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Autore: Journey    04/04/2019    1 recensioni
NON ESISTE TRA LE CATEGORIE, MA QUESTA ONE SHOT È SU STATION 19. GIBSON-BISHOP
Miller sta percorrendo il corridoio con una mano sul labbro inferiore.
“Sei fuori di testa, sei completamente fuori di testa! Ora ne ho abbastanza!” urla voltandosi verso lo spogliatoio, poi si rigira e continua a camminare.
“Che succede?” gli chiedo.
“Che succede? Gibson è impazzito, mi ha spaccato il labbro” afferma spostandosi la mano dal labbro rivelando una ferita sanguinante.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Don't Panic

Miller sta percorrendo il corridoio con una mano sul labbro inferiore.
“Sei fuori di testa, sei completamente fuori di testa! Ora ne ho abbastanza!” urla voltandosi verso lo spogliatoio, poi si rigira e continua a camminare.
“Che succede?” gli chiedo.
“Che succede? Gibson è impazzito, mi ha spaccato il labbro” afferma spostandosi la mano dal labbro rivelando una ferita sanguinante. Niente di troppo preoccupante.
“Perché lo ha fatto?”
“Perché ho cercato di aiutarlo. Durante una chiamata ha avuto un attacco di panico. Dei ragazzini rimasti chiusi in ascensore. Quando siamo tornati, sono andato da lui solo per chiedergli come stesse e se avesse voglia di parlarne. Ma ha cominciato ad urlarmi addosso e quando ho provato a dirgli che non era successo nulla si è innervosito”
“Ma perché ti ha dato un pugno?”
“Perché gli ho messo una mano sulla spalla per confortarlo. Ti rendi conto Maya? Mi ha dato un pugno e mi ha detto che non ha bisogno della babysitter”
Lo guardo cercando di mettere su l’espressione più neutra che possa sferrare.
“È sempre nervoso, non so come aiutarlo. Jack è come un fratello per me!”
“Lo so”
Aspetto che vada via e accelero il passo per entrare nello spogliatoio. Jack è lì. Seduto su una panca con la testa abbassata e i gomiti puntellati sulle cosce. Le mani sul viso. Quando sente la porta chiudersi, alza lo sguardo. Mi guarda negli occhi. Io guardo nei suoi. Sono bellissimi come sempre, ma questa volta sono velati di tristezza.
“Bishop vai via!” mi urla, ma non lo sto a sentire.
“Decido io quando e se andarmene”
“Sono un tuo superiore e ti ordino di andare via!”
“Tu non mi ordini un bel niente. E non sei più un mio superiore. Che è successo?” domando avvicinandomi sempre più a lui.
“Te ne devi andare!” esclama sedendosi all’estremità della panca e dandomi le spalle.
Non dico nulla, non vado via. Non ho nessuna intenzione di lasciarlo solo. Non mi arrenderò con lui. Così mi avvicino ancora e ancora. Se tendessi il braccio potrei toccargli la spalla. Ma non lo faccio. Mi metto a cavalcioni sulla panca. Sono seduta dietro di lui. Guardo davanti a me, vedo le sue spalle larghe. Si porta le mani ai capelli e lo circondo con le mie braccia. Lo abbraccio stretto. Si irrigidisce.
“Lasciami, Maya!”
Ma non gli rispondo. Non ho intenzione di lasciarlo da solo. Non ho alcuna intenzione di lasciarlo solo in questo momento.
“Maya, se non te ne vai immediatamente ti sposto di forza”
“Non ho intenzione di farlo!”
“Vattene!” urla.
Stringo le mie braccia attorno al suo corpo. Appoggio il mento sulla sua spalla. La mia guancia preme leggermente sulla sua. Lui mi afferra un braccio, cerca di liberarsi dalla mia presa. Sento le sue dita premere attorno al mio braccio. Mi sta facendo male, ma non mi interessa, non ho intenzione di mollare, non ho intenzione di mollarlo. Non vuole ammetterlo ma ha bisogno di me. E per quanto mi infastidisca ammetterlo, io ho altrettanto bisogno di lui. Doveva essere una botta e via, niente di serio. Ma non riesco più a pensare ad altro che a lui. Non è da me. Non è così che mi comporto di solito. Non lascio che qualcosa di così effimero come l’amore o la passione si metta tra me e il mio obiettivo, fare carriera nei vigili del fuoco. Eppure, eccomi qui, avvinghiata ad un uomo come il più stupido cliché sulle donne. Sembro il personaggio di un romanzo rosa. C’è qualcosa in Jack che mi ha stregato. Qualcosa che mi ha rammollito in qualche modo. E lo odio per questo, lo odio tantissimo. Ma so, che pur indossando la mia maschera più imperscrutabile, lui riuscirebbe a leggermi dentro. Lo ha già dimostrato. E mi spaventa. Questa cosa mi spaventa terribilmente. Non ho mai sentito un legame così profondo con nessun’altro. Non ho mai sentito una connessione così forte con nessuno. E vederlo stare male, mi fa incazzare! Vorrei aiutarlo, fargli capire che so come ci si sente, che posso dargli una mano perché ci sono passata anche io.
All’improvviso la presa sul mio braccio comincia a perdere d’intensità. Lo sento rilassarsi tra le mie braccia. Le spalle non sono più tese. Strofina la sua guancia ruvida contro la mia. E la sua barba un po’ mi graffia il viso. Tengo un braccio ancora avvinghiato al suo corpo, con la mano dell’altro gli accarezzo il volto. Rimaniamo così, in silenzio, per un tempo che sembra interminabile.
Poi lui si libera dalla mia presa e si alza. Io rimango seduta. Sta per uscire. Ma si ferma. Torna indietro. Mi alzo. Lui mi accarezza una guancia. Ha uno sguardo serio, imperscrutabile. Si china leggermente, mi bacia la fronte. La mia mano è sul suo petto. Stringo la stoffa della sua divisa tra le dita.
Sta per baciarmi, ma non glielo permetto. Gli porto una mano alla gola, gliela circondo. Lui mi guarda confuso e prima che possa capire cosa sta succedendo, mi avvento avida sulle sue labbra. E lo bacio, lo bacio con tutta l’intensità e la passione che ho in corpo. Lo bacio con l’intento di fargli capire quanto mi abbia stravolto. E lui lo capisce, lo capisce perché mi mette una mano dietro la schiena e mi stringe a sé. I nostri corpi sono in contatto, censurati solo dalla sottigliezza delle nostre divise. Vorrei strapparglieli di dosso.
Quando ci stacchiamo abbiamo l’affanno. I nostri sguardi sono fissi l’uno sull’altro. Sembra una gara a chi lo distoglierà prima. Nessuno dei due sembra vicino a mollare. Rimaniamo in silenzio. Ancora. Rimaniamo fermi a guardarci, a studiarci e ad osservarci. Vedo il suo petto gonfiarsi e sgonfiarsi velocemente. Vorrei fare una delle cose più sdolcinate di sempre, vorrei accoccolarmi sul suo petto. Invece, ogni volta, mi limito a cacciarlo dal mio letto, dalla mia doccia, dalla mia macchina. Ora lo guardo e penso a quanto vorrei svegliarmi la mattina avvinghiata a lui.
Le sue labbra carnose sono così invitanti! Vorrei mordergliele, vorrei riprendere a baciarle fino a farci venire ancora l’affanno. Staccarmi da loro solo per respirare e poi riprendere a baciarle. Vorrei guardare quegli occhi tutto il tempo. Vorrei annegare nella profondità di quel verde che mi lascia senza parole. È così bello e testardo, è dannatamente testardo! È insopportabile, è fastidioso, è egocentrico ed è così sbagliato per me! Eppure, eccomi qui, che mi struggo d’amore per lui. Proprio per lui, l’unica persona di cui non mi sarei mai dovuta invaghire. È l’ex ragazzo della mia migliore amica. E io che faccio, mi innamoro di lui? È tutto così sbagliato.
“A che pensi?” mi dice all’improvviso.
“Dovresti dirmelo tu a che pensi e perché hai dato un pugno a Miller”
“Sul serio Maya, a che pensi?” mi domanda avvicinandosi pericolosamente.
“Non ho intenzione di dirti a cosa penso fino a quando non deciderai di parlarmi”
“Stiamo parlando”
“Non è a questo che mi riferisco. Perché hai dato un pugno a Dean?”
“Stai pensando a me?” e si avvicina.
“Come stai?” mi allontano.
“Anche io ti penso sempre. Ti penso di continuo” si avvicina.
“Smettila” mi allontano.
“Non riesco a smettere di pensarti”
“Perché hai rotto il labbro a Dean”
“Sei bellissima” si avvicina di più e mi sposta una ciocca di capelli dal viso.
“Se non ti allontani immediatamente ti prendo a calci” gli dico.
Lui si allontana, si siede sulla panca e mi fa cenno di raggiungerlo. E lo raggiungo, ma non mi siedo. Rimango in piedi davanti a lui.
“Oggi per colpa mia, di una mia debolezza, ho messo in pericolo quei ragazzini che avevo il compito di salvare”
“Lo sai che non è colpa tua. È il disturbo post traumatico da stress”
“Chiamalo come vuoi, ma è stata colpa mia! Li ho messi in pericolo”
“Lo so che è frustrante. Ma non farti questo, non addossarti la colpa di qualcosa che non hai ancora imparato a gestire”
“Non è così semplice riuscirci, tu dovresti saperlo”
“Io lo so fin troppo bene, è per questo che voglio che ogni volta che ne senti l’esigenza, ogni volta che ne hai bisogno o quando ti viene un attacco di panico, tu vieni da me e me ne parli. Non vai in giro a picchiare il tuo migliore amico che vuole solo aiutarti, non ti chiudi in te stesso, non ti comporti da stronzo! Vieni da me e ne parliamo”
“Non sei un medico”
“Non lo sono, ma a te ci tengo”
Lui alza la testa e mi guarda dritto negli occhi.
“Non ho capito, puoi ripetere?”
“No, idiota, non ripeterò un bel niente”
“Ti puoi sedere, Maya?”
“Preferisco stare in piedi”
“Ti prego, siediti accanto a me, voglio che tu mi stia vicino”
“Poco fa cercavi di liberarti di me e ora vuoi che mi sieda accanto a te”
“Ti prego” mi dice prendendomi la mano.
Mi siedo e appoggia la testa sulla mia spalla.
“Abbracciami” mi dice e non me lo faccio ripetere due volte. Lo abbraccio, lo tengo stretto a me, in tutta la sua vulnerabilità. Voglio farlo sentire al sicuro, voglio che trovi in me il suo porto sicuro. Perché mi interessa così tanto? Perché non riesco a stare tranquilla se non so che anche lui è tranquillo? Perché mi comporto come Warren con sua moglie. È imbarazzante, non è da me. Non sono io questa. Non mi riconosco. Io non ho bisogno di un uomo, non ho bisogno di Gibson. O meglio, non credevo che avrei mai avuto bisogno di lui. Adesso non vedo l’ora di vederlo. Lo cerco con lo sguardo mentre sono in servizio. Se siamo fuori assieme, sento il bisogno di stargli accanto in caso gli succeda qualcosa, non si sa mai quando arriverà un attacco di panico. Voglio semplicemente poter essere la persona che interviene per prima, quella che quando la vedi ti senti al sicuro. Quella che ti fa riprendere a respirare. Voglio essere questo per lui. Il suo ossigeno. Perché non importa quanto cerchi di negarlo e di auto convincermi che non sia così, lui è il mio.
“Sto meglio” mi dice alzandosi e sciogliendo l’abbraccio in cui l’avevo intrappolato, ancora.
“Sai che puoi venire da me in qualunque momento. Quando senti che sta per arrivare, quando ti è passato, quando hai paura di averne uno, tu vieni da me e ne parliamo. Va bene?”
“Va bene, Bishop” mi dice con quel suo sorrisetto strafottente.
“Non sto scherzando, Gibson”
“Mi fai impazzire quando ti preoccupi per me” mi dice accarezzandomi la guancia.
“E tu mi fai impazzire quando non mi ascolti” ribatto con molta meno dolcezza, togliendo la sua mano dal mio viso. Ma non demorde, sorride di nuovo. Sorride e si china verso di me. Preme le sue labbra sulle mie. Un bacio casto. Non è proprio ciò che mi aspettavo. Apro gli occhi e lui è lì, davanti a me con quel dannato sorrisino sulla faccia.
“Tu lo chiami bacio questo?” gli domando.
Lui comincia a ridere rumorosamente. È un suono così bello da ascoltare. Ma cerco di non pensarci. Devo mantenere la mia aria da dura.
“Sì, questo lo chiamo bacio. Ma forse tu hai un’idea diversa di come si dà un bacio. Magari potresti mostrarmi come fare”
“Te lo scordi!” gli dico “Hai sprecato la tua ultima chance di potermi baciare”
“Che significa? Non mi bacerai mai più? Non potrò più baciarti?”
“Esattamente”
“E per quale motivo?”
“Perché sei un idiota e questa cosa tra noi non dovrebbe accadere”
“È ancora per la faccenda di Andy?”
“Non solo per Andy. È contro il protocollo”
Lui mi prende le mani.
“È contro il protocollo? Maya ascolta, non so come fartelo capire ancora, ma non mi interessa di ciò che pensa Andy e non lascerò che il protocollo si metta tra noi”
“Wow, aspetta un secondo! Non c’è nessun noi, Gibson” gli dico sciogliendo le nostre mani e allontanandolo spingendolo dal petto.
“Potrebbe esserci. Io lo so e tu lo sai. Insomma, lo sento solo io questo?” dice indicando prima sé stesso e poi me.
Ha ragione, non lo sente solo lui. Lo sento anche io. Lo sento così tanto che mi fa sentire stupida. Che non mi fa capire niente. Sono come una stupidissima adolescente alla prima cotta.
Non rispondo alla sua domanda. Lui annuisce e si gira. Sta per uscire dallo spogliatoio. Si ferma non appena gli prendo il braccio. Si volta verso di me. Cerco di baciarlo, ma si scansa.
“E dai Gibson, non fare così. Lo sai che non sono brava a parlare di queste cose”
“Dillo che senti che c’è qualcosa tra noi e poi potrai fare di me quel che vuoi”
“Anche prenderti a schiaffi?”
“Se ti fa dire quello che provi, mi farò anche schiaffeggiare”
“E va bene. Provo qualcosa per te, Gibson”
“Cosa? Mi ami? Mi desideri? Mi desideri nudo? Dimmi, cosa provi per me?” mi chiede con quel suo sorrisino arrogante stampato in faccia.
“Chiaramente ti desidero nudo in questo momento”
“E io desidero te nuda. Ma a parte quello, sei così insopportabile che non riesco a fare a meno di te. Mi stai attirando in una rete pericolosa”
“Che vuoi dire?” gli domando giocherellando con i bottoni della sua camicia.
“Che i miei sentimenti per te stanno crescendo a dismisura”
“Bene, non farti prendere dal panico, ma anche i miei sentimenti per te stanno crescendo sempre di più”
“Ora puoi baciarmi” mi dice chinandosi su di me e sussurrandomi all’orecchio.
Non me lo faccio ripetere due volte. Lo bacio e lui ricambia. Mi tiene stretta a sé e io lo stringo a me. Voglio godere di quel contatto il più possibile.
Non so cosa succederà tra noi, ma so che sta volta voglio provarci.
   
 
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