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Autore: graciousghost    08/04/2019    4 recensioni
[Partecipa al contest "Lavoratori allo Sbaraglio" indetto da Laodamia94 sul Forum di EFP]
{Klaus/Dave ♥}
Per Dave, Klaus imbroglierebbe la Morte in persona.
Credeva di aver già affrontato l’inferno, Klaus, in molteplici forme; si era sentito ardere dalle fiamme dell’Ade quando suo padre lo rinchiudeva per ore al buio in compagnia dei defunti, ed era ugualmente certo di aver valicato il confine quando ogni nuova siringa gli bucava le vene.
Ciò che non sapeva è che l’inferno bruciasse in eterno, per quelli come lui.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Sottile come un filo di cotone

La prima volta che la vide, Klaus aveva cinque anni, eppure non ne ebbe paura. Fu grato, anzi, che almeno lei fosse una compagna silenziosa, in mezzo a tutto quel chiasso assordante.
I morti urlavano continuamente, nella sua testa; quella nenia sempre uguale – ti prego, aiutami - aveva ben presto sostituito la ninna nanna di Grace, cullandolo ogni notte nel più tormentato dei sogni.
Si sarebbe aspettato che anche la Morte in persona causasse un altrettanto lancinante dolore; ma quando la scorse al suo fianco, coi capelli e il vestito della stessa punta di bianco verginale, si sorprese della serenità che gli infuse nel cuore.
«Sei bellissima», le sussurrò, dimenticandosi per una volta dell’uomo dal volto aggrinzito che, spaesato, gli domandava dove si trovasse, inginocchiato ai piedi del suo letto.
La Morte non rispose a quell’osservazione; osservò per qualche istante il vecchio che stava loro di fronte, ridotto a un gomitolo di ossa e sudore, e sfiorò la mano sinistra di Klaus. Prima che il bambino potesse esaminarsi il palmo, il viso anziano dell’uomo si sgretolò davanti ai suoi occhi; Klaus pensò che fosse curioso che lembi di pelle, che un tempo avevano raccontato la storia di un essere umano attraverso un complesso puzzle di rughe e cicatrici, potessero ridursi in granelli di polvere con tanta facilità.
La Morte assistette, muta testimone, a quello spettacolo di putrefazione; tra le mani stringeva un tessuto nero in cotone, da cui lentamente sfilacciava un’estremità. Klaus studiò con attenzione quel rituale: a ogni filo che la Morte tirava da quella sciarpa funesta, il vecchio s’allontanava d’un passo dal regno dei vivi. Quando dell’uomo non rimase che cenere, la Morte scomparve, con la medesima grazia con cui s’era manifestata.
«E crudele», aggiunse Klaus, accovacciandosi al suolo e raccogliendo una manciata di quel pulviscolo grigiastro. Ne fece scivolare una parte dalle dita, osservando quanto quel flusso di decadenza assomigliasse a quello della sabbia in una clessidra. Solo allora si ricordò del gesto che la Morte aveva compiuto prima d’imporre la sua sentenza, e spostò lo sguardo sulla propria mano.


Sul palmo che la Morte aveva accarezzato, una sola parola a marchiargli l’epidermide: addio.

♠♠♠

Klaus se li era tatuati entrambi – salute e addio – per una questione di semplicità. Ogni volta che la Morte era indecisa sul destino da attribuire a qualcuno, tornava a fargli visita, l’ennesima sciarpa nera tra le dita ossute.
«Fa’ presto, questo tizio non ne vuole sapere di stare zitto», la pregò Klaus, la testa fra le mani e le ginocchia strette al petto.
La Morte si guardò attorno per qualche momento; erano anni che mancava da quella cameretta nella mansione degli Hargreeves. Riconobbe subito, però, le ante spalancate dell’armadio e la massa di vestiti in disordine che vi faceva capolino, gli scarabocchi sulle pareti e le cianfrusaglie sparse sul tappeto, le lenzuola sfatte e le candele sul comodino. La Morte riconobbe ogni dettaglio, e sorrise.
«Allora?», la incalzò ancora Klaus, sollevando finalmente lo sguardo e intrecciandolo al suo. La Morte piegò appena il viso sulla destra e inarcò un sopracciglio, serrando le labbra sottili; le occhiaie del Numero Quattro erano più profonde del solito, i solchi violacei si confondevano con le tracce sbavate del kajal nero. Anche i capelli erano più in disordine di quanto si aspettasse, e la barba pareva meno curata.
Klaus notò quel tacito rimprovero e si fece scappare un risolino amaro; gli unici ad accorgersi di quei lievi mutamenti erano un fratello defunto e la Morte. Non male, pensò, considerando che forse un tossico come lui non potesse meritare altra forma d’amore.
Il lamento incomprensibile dell’uomo tedesco che camminava inquieto per la stanza interruppe quel pensiero, tornando a sottoporgli, con urgenza, la necessità di alleviare il mal di testa.
«Ti spiace?», domandò alla Morte, porgendole i palmi. «Vorrei tornare al mio sonnellino pomeridiano».
Allora, la Morte si voltò verso il tedesco, sottoponendolo al più indagatore degli sguardi; ci mise meno tempo del previsto per destinarlo al regno degli inferi. Con un cenno del capo, indicò la mano sinistra – addio – e l’uomo si frantumò, quasi fosse uno specchio che andava in mille pezzi.
«Alla prossima», sospirò finalmente Klaus, massaggiandosi la tempia e socchiudendo gli occhi. La Morte incurvò appena le labbra all’insù e si accomiatò dal suo figlioccio mortale.

Nella camera tornò il silenzio, e Klaus desiderò avere una pasticca.

♠♠♠

Credeva di aver già affrontato l’inferno, Klaus, in molteplici forme; si era sentito ardere dalle fiamme dell’Ade quando suo padre lo rinchiudeva per ore al buio in compagnia dei defunti, ed era ugualmente certo di aver valicato il confine quando ogni nuova siringa gli bucava le vene.
Ciò che non sapeva è che l’inferno bruciasse in eterno, per quelli come lui.

«Voi nascete oggi», tuonò il comandante della 173esima brigata, «dimenticate chi eravate ieri: non siete più figli, né mariti, né padri». Klaus aggiunse nella sua testa: né fratelli. «L’unica altra esistenza di cui dovrete preoccuparvi è quella dell’uomo al vostro fianco». E Klaus avvertì il dorso della mano di Dave che sfiorava la sua mano destra – salute.
«Voi siete nati insieme, e insieme starete per sempre», continuò il comandante degli Sky Soldiers, mentre scrutava quei volti incerti, tentando d’indovinare quanti di loro sarebbero stati uniti dallo stesso funesto fato. Gli sembrarono tutti ugualmente fragili, quei militari di cartapesta, pronti a sfaldarsi alla prima pioggia.

Klaus non poté vederla, ma la Morte vegliava su di loro; in mano aveva già centoquarantadue sciarpe [1].

♠♠♠

Dalla brandina di Dave non proveniva alcun fiato.

Di solito, a quell’ora, lui e Klaus combattevano l’afa – e l’olezzo del sangue – raccontandosi storie su quelli che erano un tempo, prima di rinascere soldati. Klaus non amava parlare di Reginald, o di Five e della sua apocalisse, o della faida infinita tra Luther e Diego. Ben sì, gli mancava; nel Vietnam del 1968 lui non era ancora nato – non era ancora morto – e Klaus non poteva vederlo.
«È l’unico a cui importi davvero qualcosa di me», ricordava Klaus, solleticandosi il tatuaggio dell’Accademia sul polso. «L’unico per cui faccia davvero la differenza che io viva o muoia».
«Andremmo d’accordo, allora», lo rasserenava Dave, disegnando costellazioni sulle guance arrossate di Klaus. «Per me fa tutta la differenza del mondo».
E, in quelle mani gentili che risvegliavano le cellule morte, Klaus ritrovava la pace.

Ma, quella notte, i loro racconti s’erano messi in pausa. Dave era taciturno: si tormentava le medagliette che portava al collo, incurante delle gocce di sudore che gli colavano fino al mento. Il volto era pallido e smunto, il sorriso dolce incrinato in una smorfia di dolore.
Klaus era inginocchiato alla sua sinistra, le mani giunte e la fronte poggiata sul materasso sudicio. Non sapeva pregare, Klaus; non Dio, perlomeno. Allora, pregò la Morte, sua madrina e prima compagna d'armi; poteva già sentirlo, il fruscio del filo che si srotolava, ma non voleva sollevare il capo, né rivolgerle i palmi.
«Ti prego, non ancora, ti preg-», la voce gli si strozzò in gola, quando avvertì il braccio della Morte avvicinarsi alla mano sinistra – addio. Ma Klaus non poteva dire addio, non a Dave, non all’unica versione di se stesso che non detestasse.
Avvenne nel tempo di un battito di ciglia: Klaus roteò su se stesso, e la Morte gli toccò la destra – salute.
Vivi, Dave, vivi.

La Morte si sentì imbrogliata, ma Klaus non se ne accorse; le sue labbra stavano già risanando quelle di Dave.

♠♠♠

C’era sempre un prezzo da pagare, la Morte lo sapeva bene. Il tempo preso in prestito porta con sé un’implacabile data di scadenza.
Klaus, però, non lo sapeva, e quando Dave cadde oltre la barricata, la sua bocca non poté far altro che disegnare una o di stupore – e orrore.
In mezzo allo sfrigolio delle granate, la Morte gli si avvicinò.
«Voi siete nati insieme», gli ricordò la Morte, ma Klaus non poteva sentirla. Era la prima volta che gli rivolgeva la parola, eppure le orecchie di Klaus avevano annullato ogni suono, ogni sparo e ogni urla di dolore. Le orecchie di Klaus avevano bloccato ogni rumore che non fosse il battito cardiaco di Dave, che sentiva scivolargli via dalle dita, come quei granelli di polvere di uomo di tanti anni prima.

«E insieme starete per sempre», sentenziò la Morte, srotolando l’ultimo filo nero.

La vita di Dave si spezzò, così.
Sottile come un filo di cotone.

Anch’egli era caduto nelle mani della Morte.

fine

***
Note Autrice:

[1] 142 furono i soldati Americani morti nella battaglia della Valle di Shau, Vietnam, 1968.

La storia è stata scritta per il contest Lavoratori allo sbaraglio di Laodamia94: uno dei punti del mio pacchetto prevedeva di inserire una ripresa di una fiaba. Ho scelto di scrivere un adattamento di Comare morte – Der Gevatter Tod, dei Fratelli Grimm: nella fiaba, un ragazzo ha per madrina la morte in persona, la quale gli facilita la carriera da medico, indicandogli, davanti a un infermo, se egli sia destinato a vivere o a morire, semplicemente posizionandosi ai piedi o alla testa del letto. Il ragazzo, però, tenta d’imbrogliare la morte quando a essere malata è la principessa di cui è innamorato: vedendo la morte posizionarsi alla testa del letto della ragazza, sceglie di spostare la posizione del corpo di lei, in modo da invertire il messaggio della morte. Con questo stratagemma, la ragazza è salva. Tuttavia, la morte è infuriata: per vendetta, fa cadere la candela che simboleggia la lunghezza della vita del ragazzo. Cadendo a terra, la candela si spegne e il ragazzo muore. Per maggiori informazioni, qui si può leggere una traduzione in italiano della fiaba: Comare morte.
Spero che sia chiara l’interpretazione che ho voluto dare nella mia storia: ho preso spunto dai tatuaggi di Klaus (hello/goodbye – salute/addio) – che sono, canonicamente, una tavola ouija – e li ho resi lo strumento con cui la morte gli comunica il destino degli uomini. Anche Klaus tenta d’ingannare la morte per salvare Dave, ma il destino a cui lui e Dave vanno incontro nella mia storia è diametralmente opposto a quella della fiaba originale. La vendetta della morte cala su Dave, non su Klaus. Ho dovuto poi sostituire la candela della fiaba originale con una sciarpa, che era il prompt del mio pacchetto ^^ L’ultima frase della mia storia, a destra, è anche l’ultima frase della fiaba.
L’altro prompt è la citazione: “Voi siete nati insieme, e insieme starete per sempre”, i cui credits vanno al suo autore, Kahlil Gibran.
Insomma, non è stato facile far quadrare il tutto e, al contempo, essere fedele a Klaus, Dave e alla loro straziante storia d’amore, cui spero d’aver reso giustizia.


graciousghost

   
 
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