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Autore: anaiv    05/04/2019    4 recensioni
Sana Kurata ha ventisei anni ed è un'attrice di fama mondiale. Dopo le scuole superiori e un anno di convivenza con il suo fidanzato Akito Hayama, ha deciso di trasferirsi a Londra lasciandosi alle spalle un amore finito male. Ci sarà riuscita?
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Rei Sagami/Robby, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Akito
 
Non mi piace. Proprio non mi piace che questo ragazzino tocchi le mie cose. Ho scoperto di essere suo padre da una settimana, sto cercando di conoscerlo; non è facile, stavo per tornare con Kurata e poi tutto è cambiato in un secondo.
- Akito, dimmi che c’è-
- Lascia perdere-. Alice si rannicchia sul mio divano e si stringe nel plaid, come a volersi difendere dal freddo del mio sguardo gelido. È stata coraggiosa, si è scusata e mi ha detto del bambino. Ancora non riesco a pronunciare il suo nome… Non abbiamo ancora detto a Bill di questa situazione, davvero non saprei cosa dirgli. Quando sono arrivato qui da Tokyo è stata la prima persona a essersi rivolto a me con gentilezza, mi è stato accanto, ha capito i miei silenzi, li ha rispettati, mi ha insegnato tutto. Non voglio ferirlo, non posso. È una persona buona, non ha mai pianto sua moglie, si è sempre dato forza, ama le sue figlie e se Alice è andata via è stata anche colpa mia. Devo dirgli la verità, ma mi manca il coraggio. Sono il solito codardo. Poi… poi c’è Kurata. Avevamo messo ordine, abbiamo fatto l’amore ed è stato come mettere insieme tutti i pezzi di un puzzle, sembrava che avessimo capito, che avessimo imparato a non sbagliare più. Invece no, tutto nella merda, come sempre. Vorrei dirle di lui… del bambino, ma non so come fare, non so come evitarle un dolore così grande. Sarà devastante per lei sapere che un’altra donna ha dato alla luce mio figlio. Mio, non nostro. Vorrei solo tornare indietro, correre in aeroporto e non lasciarla partire, quel lontano giorno di sette anni fa. Mio padre se n’era andato e io avrei dovuto fermarla. Sono stato un vero coglione.
- Non lascio perdere. Non sarò la tua compagna, ma abbiamo deciso di conoscerci, abbiamo un figlio insieme… Dimmi cosa c’è che non va-. Non posso parlarle di Kurata, con lei ho evitato l’argomento perché non mi sembrava giusto.
- Alice, lascia perdere. Non mi piace parlare, non così. Devi darmi tempo-. Sono sbrigativo e forse antipatico, ma è il massimo che posso concederle. Ho voglia di bere. Vorrei solo andare da Ellie e sbronzarmi con lei fino a svenire, ma qui, proprio davanti ai miei occhi c’è Andrew. Ecco, l’ho detto. Andrew. Mio figlio, il bambino così piccolo e così biondo che sta mettendo a soqquadro la stanza, è mio figlio. È identico a me. Sembra anche che parli come me, è timido, riservato; ma c’è una cosa che sa fare e che io non ho mai imparato, sa sorridere. Andrew sorride. Vorrei tanto che mio padre potesse vederlo… dovrò dirlo a Natsumi. Oh merda. Mi ucciderà.
- Dovremmo andare da mio padre, parlargli. Devo dirgli di Andrew e di noi…-
- Non c’è un noi-.
- Pensi ancora all’attrice?-
- No, Alice. Kurata non c’entra. Ho una famiglia anche io. È rimasto ben poco, ma c’è. Mia sorella Natsumi sta per avere una bambina, è molto incinta e non voglio darle una notizia così importante proprio adesso. Non c’è nessun noi perché nemmeno ti conosco, ci siamo frequentati per poco, non conosco ancora… lui…-
- Lui ha un nome! Si chiama Andrew, ha tre anni ed è fatto di carne e ossa!- Alice è improvvisamente fuori di sé. Tira via il plaid, raccoglie le sue cose, prende in braccio il bambino e mi lascia solo con il tonfo sordo della porta che si richiude alle sue spalle.
 
 
 
 
Rei
 
 
- Hayama! Hayama apri la porta!- Non sono mai stato così incazzato in tutta la mia vita. Sana è la mia famiglia e ne ha passate troppe, non posso più sopportare il suo dolore.
- Sagami cosa diavolo ci fai qui?-
- Non parlarmi così, ragazzino. Sana è a pezzi e sono sicuro che sia colpa tua. Non ha voluto dirmi cosa è successo, ma so che c’entri tu. Dio, perché è così difficile per voi metterci una pietra sopra? Ero a pezzi quando Sana e sua madre mi hanno accolto in casa loro. Non avevo più nulla, ma lei mi ha ridato la vita e…-
- Lo ha fatto anche con me, cazzo! Pensi davvero che io voglia farla soffrire? La mia intera vita è un continuo senso di colpa: colpa per mia madre, mio padre, Kurata e Natsumi! Sono stanco. Io l’amo, Sagami. Non esiste nulla che mi importi più di lei a questo mondo, niente. Ma è successo qualcosa, qualcosa che non posso dirti- Hayama si siede sul divano e si passa nervosamente una mano tra i capelli. Sembra sincero, ma non riesco a perdonarlo, non questa volta.
- L’ho vista stamattina. Era stanca, mezza ubriaca e nervosa. Cosa è successo?-
- Noi… noi siamo stati insieme, volevamo riprovarci, ma poi è successo qualcosa. Le ho detto che non potevo, che non era il caso di tornare insieme. Mi spiace, Sagami. So cosa hai fatto per me e so che ami mia sorella, ma non posso dirti altro-
- Fallo. Dimmelo. Ho le spalle larghe e non sopporto l’idea di far nascere mia figlia in un mondo fatto di menzogne. Dimmelo-. Spero che parlandogli di mia figlia capisca, che mi dica la verità. Inaspettatamente si alza e si avvicina.
- Ok. Ho un figlio di tre anni, si chiama Andrew e la madre è Alice, la figli di Bill. L’ho scoperto il giorno in cui io e Kurata avevamo deciso di tornare insieme. Pensi ancora che si tratti di un capriccio? Eh?- sta urlando a un palmo dal mio naso. Non è rabbia la sua, ma rammarico.
- Cazzo-. Mi sfilo gli occhiali in segno di rispetto, so che lei non è qui, ma non potrei parlare di questo con gli occhiali, non posso.
- Come stai?- La mia domanda sembra spiazzarlo
- Io… io sto male. Non so cosa fare-. È sincero, dolorosamente sincero. Ormai lo conosco.
- Io sì, devi dirlo a Natsumi e poi a Sana. Non commettere di nuovo l’errore di non dire nulla, parla, Akito. Confidati con la tua famiglia. Sana ti ama, sei tutta la sua vita e ti perdonerà, capirà-. Inforco gli occhiali e lo lascio qui, nel bel mezzo del suo appartamento a pensare alle mie parole.
 
- Ciao Sally, hai visto Sana?- Sally, l’assistente di produzione, mi fissa con sospetto
- Ciao Rei, sì. È di là, in scena. Ma è ubriaca e sta combinando solo casini. Cosa diamine le è preso?-
- Problemi personali. Ora sistemo tutto-. Raggiungo Sana e la tiro via dal set.
- Rei lasciami!- sbiascica e ridacchia confusa
- Sana, ho parlato con Akito. Adesso ti prendo un caffè e ne parliamo con calma-.
- Io, proprio io, Sana Kurata, me medesima, non ho per nieeeeente voglia di parlare di Akito Hayama, l’imbecille che ha fatto sesso, oh molto sesso, con me e mi ha gettata via come un sacco dell’immondizia. Mai più. Adesso scusami, ma ho da fare. Devo vomitare-. Si alza barcollante e si fionda nel bagno. Quello che succede dopo mi disgusta e non per i rumori molesti che sento provenire dalla piccola stanza adiacente al camerino, ma perché Sana, la brillante e bellissima Sana Kurata, sta piangendo disperata.
 
Sono ore che la guardo dormire. Sembra sofferente anche quando non è cosciente. Mentre la fisso amareggiato mi accorgo che il suo cellulare prende a squillare: Hayama. Cosa posso fare adesso? Non posso rispondere, né tanto meno svegliarla. Aspetto che il telefono torni muto per poi riprendere a fissarla.
- Avanti, Sana, svegliati…- e come per magia, tre parole sussurrate la riportano qui, con me.
- Ciao Rei, ho la bocca impastata-
- Ti prendo dell’acqua. Ah, penso che qualcuno abbia provato a telefonarti-
- Pensi o lo sai?- Cavolo! Quando vuole è davvero sveglia
- Era Hayama-
- Non mi interessa-
- Richiamalo-
- No! Ti voglio bene, Rei, ma devi farti gli affari tuoi-
- Non questa volta. Ti ho lasciato fare, ti ho vista stare male, ti ho coperto a lavoro, ma adesso basta. Se pensi a me come a un fratello, ti prego, richiamalo. Fallo per me-. Si raccoglie i capelli in una coda di cavallo e sospira.
- D’accordo. Solo per te. Ma non chiedermi mai più niente-, sorrido. Ce l’ho fatta.
 
 
 
Sana
 
Raccolgo il cellulare con mano tremante, pensare di sentire la sua voce mi provoca ininterrotti conati di vomito, sento la bile salire a ogni squillo a vuoto. Uno, due, tre…
- Sana- ha pronunciato il mio nome, di nuovo. Le lacrime si affacciano prepotenti e in un secondo ho la vista appannata.
- Akito-.
- Devo parlarti, ma non così. Ti sto aspettando alla panchina qui, a Hyde park- sa che so a quale panchina si riferisce, quella del nostro incontro dopo la sfuriata con Luke.
- D’accordo. Arrivo-. Guardo Rei e lui mi incoraggia con un cenno del capo. È ora. Devo affrontarlo.
Londra è così bella, mi piace anche quando piove. Il percorso da casa mia alla panchina è breve e vado a rallenty. Non riesco a pensare cosa abbia da dirmi. Dopo il nostro ultimo incontro non sono stata in grado di reagire, nemmeno mia madre ha saputo svegliarmi. Sono caduta in un vortice di dolore e insicurezza. La cavigliera, le sue parole… Non doveva andare così. Luke ha cercato di capire cosa stesse accadendo, ma non sono stata capace di rispondere. Sono in pausa. E mentre rifletto su tutto quello che ci è capitato, alzo lo sguardo e lo vedo qui, proprio di fronte a me: è bello come non mai, ma ha uno sguardo triste, lo stesso che aveva il giorno in cui suo padre ci ha lasciati.
- Ciao-
- Ciao, Hayama-
- Vieni, siedi qui- mi indica il posto vuoto accanto a lui
- Che succede?- chiedo avvicinandomi
- Devo dirti una cosa difficile. Abbiamo trascorso la vita insieme, la nostra vita è iniziata quando ci siamo conosciuti, quando abbiamo parlato per la prima volta sotto le stelle. È uno dei ricordi di noi a cui tengo di più. Sai, Sana- ancora una fitta, ancora dolore- noi ci amiamo. È sempre stato così, anche nei momenti peggiori, ci siamo amati. Mi hai insegnato l’amore e io a farti stare con i piedi per terra. Sto per darti un’altra delle mie lezioni e, questa volta, senza volerlo-. Prendo a tremare, le sue parole arrivano diritte al cuore, come un proiettile. Ho paura. Questa è davvero la fine per noi.
- Il giorno in cui abbiamo deciso di riprovarci, Alice, la figlia di Bill, è venuta da me e non era sola… con lei c’era Andrew, un bambino biondo di tre anni-. No, no, no…
- No!- strepito sommersa dalle lacrime
- Come?-
- No! Doveva essere nostro figlio! Non il tuo! Il nostro! No!- Ha un figlio con un’altra donna e non posso accettarlo. Dovevamo essere noi. Mi sciolgo in un mare di lacrime mentre un Akito troppo silenzioso mi stringe al petto, come non aveva mai fatto. Mi accarezza il viso e cerca di arginare l’inondazione con i polpastrelli con scarso successo.
- Mi dispiace- sussurra
- Come posso accettarlo? Che senso ha tutto questo? Vorrei essere morta, quel giorno di un anno fa, dovevo morire-
- Non ti permetto di dire una stronzata del genere! Kurata io ti amo, ma non posso stare con te e conoscere quel bambino. Non posso fare finta che non esista, è mio figlio-. Inizio a colpirlo sul petto e lui mi lascia fare
- Perché? Perché?- lo fisso, occhi negli occhi, oro e cioccolato ancora insieme, per l’ultima volta.
- Perché doveva andare così. Sai, quel bamboccio, Luke, sembra una brava persona, dovresti dargli una chance. Lui ti renderà felice, io non posso. Sono il solito Akito…-
- No! Non dire così, possiamo trovare una soluzione…io…-
- No, non ‘sta volta. Questo è un addio Sana. Va’ da lui e ti prego, promettimelo, sii felice-. Mi bacia sulla fronte, poi si alza e va via correndo. È finita, Akito mi ha detto addio per sempre.
 
 
 
 
Ciao a tutte/i! Sono stata assente per motivi lavorativi, ma eccomi! Il prossimo capitolo sarà più lungo, siamo quasi alla fine, qualcosa ancora deve succedere. Spero che la storia continui a piacervi. Con affetto, Viviana.
  
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