agognato, sole primaverile. Finalmente il menù era cambiato: the caldi e cioccolate con panna avevano lasciato il posto a limonate e milkshake che in solo pochi mesi sarebbero stati affiancati da quelle che i due ragazzi definivano “le migliori granite di Seul”. Jimin e Yoongi amavano davvero quel posto, accogliente d’inverno e luminoso d’estate. Da quando si erano trasferiti in questa nuova zona della città e avevano scoperto il delizioso localino ora non passava settimana in cui non vi facessero un salto almeno una volta. Era una tradizione ed entrambi erano felici di portarla avanti. Non tutte le tradizioni sono però semplici come questa, pensava Yoongi mentre per la forse milionesima volta negli ultimi dieci giorni Jimin gli faceva la domanda:

"Dove andiamo per il nostro anniversario?"

Il tema era stato aperto davvero molte volte nell’ultimo mese, quasi troppe per i gusti di Yoongi, e ogni volta che se ne parlava non sapeva come comportarsi. L’ultima cosa che desiderava era dare l’impressione di non voler celebrare quel giorno di tre anni prima, il giorno in cui aveva deciso di rimettere completamente la sua anima e il suo cuore nelle mani del ragazzo dolcissimo che gli sedeva ora di fianco. Lo avrebbe definito il più bello della sua vita, se solo ogni giorno trascorso con Jimin non fosse stato sempre migliore del precedente, e per questo motivo preferiva dunque ripensarvi come a: “il giorno in cui ho preso la decisione migliore della mia vita”. Ovviamente non aveva nulla in contrario a rendere quella data speciale facendo qualcosa di particolare insieme al più piccolo. Non che Yoongi fosse tipo da lasciarsi andare troppo ai ricordi o ai sentimentalismi, ma… beh, era Jimin, e quando si trattava di Jimin le carte in tavola cambiavano sempre. Il problema era che non aveva molta immaginazione per questo genere di cose e mentre il primo e il secondo anno se l’era cavata lasciando all’altro carta bianca, quest’anno il ragazzo sembrava davvero deciso a voler far scegliere lui. E la cosa lo agitava, perché era convinto che qualsiasi proposta avesse fatto sarebbe stata banale e poco interessante.

Jimin lo aveva capito. Aveva capito perfettamente che Yoongi si sentiva insicuro ed impacciato e proprio per questo aveva deciso di bersagliarlo. Sapeva che al ragazzo sarebbe andata bene qualsiasi cosa lui avesse proposto, ma quest’anno aveva il desiderio che gli esprimesse una preferenza in modo esplicito. Non si stava però rivelando per niente facile e Yoongi era davvero, davverotestone.

“Ti è venuta qualche idea?” gli disse prendendo un sorso del suo frappè alla vaniglia “un tipo di serata che ti piacerebbe trascorrere?”

“Jiminah, le uniche idee che mi vengono sono per le canzoni, non credo che il mio cervello sia fatto per altro”.

Jimin alzò gli occhi al cielo:

“Yoongi...”

“Ti prometto che qualcosa trovo! Rimane poco tempo però, perché non proponi tu quello che vorresti fare?”

“Non capisco perché continui a relegare a me questa cosa!” Jimin sperò che alzando un po’ la voce il suo tono risultasse irritante abbastanza da far scattare Yoongi come voleva lui.

“Perché tu sei più bravo di me in queste cose, io farei solo un disastro!”

BINGO, pensò Jimin. Il suo sguardo si addolcì subito e lasciò veloce un bacino sulla punta del naso dell’altro. Colto alla sprovvista e confuso riguardo i segnali contrastanti, Yoongi rimase a bocca semi aperta emettendo suoni indecifrabili. Jimin scoppiò a ridere e lo abbracciò forte per pochi secondi – a Yoongi non piacevano le manifestazioni d’affetto in pubblico – prima di rivolgergli uno sguardo pieno di calore.

“Yoongiah, scusa, non volevo alzare la voce. Ma proprio questo volevo sentire, perché lo sospettavo. Tu non vuoi proporre nulla perché hai paura che le tue idee mi facciano ridere o non mi piacciano”.

Yoongi arrossì. Accadeva molto raramente, ma ogni tanto sì, e tutte le volte il motivo era sempre uno: Park Jimin e il suo modo di riuscire sempre a prenderlo nella maniera giusta.

“I-io… non sono davvero capace Jiminah. Non voglio proporre qualcosa di noioso a cui devi acconsentire solo per pietà nei miei confronti”.

Jimin gli prese una mano e gli disse con voce morbida:

“Ma come può per me essere noioso qualcosa che so ti rende felice?”.

Yoongi lo guardò un momento, interdetto. Sapeva che aveva ragione. Sospirò con rassegnazione:

“E va bene, ci penso io”

“Evviva! Vedrai, staremo benissimo! Qualunque cosa tu voglia fare, io sono qui con te” rispose Jimin entusiasta schioccandogli poi un bacio sulla guancia “vado a prendere una bottiglietta d’acqua, il frappè mi sta mettendo sete, aspettami qui”.

“E dove vado?” gli disse Yoongi, ma era già sparito dentro il bar. Allungò meglio la schiena sul piccolo dondolo in cui avevano preso posto e fissò il fresco contenuto del suo bicchiere. Aveva detto a Jimin di non preoccuparsi, ma adesso chi stava venendo assalito dalla preoccupazione era lui. Non sarebbe mai stato capace di organizzare un anniversario come si deve per la persona che amava di più al mondo e questo pensiero gli mise addosso molta tristezza.

 

 

02.phone calls and unspoken words

 

“Vaaaa bene mamma, starò attento alle polveri, te lo prometto. Ho la mascherina sempre con me apposta”.

Yoongi sorrise guardando Jimin sollevare gli occhi al cielo nella sua direzione. Sua mamma era davvero troppo apprensiva a volte. Il problema delle polveri sottili era ben noto, ogni coreano sapeva che a primavera avrebbe dovuto farci i conti, ma la madre di Jimin era così: sempre in ansia per il figlio, sempre pronta a fornirgli una raccomandazione di troppo. Yoongi però non la biasimava perché poteva comprendere le sue motivazioni: a volte Jimin sembrava davvero un pulcino sperduto nel mondo, troppo ingenuo, troppo altruista, troppo puro, e lui stesso doveva quotidianamente combattere contro l’istinto di potarlo lontano, in un castello di vetro e tenerlo lì al riparo da ogni male. Tuttavia non poteva farlo, né sarebbe stato giusto. Dopotutto, come aveva avuto modo di scoprire con il tempo, Jimin non era uno sprovveduto e Yoongi sapeva che nonostante il suo carattere così dolce rimaneva una persona responsabile e che aveva dimostrato in più occasioni di possedere una forza anche superiore a Yoongi stesso. Per questo ogni tanto le eccessive preoccupazioni della donna nei confronti del suo ragazzo gli sembravano fuori luogo. Jimin sapeva cavarsela. E se avesse avuto bisogno di aiuto, c’era comunque lui lì a tendergli la mano e sostenerlo.

Mise due ciotole in tavola e face spallucce come a dire: portiamo pazienza, lo sai che lei è così. Il ragazzo ricambiò con un cenno di intesa e si allontanò per andare a sedersi sul divano. Yoongi poteva sentire la voce della donna provenire lontana dal telefono, come un brusio metallico. Non riusciva a capire ciò che stava dicendo, ma dal tono avrebbe scommesso si trattasse una lunga lista di raccomandazioni.

“Come? Oh…” il tono di Jimin sembrò cambiare all’improvviso, e il più grande si incuriosì “No mamma… no, non ci è possibile. Si, lo so, è un po’ che non torno a casa ma sai, con il lavoro è un po’ difficile, soprattutto per Yoon. Magari quest’estate, che dici? Tanto Gwangalli è sempre lì. Prima o poi tornerò a vederla”.

Gwangalli. La spiaggia nei pressi di Busan. Yoongi sentì una strizza al cuore. Sicuramente la signora Park stava chiedendo al figlio quando sarebbero andati a trovarli.

“Ma certo che sto bene qui a Seul! Ho visto quella spiaggia per più di vent’anni anni nella mia vita, non è un dramma se non ci vado per un po’”.

La sua risata cristallina fece sentire Yoongi ancora peggio. Mise il riso nelle ciotole e poi aggiunse le side dishes e alla salsa di soia. Cena leggera il martedì.

“Va bene dai, adesso vado, Yoongi ha già sistemato tutto in tavola, dobbiamo cenare. Sì ti chiamo presto. Ti voglio bene mamma, saluta papà, buona serata”.

Yoongi si chiarì la voce, ma il suo istinto di autoconservazione gli fece schivare la domanda che in realtà avrebbe voluto porre.

“Come sta la signora?”

“Direi piuttosto bene” Jimin si stiracchiò e si diresse poi verso la tavola per andare a sedersi al suo posto “insomma, sai com’è mia mamma… si lamenta sempre per qualcosa e mi inonda di ansie, ma siccome è tutto nella norma non mi preoccupa. Certo delle volte su certe cose è un po’ insistente…”

Chiedigli il perché, Yoongi. 

“Beh, come hai detto tu non è niente di strano. Hai fame, Jiminah?”

Sei un imbecille.

“Molta! Oggi a lezione ci hanno fatto sudare tantissimo. La performance al Sejong è si avvicina e credo che fra un paio di settimane ci obbligheranno a rimanere in sala prove anche di notte”.

Jimin lo aveva detto come se fosse uno scherzo, ma entrambi sapevano che in realtà si trattava di un’eventualità in fondo non molto remota. Il Sejong, il centro culturale più importante di Seul, avrebbe ospitato il mese successivo una rinomata esibizione di arti performative a cui avrebbe partecipato anche il gruppo di danza moderna di cui Jimin era membro, uno dei migliori in circolazione in quel momento nell’intera città. La pressione e le aspettative erano dunque altissime e sebbene Jimin stesse cercando di fare del suo meglio per non portare con sé la propria ansia a casa, Yoongi percepiva comunque – già anche solo dal tono con cui ne parlava – tutta la sua agitazione a riguardo.

Yoongi era però convinto che non vi fosse motivo di preoccuparsi troppo. Il suo ragazzo era fantastico a danzare e la sua bravura era esaltata ancora di più dalle impeccabili coreografie curate da Jung Hoseok, coreografo ufficiale del gruppo di danza nonché uno dei migliori ballerini del paese. Yoongi lo conosceva perché aveva spesso lavorato alle coreografie di artisti scritturati nella sua stessa etichetta e sapeva che il suo nome era una garanzia. La performance sarebbe stata un successo.

“Andrà tutto benissimo, vedrai” disse Yoongi e ci credeva davvero.

Jimin annuì senza dire nient’altro e prese a mangiare il suo riso.

Yoongi avrebbe voluto chiedere di più sulla telefonata con la madre e durante l’intera durata della cena tentò più volte di aprire il discorso senza riuscirci. Non era nulla di eccessivamente angosciante, ma comunque un po’ spinoso e al momento sia lui che il più piccolo erano stanchi. Decise che gliene avrebbe parlato l’indomani, ben consapevole del fatto che sicuramente non lo avrebbe fatto. Questo pensiero lo fece sentire un incredibile vigliacco.

 

 

03.dizzy highs and painful memories

 

Seul era molto bella vista da lassù. A Yoongi non importava particolarmente del luogo in cui componeva la sua musica poiché fintanto che aveva gli strumenti che gli occorrevano si sarebbe potuto trovare in qualsiasi posto, non ci avrebbe fatto caso comunque. Doveva ammettere però che quello studio era davvero un bel posto dove creare. Poteva andargli molto peggio. Sapeva di alcuni suoi colleghi che la casa di produzione aveva mandato in sedi secondarie molto più piccole e in alcuni casi anche piuttosto lontane dalla città. Qui invece, dall’alto del trentasettesimo piano, Yoongi poteva vedere tutta Seul e per qualche motivo questo lo faceva sentire incredibilmente leggero. Essere in alto. Vedere senza essere visto. Osservare il caos sottostante senza esserne intaccato, al riparo nel suo studio silenzioso. C’era qualcosa in tutto ciò che lo tranquillizzava. Quando non riusciva ad andare avanti con qualche brano o aveva bisogno di una pausa, si metteva spesso davanti alla grande finestra per spiare il movimento della vita sottostante. Oggi però era più distratto del solito. La sera prima lo aveva lasciato con una sensazione di fastidio alla bocca dello stomaco, come quando c’è qualcosa di importante che sappiamo dovremmo affrontare, ma non lo facciamo e ogni momento della nostra giornata viene quindi rovinato da questo costante pensiero.

Avrebbe dovuto chiedere a Jimin spiegazioni sulla sua telefonata con la madre. In particolare, sulla parte relativa al suo ritorno a Busan. Si sentiva in colpa però e parlare dell’argomento avrebbe significato ammettere di essere il responsabile del fatto che il giovane non era praticamente quasi più andato a trovare i genitori nei passati tre anni. E che due estati erano già trascorse senza che il più piccolo potesse rivedere la spiaggia di Gwangalli.

Yoongi sapeva quanto fosse importante quel luogo per Jimin. All’inizio della loro storia gliene aveva parlato tantissimo ed ogni volta i suoi occhi avevano brillato. Jimin amava il mare. Anche questo glielo aveva detto chiaramente, molto tempo prima. Lo amava incredibilmente e aveva imparato a nuotare quasi nello stesso momento in cui aveva imparato a camminare. La spiaggia di Gwangalli era stata per lui lo scenario di alcuni dei momenti più importanti della sua vita. Tanti compleanni, feste con gli amici, le prime sbronze. Il momento in cui si era accorto di essere più interessato ai ragazzi in pantaloncini che alle ragazze in bikini. Su quella spiaggia aveva anche celebrato il giorno in cui era diventato maggiorenne così come quello in cui aveva preso finalmente la patente dopo essere stato bocciato due volte. Era sempre lì poi che aveva conosciuto Jeon Jungkook, uno dei suoi amici più di vecchia data nonché la persona che lo aveva introdotto al mondo della danza. Era un ragazzo simpatico e Yoongi lo aveva incontrato diverse volte perché adesso lavorava nella stessa compagnia di danza di Jimin. C’erano tantissimi ricordi che legavano Jimin a Gwangalli. E Yoongi si sentiva terribilmente in colpa. Si sentiva in colpa perché era stato lui a mettere un veto silenzioso sul ritorno verso il mare. Jimin non ne parlava nemmeno più, forse come riguardo nei suoi confronti, per non farlo sentire sotto accusa. Ma avrebbe avuto ragione.

Però ormai non poteva più rimangiarsi quanto detto. Il vino era stato un po’ troppo quella sera e lui aveva confessato a Jimin quanto odiasse il mare. O meglio, non odiasse, ma quanto ne fosse impaurito. Forse lo odiava anche. Non lo sapeva più perché non c’era più stato. Non si era più avvicinato a qualcosa che anche solo gli assomigliasse. Quando Yoongi ci rifletteva, si rendeva conto in realtà che la paura era scomparsa, così come l’odio. Ma come si riallaccia un rapporto con qualcosa che si è temuto e odiato per così tanto tempo? Con qualcosa che stava per portarti via la felicità? Con la voce un po’ impastata dall’alcool, una sera di due anni e mezzo prima Yoongi aveva raccontato a Jimin del giorno più brutto della sua vita, quello in cui aveva creduto prima di morire, poi di perdere per sempre la madre.

L’acqua troppo alta, la corrente troppo forte, la sua palla troppo in là. E lui, ossuto bambino di soli sette anni, non aveva fatto attenzione come avrebbe dovuto. Era tutto successo così in fretta, ormai non ricordava più quasi nulla tranne il bruciore dell’acqua marina negli occhi, il raschiare del sale nella gola, il cieco spavento prima della salvezza. Sua madre vedendolo in pericolo si era precipitata a prenderlo e lo aveva aiutato a rimanere a galla, ma lui gli si era aggrappato troppo. Quando i bagnini li avevano fatti salire sulla loro barchetta, Yoongi aveva visto sua mamma cadere a terra pesantemente, gli occhi chiusi e il respiro fermo, e aveva preso a urlare e piangere nonostante si sentisse la gola in fiamme e il suo respiro fosse ancora mozzo. Ci erano voluti diversi secondi di paura prima che il petto della donna tornasse a muoversi.

Così, per via dello shock, Yoongi aveva dichiarato guerra al mare, e adesso, dopo così tanti anni, non ci aveva ancora messo di nuovo piede. Non era paura ormai, piuttosto il volersi tener lontano da quello che per lui era tutto tranne che un luogo felice. Esattamente l’opposto di Jimin. Due sentimenti inconciliabili verso lo stesso elemento e alla fine chi aveva fatto la rinuncia più grossa era stato Jimin. Ma non era giusto. Non era davvero giusto.

“Yoongi-ssi?”

Yoongi si girò all’improvviso. Troppo immerso nei suoi pensieri non aveva sentito il Team Assistant del suo dipartimento entrare.

“Mi scusi, sono venuto a cercarla perché è leggermente in ritardo per il suo appuntamento”.

“Che appuntamento?” Yoongi proprio non ricordava.

“Ma come signor Min? L’appuntamento con il famoso regista Kim Seokjin! Non ricorda che dovete discutere della soundtrack che deve preparare per il suo film?!”

Yoongi sgranò gli occhi. Se ne era completamente dimenticato. Guardò il rolex al polso e si rese conto di essere già in ritardo di un quarto d’ora. Si avvicinò velocemente alla scrivania.

“Dammi un momento! Prendo il materiale che volevo fargli vedere e sono da te!! È tanto che aspetta!?”

“Beh non troppo, ma un pochino… Però non deve preoccuparsi, Kim Namjoon gli ha fatto compagnia!” rispose Taehyung con un grosso sorriso.

La voce di Yoongi salì di un paio di ottave.

“Come Kim Namjoon?? Che cosa ci fa-ehm” cercò di tornare calmo “voglio dire, per quale motivo Kim Namjoon dovrebbe partecipare all’incontro?”

“Signor Min così non va bene!” disse Taehyung con tono preoccupato “si vede che oggi ha proprio la testa da un’altra parte, uh? Il signor Kim Seokjin ha selezionato sia lei che Namjoon-ssi per produrre la colonna sonora del musical, per cui discuterete i dettagli del tutto insieme!”

Yoongi chiuse gli occhi e trasse un gran respiro. Anche questo aveva dimenticato. Quel Kim Namjoon… ogni volta che gli sembrava di aver raggiunto un traguardo importante, ecco arrivare lui a seguirlo a ruota. Era sempre così. Yoongi sapeva che era bravo e ed era proprio questo che lo preoccupava. Lavoravano per la stessa etichetta, ma si comportavano da rivali, passando metà della giornata ad evitarsi e l’altra metà a battibeccare. Yoongi sperava solo di non doverci lavorare braccio a braccio per questo film.

Come se lo avesse sentito, sentì l’altro ragazzo dire:

“Chissà, magari diventerete grandi amici dopo aver lavorato insieme a questo bel progetto!”

Yoongi reagì come se gli avessero dato la scossa:

“Taehyung-ssi, puoi fare silenzio un attimo?!”

“C-certo, mi scusi…” rispose il più giovane mortificato.

Senza aggiungere altro Yoongi si mise a mettere a posto i fogli che doveva portare con sé e recuperò anche diversi cd e chiavette usb dentro cui teneva tracce interessanti. Era pronto per andare quando lo sguardo gli si posò sul piccolo calendario da tavolo. Lo prese in mano. Mancavano tre giorni all’anniversario. Una flebile luce iniziò a farsi strada all’improvviso nel buio delle sue idee. Non si sentiva però ancora completamente sicuro.

“Taehyung-ssi?” parlò serio, senza quasi pensare, ma era Taehyung, non c’era pericolo.

“Si?”

“Che cosa regaleresti a una persona a cui vuoi davvero, davvero bene? Qual è il regalo migliore che potresti fargli?

Taehyung non sembrò stupito della domanda e rispose come se gli avesse chiesto l’ora. C’era un motivo se il giovane Kim era il suo Team Assistant preferito.

“Uh? Semplice, un’emozione. Gli regalerei un’emozione”.

Yoongi rimase immobile per un momento, fissando poi lo sguardo limpido e candido di Taehyung, e sorrise.

“Grazie, Taehyungah. Sei un bravo assistente” disse mentre si avviava fuori in corridoio.

Gli occhi di Taehyung si illuminarono:

“Dice davvero? Grazie mille signor Min!! Mi impegnerò ancora di più da oggi in poi. Sa, lei è il mio artista preferito qui dentro. Nessuno è bravo quanto lei! Oddio... forse… sì, forse solo Kim Namjoon-ssi potrebbe essere al suo livello…”

“Aaah ma ancora con Namjoon?! La sincerità non è sempre un bene Taehyung!”

“Ma che ho detto…?”

Yoongi sollevò gli occhi al cielo:

“Lasciamo stare…”

I due ragazzi si allontanarono insieme verso la sala riunioni al ventiquattresimo piano e più l’idea nella sua testa si faceva luminosa e prendeva forma, più Yoongi sentiva il cuore farglisi più leggero. Forse avrebbe combinato qualcosa di buono. E questo pensiero lo fece sentire un po’ più sereno.

 

 

 04.fast cars and radio songs

 

“È vero che ti avevo dato carta bianca, ma questa è cattiveria, Yoongi!”

Erano partiti già da quarantacinque minuti, ma le lamentele di Jimin non si erano ancora fermate. Yoongi un po’ se lo era aspettato, il suo ragazzo era curioso e vivace, però non credeva che avrebbe insistito tanto a lungo per farsi dire il luogo dove erano diretti. Lui però non avrebbe fiatato. Doveva essere una sorpresa.

“Ma non me lo puoi proprio dire?” continuò Jimin lamentoso.

“Ti ho detto no, Jiminah. Come hai detto tu, mi hai dato carta bianca per questo anniversario e non farti sapere la nostra meta è parte di ciò che ho progettato. Tra l’altro…” sorpassò velocemente una macchina che andava troppo piano per i suoi gusti, a lui piaceva correre quando era in autostrada “se invece che lamentarti facessi più attenzione alla strada a un certo punto ti accorgeresti dalla segnaletica dove ci stiamo dirigendo, no?”

“Mmh…” Jimin non sembrava convinto, ma sembrò per il momento battersi in ritirata.

Yoongi sorrise tra sé e sé. Era contento della sua idea. Certo, anche un po’ agitato. Un bel po’. Però era tempo di mettersi il passato alle spalle e quella era l’occasione migliore che potesse capitargli. All’inizio era stato indeciso se andare in treno o in macchina, ma poi aveva optato per la seconda ipotesi poiché il treno avrebbe subito rivelato la loro direzione. Presto anche nel veicolo Jimin lo avrebbe capito, ma non era un problema. Yoongi era piuttosto certo che comunque non avrebbe immaginato quello che aveva di preciso in programma, cioè la parte principale della sorpresa. Per una decina di minuti i due ragazzi rimasero in silenzio, Jimin con il capo appoggiato al finestrino e solo il suono delle auto che sfrecciavano insieme a loro a fargli compagnia.

“Metto un po’ di musica, ok Yoongi?”

“Hai deciso di arrenderti?”

“Mah, tanto comunque non me lo dici…” borbottò toccando il touch screen della bellissima nuova radio super funzionale appena istallata da Yoongi. Mise la sua stazione preferita e prese a muovere la testa a ritmo della canzone allegra trasmessa in quel momento. Finì poco dopo, seguita a ruota da un’altra. Yoongi la riconobbe.

“Jiminah… puoi per favore cambia-”

“Aaaah! Kim Namjoon-ssi!” esclamò “È la title track del suo ultimo album! Tu non l’hai sentita tutta, immagino?”

“No, e a giudicare dalla tua reazione capisco che ho fatto bene così”.

“E perché mai scusa?” chiese Jimin perplesso.

Yoongi divenne un po’ rosso:

“Perché di te mi fido e se piace a te vuol dire che è effettivamente fatta bene…” disse queste parole abbassando gradualmente il tono della voce, tanto che quasi finirono in un mormorio. Jimin sospirò e abbassò leggermente il volume.

“Lui non ti piace vero?” da come lo disse sembrò più una constatazione.

Yoongi fece spallucce:
“Non è che non mi piace… non direi mai di certo che non è una brava persona. Anzi. È professionale, sempre cortese, non è nemmeno presuntuoso, ad essere onesti. Insomma, per avere il nome che ha, si comporta molto più umilmente di tantissimi rookie che vedo in giro. Su questo ha di certo la mia ammirazione. Il problema è un altro. E’ che è maledettamente bravo e-” si fermò un attimo. Non aveva mai confessato questa cosa ad alta voce “e mi fa paura”.

“Ma Yoongi secondo me sbagli a vederlo come un rivale” rispose Jimin in tono fattivo “non te lo dico mai perché lo so che lo sopporti poco, ma sarò onesto: credo che sia davvero bravissimo. Ma anche tu lo sei. E credo che siate sullo stesso livello e che proprio per questo sareste perfetti per lavorare insieme. Perché nessuno prevaricherebbe nessuno e al tempo stesso creereste qualcosa di unico con i vostri stili così diversi, ma anche simili. Vi completereste in un certo senso”.

Yoongi rimase in silenzio. Ci aveva pensato anche lui ogni tanto, ma l’orgoglio era sempre stato più forte. Jimin continuò, con tono serio e appassionato:

“Non voglio dirti cosa dovresti fare. È il tuo lavoro, la tua vita e la tua musica. Ma se vuoi un parere del tutto disinteressato, io credo che questo vostro dover lavorare insieme al musical potrebbe rappresentare un’opportunità per conoscerlo meglio e valutare se davvero è il tuo più grande nemico, o se può diventare il tuo più grande alleato” si voltò verso Yoongi e gli sorrise con dolcezza “io credo che una possibilità la meriti”.

Yoongi sapeva che Jimin aveva ragione, come al solito d’altronde. Era sempre, sempre stato più maturo di lui.

“Ci penserò” disse prima di sobbalzare all’urlo di Jimin.

“Ecco i cartelli!! Ma aspetta! Yoongi questa… questa è-” si fermò di colpo, come se avesse timore che la sua ipotesi non fosse azzeccata. Si girò verso il ragazzo alla sua sinistra con lo sguardo tra lo speranzoso e l’incredulo e disse a bassa voce “questa è la stessa strada per andare a Busan”.

Yoongi annuì.

“E proprio lì stiamo andando”.

Jimin spalancò gli occhioni:

“Andiamo davvero… andiamo a Busan? A casa??”

“È tempo per te di farlo”.

Yoongi guardò Jimin con la coda dell’occhio. Lo stava fissando immobilizzato, la boccuccia semiaperta, come se fosse incerto sul da farsi o cosa dire. Poi lo vide rilassarsi e sorridere. Si appoggiò al poggiatesta del sedile, chiuse gli occhi e sempre continuando a sorridere sussurrò un semplice “grazie Yoongi” prima di addormentarsi cullato dal dondolio dell’auto in corsa.

Vedendolo così addormentato, con i ciuffetti di capelli scuri sulla fronte e le labbra rosee e piene a dargli sembianze ancora più angeliche, Yoongi comprese di aver fatto la scelta migliore e questo pensiero lo fece sentire orgoglioso di sé stesso.

 

 

05.calm waves and peaceful spirits

 

Parcheggiò con una veloce manovra e spense il motore. Jimin ancora dormiva, e Yoongi ringraziò la sua buona stella. Aveva comunque programmato tutto, anche nell’evenienza che il ragazzo non si fosse addormentato. Aveva avvisato i suoi genitori e l’idea era quella di passare prima da loro e solo dopo chiamare un’auto privata con i finestrini oscurati che li portasse a destinazione senza che Jimin vedesse dove erano effettivamente diretti. Era bello che questo piccolo trucco non fosse servito. Yoongi non era bravo con i sotterfugi, per quanto innocenti, ed era contento che alla fine il tutto si fosse risolto nel modo più tranquillo e scorrevole possibile. Tra l’altro, non vedeva l’ora di sapere che reazione avrebbe avuto Jimin. Gli scosse piano la spalla svegliandolo dolcemente.

“Mi-mi sono addormentato?” Jimin aveva gli occhi lucidi e le guance arrossate. Era troppo carino e Yoongi non poté fare a meno di stampargli un bacino sul naso. Non si era ancora accorto di dove si trovavano.

“Siamo arrivati, scendi?” lo esortò.

Jimin fece per aprire lo sportello, ma quando il suo sguardo si posò fuori dal finestrino si bloccò di colpo.

“Y-Yoongi..” non riuscì a terminare la frase, perché un istinto incontrollabile lo spinse a precipitarsi fuori dall’auto. Yoongi uscì a sua volta e si mise ad osservare con un sorriso il ragazzo. Si era fermato là nel punto dove la strada incontrava la sabbia e stava fissando estasiato in direzione del mare.

“Io… io no- non trovo le parole. Yoongi…non siamo dai miei genitori, tu…” si girò con le lacrime agli occhi “Yoongi mi hai portato a Gwangalli!!”

Così esclamando, corse incontro al più grande alla velocità della luce e gli si tuffò addosso, stritolandolo in un abbraccio così forte che Yoongi riuscì a sentire il battito fortissimo del suo cuore.

“Grazie! Graziegraziegrazie!!!!! Mi hai portato qui per-”

“Si” lo interruppe Yoongi stringendolo a sua volta “non sapevo cosa organizzare per questo anniversario e allora ho deciso di regalarti… un ricordo” gli baciò la testa “un altro ricordo proprio qui, tra i tanti che hai… ma insieme”.

Jimin non disse nulla, solamente si staccò leggermente da Yoongi e lo baciò dolcemente, ma deciso al tempo stesso, cercando così di comunicargli tutto il suo amore e la sua gratitudine.

“Grazie…” gli disse ancora.

“Basta ringraziarmi Jiminah! Direi che è tempo di andare in spiaggia, no?!”

Jimin lanciò un urlo felice e si slanciò verso il mare fermandosi solo un secondo per togliersi velocemente le scarpe. Yoongi fece un gran sospiro e lo seguì.

Il respiro gli si fece più corto quando i piedi, liberatisi delle scarpe e dei calzini, toccarono la sabbia. Era una vita che non avvertiva quella sensazione. Rimase per un po’ a fissare le proprie dita e i milioni di granelli che vi scivolavano attorno, fino a che sentì dei passi. Jimin era tornato da lui.

“Yoongi… sei sicuro? Se non te la senti possiamo-”

“Jiminah, sei felice?”

Jimin sembrò perplesso e Yoongi domandò di nuovo:

“Rispondimi con sincerità per favore. Ora, qui, su questa spiaggia, ti senti felice?”

“Io… si. Si, sono molto felice”.

Yoongi gli tese la mano e gli sorrise:

“Allora andiamo”.

***

Si erano sistemati in un angolino appartato, non molto distante dal mare, ma comunque da dove fosse possibile tenere d’occhio l’auto. Seduti sopra a una coperta, stavano rimettendo a posto i piattini usati per fare pranzo.

“Non posso crederci che avevi addirittura organizzato un picnic! Tra l’altro quando hai comprato tutta questa roba?!”

“Ieri sera” rispose Yoongi “mentre tu ti facevi la doccia ti ho detto che andavo a comprare dei noodles ricordi? In realtà sono andato a prendere il cibo per oggi e poi l’ho messo nel frigorifero di riserva che abbiamo nel seminterrato. Stamattina poi è stato facile metterlo tutto nel bagagliaio senza che tu te ne accorgessi”.

Jimin sospirò:

“Non ci posso credere che hai fatto questo per me…”

“Come puoi non crederci? Per chi dovrei farlo se non per te?”

Jimin arrossì e non disse nulla. Yoongi adorava come ancora ogni tanto il suo lato timido uscisse fuori. Lo sentì parlare piano:

“Però… tu come ti senti? Non deve essere stato facile venire qui. Sei sicuro di stare bene?” disse disegnando piccoli cerchi sulla sabbia con le dita cicciottine.

Gli rivolse poi uno sguardo preoccupato e Yoongi se ne rattristò poiché confermava i suoi timori: il ragazzo aveva smesso di esprimere il desiderio di tornare lì solo per il suo bene. Era tempo di ricambiare il favore. Cercò di essere il più sincero possibile:

“Non è stato facile all’inizio e ho cercato fino all’ultimo di non pensarci. Ho guidato immaginando di star andando da qualche altra parte e concentrandomi solo sulla tua felicità. Ora che sono qui però…” guardò il mare e sentì una leggera brezza scompigliargli i capelli. Chiuse gli occhi e sorrise sereno “Sai… non è così male. Mi fa sentire… libero”.

Jimin gli si avvicinò e gli mise la testa sulla spalla:

“Libero?”

“Si. Era uno scoglio così grande tra noi. Tu che ami il mare e io che ho cercato per una vita di scordare che esistesse. Il sacrificio che hai fatto per me è stato immenso, hai rinunciato ad abbandonare un luogo a te così caro solo perché io non dovessi fare i conti con ombre ormai lontane e io ho sempre sentito il peso di ciò. Per cui ho pensato… ho pensato che le ombre sono intangibili. E non possono avere il diritto di bloccarci. Non ne hanno nemmeno la possibilità in realtà. Non esistono, sono inconsistenti, potremmo passarci attraverso in qualunque momento se solo lo volessimo. E invece le trasformiamo in esseri concreti, le facciamo diventare di pietra ed ecco che ci fermano, ci ostruiscono il passaggio, ci fanno colare a picco. E io non voglio colare a picco. Voglio nuotare insieme a te e raggiungere l’altra riva insieme. Appena il tempo si farà più bello, intorno a maggio, torneremo e ci faremo un bel bagno. Mi insegnerai di nuovo a nuotare, ti va Jiminie?”

Yoongi si girò leggermente verso il ragazzo e lo vide con gli occhi lucidi. Prima che potesse aggiungere altro Jimin gli buttò le braccia al collo e lo strinse fortissimo prima di sussurrargli:

“Ti insegnerò a nuotare. E se non riuscirai potrai aggrapparti a me. Qualunque cosa succederà, ci sarò io sempre a salvarti Yoongi”.

Jimin lo stava adesso guardando con uno sguardo di puro amore e pieno di forza e Yoongi non ce la fece più: lo attirò a sé e lo bacio con passione. Il vento si era leggermente alzato facendo sollevare i lembi della coperta su cui erano seduti, e in quel momento, nel silenzio rotto solo dallo scrosciare delle onde che si infrangevano sul bagnasciuga, i due ragazzi si sentirono felici così, l’uno tra le braccia dell’altro.

“Ho fatto proprio bene a portarti al mare, vero?”

Jimin annuì con vigore: “È il regalo più bello che potessi farmi”.

Il pomeriggio trascorse placido e pigro e Yoongi e Jimin si godettero ogni attimo di quella solitudine e di quella pace, finalmente fuori dalla vorticosità della loro vita quotidiana. Dormicchiarono, accoccolati sulla coperta, si avvicinarono all’acqua giocando e spruzzandosene un po’ addosso, mangiarono un altro pochino, ed infine si ritrovarono a fare una tranquilla passeggiata lungo la riva, mano nella mano, tramonto alle spalle.

“Quindi andremo davvero dai miei genitori?”

“Certo! Ho detto loro che saremmo venuti, tua mamma non poteva crederci”

Gli occhi di Jimin brillarono:

“Che bello! Oh, sono così contento Yoongi! Ci sono così tante cose in più che adesso possiamo fare insieme! Ad esempio, che ne dici se quest’estate ce ne venissimo qui per un po’?! Potrei chiedere anche a Jungkook di unirsi, e potremmo organizzare delle serate insieme anche a qualcuno della nostra vecchia compagnia, sono sicuro che gli piacerebbe un sacco!”

Yoongi ridacchiò. Questo era il suo Jimin: allegro, pieno di vita e progetti, entusiasta e sempre con tanta voglia di fare.

“Tra l’altro sicuramente vorrà far vedere questo posto al suo ragazzo dato che anche per lui è un luogo importante. Potremmo divertirci ad uscire tutti e quattro!”

“Jungkook ha un ragazzo? E da quando?”

“Uuuh è vero, tu non si ancora nulla! In realtà erano mesi che gli stava dietro, e i due si frequentavano già da tanto, solo che si sono svegliati da poco per cui ufficialmente stanno insieme solo da un paio di settimane”.

“Pensa tu! E l’hai conosciuto?”

“Si certo, facevo già il tifo per loro da un po’! Che persona meravigliosa! Gliel’ho detto chiaramente: Jeon Jungkook, sappi che non troverai mai persona migliore di Kim Taehyung, e se lo lasci andare sei lo zuccone più grande del pianeta!”

“Kim Taehyung, uh? Si chiama come il Team Assistant che lavora per me… Non è arrivato da molto tempo”.

“Cosa?! Tae lavora per te?? È di sicuro lui! La prima volta che l’ho conosciuto mi aveva detto di lavorare nella tua stessa etichetta, ma non sapevo per quale sezione e mi sono sempre scordato di chiederlo sia a te che a lui anche perché ho pensato che essendo così grande ci fosse poca probabilità che tu sapessi chi fosse… Yoongi, è lui, non ci posso credere!”

Jimin si mise a ridere mentre Yoongi si sentì completamente spaesato dalla nuova notizia:

“Ma quindi dovrei passare le mie vacanze col mio Team Assistant?!”

“Dai Yoongi, certo potrebbe all’inizio essere un po’ imbarazzante, ma dubito che l’imbarazzo sia una cosa che può durar molto con Tae”.

Yoongi non poté fare a meno di essere d’accordo. Taehyung gli piaceva davvero e ora che ci pensava sembrava adatto a Jungkook. L’idea era strana di loro quattro insieme, ma forse si sarebbe potuto adattare.

“E poi poteva andarti peggio!” trillò ancora Jimin “Potevi ritrovarti con Kim Namjoon alle costole!”

Yoongi esagerò un’espressione terrificata e Jimin rise ancora di più.

“Dai che quel povero ragazzo è di sicuro meno peggio di ciò che sembra. Magari quest’estate finisce davvero con anche lui qui a mangiare davanti a un barbeque insieme a noi, il set potrebbe unirvi”.

Yoongi sollevò gli occhi al cielo:

“Guarda, aggiungiamo il regista Kim Seokjin con cui dovremo lavorare 24/7 e abbiamo appena pensato alla brigata più improbabile di sempre! Qualcun altro che manca all’appello?”

“Non lo so, non penso. Hai idee?”

“Mah, considerato che come sai volevo proporre a Seokjin-ssi di aggiungere ai vertici del team creativo con noi il tuo coreografo Jung Hoseok direi che possiamo includere anche lui e ci siamo. Tutti e sette qui a prendere il sole e mangiare spiedini di agnello!”

Jimin ridacchiò e portò le braccia dietro la testa:

“Chissà Yoongi… chissà”.

Chissà, è vero, pensò Yoongi. Chissà cosa ci riserva il futuro.Si girò verso Jimin, era illuminato dal sole dorato del tramonto e il profilo risplendeva, e Yoongi pensò che era la cosa più bella del mondo. Con lui al suo fianco, il futuro avrebbe riservato solo cose belle e avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per amarlo come meritava. Non aveva paura stavolta, sapeva che ce l’avrebbe fatta. E questo pensiero lo fece sentire incredibilmente in pace con sé stesso.

 

 

 

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