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Autore: Ella1412    08/04/2019    1 recensioni
Sentì la voce di sua madre, Emilie. Di nuovo. Prima succedeva solo da trasformato, ma ormai riusciva a sentirla anche nei panni civili.
L’eroe si strinse la testa bionda, fissando il suolo. Tremava, spaventato.
Ladybug si spaventò e lo chiamò, piano.
Hope you like it!
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Voci nella testa

Avevano battuto i pugni guantati, segno della vittoria contro l’ennesimo akumizzato. Lo scontro è stato abbastanza stancante, difatti avevano lottato dal tardo pomeriggio ed era sera inoltrata. Chat Noir, per non dar fastidio alla compagna, nascondeva alla sua Lady il problema che lo affliggeva da ormai un mese.
Ladybug, sulla Tour Eiffel, stava rassicurando la ragazza akumizzata. La consegnò alle autorità per riaccompagnarla a terra, così rimase sola con il gatto nero.
Si voltò verso di lui e lo trovò con le mani tra i capelli, gli occhi verdi assenti.
 
Sentì la voce di sua madre, Emilie. Di nuovo. Prima succedeva solo da trasformato, ma ormai riusciva a sentirla anche nei panni civili.
L’eroe si strinse la testa bionda, fissando il suolo. Tremava, spaventato.
Ladybug si spaventò e lo chiamò, piano.
Tese una mano verso di lui per rassicurarlo ma non la sentì avvicinarsi e sobbalzò spaventato al suo tocco.
Gli occhi verdi erano sbarrati e la fissavano, smarriti.
«Chat – sussurrò piano – sono io…» lo chiamò di nuovo, accennando un sorriso a nascondere la sua preoccupazione.
Gli posò una mano sulla guancia, lentamente, ed iniziò ad accarezzare la poca pelle scoperta dalla maschera nera. Le lacrime ai lati degli occhi felini scesero lente, inesorabili. Mostravano tutta la fragilità all’eroina.
Con l’altra mano guantata di rosso, Ladybug gli fece liberare le ciocche bionde e ribelli e si portò la mano nera sul proprio volto chiaro e, ora, più rilassato. Il fatto che il compagno si lasciasse seguire era un buon segno, pensava.
La corvina si lasciò poggiare sulla mano del biondo, intrappolandola tra il suo volto e la sua mano. Sorrise, continuando a mantenere lo sguardo. Lo tirò verso di sé, tra le sua braccia, al sicuro.
Si lasciarono scivolare dolcemente verso il suolo, la testa bionda avvolta dalle braccia rosse della compagna. Il respiro affannato, come se avesse corso i Campi Elise, il corpo attraversato dai brividi. Sentiva ancora la sua voce melodiosa, lo stava chiamando.
 
«Hei, minou…» lo chiamò una terza volta, sussurrando.
Gli occhi verdissimi si puntarono nuovamente contro i suoi. Erano come specchio, Ladybug vi leggeva all’interno solitudine e paura. Di nuovo si stupì di quella fragilità sempre nascosta dietro pessime battute a sfondo felino e ghigni divertiti. Erano sempre stati così? Come era stata cieca, lei, a non notarlo prima.
«Sai, io sono così insicura senza maschera. Faccio un disastro dopo l’altro e ho sempre bisogno del sostegno di qualcuno. La mia kwami, Tikki, è fondamentale. All’inizio non volevo nemmeno essere la supereroina di Parigi, poi ho visto la mia migliore amica in pericolo. Ti ricordi Ivan, Cuore di Pietra? Lei si è trovata schiacciata tra una macchina e un palazzo. Mi sono sentita malissimo ed impotente. Però io qualcosa potevo fare.»
Chat continuò a guardarla ed ascoltarla, rapito dal suo racconto.
«Perché mi stai dicendo queste cose? Non hai mai voluto sfociare nella sfera personale…» chiese il biondo. Non tremava più, aveva trovato conforto tra le braccia calde dell’eroina in rosso. La vide abbozzare un sorriso triste.
«È giusto conoscere un minimo del proprio partner. In fondo non ho menzionato nomi troppo vicini a me.» chiarì subito lei.
 
Ci furono minuti di silenzio nei quali entrambi guardavano il cielo notturno, immersi nei loro pensieri. Lei, in particolar modo, a domandarsi se aveva agito perché credeva fosse giusto o per una debolezza personale.
Erano ancora abbracciati e Ladybug non sapeva più se ad averne bisogno fosse lui o forse, un pochino, anche lei.
«Sono giorni che sento la voce di mia madre. Non riesco a dormire e la costante freddezza di mio padre non fa che peggiorare la mia situazione già precaria. Credo tenga a me talmente tanto da aver paura di farmi uscire di casa da solo. Ho dovuto evadere da quella prigione che chiamo casa per convincerlo a mandarmi a scuola come i normali ragazzi della mia età. Quando ho conosciuto Plagg, il mio kwami – qui il volto dell’eroe si tirò in un sorrisino debole - e la principale causa della mia costante puzza di camembert, ho visto subito la possibilità di evadere e di essere quello che sono. Mi rendo conto di esagerare, a volte, ma credo sia una conseguenza. Non sarei così se fossi libero a casa. Sono oppresso da orari e impegni, ho le giornate programmate al minuto, non riesco a respirare. – prese una breve pausa, si riappoggiò al petto della sua Lady, cercandone il calore – In compenso sono quasi ciò che vuole mio padre: un ottimo schermidore, un decente pianista e gli frutto denaro aiutandolo nel lavoro.»
Ladybug sgranò gli occhi. Erano troppe coincidenze in un solo discorso, in una sola persona.
«Ho capito tutto – cercò il suo sguardo, ancora tristemente spento, ma si sforzò di non abbassare il suo – Adrian.»
Quel nome le scivolò sulle labbra, quasi sussurrato.
I suoi occhi si dilatarono, stupiti.
Furono la sua conferma.









Angolino Ella:
Ma buongiorno! Non pubblico da moolto tempo ma sono felice di rientrare in pista con questo testo che, al momento, mi piace. Non nascondo di avere il terrore che non si capisca ma questo me lo dovrete dire voi :P
Spero anche che lo stile e la grandezza siano a mio piacimento (purtroppo ci litigo ogni volta...) e che agevoli ed inviti la vostra lettura :P
Ditemi anche se vi piacerebbe avere un sequel o trasformare questa OS in una raccolta o una storia a capitoli. 
Grazie dell'attenzione e di aver letto!
Ella1412

 
  
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