Fanfic su artisti musicali > Shawn Mendes
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Autore: Rebelle Fleur 93    02/04/2019    0 recensioni
Avete mai amato un cantante talmente tanto da immaginare come sarebbe stato se lui si fosse innamorato di voi? Io si. Ed è così che è nata la mia FanFiction. E' così che Julia e Shawn sono nati nella mia testa: amici da una vita e pazzamente innamorati l'uno dell'altra. Il successo e la fama scombussoleranno le loro vite, ma riusciranno a fermare il loro amore?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7
 
The Weight


Una settimana. È passata una settimana dall’ultima volta che l’ho visto. Mi sveglio tutte le mattine con la maledetta speranza di trovare un suo messaggio o una sua chiamata ma, queste puntualmente non arrivano. Sono chiusa in casa e ho smesso di parlare con chiunque. 
Ormai sono uno zombie. Persino il postino, quando apro la porta, crede di aver sbagliato indirizzo; e di certo non posso biasimarlo.
Indosso tutti i giorni la stessa tuta, con i pantaloni nei calzini di lana. Tipico abbigliamento antistupro.
Ho i capelli completamente spettinati, due valigie sotto gli occhi e non ho voglia di far niente, se non di stare sul divano a guardare Netflix.
Mamma è preoccupata per la mia salute, tanto che sente continuamente Karen per saperne di più sulla vicenda; lei dice che anche Shawn è strano, ma io non le credo. Papà, invece, è sempre più convinto di dover andare a casa dei Mendes per dare una lezione al loro figlio più grande. Zoey mi tartassa di chiamate sul telefono di casa per darmi della cogliona patentata, e per incitarmi ad andare a casa di Shawn e rivelargli i miei sentimenti. Ma ho paura. Perciò mi limito soltanto ad ascoltare musica depressa sul mio letto e a cercare di levarmelo dalla testa. 
Ascoltare musica di questo genere di certo non alleggerisce la situazione, ma come si fa a sorridere quando ci si sente vuoti?
Come si fa a vivere, senza avere alcuna ragione per farlo?
Dio, mi faccio pena da sola.
E se avesse ragione Zoey? Se lui provasse qualcosa per me? Certo che se continuo a starmene chiusa in casa non lo saprò mai. E se non ricambia che faccio? Oddio, sto uscendo pazza. In questo momento mi viene in mente quello che diceva sempre mia nonna: “ci sono parole “e” e “se” che da sole non hanno nulla di minaccioso, ma se le metti insieme una vicina all’altra hanno il potere di tormentarti per tutta la vita”. E penso non ci sia niente di più vero.
Basta, ho deciso. Vado a parlargli.
Dopo essermi fatta una bella doccia, mi vesto accuratamente scegliendo una tuta intera nera a maniche corte e un paio di Stan Smith classiche. Prendo il chiodo di pelle nero e il cellulare, e scendo al piano di sotto.
Mamma e papà sono abbracciati sul divano, intenti a guardare un film sdolcinato. In questo preciso istante non so se invidiarli o se vomitare.
Cerco di sgattaiolare fuori senza far rumore, ma il colpo alla sedia del tavolo da pranzo me lo impedisce.
“Julia, tesoro, hai finalmente tolto quella tuta orrenda” dice papà, delicatissimo come sempre.
“E ti sei lavata, vestita e addirittura truccata! Dove vai di bello?” mi chiede felice mamma, ignara del fatto che sto andando praticamente a suicidarmi.
“Oh, beh…penso di uscire un pò con Zoey” mento, dipingendo sui loro volti un pò di serenità.
“Va bene tesoro, divertiti allora!” esclamano, tornando a puntare gli occhi su quello stupido film. Certo, mi divertirò da pazzi a farmi spezzare il cuore!
Esco e, chiudendomi la porta dietro alle spalle, rifletto sul fatto che mi sono agghindata per fare due fottuti passi. Ma d’altronde, al giorno del mio funerale non potevo presentarmi come una stracciona.
Supero il viale di casa mia e incontro subito quello dei Mendes. Guardo in alto, verso la camera di Shawn, e noto che le tende sono chiuse; nel vialetto giace la sua Jeep, e la casa sembra essere più silenziosa del solito. Il cielo è di un grigio quasi nero, il che non è proprio un buon segno. Vorrà dirmi qualcosa anche lui?! L’ansia mi assale, mi tremano le mani e il cuore mi batte all’impazzata nel petto. Credo di stare per morire.
Arrivata davanti alla porta ci poggio la mano esitando, chiedendomi se quello che sto facendo sia davvero la scelta giusta. Respiro profondamente e, senza pensarci ulteriormente, busso.
Dopo un paio di minuti, la porta si apre. I miei occhi incontrano il suo sguardo nocciola, e il mio cuore perde un battito. Restiamo entrambi in silenzio non sapendo esattamente cosa dire.
“Qualcuno dovrebbe spezzare questo silenzio imbarazzante” dice Aaliyah, vicino a lui. 
“L’hai appena fatto” afferma Shawn, atono. 
“Che ci fai qui?” finalmente mi rivolge la parola, con voce flebile e gli occhi un pò lucidi.
“Posso parlarti?” cerco di sembrare sicura di me, ma mi rendo conto che la mia voce trema.
“Certo” mi guarda orgoglioso, e mi fa cenno di entrare con la testa.
Una volta dentro, chiude la porta e invita sua sorella ad andare al piano di sopra. 
Ci sediamo sul divano, e restiamo in silenzio per un paio di minuti.
Lo osservo e, per la prima volta dopo sette giorni, credo alle parole di Karen. Il suo aspetto è terribile; ha il viso pallido come un lenzuolo e delle occhiaie parecchio marcate, segno che ha sofferto anche lui e questo, non so perché, mi fa sentire tremendamente in colpa. 
“Che ci è successo?” lo guardo seria, ma la mia voce mi tradisce; trasuda sofferenza da tutti i pori.
“Non lo so” afferma sospirando, rivolgendo lo sguardo altrove.
“Shawn, io…” prendo tempo, continuando a combattere interiormente con me stessa.
“Continuo a pensare a te, a me, a noi…so che non dovrei, ma non posso farne a meno” stavolta sono i miei occhi a diventare lucidi. Lui mi guarda sbalordito, rimanendo zitto. 
“E lo sai perché? Perché ti amo. Ti amo da tanto, da troppo, da sempre. So che avrei dovuto dirtelo, ma solo da un pò di tempo mi sono resa conto che se tu non ci sei, io non esisto. E’ come se tutto il mio essere dipendesse da te, e questo mi sta uccidendo” dico tutto d’un fiato, sentendomi più leggera.
Lui, con un espressione indecifrabile sul volto continua a stare in silenzio, il che è snervante.
“Potresti dire qualcosa per favore?!” 
“Juls, non posso” si limita a dire, mentre io mi sento come se qualcuno mi avesse ficcato il cuore in un frullatore.
“Che cazzo significa che non puoi? Continui a dirlo da quella sera che ci siamo baciati a Parigi, mi spieghi che vuol dire?” alzo la voce, non credendo alle mie orecchie.
“Tutto questo…io…non posso, ok?” grida, facendosi scappare una lacrima.
“Sono venuta fin qui per dirti che ti amo, e tu sai dire solo che non puoi?! Dio Shawn, sei così...così...ah! Lo sai che ti dico? Vai al diavolo!” urlo in lacrime, spintonandolo. Karen corre in salotto e rimane sorpresa nel vedermi in questo stato. 
"Shawn cosa le hai fatto?" gli domanda preoccupata, mentre lui continua a guardarmi in lacrime. Non reggo più il peso di questo momento imbarazzante, così prendo velocemente la mia giacca di pelle dal divano e mi precipito fuori, sbattendo violentemente la porta d'ingresso.


POV Shawn

"Shawn, che diavolo sta succedendo qui?!" interrompe il silenzio mia madre, mentre io inizio a piangere come un bambino.
Nemmeno nei miei incubi peggiori avrei creduto di poter soffrire così tanto. Il panico...il fottuto terrore di perderla...quello non me l'aspettavo. Non mi aspettavo niente di ciò che è successo ultimamente.
"Non...non voglio parlarne, ok?" dico sperando che mi lasci in pace, mentre mi avvio velocemente verso le scale.
"Ti ama, non è così?" mi chiede dolcemente alle mie spalle, quasi in un sussurro. Annuisco, rimanendo immobile.
"Tesoro, che stai facendo? So che la ami anche tu" afferma, facendomi gelare il sangue. Esterrefatto, mi giro verso di lei e la guardo dritta negli occhi.
"Come fai a saperlo?" le domando, incredulo.
"Una madre le sa queste cose" sorride malinconica.
"Vedo il modo in cui la guardi...è lo stesso di tuo padre quando guarda me" dice, facendomi sorridere leggermente.
"Non è facile mamma" dico, abbassando lo sguardo sul pavimento.
"Non c'è niente di facile in questa vita, Shawn...ma se non rischi non saprai mai cosa ha in serbo per te" afferma saggiamente.
"Cosa c'è di così difficile?" mi chiede, incoraggiandomi a seguirla sul divano.
Tentenno un pò. Non so se raccontarle tutto come sono solito fare. Ma l'ho sempre fatto, e non smetterò di certo ora che ne ho più bisogno.
"E va bene" inizio, strofinandomi nervosamente le mani.


POV JULIA

Sta piovendo. L’aria odora di pioggia, mentre i lampi squarciano il cielo di questa giornata grigia.
Scende talmente tanta acqua che i miei vestiti si zuppano in un secondo, e i miei capelli diventano irrimediabilmente arruffati. Le gocce percorrono il mio viso triste, mescolandosi con le mie lacrime. Corro, corro e annaspo nel traffico. Non sento i clacson, né la pioggia sulla pelle o l’umidità insopportabile di questa città. Riesco soltanto ad avvertire la sensazione, orrendamente familiare, di quando qualcosa ti trafigge il cuore e ti senti cadere a terra. Mi viene da vomitare, come se fossi appena scesa da una montagna russa, ma l’idea di fermarmi non mi passa nemmeno per la testa: non è un’opzione.
“Zoey” dico a Natalie, la madre di Zoey, costretta ad assistere alla scena pietosa di me stravolta, con gli occhi rossi, zuppa, con il fiatone e una probabile polmonite in arrivo. La voce mi esce a malapena, mentre lei mi fissa col capo inclinato come se le fosse apparso davanti un alieno. 
“E’ in casa?” riesco a chiedere, con la voce roca di chi ha appena corso per dei chilometri sotto un acquazzone pazzesco. 
“Certo cara, entra! Vuoi…vuoi un asciugamano?” balbetta indicando i miei vestiti sudici, una volta entrata. 
Non rispondo e, incapace di trattenere le lacrime, parto spedita verso la stanza della mia migliore amica, che grazie al cielo so già dove si trova. Almeno ci arrivo più in fretta, evitando figure di merda con altri membri della famiglia. Il mio passo veloce e scomposto mi fa sembrare una maratoneta dilettante che arriva stremata alla fine di una gara. Le mie scarpe bagnate smettono di scricchiolare sul parquet quando arrivo davanti alla sua porta. Il telefono squilla nella mia tasca, ma lo ignoro. Sta zitto aggeggio infernale, non ora!
Non appena vedo Zoey sdraiata sul letto, corro in lacrime ad abbracciarla facendola trasalire.
“Juls, che è successo? Che ci fai qui?” mi chiede preoccupata, vedendomi in questo stato.
Prendo un sonoro respiro dal naso, chiudo gli occhi e la stringo forte.
“Gliel’ho detto Zoey…ho detto a Shawn che lo amo” sussurro, nell’incavo del suo collo.
Il telefono squilla di nuovo. Non rispondo. La mia mano e la mia voce sono incapaci di reagire al momento.
“E lui che ha detto?” mi chiede, sospirando amareggiata senza alcun tono di rimprovero nella voce.
“Che non può…è stata l’unica cosa che gli è uscita dalla bocca dopo che…” singhiozzo, non riuscendo a finire. 
“Oh Juls, mi dispiace così tanto” mi stringe, accarezzandomi i capelli.
“Il tuo cellulare continua a squillare da un pò…non rispondi?”
“No, non ho voglia di parlare con nessuno” prendo il telefono con una mano e glielo passo.
“E’ Shawn” dice quasi in un sussurro, forse preoccupata per una mia possibile reazione.
“Non voglio mai più vederlo ne sentirlo. Perciò ti prego, butta via quel cellulare!” mi lamento allungandomi sul letto. Non ha il diritto di chiamarmi. 
“Va bene, va bene…ho capito” mi rivolge uno sguardo carico di compassione, mentre poggia il mio telefono sulla scrivania. 
“Dio Zoey…voglio solo scappare dove nessuno può trovarmi. Dove posso essere felice. Ma senza di lui, credo che non abbia più senso” affermo soffocando il mio pianto isterico, con la testa affondata nel suo cuscino.
“Oh Juls, io…sono così dispiaciuta per te, non so nemmeno cosa dirti per sollevarti il morale”
“Mi sento…vuota, come se avessi un enorme buco nel petto...pensi che finirà mai?” le chiedo sospirando, mettendomi a sedere.
"Cosa?"
"Il dolore"
"Non lo so...ma voglio pensare di si. Dicono che il tempo guarisce tutte le ferite...o quasi"
cerca di confortarmi con un mezzo sorriso, mentre mi asciuga le lacrime con il pollice.
Non so se il tempo mi farà stare meglio. Ma se così non fosse, non sopravvivrò.
“Che ne dici se andiamo giù a rimpinzarci di schifezze e a guardare qualche film divertente?” mi propone sorridente, mentre io annuisco e ricambio il sorriso.
“Odio vederti così” piagnucola. 
“Ti prometto che reagirò, e che cercherò di superare tutto. Ma non adesso” spiego abbassando la testa, dispiaciuta di aver fatto rattristare anche lei.
“Prenditi tutto il tempo che ti serve. Io sono comunque qui come sempre, puoi chiamarmi o venire a trovarmi a qualsiasi ora. Sei una ragazza in gamba Juls, e so che un giorno avrai tutto quello che ti meriti” afferma, facendomi tornare gli occhi lucidi. Mi da un abbraccio, e subito mi sento di nuovo importante per qualcuno.
Ci alziamo e scendiamo al piano di sotto. Natalie e Joe devono essere andati a letto, la casa è troppo silenziosa e buia; Michael, il fratello maggiore di Zoey, invece starà di sicuro partecipando a qualche festino in città come è solito fare. 
Mi accascio sul divano, mentre lei va in cucina a prendere la roba. Dopo qualche minuto, torna nel salotto con ogni tipo di schifezza esistente sulla faccia della terra: caramelle gommose, cioccolata, popcorn dolci e salati, patatine e tutto quello che i supermarket del Canada hanno da offrire. Ho già detto che la amo?
Dopo aver visto ben tre commedie e aver riso come matte, è arrivata l’ora di tornare a casa.
“Non so come ringraziarti Zoey…sei la migliore amica del mondo…ti voglio bene” sorrido nostalgica, abbracciandola.
“Ci sarò sempre per te, ma questo lo sai già…ti voglio bene” mormora sulla mia spalla.
“Mi raccomando, fai la brava…e chiamami” dice, sciogliendosi dall’abbraccio.
“Sarà fatto. Buonanotte” le sorrido ed esco di casa.
“Notte Juls” ricambia, e chiude la porta.
Dovrei chiamare un taxi, ma non mi va. Camminare alle tre di notte sotto il cielo stellato di Pickering è impagabile per me. Se lo sapesse mia madre, probabilmente mi ucciderebbe. Si, perché la notte è pericolosa, soprattutto se una ragazza di diciotto anni si aggira per le strade poco illuminate della città.
Ma a me non importa. Se qualcuno si avvicina troppo, mi metto ad urlare a squarciagola o, molto semplicemente, uso lo spray al peperoncino che mi ha regalato papà il giorno del mio compleanno.
A me la notte piace; mi rasserena, mi culla con il suo silenzio e mi aiuta a pensare.
Una volta tornata a casa, entro piano per non far rumore e corro nella mia stanza.
Mi tuffo sul letto, troppo stanca per spogliarmi. Le forze mi stanno abbandonando, tutta la stanchezza della corsa sotto la pioggia e delle lacrime versate mi investe come un treno.
Julia, perchè l’hai fatto? Perché hai rovinato tutto? Perché non ti sei fermata quando potevi? Il mio rimorso è fisso, e mi gira in testa come una cantilena, mi tormenta. Per farlo smettere, chiudo gli occhi e mi abbandono nelle braccia di Morfeo.
  
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