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Autore: _Lightning_    07/04/2019    3 recensioni
I Vendicatori hanno sconfitto Thanos, salvato la Terra e riportato l'universo alla normalità. Ma, almeno per Peter, il lieto fine non è ancora arrivato.
Tony si ritrova a sospirare di nuovo, in un moto spossato. [...] Riporta gli occhi a Peter e la sua espressione diventa seria, quasi austera, come quando è dietro la sua maschera in missione – e in realtà lo è. Non può permettere che Peter si trovi a passare un’altra notte insonne: ha accettato il compito di guidarlo, e ciò include arginare i demoni che non è ancora in grado di respingere da solo. E, soprattutto, non può permettere che le sue ultime parole siano quello straziante “mi dispiace” perso nella cenere che continua a perseguitarlo negli incubi.
[post-Infinity War non canonico // Tony&Peter // What If? // PoV Multiplo]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'As if it never happened'
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Una chiave
 
 
 
“Sono sopravvissuto al bosco
Ed ho battuto l'orco
Lasciami stare, fa’ uno sforzo

E prenditi il cosmo
E non aver paura che

No, non è vero
Che non sei capace
Che non c'è una chiave”
 
[Una Chiave – Caparezza]
 
 
 
          Tony si gira così in fretta che rischia di rovesciarsi addosso il caffè, e fissa Peter sbigottito mentre metà dei presenti si lascia sfuggire un verso di sorpresa e l’altra metà trattiene rumorosamente il respiro.
 
Vorrebbe dire qualcosa e poi decide di non farlo, perché rischierebbe di rovinare tutto, e forse distruggere quello che potrebbe benissimo essere un frutto della sua immaginazione. Magari questa volta ha davvero strafatto e l’insonnia gliela sta facendo pagare. Ma quello è senz’ombra di dubbio il primo, vero suono che ha lasciato le labbra di Peter dopo i singhiozzi strazianti su Titano, e starebbe ad ascoltarlo per ore.
 
Il Tony nel video sbotta a sua volta a ridere, con un risolino alticcio, acuto e assolutamente ridicolo che non fa che alimentare l’ilarità di Peter; il vero Tony sente gli angoli delle labbra inclinarsi verso l’alto in un sorrisetto, poi un sorriso vero e proprio, poi un ampio ghigno, fino a che non si trova anche lui a ridacchiare, più per il sollievo che altro.
La risata di Peter finisce per esaurirsi, e il ragazzo diventa improvvisamente consapevole dei riflettori puntati su di lui.
 
«Oh,» esala, con appena un filo di voce e gli occhi sbarrati e lucidi.
 
Quella semplice sillaba è abbastanza per far uscire i suoi compagni di squadra dall’impasse, e dopo uno scambio di reciproci sguardi increduli iniziano subito a bombardarlo di domande, di "stai bene?" e "puoi parlare?" ed esclamazioni sovrapposte che si perdono nel caos generale. Peter non riesce a dire altro, ancora frastornato e immerso in un gioioso spaesamento. Solo Tony se ne sta in silenzio: stavolta è il suo turno di rimanere senza parole, e si sforza di recuperarle solo quando Peter lo guarda con sconcertata felicità, quasi in cerca di un appiglio.
 
«Riesci a…?»
 
Non completa la frase, ma Peter annuisce all’istante, mentre gli altri si calmano come un sol uomo, consci della delicatezza del momento.
 
«Sì,» gracchia esitante. «Credo di sì,» sorride poi, offrendone prova definitiva.
 
I suoi occhi sembrano abbracciare tutta la stanza, prima di fissarsi su Tony.
 
«Sono qui?» gli chiede piano, ancora incredulo.
 
«Sei qui,» gli conferma lui, sforzandosi di nascondere il fatto di essere di nuovo sull’orlo delle lacrime e impedendosi di cedere solo perché tutti lo stanno guardando.
 
Peter annuisce di nuovo, ripetutamente, e nel farlo la realizzazione di ciò che sta accadendo lo colpisce appieno e sembra sul punto di svenire.
 
«Oddio,» mormora, con voce appena tremante, tastandosi le mani come a trovare prova tangibile di esserci davvero. «Sono qui. Sono qui,» ripete, incapace di aggiungere altro mentre si stringe tra le braccia, in un gesto terribilmente conosciuto che Tony decide all’istante di detestare con tutto se stesso e proibire per sempre.
 
È giusto in procinto di gettare al vento la propria dignità e abbracciarlo senza ritegno per spezzare quella morsa in cui si è chiuso, quando le sue successive parole lo congelano a metà gesto:
 
«Signor Stark, mi disp–»
 
«Non ci provare nemmeno, Parker,» Tony gli punta conto l’indice, mortalmente serio, e Peter ammutolisce. «Non voglio sentirti dire mai più quelle parole. Sono bandite a vita, è chiaro?» gli ordina, inflessibile solo in superficie, perché dentro si sente spezzare con l’eco di quella stessa frase persa nel vento caldo di Titano.
 
Peter annuisce, con occhi enormi e consapevoli, e a Tony basta questo per sapere che rispetterà quella richiesta. Realizza solo allora che, forse, è stato un po’ troppo brusco, e sente gli sguardi degli altri Vendicatori pesargli addosso in modo un po’ accusatorio.
 
«A parte questo, sei libero di appestarmi le orecchie con qualsiasi stupidaggine ti passi per la testa,» sorride allora, addolcendo il tono.
 
Gli occhi di Peter sembrano sbrilluccicare a quel permesso, e Tony sa di aver appena firmato la propria condanna a morte. A quel punto si alza in piedi, arruffandogli frettoloso i capelli in un gesto d’affetto che spera passi inosservato agli altri, prima offrirgli la mano per aiutarlo. Intercetta brevemente gli occhi di Pepper dall'altro lato della stanza, radiosi quanto i suoi. E in quel momento, in quel singolo istante in cui sente Peter afferrare la sua mano per rialzarsi e si trova a ricambiare al contempo il sorriso di lei, si sente completo. Una spirale di vertigini gli fa girare inaspettatamente la testa, ed è con passo leggero che incita Peter a seguirlo.
 
«Vieni, direi che è il caso di fare uno squillo a tua zia.»
 
§ 
 
Peter si rigira per l’ennesima volta il cellulare in mano, esitando a usarlo. Eppure, adesso fare quella chiamata dovrebbe essere semplice.
 
La sua voce funziona: percepisce le corde vocali vibrare, la lingua che devia il flusso d’aria, le labbra che lo bloccano o arrestano seguendo l’andamento dei suoi pensieri e sente il proprio timbro risuonargli nelle orecchie senza potersi davvero ascoltare. È pura meccanica, e funziona alla perfezione, ma il suo pollice continua a titubare sulla piccola cornetta verde, a dispetto del numero di zia May già composto sullo schermo.
 
Fa un sospiro intenzionalmente più sonoro di quanto farebbe di solito e lascia vagare lo sguardo attorno a sé, cercando di distogliersi dai suoi timori infondati. Per fare quella chiamata Tony gli ha prestato il proprio telefono – “effetto sorpresa”, ha detto – e lo ha portato negli alloggi suoi e di Pepper al Complesso per poi lasciarlo solo, offrendogli un po’ di privacy e al contempo un ambiente conosciuto, più familiare e accogliente della stanza già riservata a lui, ma ancora vuota e asettica. Conoscendo le paranoie di Tony, non è un atto di fiducia da poco, e lo apprezza immensamente.
 
È rimasto in piedi, camminando avanti e indietro per l’ampio salone cercando di non ficcanasare troppo in giro, anche se si è soffermato più di una volta davanti alle tre foto incorniciate sul mobiletto dell'ingresso: una un po' datata di Tony e Pepper a passeggio sulla spiaggia di Malibu, un’altra di loro due con Rhodey e Happy mentre festeggiano il Capodanno del 2005. La terza, e quello è il motivo per cui Peter continua a gironzolare là attorno come vi avesse trovato un centro di gravità, è un selfie che Tony ha scattato a tradimento mentre erano a cena al thailandese con Pepper e May, nel quale Tony fa una buffa smorfia con un lampo di panico negli occhi mentre Pepper cerca di strappargli il cellulare di mano, zia May fa un inutile tentativo di coprirsi il volto e lui è gloriosamente immortalato a bocca spalancata, in procinto di addentare un raviolo. Si scopre a non provare troppo imbarazzo nel vedersi in quella posa ridicola, né per il fatto che sia esposta in bella vista.
 
Quella foto lo aiuta a ricordare che è esistito un prima dello schiocco, un lasso di tempo reale in cui il martedì andava a cena dal thailandese con May, o Ned, o entrambi; e poi Tony e Pepper erano entrati in quella routine con una naturalezza che a volte lo lasciava stupefatto a chiedersi cosa ci facessero lui e May seduti allo stesso tavolo con Iron Man e la CEO delle Stark Industries.

Nella sua completa irrealtà quello è un fatto reale, accaduto, stampato su carta fotografica e racchiuso in una cornice sotto gli occhi di tutti. C’è stato un prima e ci sarà un dopo, ovviamente, un dopo in cui non dovrà preoccuparsi di rimanere muto o intrappolato; e nel prima e nel dopo c’è zia May. Anche quello è un fatto scontato, logico, intessuto nella filigrana stessa della propria vita.
 
Però continua a rivoltarsi il cellulare in mano e mille pensieri nella testa. Si sente come se potesse sbagliare qualcosa nel fare una semplice telefonata a sua zia, quando dovrebbe essere la cosa più semplice e naturale del mondo. Il punto è che non sa più cosa sia naturale o meno, e il prima e il dopo sono ombre pallide e deboli rispetto a ciò che è accaduto. È scomparso – morto – e poi è tornato indietro, bloccato tra due mondi, poi è tornato per metà e adesso è davvero qui – dov’è “qui”, poi? – e il tutto lo disorienta come se si stesse equilibrando in punta di piedi e a occhi bendati sul fulcro di una trottola impazzita.
 
Ha l’impressione di aver vissuto dieci vite, e ha solo diciassette anni. È solo all’inizio, ma ha giurato di essere Spider-Man finché ne sarà in grado. Solo che un giorno non poi così lontano non ci sarà più Tony a coprirgli le spalle in battaglia, e poi non ci sarà neanche più May ad accoglierlo a casa, e quindi esisterà un prima e dopo Tony e May, così come adesso esiste un prima e dopo Ben.
 
Ha paura, ed è la prima volta che si concede di formulare appieno quel pensiero. È un fantasma a cui non ha mai permesso di cristallizzarsi, ma adesso si rende conto che è inutile ignorarlo, perché così facendo lo fa solo rintanare negli angoli più bui, invisibile ma presente, sempre più grande ogni volta che non guarda. Ha paura di non riuscire a tornare ad essere di nuovo se stesso, reale, corporeo, inserito nella vita di chi lo ama e lo fa stare bene.
 
Ha paura, ma avvia comunque la chiamata e si porta il telefono all’orecchio, seguendo il ritmo dello squillo col piede, perché una telefonata è normale, esiste, ma non è così concreta da farlo sentire evanescente al confronto. Gli salta il cuore nel petto quando sente lo scatto della risposta:
 
«Pronto?» May sembra un po’ affannata, come se avesse corso per rispondere. «Tony?»
 
Peter per un momento non sa cosa dire, come dirlo, non sa più parlare ed è convinto di aver perso nuovamente la voce, per poi sentirla lasciare con lieve spontaneità le sue labbra nel richiamo più naturale che conosce:
 
«Zia May?»
 
C’è un breve silenzio dall’altro capo, rotto poi da una risata un po’ soffocata, incredula, gioiosa, mischiata al suo nome ripetuto che quasi lo assorda; il suo sorriso si allarga a dismisura quasi May potesse vederlo.
 
«Bentornato.»
 
§ 
 
Peter, con sommo sollievo di Tony, torna dalla telefonata con May sfoggiando un sorriso a trentadue denti e uno sguardo lucido e brillante che avrebbe fatto intenerire Thanos, figuriamoci gli eroi più potenti della Terra. Il ragazzo viene letteralmente preso d’assedio dai Vendicatori, visto che non c’è stata ancora una vera e propria occasione per conoscersi, e si guadagna il titolo di beniamino della squadra in tempo record.
 
Tony si tiene a distanza e lascia che la cosa vada avanti ancora per un po’, prima di intervenire spinto dal buonsenso – gelosia, lo prende in giro Pepper – e permettere al ragazzo di respirare. A suo rischio e pericolo, propone un altro round di video ridicoli per intaccare definitivamente la patina dorata che ricopre il loro eroico gruppetto agli occhi di Peter. La cosa gli sfugge di mano e si tramuta ben presto in una gara a chi riesce a trovare il video più imbarazzante degli “anni d’oro di Tony Stark”. Con sua sorpresa, a dispetto di tutti i suoi sforzi per cancellare quelle tracce, la rete pullula di testimonianze più o meno legali al riguardo, che mettono ancora decisamente alla prova il suo amor proprio, inclusi alcuni eventi che Peter e Pepper – soprattutto Pepper – non dovrebbero assolutamente vedere – o rivedere. Elimina con efficienza il materiale più compromettente con l’aiuto di FRIDAY prima che Clint o Nat possano mettere all’opera le loro doti spionistiche.
 
La sua compilation della vergogna ha inizio, ma non ci fa più nemmeno caso, perché vedere Peter che ride al momento sbagliato finendo per sputare il suo succo di frutta dal naso compensa in larga parte la sua dignità calpestata. Tra uno smacco al suo orgoglio e l’altro, ascolta il ragazzo che, dopo qualche timido tentativo, riprende a parlare a tutta birra come ha sempre fatto, e lui è tutto orecchi; ascolta intentamente la sua voce come mai ha fatto prima, a prescindere da ciò che dice: dopo una settimana di opprimente silenzio, potrebbe anche convincersi ad ascoltarlo riassumere ogni singolo film e libro di Star Wars. Di nuovo.
 
Nonostante il buonumore, si sente comunque sprofondare quando vengono riportati alla luce altri, raccapriccianti filmati del suo trentanovesimo compleanno, che lo mostrano ubriaco oltre ogni immaginazione mentre colpisce un cocomero a mezz’aria con l’uniraggio. A quella vista, Peter è a malapena in grado di contenere le risa, e fissa alternativamente il Tony in carne ed ossa e quello sullo schermo con un misto di colpevolezza e totale incredulità, come se non volesse davvero prendersi gioco di lui, ma non potesse farne a meno. Tony ridacchia a sua volta, anche se preferirebbe di gran lunga mimetizzarsi con la fodera del divano – cosa che, data la sua sfumatura borgogna, potrebbe essere del tutto possibile al momento.
 
Sta giusto per balzare in piedi e improvvisare un’arringa in sua difesa riguardo agli eventi di quella notte, quando un peso si abbatte di colpo su di lui, spingendolo da parte. Abbassa lo sguardo e impietrisce, esterrefatto: Peter si è addormentato di schianto, accasciandosi di testa sulla sua spalla. C’è un breve silenzio, e qualcuno mette prontamente in pausa il video; ogni paio d’occhi si appunta su di lui, che sta cercando di respirare il più piano possibile per non muoversi troppo e rischiare di svegliarlo. Bruce è il primo a riprendersi, e parla in un sussurro così basso da essere a malapena udibile:
 
«Non. Muoverti.»
 
Tony sta per rimbeccarlo con un imperturbabile “davvero, Sherlock?”, quando Peter, ignaro di tutto, prende a russare leggermente e si costringe invece a trattenere un risolino. Si accomoda meglio, in una posizione che potrebbe eventualmente mantenere per ore, e lascia che il ragazzino continui a dormire beato utilizzando Iron Man e la sua dignità perduta come cuscino. Adesso non si muoverebbe neanche sotto tortura.
 
Gli altri decidono di mettere su un film e Tony non si oppone, iniziando comunque a sentirsi piuttosto assonnato e poco presente; registra già nel dormiveglia Pepper che posa un bacio sulla fronte a lui e una carezza sulla guancia a Peter. Sbadiglia in silenzio e non si sforza troppo di tenere gli occhi aperti.
 
Adesso può permettersi di dormire un po’.
 
§ 
 
Si assopisce verso la metà di Love Actually, probabilmente scelto per conciliargli il sonno, con la testa reclinata all’indietro sullo schienale, la bocca semiaperta e un braccio protettivo ancora posato sulle spalle di Peter.
 
I suoi fidati compagni prendono ovviamente a scattare qualche migliaio di foto, e sono così gentili da non renderle di dominio pubblico, demolendo definitivamente la sua coltivata immagine di Miglior Difensore della Terra. Le più ridicole finiscono ovviamente per raggiungere May – che risponde al settimo cielo per quell’ennesima buona notizia – e i Vendicatori assenti – che adesso hanno abbastanza materiale per ricattare Tony per i prossimi tre mesi.
 
In un eccesso di goliardia, una delle foto finisce per essere stampata e appesa nella sala comune, fissata al muro proprio davanti ai due eroi addormentati.
 
§ 
 
Tony si sveglia col torcicollo e l’impressione di poter gettare nell’umido il suo braccio sinistro intorpidito e tutti gli sforzi della Dottoressa Cho per aggiustarlo. Peter è semi-seduto contro di lui in una posizione degna di un contorsionista, coi piedi per terra, il corpo piegato di lato e la testa poggiata sulle sue gambe. Le sue palpebre fremono e si aprono quando Tony si muove appena nel tentativo di stendere le gambe addormentate, e poi si lascia sfuggire un lamento nel tirarsi su, stropicciandosi gli occhi impastati. Tony sente le proprie ossa scrocchiare in coro come quelle di un vecchio quando riesce finalmente a stiracchiarsi, suscitando lo sguardo divertito del ragazzo. E nonostante gli acciacchi, sono entrambi sicuri di non aver mai dormito così bene in vita loro.
 
Qualcuno, mosso a pietà, li ha avvolti in un plaid – probabilmente Bruce o Pepper – e Tony si districa da quel bozzolo tiepido scivolato ai loro piedi, per poi alzarsi del tutto rintronato. Cerca di fare il punto di quelle che gli sembrano le ultime sedici ore, senza molto successo. L’orologio sulla parete conferma la sua stima e lui si limita a sbuffare con soddisfazione. Qualcosa appeso subito sotto l’orologio cattura la sua attenzione, e vi si avvicina pigramente per metterlo a fuoco.
 
È una foto. Un selfie, per l’esattezza, sbalorditivamente scattato da Steve, che è l’ultima persona al mondo che si immaginerebbe ad armeggiare con uno smartphone – men che meno per fare selfie. Qualcuno ha scritto con un pennarello “Alle nostre care Belle Addormentate” sul muro alle spalle del divano – a pensarci beneo è decisamente una mossa da Clint, e gli farà sicuramente ripagare l’intonaco.
 

Peter, ancora mezzo addormentato e con la parlantina rallentata, fa capolino da dietro la sua spalla e accenna alla foto, sbadigliando così tanto da slogarsi quasi la mandibola.

«Sembra che abbiamo vinto qualcosa,» biascica, con una traccia di sarcasmo che non riesce a collocare.
 
«Beh, sì, in un certo senso è un trofeo… bel ringraziamento per aver salvato mezzo universo, mh?» commenta Tony, con un sorrisetto critico.
 
«A me sembra un trofeo per aver dormito troppo,» storce la bocca lui, arcuando al contempo un sopracciglio.
 
«Anche dormire troppo può essere un merito, a volte,» osserva con noncuranza Tony, affondando le mani nelle tasche e cogliendo il messaggio sottinteso in quella frase.
 
Tira su col naso e si volta verso di lui, guardandolo in un modo che esprime chiaramente quanto poco sia incline a lasciar correre quell’argomento.
 
«Dormire non mi sembra chissà quale conquista. Soprattutto quando avete fatto voi tutto il lavoro,» controbatte lui, a braccia conserte e con una smorfia scettica, confermando la sua intuizione.
 
«Peter, abbiamo fatto tutti la nostra parte, tu compreso,» afferma, e ha quasi l’impressione di parlare con se stesso quando si convince di qualcosa di totalmente sbagliato.
 
Il ragazzo allarga appena le braccia, con un pizzico d’incredulità.
 
«E quale sarebbe stata la mia? Diventare…»
 
«… un Vendicatore,» conclude Tony, puntandogli contro l'indice senza ammettere possibilità di replica. «Pensi davvero che ti abbia nominato a cuor leggero?» indaga poi, accigliandosi.
 
Peter esita brevemente, per poi rispondere con sicurezza:
 
«Era un’emergenza, e…»
 
«A maggior ragione: non avrebbe avuto senso darti quell’onere se non ti avessi ritenuto pronto. Perché se io fossi morto, sarebbe spettato a te portare avanti il piano,» gli spiega gravemente, ma in fretta, a voler chiudere quella parentesi cupa. «Certo, avrei voluto nominarti in un altro momento, ma gli eventi hanno deciso diversamente. Vorrà dire che dovrò inventarmi qualcos’altro per i tuoi diciott’anni,» conclude, con un sospiro falsamente afflitto.
 
Peter fa tanto d’occhi, preso alla sprovvista.
 
«Non deve… insomma, non deve preoccuparsi e va bene così, non ho bisogno d’altro, davvero,» si schermisce, scrollando le spalle per poi allungarsi in punta di piedi e stiracchiarsi indolentemente a nascondere l'imbarazzo.
 
«Lo sai che non mi tratterrò comunque, quindi risparmia il fiato,» lo prende in giro lui, dandogli un colpetto tra le costole e facendogli perdere l’equilibrio ancora un po' precario.
 
Tony gli rivolge un sorriso ampio, come suo solito, col naso leggermente arricciato e le sopracciglia sollevate; ma stavolta c’è quel marcato, raro affetto che gli accende completamente gli occhi. Peter si rende conto di non averlo mai visto così in pace e libero da preoccupazioni, e non riesce a impedirsi di rimanere contagiato dalla felicità che irradia in quel momento. Sente il peso che lo inchioda a terra alleggerirsi, sostituito da un tiepido calore. Tony nota la sua espressione un po’ inebetita e si affretta ad approfittarne per incalzarlo giocoso:
 
«Suvvia, io penso, e pertanto deve essere vero, che ci siamo meritati entrambi il nostro momento di gloria, non credi?»
 
Peter si prende un altro momento per pensare, e per ripercorrere tutto ciò che è accaduto. Solo allora realizza per davvero che hanno salvato il mondo, e che hanno vinto e ha vinto, su tutti i fronti.

Ripensa a ciò che ha passato nell’ultima settimana, e nonostante tutto si sente bene. Avverte ancora una profonda confusione e un distinto senso di smarrimento, come di una caduta libera al rallentatore, e c’è sempre un macigno sulle sue spalle, come di un edificio di nuovo pronto a schiacciarlo, ma ora si sente in grado di ritrovare la bussola e sostenere quel peso con la certezza che diventerà non più leggero, ma più facile da sostenere.
 
Sa che in un certo senso la sua vita è appena ricominciata e che c’è ancora molto da risolvere, ma sa anche dove sono i suoi appigli: uno ce l’ha di fronte, uno lo aspetta a casa e uno lo osserva benevolo dal passato. E un altro ancora, seppur fragile e appena nato, è dentro di sé, e prima o poi diventerà abbastanza saldo da sorreggerlo e aiutarlo nella scalata che intraprenderà da solo. Dopotutto è pur sempre Spider-Man: è bravo ad arrampicarsi. Per ora, ha tutto il tempo per imparare ad essere di nuovo se stesso, un passo dopo l’altro. Incrocia le braccia dietro la nuca, e stavolta offre a Tony un sorriso smagliante, vittorioso.
 
«Sì. Direi di sì.»


 

~ Fine ~


 

Note Dell'Autrice:

Cari Lettori,
eccoci arrivati alla fine di questo piccolo viaggio, con una conclusione che spero abbiate apprezzato e che vi abbia lasciato soddisfatti :)
Questo è probabilmente il capitolo che ha subìto più variazioni rispetto all'originale, e spero che siano gradite a chi ha già letto la versione inglese. Le riflessioni di Peter e le sue insicurezze dopo quanto accaduto mi sono sembrate d'obbligo, così come la sua innata positività e voglia di migliorarsi e ricominciare a dispetto di tutto; ed è questa, a parer mio, la vera forza di Spider-Man. Che è un supereroe, sì, ma è prima di tutto un adolescente con molte più responsabilità di quanto sarebbe giusto avere, dalle quali però non rimane mai schiacciato. Qui deve ancora ricominciare, ma sappiamo tutti che riuscirà a intraprendere la strada giusta, che lo porterà molto più in alto di quanto probabilmente immagina adesso <3

Ringrazio infinitamente tutti coloro che hanno recensito e aggiunto la storia alle seguite/ricordate/preferite, in particolare _Atlas_ che si è sorbita questa storia ben tre volte e mi ha fatto da Beta Reader <3, T612 che ha letto entrambe le versioni e ha addirittura disegnato una meravigliosa illustrazione alla storia (vi lascio il link più sotto) e Miryel che ha appena intrapreso la lettura facendomi una bellissima sorpresa. Grazie a tutti voi, e se voleste lasciare un commento per farmi sapere cosa ne pensate della storia completa, mi rendereste ancor più felice <3

Vi anticipo che il nostro ragnetto preferito tornerà presto su questi schermi con una storia tutta sua *pubblicità occulta*. Sto giusto aspettando gli esiti di Endgame per decidere se ignorarli o meno :')
Grazie ancora, e spero a presto,

-Light-

P.S. Trovate [qui] l'illustrazione di T612 <3 e [qui] il capitolo originale su AO3.
   
 
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