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Autore: MissRosalie42    08/04/2019    1 recensioni
Cosa è successo la mattina dopo la festa Chi rompe paga?
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Sabato 6 aprile
Ore 9:43
Casa Rametta
Quando Martino aprì gli occhi aveva ancora il viso immerso nel cuscino. Si strofinò la faccia con le mani e si tirò su a sedere, stiracchiandosi nella penombra della stanza. Solo pochi raggi di sole filtravano dalla finestra, ma erano abbastanza per vedere chiaramente ciò che lo circondava.
Il suo sguardo cadde subito su Niccolò, che ancora dormiva, per terra vicino alla finestra, quasi completamente sepolto dalle coperte. Gli sorrise senza essere visto e poi si girò verso Giovanni, che era nel letto accanto a lui.
Anche Gio dormiva, abbracciato al cuscino, tutto storto, tanto che aveva relegato il povero Marti al bordo del letto, come al solito.
Martino si liberò dalle lenzuola e in punta di piedi raggiunse Nico, chinandosi su di lui per lasciargli una carezza e un bacio leggero sulla fronte, poi attraversò la sua camera, facendo attenzione a non calpestare, seppure con i piedi scalzi, i poveri Elia e Luchino, che stavano dormendo e russando per terra, davanti alla porta.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sabato 6 aprile
Ore 9:43
Casa Rametta
Quando Martino aprì gli occhi aveva ancora il viso immerso nel cuscino. Si strofinò la faccia con le mani e si tirò su a sedere, stiracchiandosi nella penombra della stanza. Solo pochi raggi di sole filtravano dalla finestra, ma erano abbastanza per vedere chiaramente ciò che lo circondava.
Il suo sguardo cadde subito su Niccolò, che ancora dormiva, per terra vicino alla finestra, quasi completamente sepolto dalle coperte. Gli sorrise senza essere visto e poi si girò verso Giovanni, che era nel letto accanto a lui.
Anche Gio dormiva, abbracciato al cuscino, tutto storto, tanto che aveva relegato il povero Marti al bordo del letto, come al solito.
Martino si liberò dalle lenzuola e in punta di piedi raggiunse Nico, chinandosi su di lui per lasciargli una carezza e un bacio leggero sulla fronte, poi attraversò la sua camera, facendo attenzione a non calpestare, seppure con i piedi scalzi, i poveri Elia e Luchino, che stavano dormendo e russando per terra, davanti alla porta.
Il ragazzo cercò di aprirla il più silenziosamente possibile e quando fu uscito in corridoio, richiudendosela alle spalle notò un post it attaccato al legno.
Buongiorno ragazzi! Sono andata a fare la spesa, la colazione è sul tavolo :)
Martino sorrise e andò in cucina. Vide i pacchi di biscotti, cinque cornetti presi al bar all’angolo del palazzo, un barattolo di Nutella, le tazze vuote e la macchinetta del caffè in attesa sul tavolo, ma la madre non era ancora tornata. Probabilmente era uscita da poco.
Tornò indietro e andò al bagno prima di tornare in camera.
Dormivano ancora tutti tranne Gio, che si stava togliendo le coperte di dosso massaggiandosi la spalla.
“Buongiorno, zì” gli disse, con un sorriso.
“Come va il braccio?” gli chiese Marti senza preamboli.
“È solo un po’ indolenzito.”
Martino ritornò a letto e si sedette a gambe incrociate. Riempì i due bicchieri d’acqua che aveva sul comodino e ne passò uno all’amico.
“Grazie.”
“Sei sicuro che non ti faccia male? Forse dovremmo andare al pronto soccorso” gli sussurrò il rosso.
“Ma sei scemo, zì? Non è niente. Non te mette a fa la pressa oh.”
“Ok ok scusa.” Sorrise.
“Tu come stai invece?” Il tono di Giovanni si era fatto preoccupato, ma continuarono a parlare sottovoce.
“Sto bene, no? Non sono io quello che le ha prese.”
“Lo sai cosa intendo” replicò duramente Gio.
“Chi è che fa la pressa adesso?”
Gio gli tirò il cuscino addosso. “Parlo seriamente. Che ti hanno detto? Io non ho sentito molto.”
Martino distolse lo sguardo. “Niente di che. Frocio e qualche altra cosa. Niente di più di quello che hai sentito, probabilmente.”
Restarono per un momento in silenzio.
“È stata la prima volta, vero?” domandò poi Giovanni, con tono di voce talmente basso che Martino rischiò di non sentirlo.
“Più o meno” rispose. “Cioè, mi succede a scuola, li hai sentiti anche tu. Ma è diverso. Mi parlano dietro o mi ridono in faccia, ma poi finisce lì. Ieri sera quei due invece non so chi cazzo erano, che cazzo volevano. Ho pensato veramente che le avrei prese.”
“E invece le ho prese io” rise Gio.
Ma Martino non stava ridendo. Lo guardò negli occhi e con l’espressione più triste che il migliore amico gli avesse mai visto disse: “Mi dispiace.”
“Non dirlo neanche.” Giovanni gli si avvicinò e gli mise il braccio buono intorno alle spalle, tirandolo verso di sé e scompigliandogli i capelli rossi.
Martino sorrise, ma era ancora un sorriso un po’ malinconico. “Mi sono spaventato, non sono riuscito a reagire. Lo so che avrei dovuto dire qualcosa, m-”
“Senti.” Gio lo lasciò andare ma lo costrinse a guardarlo negli occhi. “Non c’è un modo giusto o uno sbagliato per reagire a queste cose. E sicuramente ieri sera prenderti un pugno in faccia non avrebbe fatto bene a nessuno. Smettila di colpevolizzarti, che basta già Nico per quello” sbuffò.
“Non mi sto colpevolizzando. Ma che vuoi dire su Nico?” Marti aggrottò le sopracciglia, confuso.
“Sì che lo stai facendo, da ieri sera. Non mi freghi. E devi smetterla, perché nessuno pensa che la cosa non ti abbia fatto incazzare solo perché non hai fatto partire una rissa. Hai capito?” Gio lo prese per le spalle e riuscì persino a trattenere una smorfia di dolore per lo sforzo di alzare il braccio.
Martino sospirò. “Ho capito” sussurrò in risposta. “Che volevi dire su Nico?”
“Si sente in colpa pure lui per non essere intervenuto.”
“Ma era lontano, non aveva sentito cosa mi stavano dicendo.”
“Sì, ma si sente in colpa lo stesso” Giovanni spostò lo sguardo su Niccolò. “Ma quando si è reso conto che quei due ce l’avevano con te, ormai la rissa s’era già avviata. E poi è durata un secondo zì, che cazzo poteva fare?” Alzò gli occhi al cielo. “Sofia m’ha trattato tutta la sera come un eroe di guerra, ma è stata na scazzottata di venti secondi. Però se me volete dà na medaglia…” ridacchiò.
“Quindi tutto bene con l’argentina?” indagò Marti.
“Sì, tutto bene.”
Martino riflettè per un istante se aggiungere un commento. Il buon senso gli diceva di stare zitto, ma lui non lo ascoltò. “Credo che la cosa stia facendo un po’ soffrire Eva…”
Gio distolse lo sguardo. “Eva mi ha tradito e poi mi ha mollato. Non si può proprio lamentare” rispose. Voleva usare un tono di voce duro, ma in realtà non ci riuscì.
Si sedettero entrambi con la schiena appoggiata alla parete e si risistemarono sotto le coperte. Rimasero così per un po’, in silenzio, in penombra, spalla contro spalla.
Poi controllarono i rispettivi cellulari, e per qualche minuto si persero nella lettura di messaggi e notifiche.
Ad un certo punto si udì uno strano rumore.
“Mia madre è uscita, ma ci ha lasciato la colazione” sussurrò Marti al migliore amico, il cui stomaco aveva appena brontolato sonoramente, tra le risate di entrambi.
“Mmm cosa?” si levò una voce dal pavimento. Dall’angolo di Niccolò, per la precisione.
“Zitti, ho sonno” si lamentò invece Luchino, con la testa completamente sotto la coperta.
“Shh” fece Elia, altrettanto assonnato, dandogli una spintarella.
“Lasciami stare” bofonchiò ancora Luchino.
“E tu stai zitto” replicò Elia, che non aveva neanche aperto gli occhi ma aveva infilato la faccia sotto il cuscino.
Dal letto non riuscivano a vederli, ma bastava sentirli per farli scoppiare a ridere.
Nel frattempo Niccolò si era sollevato a sedere, con la schiena appoggiata contro il cuscino contro la parete.
“Buongiorno” sorrise a Martino, che gli fece segno di raggiungerlo.
“Grazie per avermi lasciato il letto, zì” gli disse Gio.
“Ma ti pare” rispose Nico, alzandosi e stiracchiandosi. “Come va la spalla?” domandò, mentre si arrampicava sul letto e si sedeva accanto a Martino, stringendolo tra le braccia.
Marti gli diede un bacio sul collo e si accoccolò per bene nell’abbraccio.
“In gran forma!” esclamò Giovanni con un sorriso, muovendo le braccia come a dargliene una dimostrazione.
Si era sforzato di non mostrarsi sofferente, ma Martino se n’era accorto lo stesso.
“Gli fa male” disse infatti.
“Magari più tardi passiamo in farmacia” propose Nico.
La testa di Elia spuntò oltre il bordo del letto, segno che si era seduto.
“Ancora la spalla, zì? Sei un vecchio ohhhrmai” disse con uno sbadiglio.
La testa di Luchino spuntò accanto a quella di Elia. “Quindi non si dorme più?”
Niccolò, Martino e Giovanni scossero la testa all’unisono.
 
Sabato 6 aprile
Ore 11:26
Casa Rametta
Fecero colazione e quando mamma Rametta rientrò dal supermercato trovò le tazze pulite, le coperte e i cuscini in ordine nell’armadio e i cinque ragazzi lavati e vestiti.
“Ma ti sei portata via dieci cose per ogni scaffale?” chiese Marti, mentre lui e gli amici aiutavano a svuotare le numerose buste della spesa.
“Non sapevo cosa voleste per pranzo” si giustificò la donna, lasciandosi cadere sul divano e scalciando via le scarpe.
“Non si preoccupi, non disturberemo ancora a lungo” le disse Elia.
“Sì sì, le abbiamo invaso casa fin troppo” aggiunse Luchino.
“Io resto” disse invece Gio, estraendo un sacchetto di patatine da una delle buste. Lo aprì e ne prese una, poi andò ad offrirle alla mamma di Marti.
“Bene, sei appena diventato in via ufficiale il mio preferito” rispose la donna, prendendo una patatina. “L’onore di decidere cosa si mangia è tutto tuo.”
“Il preferito?” domandò Nico, incrociando le braccia al petto e fingendosi indignato.
Mamma Rametta rise. “Tranquillo tesoro, tu sei fuori competizione.”
“C’è un modo di riguadagnare punti?” domandò Elia, con tono sdolcinato.
“Possiamo restare anche a cena, se vuole” propose Luchino, e tutti scoppiarono a ridere.
“Mi dispiace per voi zì, ma in realtà anche io sono fuori dalla competizione, sono il suo preferito da sempre” replicò Giovanni, sedendosi proprio accanto a mamma Rametta e tenendo sospeso il pacchetto di patatine tra loro due, in modo che potessero servirsi entrambi comodamente.
“Però avete qualche chance di superare Martino” scherzò Niccolò.
“Ha ha ha che ridere” gli fece il verso Marti, però si avvicinò e gli diede un bacino sulle labbra.
 
Sabato 6 aprile
Ore 16:02
Casa Rametta
Dopo pranzo mamma Rametta andò a riposare e i cinque ragazzi si sistemarono sul divano a giocare a Fifa.
Gio e Luchino giocavano, seduti sul tappeto, Niccolò era seduto per terra con loro ma appoggiato alle gambe di Marti, e il rosso ed Elia erano sul divano.
A un certo punto, quest’ultimo diede una gomitata a Martino, che si girò di scatto a guardarlo con aria interrogativa.
Elia indicò con lo sguardo il cellulare di Marti, che era sui cuscini del divano tra loro due. Lo schermo era acceso e c’era la notifica di un messaggio di Eva.
Il ragazzo lo lesse e poi lo mostrò anche all’altro.
Ei Marti mi dispiace per ieri. Ero completamente ubriaca non capivo niente. Mi dispiace veramente. Come stai? E come sta Gio?
Elia guardò Marti inarcando le sopracciglia, come a chiedergli cosa avesse intenzione di rispondere.
Digitò: Stiamo bene, siamo tutti a casa mia ora. Non ti preoccupare, non è colpa tua. Tu tutto bene?, e inviò dopo aver ricevuto la silenziosa approvazione dell’amico.
La risposta arrivò pochi secondi dopo:
Anche io sto bene. Mi dispiace sul serio
E la conversazione si chiuse con un cuoricino inviato da entrambi.
Sia Marti che Elia guardarono Giovanni, che stava scherzando con Luchino e Niccolò sui punteggi della partita. Si guardarono di nuovo, ma non dissero niente. Entrambi lo conoscevano abbastanza bene da sapere che, nonostante l’argentina, Gio non aveva di certo dimenticato Eva, ed era evidente che anche la rossa fosse ancora innamorata di lui.
“Tutto a posto?” sussurrò Niccolò, sollevando la testa per guardare il suo ragazzo e l’amico. Gio e Luchino non li udirono, perché avevano cominciato a spintonarsi per gioco e a fare casino per un goal.
Martino si sporse in avanti per baciare una tempia di Nico.
“Certo, a posto” rispose Elia con un sorriso.
“CAZZO CAZZO CAZZO CHE DOLORE” strillò Gio, tenendosi la spalla.
“Oddio mi dispiace MI DISPIACE” gridò a sua volta Luchino.
“Non è colpa tua zì” rispose il riccio, con le lacrime agli occhi. “T’ho colpito col braccio sbagliato.”
“Basta così” sentenziò Martino, alzandosi in piedi cercando di non fare male al suo ragazzo. “Muovete il culo tutti quanti, andiamo in farmacia… e non voglio sentire ragioni!” aggiunse infine, quasi incazzato, verso Gio che stava per protestare.
“Va bene, va bene” cedette l’eroe di guerra. Niccolò e Luchino lo aiutarono ad alzarsi e poi finalmente uscirono tutti di casa.
Fine
   
 
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