Pioggia di
pensieri
Stanca,
logorata, stremata si sentiva Katia, distesa sul letto, il tubino color
blu
tiffany ancora a dosso, le décolleté argentee ai
piedi. Inerme, guardava il
soffitto con sguardo vuoto, mentre il bianco ventilatore continuava a
girare
alla stessa velocità dei suoi pensieri: Alejandra, il
progetto, Ada, Jaume,
Alejandra, Óscar, Verónica, la piccola Sol,
Alejandra.
Necessitava una
doccia, fredda, per scacciare via stanchezza e
pensieri, ma, soprattutto, sentiva il bisogno di togliersi di dosso
quel senso
di abbattimento e sconforto che provava da quanto Óscar era
morto.
Con quanti
uomini era stata? Dieci? Venti? Trenta? Quaranta? Di
più? Non lo sapeva.
Con quanti uomini non sposati era stata? Uno.
Lei era sempre
stata “l’altra”
e questo le era sempre piaciuto, perché nessuna delle sue
relazioni implicava
troppo impegno, una sveltina e via, per togliere lo stress di dosso, “e non succede
niente”, come fosse la
cosa più normale del mondo.
Lei era sempre stata “l’altra”,
quella di cui gli uomini s’innamoravano e con cui sognavano
una vita che non
avrebbero mai avuto, perché non le piacevano i vincoli e,
per questo, ogni
volta che uno di loro lasciava la propria famiglia per stare con lei,
scappava
via, a gambe levate, senza guardarsi indietro.
Lei era sempre stata “l’altra”,
quella con cui le mogli dei suoi amanti erano costrette a confrontarsi,
la
causa per cui, ad un certo punto della loro vita, sentivano
l’esigenza di
chiedersi: “In cosa ho sbagliato? Di chi è la
colpa? Mia? Sua? Dell’altra che lo
ha sedotto? Non ero abbastanza?”
Lei era sempre stata “l’altra”.
Era necessario
che morisse Óscar affinché si rendesse conto di
tutto ciò. Vedersi riflessa negli occhi di Alejandra le
aveva fatto capire il prezzo che gli altri pagavano per la sua
libertà.
Non si era mai
chiesta cosa provassero le mogli dei suoi
amanti, né i loro figli, né tanto meno cosa
provassero questi uomini, disposti
a rinunciare a tutto pur di stare con lei, quando li lasciava, ma da
quando
Óscar era morto tutto era cambiato.
Da quando aveva
scoperto che l’uomo che aveva sposato ed amato
per quindici anni aveva un’altra vita, con un’altra
donna, in un altro luogo e,
soprattutto, una figlia, Alejandra aveva rimesso in discussione ogni
cosa,
aveva iniziato una sorta di viaggio alla scoperta di suo marito, che
non era
più convinta di conoscere, e di se stessa e, senza
accorgersene, vi aveva
trascinato anche Katia.
Se la prima cercava di capire cosa avesse portato suo marito a
costruire un’altra
vita, opposta e parallela, a soli ventisette chilometri di distanza da
Valencia
e, di conseguenza, al presunto suicidio, la seconda iniziava a
rendersi conto di
occupare un posto che non aveva mai desiderato. Non aveva mai voluto
essere “l’altra”,
non aveva mai avuto
l’intenzione di ferire nessuno, nemmeno se stessa, per questo
cercava relazioni
facili, senza complicazioni.
La sofferenza di
Alejandra l’aveva invasa al tal punto da costringerla
a fermarsi e chiedersi chi fosse diventata nel corso del tempo.
“Una
rovina famiglie”.
Per questo si sentiva colpevole e affranta.
Verónica
era per Alejandra ciò che lei rappresentava per molte
altre donne e ciò che provava Alex, lei aveva fatto
sì che lo provassero altre
mogli, tutto il dolore che aveva sempre cercato di evitare a se stessa,
involontariamente, lo aveva causato ad altre persone, ragion per cui
aveva
deciso di interrompere la relazione con Jaume. Era stanca di essere “l’altra”.
Repentinamente
le veniva alla mente l’immagine di sua figlia,
Ada: si domandava cosa le avesse insegnato, che valori le avesse dato.
“Pensa
solo a te stessa ed evita i problemi?” Li avrebbe evitati
realmente così
facendo o ne avrebbe, invece, causati molti altri? Non lo sapeva
più.
Di colpo pensava
alla piccola Sol, a quella bambina allegra e
felice che giocava nella sabbia dell’Albufera. Si domandava
come sarebbe stata
la sua vita da quel momento in poi, se l’amore incondizionato
per i suoi
genitori sarebbe mutato una volta scoperta la verità,
così come l’affetto che
provava per Martina/Alejandra.
Un turbinio di
domande senza risposta imperversava nella sua
mente.
La morte di Óscar aveva fatto sì che Alex non
fosse l’unica a mettere in
discussione la sua intera vita.
Sentiva il
ticchettio della pioggia battente contro i vetri
delle finestre. Voltata ad un quarto la testa, alla sua sinistra vedeva
il
cielo di Valencia tinto di un grigio tetro, macchiato, a tratti, da
fulminei
lampi di luce accompagnati da fragorosi tuoni.
Improvviso il
suono del suo cellulare. Un messaggio di Jaume:
“Domani
ho una riunione con gli investitori, alle 11:00.
Ho bisogno di avere il progetto ultimato prima di
quell’ora”.
Il progetto. Il milionario grattacielo a cui lei ed Alex avevano
lavorato per
ben sette anni e per il quale, finalmente, avevano trovato degli
investitori.
Non riusciva a credere che, nel giro di pochi anni, a Valencia ci
sarebbe stato
il primo grattacielo ecologico recante il loro nome.
Animata da un
brivido di entusiasmo, lentamente si toglieva le
scarpe e il vestito, lasciato scivolare a terra svogliatamente e,
mentre si dirigeva
verso la doccia, sentiva di essere pronta ad iniziare una nuova vita,
diversa,
migliore.