Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: bUdson281    07/04/2019    1 recensioni
Storia 1^ classificata al contest “Pesca nel mazzo” indetto da Ghostmaker sul forum di EFP.
Lawrence amava le sfide, viveva di sfide ... almeno da circa due anni. Tuttavia, mentre risaliva il pendio della montagna non riusciva a concentrarsi sull'impresa che lo attendeva. Fissava l'azzurro brillante del cielo che come un liquido penetrava nel verde e nell'arancione di quella fitta macchia, domandandosi: "da quando ho smesso di vedere i colori?!".
Yantra non aveva mai manifestato dubbi. Le sue scelte erano sempre state nette, intraprendeva ogni attività con l'intento di portarla a termine, come se si trattasse di una missione. Adorava le arrampicate, perché nessuno riusciva a tenergli testa. I suoi modi erano gentili, la sua parlantina era sciolta e suadente; la sua mente brillante lo portava alle volte a manipolare crudelmente le emozioni altrui, fossero amici, parenti o sconosciuti. La sua autostima, rafforzata dai continui successi, lo aveva allontanato dagli altri esseri umani e dalla morale comune.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

<< Vuoi che rallentiamo? >> domandò Yantra in tono di sfida senza voltarsi.
<< Che ne dici, invece, di allungare il passo? >> rispose orgoglioso Lawrence che arrancava dietro di lui. << Anzi, perché non facciamo una gara a chi arriva prima al punto di partenza? >>
<< E batterti anche nella corsa? >> replicò l'avversario che proseguiva con il suo passo leggero e l'ampia falcata. <>.
<< Ti strapperò via tutta quella spocchia >> ringhiò Lawrence completando la frase in cuor suo con un "bastardo".
Erano in cammino già da un paio d'ore lungo il sentiero in terra battuta che si insinuava nella fitta selva di larici e faggi come un lungo capillare venoso; la salita era ripida.
<< L'ha fatto apposta >> pensò tra sé Lawrence maledicendosi per aver lasciato a Yantra la scelta del luogo in cui si sarebbe svolta la loro sfida e del tragitto per raggiungerlo. << Vuole che arrivi spompato, ma gliela farò vedere >>.
Si erano conosciuti la sera prima nell'ampia e rustica sala da pranzo del cottage di montagna appollaiato un paio di chilometri più a valle, e non si erano piaciuti.
A Lawrence, in realtà, non piaceva nessuno, non si prendeva con nessuno, neanche con se stesso. Aveva chiarito da subito che non era lì per socializzare, posizionando meticolosamente i suoi libri di medicina, di storia e filosofia sul tavolo da quattro a mo' di impenetrabile barriera.
Ex impiegato - "dimissionario", come teneva a ribadire - volontario del 118 e ora aspirante vigile del fuoco, mostrava orgoglioso il suo fisico robusto da amatore di free climbing e il suo miglior broncio da rifiuto del prossimo. In due anni era riuscito ad allontanare una moglie, i suoi (per la verità) pochi amici e quello che rimaneva della sua famiglia: due zie zitelle e bigotte che per ultime avevano ceduto alle sue sfuriate. << Dannate vecchiacce! >> disse loro prima di cacciarle definitivamente. << Venite quì per raccontare alle vostre comari sgranarosari quanto siete vicine al paradiso. Se vi ostinerete a tornare, vi farò conoscere il diavolo >>.
A pochi metri da lui era Yantra, famoso ortopedico, figlio di un luminare italiano della chirurgia vascolare e di una donna indiana, rampolla di un'antica e nobile famiglia. Geniale, atletico e affascinante, sembrava nato con il carisma del predestinato e lo sapeva bene. Sfoggiava l'irresistibile sorriso con cui, grazie anche ai lineamenti gentili ereditati dalla bellissima madre, aveva conquistato le sue ultime tre mogli, mentre sorseggiava con grazia il suo calice di cointreau tra le due turiste americane che aveva conosciuto pochi minuti prima e che non avevano perso tempo ad accorciare le distanze con l'incarnato scuro della sua pelle.
Com'era suo costume, offrì da bere a tutti, abbellendo il gesto con un breve e applaudito discorso. Inutile dire che Lawrence rifiutò sdegnosamente il gesto sibilando un << buffone >> a mezza bocca.
<< Non è gentile rifiutare la cortesia altrui >> gli disse Yantra a voce alta in modo che tutti potessero sentirlo.
<< Non te l'ho chiesto >> rispose a tono Lawrence che non temeva il giudizio degli spettatori. << E pensa un po', io la rifiuto >>.
<< Sei sgarbato! >> lo rimproverò Yantra che, in piedi e a circa un metro e novanta dal pavimento, si era avvicinato al suo tavolo. << Ma mi rendo conto che non poso aspettarmi altro da chi si ripara dietro una pila di inutili libri >>.
<< Torna al tuo posto! >> replicò Lawrence fissandolo negli occhi. << Così puoi fottere questi imbecilli fingendoti educato >>.
<< Io sono sempre educato >> disse Yantra senza scomporsi. << E' così che sono stato cresciuto. A differenza tua, evidentemente >>.
Lawrence si alzò di scatto. << A differenza tua >> disse appoggiando le mani sul tavolo per puntellare l'equilibrio << io salvo le persone e non ho bisogno di sentirmi al centro dell'attenzione per conoscere il mio valore >>.
<< Ne ho conosciuti molti come te >> ribatté serafico il medico. << Mi fai pena Non intendo prestarmi al tuo gioco >>.
<< Perché sei un vigliacco >> gridò inferocito Lawrence.
<< Che parole dure! Da dove scaturisce questo tuo giudizio, dalla scarsa educazione o dall'invidia? >>
<< Dalla puzza. Quelli come te sono solo pieni di gas. Basta poco per sgonfiarvi >>.
<< Vuoi confrontarti con me? Sta bene! Tu che proponi? >>  chiese Yantra ostentando sicurezza.
<< Un'arrampicata libera >> sorrise famelico il climber, convinto di averlo messo nel sacco.
<< D'accordo. Il posto però lo scelgo io >>.
 
<< A proposito di ieri >> Yantra ruppe il silenzio, << non mi fai pena. L'ho detto solo ad uso di quei plebei che hanno bevuto a sbafo >>.
<< Lo sapevo che eri uno stronzo >> commentò acido Lawrence.
<< Sei proprio un villano! Non c'è bisogno di usare simili espressioni. E poi di che ti lamenti? Sei stato a chiamarli imbecilli >>.
<< Si, ma io non ho bisogno di fingere per avere la loro approvazione. E all'occorrenza io salverei quegli imbecilli. Tu lo faresti? >>
<< Ma ... non credo. Io non ho bisogno >> fissandolo con la coda dell'occhio << di salvarli per sentirmi migliore >>.
 
Lawrence amava le sfide, viveva di sfide ... almeno da circa due anni. Tuttavia, mentre risaliva il pendio della montagna non riusciva a concentrarsi sull'impresa che lo attendeva. Fissava l'azzurro brillante del cielo, che come un liquido penetrava nel verde e nell'arancione di quella fitta macchia, domandandosi: << da quando ho smesso di vedere i colori?! >>
Da giovane era considerato una promessa, eccelleva negli studi e possedeva un fisico che gli permetteva di praticare qualunque tipo di sport. Davanti a lui si aprivano così tante porte che non sapeva quale scegliere, e finì per non sceglierne nessuna. Passò gli anni assecondando contemporaneamente il suo desiderio di primeggiare in qualcosa (indifferente cosa) e quella pigrizia che aveva nutrito di nascosto affinché lo proteggesse da una di quelle decisioni definitive che ti costringono a rinunciare a tutto il resto.
Il suo punto di equilibrio lo conquistava quando correva, solitario, vicino al suo mare, al di là del quale, nelle giornate di maestrale o di tramontana, poteva  scorgere la riva opposta. Era quello il suo eden, fatto di un'autostrada d'acqua salmastra che fungeva da ponte tra la sua ed altre vite. Inspirava a pieni polmoni quell'aria che portava con sè l'odore delle alghe, del legno marcio dei pontili e della macchia mediterranea che affacciava sulla riva. Lo scintillare dei colori primordiali lo accarezzava mentre effettuava le sue variazioni di passo, facendolo sentire il centro del mondo, una creatura speciale unita con il creato. Quell'ora scarsa era il suo modo di bagnarsi nelle acque di una vita che aveva ancora un senso, ed era la sua protezione contro quel quotidiano che aveva costruito su scelte mai prese.
Ma col passare del tempo aveva notato che qualcosa stava cambiando. Sentiva strisciargli dentro una sensazione più opprimente del fiato corto che lo affliggeva ad ogni ripresa semestrale degli allenamenti. Aveva notato che quel paesaggio non riusciva più a trasmettergli le emozioni di una volta, i colori sembravano sbiadire, gli odori iniziavano a disgustarlo, e lo stacco dalla sua routine diventava sempre più sfumato. Alle fine decise di smettere perché era stato cacciato dal suo eden.
Grave sbaglio! Se quel giorno avesse indossato la tuta e calzato le scarpe da tennis, invece del suo completo grigio e dei mocassini; se non avesse litigato con la moglie per quel comodino tenuto in disordine o se avesse proseguito con quella inutile battaglia verbale; se avesse girato a sinistra verso la pineta invece di proseguire dritto per fare gli straordinari in ufficio; se solo avesse premuto l'acceleratore un secondo in più o in meno, avrebbe evitato quel maledetto nell'auto sportiva che sul lato opposto della carreggiata era convinto di poter azzardare il sorpasso.
Quando i medici gli dissero che avrebbe perso il piede sinistro, non batté ciglio. Pensò a tutto quello che si era lasciato sfuggire. No, non avrebbe mai più rinunciato, non si sarebbe mai più tirato indietro. Avrebbe superato tutti, in qualunque campo, anche con un piede solo.
Lasciò andar via la moglie, sfibrata dai suoi modi scostanti e dal bilancio familiare sempre più in rosso da quando, senza neanche consultarsi con lei, aveva mollato il lavoro per lanciarsi alla conquista di professioni che gli permettessero di aiutare gli altri. Per questo si dannava per entrare nei vigili del fuoco, rifiutando sdegnosamente ogni proposta di lavoro che lo volesse costretto dietro una scrivania; per questo aveva studiato da paramedico. Avrebbe dimostrato che, anche con un piede solo, lui poteva aiutare gli altri ... non il contrario.
Si avvicinò al free climbing per orgoglio, e per due anni si allenò duramente rinforzando quelle braccia che, da corridore, aveva sempre tenuto in scarsa considerazione. Un mese prima tutti quegli sforzi lo avevano portato a vincere una competizione organizzata da un'associazione sportiva locale. Primo premio: una settimana in un agriturismo di montagna ai  piedi degli spuntoni dolomitici.
Yantra dalla madre aveva ereditato il fascino esotico che negli anni gli aveva permesso di non trascorrere una sola notte senza la compagnia di una donna; dal padre, per sfortuna di Lawrence, una formidabile predisposizione al trekking e all'alpinismo ... oltre ad uno sconvolgente talento per la medicina. Non aveva bisogno di sentirsi al centro dell'universo, perché era sempre stato il centro dell'universo di tutte le persone che lo avevano conosciuto. Anche le sue ex mogli continuavano a dimostrargli interesse e devozione.
Yantra non aveva mai manifestato dubbi. Le sue scelte erano sempre state nette, intraprendeva ogni attività con l'intento di portarla a termine, come se si trattasse di una missione. Adorava le arrampicate, perché nessuno riusciva a tenergli testa. I suoi modi erano gentili, la sua parlantina era sciolta e suadente; la sua mente brillante lo portava alle volte a manipolare crudelmente le emozioni altrui, fossero amici, parenti o sconosciuti. La sua autostima, rafforzata dai continui successi, lo aveva allontanato dagli altri esseri umani e dalla morale comune. Prendeva il suo piacere da quelli che considerava inutili e noiosi mortali, guardandoli dall'alto delle cime, che puntualmente conquistava,  come fossero formiche.
Aveva scelto di fare l'ortopedico perché sperava che proprio tra i suoi pazienti, in mezzo a quelle persone offese dalla sfortuna, dalla genetica o da una malattia, ci fosse qualcuno degno del suo rispetto.
Gli era bastata un'occhiata per  valutare le condizioni di Lawrence, nonostante i tentativi di quest'ultimo di nasconderle. Quell'uomo non lo aveva impressionato, i suoi modi aspri non gli avevano provocato alcuno slancio di empatia, semmai lo avevano reso più odioso ai suoi occhi, perché Yantra rispettava solo il suo orgoglio.
Quando le due opposte solitudini giunsero ai piedi della parete bianca era già trascorso il mezzodì.
<< Saranno più di venti metri >> valutò Lawrence.
<< Per te è un problema? >> domandò canzonatorio Yantra.
<< Togliti quel sorriso dalla faccia! >> replicò secco. << Ti batterei anche se fossero cinquanta metri >>.
<< Ahahah, sarà un vero piacere umiliarti >>.
 
Dopo un ultimo controllo alle attrezzature, quando Lawrence si era già posizionato vicino alla roccia, dopo aver sistemato la protesi nello zaino, Yantra diede il via alla sfida.
Grazie ai muscoli che aveva allenato e alla presa ferma a cui aveva addestrato le sue mani, Lawrence superò di slancio la prima metà della scalata mantenendo luce tra sé e Yantra che saliva alla sua destra. Il desiderio di prevalere, di stracciare l'avversario, raddoppiò le sue forze e l'audacia, al limite del temerario, con cui cercava l'appiglio successivo.
<< Hai visto, bastardo? >> pensò guardando quel montato già staccato dietro di lui.
Yantra proseguì, invece, con ritmo costante, la sua natura meticolosa gli consigliava di non correre rischi e di pianificare tutte le mosse che lo avrebbero condotto in cima.
A cinque metri dal traguardo Lawrence era ancora in vantaggio, nonostante l'impeto iniziale si fosse smorzato e la pressione sulle spalle e sui bicipiti iniziasse a farsi insostenibile. Un istante di pausa per sciogliere le dita della mano libera e individuare i punti di appoggio e via per il rush finale.
<< Scusami, io mi sono stancato. Se non ti dispiace ti aspetto su >>. Yantra accelerò improvvisamente, colmando subito la distanza con una facilità disarmante e guadagnando in poche mosse il già programmato sorpasso.
Lawrence intuì subito che avrebbe perso la sfida, ma scacciò con violenza dalla sua mente quel senso di umiliazione che precede la disfatta. Avrebbe visto congelarsi l'inferno prima di arrendersi. Fece appello a tutta la sua rabbia, ricorse all'intero repertorio tecnico e di bestemmie, frustò tutti i muscoli per non perdere il contatto e il suo onore. E si sentì morire quando a due fessure dalla gloria vide Yantra issarsi a forza sulla sommità per poi distendersi pancia all'aria a rifiatare.
Aveva perso, era stato sconfitto da quel borioso con lo stimma del vincente impresso ingiustamente sulla figura; era stato sconfitto proprio nell'uso di quell'arma a cui si era dedicato, per la prima volta in vita sua, anima e corpo, senza cedimenti; era stato sconfitto in quell'unica mano di poker in cui era sicuro di possedere le carte migliori.
Afflitto, distratto, privato delle ultime forze, perse l'ultimo contatto con il bianco rugoso della montagna e si lasciò cadere con gli occhi chiusi.
La mano di Yantra si serrò sul braccio di Lawrence, risvegliandolo.
<< Ce la faccio da solo >> ululò sin dallo stomaco, che lanciava saette cariche di elettricità, guardando con odio quella faccia scura su cui era dipinto un ghigno di fatica.
<< E allora aggrappati! >> gridò Yantra. << Non riesco a reggerti, sei pesante >>.
<< Come ti permetti? >> sbraitò Lawrence che, fraintendendo completamente quelle parole, tentò di colpire il viso del moro  dopo aver serrato a pugno la mano libera.
Il colpo andò a vuoto. Yantra, che nonostante l'attacco inaspettato non aveva lasciato la presa, rimase sbalordito da quella stupida reazione. Con gli occhi sgranati guardava Lawrence sospeso, ciondolante, nel vuoto, il suo sguardo da lupo ferito e il moncone visibile sotto la caviglia. << Se vuoi tirarmi un pugno >> disse afferrandolo con l'altra mano, << allora sali! >>
Più della vita fu la prospettiva di una rivincita violenta a restituire linfa al corpo di Lawrence che trovò una piccola protuberanza nella roccia per posizionarvi la mano, e una fessura per il suo piede destro ... e infine i filamenti d'erba cresciuti sul ciglio del burrone, che la sua memoria associò al nastro dei traguardi che da ragazzo aveva tagliato per primo nelle corse campestri.
Yantra, in posa da vogatore, stirò la schiena in tutta la lunghezza con un poderoso colpo di reni per far emergere Lawrence dall'abisso.
Per alcuni minuti rimasero distesi senza parlare e senza pensare, congelati nel tempo e proiettati in uno spazio senza immagini, senza emozioni, senza significati. Obbedendo allo stesso comando, si alzarono contemporaneamente, entrambi in silenzio, entrambi fissandosi spavaldi negli occhi. Il sinistro di Lawrence ruppe l'armonia infrangendosi sulla faccia di Yantra che cadde nuovamente a terra.
<< Come vedi sono salito, e avevo ancora voglia di colpirti >> disse Lawrence che, dopo lo sfogo, sentì svanire il suo odio.
<< E adesso ti senti meglio? >> chiese Yantra rimettendosi seduto mentre con la mano massaggiava la guancia dolorante.
<< Perché mi hai salvato? >>
<< Perché così potrò dire a tutti che ti ho salvato e a nessuno verrà in mente di biasimarmi per aver vinto con un avversario sfavorito in partenza >>.
<< Non ero sfavorito e tu hai visto di cosa sono capace >>.
<< Io si, ma tutti gli altri no >> esclamò Yantra liberando una risata sguaiata.
<< Ti interessa così tanto l'approvazione di quegli imbecilli? >>
<< No, per niente! >> disse Yantra tornando serio. << Ti ho salvato perché non sono un mostro. Avevo la possibilità di aiutarti e l'ho fatto. Avrei preferito risparmiarmi questa fatica, ma visto che non mi hai lasciato scelta ... Piuttosto, mi spieghi perché ti è venuto in mente proprio di sfidarmi ad una gara di arrampicate? >>
<< Perché il climbing è l'unica attività in cui eccello o, almeno, quella in cui finora mi sono impegnato di più >>.
<< In effetti non te la cavi male >> ammise Yantra, << ma mio padre era un patito degli sport d'altura e mi ha costretto ad eseguire la prima arrampicata a dodici anni. Si può dire che hai scelto l'unico sport in cui è quasi impossibile battermi. Senza contare che rispetto a te avevo, perdona la battuta, almeno un piede di vantaggio >>.
<< E io che ne potevo sapere! Questo si che è culo >> sorrise amaro Lawrence.
<< E' vero non sei stato fortunato. Però dimmi: perché te la sei presa così tanto ieri? >> chiese Yantra. << Non credevo che offrirti da bere fosse un gesto così sconveniente >>.
<< Lascia stare! >> rispose apatico muovendo stancamente la mano per respingere la domanda al mittente.
<< Beh, ti ho salvato la vita e come ringraziamento mi hai anche tirato un cazzotto. Direi che una risposta me la devi >>.
<< ... Perché >> inizò titubante Lawrence con lo sguardo fisso a terra << perché eri migliore di me. L'ho capito appena ti ho visto. Sei l'uomo che sarei potuto diventare se solo ... se solo non avessi sprecato i miei talenti >>.
<< L'invidia >> commentò Yantra, di nuovo in piedi, dopo aver riflettuto per qualche istante << spiega la reazione, ma non quell'assurdità di sfidarmi a singolar tenzone, neanche fossimo i protagonisti di un romanzo d'appendice dell'Ottocento >>.
<< Dovevo batterti in qualche modo >> sillabò lapidario Lawrence << e a qualunque costo >>.
<< Di' piuttosto che volevi battere te, dimostrare che hai raggiunto il tuo massimo. Beh, non è così! Non puoi fare paragoni con il passato perché adesso sei una persona diversa >>.
<< Cosa te lo fa pensare? >>
<< Perché ti manca un piede >>.
<< Non ti sfugge niente, Sherlock! >> sputò Lawrence in un altro eccesso di furia. << Non sai cosa si prova. Non sai cosa significa sprecare i tuoi anni migliori. E proprio quando hai ancora tempo per rimediare, uno stronzo figlio di papà con il foglio rosa e la macchina sportiva ti toglie ogni possibilità. E la tua vita va a puttane perché sai che niente sarà più come prima, che tutto quello che hai perso è perso per sempre >>.
<< Per questo vuoi salvare le persone? >> ribatté Yantra con identica rabbia. << Per illuderti di avere ancora il controllo della tua vita? Beh non ce l'hai, devi accettarlo! >>
<< Tu sei un medico. Aiutare gli altri dovrebbe avere valore per te >>.
<< Si, sono un medico e sono anche un libertino, un gaudente e un egoista. Ed è per questo che sono solo, ma io lo accetto >> disse Yantra aumentando il volume ad ogni parola. << Cos'è ... non posso accettarmi per quello che sono? >>
<< Tu puoi permettertelo >> lo rimproverò Lawrence con la voce rotta dall'emozione. << Al diavolo, non sono mai stato il migliore degli uomini, ma questo, questo è troppo. Non meritavo una punizione simile >>.
<< Ascolta! Mio padre era un cristiano non praticante, mia madre l'ultima discendente di una nobile famiglia di brahmani. Saranno stati anche liberi pensatori ma mi hanno cresciuto con queste superstizioni sulla punizione divina o sull'inesorabilità del karma negativo. Sono fesserie! Se non avessi perso il piede, sarebbe stato il tempo a toglierti ogni possibilità di cambiare, perché avresti continuato a sprecarlo. Per quello che ti è successo, semplicemente, non hai avuto fortuna. Non ci puoi fare niente >>.
<< E cosa dovrei fare allora? >> chiese Lawrence nella segreta speranza che proprio il suo nemico potesse insegnargli qualcosa di utile.
<< E io che ne so? >> rispose stanco Yantra. << ... Quello che puoi fare adesso. Magari accettarti >>.
 
Scelsero un altro sentiero per tornare al complesso di tre case in legno e muri a secco da cui avevano preso le mosse quella mattina. Il sole stava già tramontando davanti a loro, lanciando gli ultimi bagliori arancioni da dietro le cime appuntite prima di arrendersi all'avanzare del blu stellato della notte. << Ancora niente! >>  pensò Lawrence osservando quello spettacolo
<< Era da tempo che non litigavo con qualcuno >> esclamò Yantra ancora spossato da quell'esperienza. << Sei un osso duro. Se ti capitasse di passare da me, potrei darti un'occhiata e consigliarti delle protesi migliori >>.
<< Non ci penso neanche a rivederti >> disse sorridendo un altrettanto stanco Lawrence.
<< E fai bene! >> rise il discendente dei brahmani. << La mia parcella per le visite private è salata. E, visto che mi hai colpito, non credo ti farò sconti >>.
<< Non ti chiederei mai lo sconto >>.
<< Per questo vorrei averti come cliente >>.
<< Però ti darei la morte per la fattura >>.
<< Allora, ti prego >> ridendo ancora più forte, << non farti vedere >>.
 
Quasi giunti a destinazione, poco prima di affrontare la ripida discesa che li avrebbe condotti ai loro alloggi, Lawrence e Yantra furono attirati da un intenso bagliore che rischiarava il buio della piccola valle. La grande villa in legno e le due dimore rurali sui lati brillavano a giorno, mangiate da un incendio devastante che le aveva colorate di un rosso acceso.
Yantra si accomodò sul terreno per godersi lo spettacolo di quell'immenso fuoco che donava luce e calore come un piccolo sole nella notte, l'antico centro del mondo intorno a cui si riunivano i nostri antenati per proteggersi dai predatori e risaldare il cerchio.
<< Ma che fai? >> protestò Lawrence. << Dobbiamo fare qualcosa >>.
<< Io non saprei cosa fare >> ammise ipnotizzato Yantra. << Sei tu l'aspirante vigile del fuoco. Anche se non credo tu possa fare realmente qualcosa a questo punto >>.
<< Ma possono esserci dei feriti. Forse qualcuno è rimasto dentro >>.
<< Anche se ci precipitiamo, quando saremo arrivati quelle catapecchie saranno già cenere. E se qualcuno è rimasto lì dentro, avrà già fatto la stessa fine. E poi vedo molte persone che come noi stanno ammirando il fuoco; tra loro nessuno mi sembra stia meditando di tentare la fortuna >>.
<< Non credo si stiano godendo lo spettacolo >> commentò preoccupato Lawrence. << Secondo te si sono salvati tutti? >>
<< Non lo so, non li ho mica contati >> rispose Yantra con un'espressione innocente. << Ma, se vuoi, inizia a scendere. Io ti raggiungerò >>.
Guidato dall'istinto, Lawrence avanzò di qualche passo prima di fermarsi inebetito a riguardare il colore di quelle fiamme. Dimenticando l'amico/nemico dietro di lui, dimenticando i suoi libri ormai sicuramente ridotti in polvere, dimenticando tutte le altre persone, pianse lacrime di gioia. Vinto dall'emozione, si lasciò cadere a terra con gli occhi spalancati e un'espressione che avresti giurato appartenere ad un bambino che entra per la prima volta in un negozio di giocattoli.
Quel rosso intenso era lo schiaffo che aspettava da tempo. La natura, la sua natura non aveva mai smesso di parlargli; era la sua anima che, al contrario, aveva smesso di ascoltare. Nessuna carezza, nessuna dolce parola sussurrata all'orecchio. La vita, stanca di essere ignorata, aveva aspettato paziente che il suo campione abbassasse la guardia per coglierlo di sorpresa in una notte come tante, gridando un roboante "booo!" dal fondo di una valle. Lawrence si sentì di nuovo parte di quel tutto da cui era fuggito; era di nuovo una creatura di questa vita selvaggia, antica e senza senso, una creatura tra le tante, in un'epoca come tante, ma maledettamente speciale.
<< Yantra >> chiese con un tono di voce che tradiva a malapena l'entusiasmo, << pensi che siamo stati fortunati? >>
<< Credo proprio di si >> rispose gustando il sapore delle lacrime che gli rigavano il viso.
<< Anch'io >> disse Lawrence. << E' tutto così bello! >>.

 
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: bUdson281