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Autore: ellephedre    09/04/2019    5 recensioni
Makoto Kino è innamorata. Gen Masashi la segue a ruota.
Con una relazione nata nella battaglia, non hanno più segreti tra loro, eppure hanno ancora molto da scoprire l'uno sull'altro. E non vedono l'ora di farlo.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Makoto/Morea, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le stelle Saga'
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Corrente naturale

 

 

Corrente naturale

di ellephedre

 

 

 

Febbraio 1998 - Lettera d'amore

«Un ragazzo ti ha mai scritto qualcosa, Shori?»

Sua sorella stava sistemando i capelli davanti allo specchio e si fermò nell'atto di allacciare la coda, alta sulla nuca. «Perché me lo chiedi?»

«Per sapere» rispose Gen. Si stava scervellando da giorni su cosa scrivere a Makoto, faticando non solo a scegliere le parole, ma persino gli argomenti.

Shori era sospettosa, non era da lui farle simili domande. «A che ti serve?»

Confessare era l'unica opzione. «Sto cercando di capire cosa vuole leggere Makoto. Mi ha chiesto di scriverle una lettera.»

Il sorriso di sua sorella si allargò fino a tagliarle in due la faccia. «Scriverai una lettera d'amore per San Valentino?»

Lui cercò di non imbarazzarsi: non era certo il primo a fare qualcosa di sciocco per la propria ragazza. «Allora? Da donna, cosa vorresti leggere in una lettera del genere?»

«Be', i tuoi sentimenti.»

Era un suggerimento troppo generico. «Makoto li conosce già. In che modo dovrei infiocchettarli? Serve che parli di episodi specifici o...?»

«Se pensi che dire cose romantiche equivalga a infiocchettare, parti già col piede sbagliato.» Shori incrociò le braccia, dandosi l'aria di donna saggia. Adorava mettersi sul suo stesso piano, le volte che Gen lo concedeva. «Mi piacerebbe istruirti, ma non sono la persona adatta: io sono come te, mi vergogno persino a sentire 'mi piaci'. Chiedi a Miki. Lei ha già ricevuto qualche lettera d'amore.»

Lui cercò di non trasalire. Stavano parlando di sua sorella di quindici anni, che la sera indossava ancora il pigiama con gli orsetti?

Shori capì il proprio errore. «Ops. Non dovevo dirlo?»

Nessuno lo aveva informato di possibili pretendenti, di sicuro di proposito. Sospirò e prese la via delle scale, diretto al foglio bianco che lo attendeva sulla scrivania.

Shori lo chiamò dal basso. «Non rovinare la festa a Miki! Ha dei piani per San Valentino!»

«Non farò niente» dichiarò rassegnato. Non si sarebbe neppure confrontato con Miki sulle sue preferenze in materia di lettere d'amore. Aveva già fatto un grande sforzo per parlarne con Shori, davanti a sua sorella minore si sarebbe sentito troppo stupido. Doveva conservare un minimo di autorità. Restava il problema: mancavano un paio di giorni a San Valentino. Forse doveva andare in qualche biblioteca, a cercare esempi di missive romantiche.

Nella sua stanza ricadde col sedere sulla sedia, abbandonando la testa all'indietro.

Tutti quegli sforzi stavano rendendo l'intera operazione troppo costruita. Ormai non aveva problemi a dire a Makoto 'ti amo',  tutte le volte che lei voleva ascoltare quella dichiarazione. Ma si sentiva ridicolo a scrivere su carta simili parole, per di più elaborando sul concetto. Aveva provato ad andare a braccio, ma ne era saltato fuori un testo penoso.

 

"Da quando ti conosco, sto bene ogni giorno con te.

Ti scrivo questa lettera per farti un regalo di San Valentino, perché voglio farti felice.

Non so bene cosa dire, ma... mi piaci. Mi piace tutto di te.

Ti amo - ormai riesci a farmelo dire senza problemi - al punto che te lo sto scrivendo in una lettera..."

 

Rileggendo le quattro righe, si era reso conto che sembrava venisse costretto a buttare giù quel testo, come se non ne avesse alcuna voglia. In parte era la verità, ma persino lui capiva che non era il caso che trasparisse. Perché poi si stava impegnando tanto? Probabilmente Makoto si era già dimenticata della piccola promessa che gli aveva estorto. Di certo non se la aspettava come regalo di San Valentino. In teoria lui avrebbe potuto rimandare, ma... tergiversare era contro la sua natura. Non serviva a nulla e non faceva che nascondere il pensiero che aveva rimandato in un angolino della mente. Poi se lo ritrovava in testa nei momenti più inaspettati, a ossessionarlo. Meglio liberarsene e basta.

... liberarsene? Era proprio l'emblema del romanticismo.

D'impulso iniziò una nuova lettera. "Non sono un romantico" scrisse.

Alla nuova riga rimase con la penna sospesa per aria, non sapendo come proseguire.

Shori aveva detto che una ragazza in una lettera voleva leggere i suoi sentimenti. I suoi veri sentimenti - lasciando stare l'imbarazzo che lui provava all'idea di metterli per iscritto. Pertanto la domanda che doveva farsi era solamente... 'Cosa provo per Makoto?'

Aveva una risposta ben definita in testa, articolata in impeti ed ansie che non erano adatti ad una lettera d'amore. Chissà come mai Makoto voleva vedere i suoi pensieri impressi in un foglio. Forse per leggerli, rileggerli e... Intuendo la verità, Gen appoggiò la punta della penna sulla carta.

Le parole aleggiavano nell'aria, transitorie. Gli scritti invece rimanevano eterni, ad imperitura memoria. Dunque, era questo? Makoto continuava a pensare a un periodo in cui non sarebbero più stati insieme?

Avrebbe potuto andare da lei a dirle di smetterla con quelle paure, ma non ne aveva diritto. 'Per sempre' era una promessa che non riusciva a esprimere a fronte della vita che Makoto avrebbe condotto. A volte si convinceva che, se si fosse trattato solo di lui...

Ma aveva delle persone per cui era responsabile. Sua madre, Shori e Miki. In qualunque cosa si fosse invischiato rimanendo con Makoto, avrebbe trascinato la sua famiglia con sé - anche se si fosse allontanato da loro. Non poteva prendere una simile decisione per altre tre persone.

Inoltre lui amava Makoto - da morire - ma non era sicuro che avrebbe amato l'esistenza eterna e impostata in cui lei lo avrebbe costretto a vivere. Non era nemmeno certo che l'avrebbe amata Makoto stessa, ma... se era Giove, col tempo lei si sarebbe adattata.

Quindi la lettera poteva servirle come ricordo? 

Se lui fosse stato codardo - o sensato, doveva ancora capirlo - un giorno lontano, molti anni dopo che si fossero separati, Makoto avrebbe riletto quella lettera, ricordandosi del ragazzo che tanto aveva amato in passato. Solo pensarci gli comprimeva il petto.

Non voglio lasciarti.

Con quelle parole lui avrebbe espresso un sentimento onesto, ma contraddittorio se in futuro avesse finito con l'interrompere la loro relazione.

O magari sarebbe stata Makoto a mollarlo. Era innamorata di lui, ed era estremamente paziente con la sua indecisione, ma tra qualche tempo poteva stufarsi di non avere un responso chiaro sul loro futuro insieme. 

Il foglio con un'unica riga lo guardava di rimando, carico di significati che solo lui poteva assegnargli.

Non gli andava più di partire con 'Non sono un romantico'. Appallottolò quell'ennesima prova e fece scivolare sulla scrivania un foglio nuovo, intonso, deciso a scrivere poche affermazioni chiare - senza contesto, giusto per cominciare.

Ti amo.

Banale, ma vero.

Amo ogni giorno che passo con te.

Sempre banale e ancora più sdolcinato, ma altrettanto vero. 

Cercò di farsi venire in mente dei momenti a cui fare riferimento, delle sensazioni... Qualcosa che gli permettesse di scrivere ciò che provava senza esprimere concetti conflittuali. Non potevano esserci 'se' o 'ma', né promesse che non era certo di poter mantenere o cose dette a metà.

Adoro i tuoi occhi verdi.

... era uno scrittore patetico. Ma già che c'era...

Vorrei guardarli per il resto della mia vita.

Rileggendo, rallentò il respiro. Quel desiderio non era una specie di promessa?  No. Se voleva guardare gli occhi di Makoto per il resto della sua vita, non gli bastava chiederlo a lei. Era possibile che un giorno Giove non avrebbe più voluto essere legata a un misero essere umano.

Lui non si figurava in testa una Makoto crudele, che di punto in bianco gli diceva che tra loro era finita. Lo immaginava accadere lentamente. Lei che si prendeva sempre più responsabilità di governo. Lei che si occupava di cose più grandi di loro, accorgendosi col tempo che un ragazzo che voleva solo una vita comune non era la persona adatta a stare al suo fianco.

Nel proprio futuro Gen aveva immaginato la rincorsa verso il sogno di diventare architetto. Col tempo, una famiglia. Quando si fosse sentito pronto, dei figli, perché no? Tutto ciò mentre continuava a lavorare ai propri progetti. In quello scenario riusciva a vedere Makoto accanto a sé, con la sua pasticceria. Ma lei avrebbe abbandonato il negozio tra non più di tre anni. Avrebbe detto addio a tutti gli sforzi che stava facendo in quei mesi per dirigersi verso una vita che le richiedeva responsabilità immani. Lei non lo stava mettendo in dubbio: era serena, sicura. Il problema era solo suo, che non riusciva a capire la determinazione con cui lei era disposta a rinunciare a tutto quanto.

Tuttavia, proprio per questo...

"Adoro i tuoi occhi verdi.

Vorrei guardarli per il resto della mia vita."

Era vero, no? Non era una promessa, era semplicemente quello che provava. 

Se avesse potuto, avrebbe scelto di guardare Makoto negli occhi ogni giorno, per quel che rimaneva della sua semplice esistenza.

    


       

Makoto non stava più nella pelle: era arrivato San Valentino! Lei e Gen erano in strada, davanti a un cinema, in fila per comprare i biglietti di una pellicola che smaniava di vedere da settimane. «Sicuro di voler vedere questo film proprio oggi?»

Gen la teneva a braccetto, stringendosi nel cappotto nero che aveva indossato - il più elegante che possedeva. «Sono sicuro, ne parli da settimane. Non troviamo mai il tempo - o la voglia. Nel weekend ti ho fatto restare a casa troppe volte.»

Come se lei avesse protestato. «Anche io ero stanca, non mi andava di uscire.» Nel giorno di pausa dal lavoro dedicava volentieri quel poco di energia che aveva a lui.

«Di questo passo» ragionò Gen, «il film sarebbe andato fuori programmazione.»

A lei non sembrava. «Titanic continua a incassare tanto. Sono curiosa! Ha fatto piangere persino Ami - e Rei, che è un cuore di pietra glaciale per queste cose. Dice sempre che non si fa incantare dalle sdolcinatezze, ma se questo film l'ha commossa...»

«Siamo già qui, non devi convincermi.»

In un certo senso aveva cercato di convincere se stessa. Adorava l'idea di vedere un film romantico col suo ragazzo, ma San Valentino per quanto la riguardava era un giorno dedicato a tutti e due. Voleva che Gen se lo godesse almeno quanto lei e non le sarebbe dispiaciuto troppo se lui avesse deciso di farla uscire da quella fila, magari per portarla in una bella camera d'albergo. Lei avrebbe pagato volentieri la metà, non era questione di soldi. San Valentino era una notte magica. Ovviamente stare con Gen era un'esperienza preziosa in ogni momento - soprattutto in frangenti come quelli, in cui lui faceva di tutto per accontentarla.

Aggrappandosi al suo braccio lo tirò a sé, per stampargli un bacio sulla guancia. «Grazie. Prometto che dopo non sarò troppo stanca per passare altro tempo insieme. Domani non apro il negozio, ormai lo sanno tutti i miei clienti.»

«Fino ad oggi hai fatto gli straordinari.»

Tremava al solo pensiero dell'orda di San Valentino che aveva appena terminato di affrontare. «È finita. Piuttosto, mi dispiace di non essere riuscita a prepararti un dolce più elaborato...»

Lui digrignò i denti. «Visitando il tuo negozio mangio cioccolato da settimane. Sono pieno.»

Le uscì una risatina. «L'anno scorso sono stata più brava. Quest'anno il nostro San Valentino è incentrato su te che mi porti a vedere un film che voglio io, ma il prossimo anno...» Si interruppe, senza volerlo. Presumere che sarebbero stati insieme tra dodici mesi era azzardato.

Gen aveva voltato la testa nella sua direzione. Legò gli occhi scuri ai suoi per qualche interminabile secondo, senza sbattere le palpebre. Poi prese una decisione. «Il prossimo anno organizzerò io qualcosa di speciale.»

Nel cuore di Makoto si diffuse un calore corroborante, dilagante. Gli bastava una parola, un'intenzione, per renderla completa, viva, una supernova di felicità e commozione. «Va bene.» Nascose la faccia contro la sua spalla.

Gen la conosceva abbastanza da capire cosa stesse cercando di nascondere. «Non piangere prima che sia iniziato il film. Non ho portato abbastanza fazzoletti.»

Aveva ragione lui, non era tempo di lacrime. «Ne ho portati io. Magari ne servirà qualcuno anche a te.»

«Per il film? Non penso.»

Capiva la sua perplessità, ma... «Ami ha detto che Alex si è commosso.»

«Golden boy non fa testo.»

Oh, era il solito! «Anche Yuichiro è rimasto colpito. E Usagi ha detto che secondo lei persino Mamoru era strano dopo il film.»

Messo davanti all'evidenza, Gen mostrò i primi dubbi.

Lei era ansiosa di sapere come avrebbe reagito. Si sarebbe girata a guardarlo in continuazione, per tutta la durata della pellicola. Non vedeva l'ora di entrare in sala.

      

Tre ore e mezza più tardi, la notte era calata su Tokyo e il viso di Makoto era rigato di lacrime appena asciugate. Tanta commozione metteva Gen a disagio: gli faceva venire voglia di abbracciarla e rattristarsi insieme a lei. «Dài» la incoraggiò, mentre si muovevano verso la macchina. «Quei due si sono ricongiunti nella morte, no?»

Invece di consolarla, le sue parole la confusero. «Ma Rose non era morta.»

«Come no? Si addormentava e sognava il tizio mentre tornava giovane. Non è possibile solo nell'aldilà?»

Makoto si perse in una breve riflessione. «Secondo me era solo un sogno. Rose ha rivisto Jack da giovane perché si trovava sopra il Titanic, nel mare. Dopo il racconto che aveva fatto agli altri, i ricordi erano freschi nella sua mente. Chissà quante volte era tornata indietro nel tempo, nei suoi sogni, con la speranza di rivivere quei giorni lontani. Presto potrà ricongiungersi con Jack nell'aldilà, ma... non so. Non mi era venuto in mente che fosse morta proprio in quel momento, addormentata su quel letto. È troppo deprimente.»

Gen non voleva rattristarla di più, perciò non insistette con un'idea di cui continuava a rimanere convinto.

Nell'aria frizzante di metà febbraio, Makoto rimase aggrappata al suo braccio. «Sai che ti amo come Rose amava Jack? Anzi, come Jack amava Rose.»

Simili tenerezze erano proprio da Makoto. «Lo so. Hai fatto l'impossibile per salvarmi la vita, mettendoti a rischio.»

Lei si sorprese, come se non si fosse aspettata un riferimento preciso al loro passato. «Già. Ma volevo dire che...» Lo guardò in volto. «Mi rende felice la sola idea che tu sia vivo. Ora ti sono vicina, però... se fossi lontano da me, mi basterebbe sapere che tu stai bene. Penserei a te anche da morta, vegliandoti.» Abbozzò un sorriso, rendendosi conto dell'esagerazione che le era uscita di bocca. «Ti aleggerei intorno come un fantasma invadente! Rimarrò viva, non preoccuparti, così non ti infesterò la vita.»

Gen la strinse con più forza, involontariamente. Non poteva immaginarla morire prima di lui. «Tu vivrai per mille anni.»

Makoto smise lentamente di camminare. «Me ne basterebbero altri cento.» Fece una pausa, più pregnante di quello che aveva inteso. «Anzi, me ne basterebbero cinquanta se significasse che non vivrei un solo giorno più di te.»

Come faceva a mandargli sempre in pezzi il cuore? Per rimanere integro Gen la strinse con entrambe le braccia, baciandola.

Continuò a respirare solo per l'ardore con cui lei rispose a ogni suo gesto, tenendogli la testa tra le mani, mentre lui affondava le dita nei suoi capelli. 

Non poteva darle proprio ora le tre righe strimizinte che aveva scritto nella sua patetica lettera. Alla fine non era riuscito ad aggiungere altro e le sue misere dichiarazioni sembravano ancora più povere dopo tutto il romanticismo del film.

Staccandosi, Makoto respirò contro le sue labbra. «Portami a casa prima che San Valentino finisca.»

      

A letto, dopo aver dissetato la loro passione, Gen non riuscì a rimanere sdraiato sulla schiena come suo solito. Avevano spento la luce e avrebbe dovuto dormire, ma rimaneva sdraiato su un fianco, con una mano che sfiorava la schiena di Makoto e l'altra che, dall'alto, le muoveva indolentemente qualche filo di capelli. Lei aderiva al suo corpo in pace, le gambe intrecciate alle sue senza emettere suono.

Gen si concentrò sul calore della pelle sotto le sue mani e a non più di un centimetro dalla bocca. L'odore dolce e inteso di Makoto gli penetrava nelle narici. Non avrebbe potuto percepirla maggiormente nemmeno se fosse riuscito a guardarla in faccia, alla luce. Appoggiò le labbra sulla sua fronte, piano. Scese sul naso, donando anche lì un bacio. Lei emise un sospiro beato.

Fermandosi, lui le scostò la frangetta.

«Non smettere.»

Era un ordine che lo rendeva felice. «Se fosse per te, dovrei baciarti sempre.»

«Hm-hm.»

Accontentarla era un piacere. Procedette con più calma, quasi cercando di infliggerle una piccola tortura. O forse, era semplicemente bello prendersi il tempo di percepire appieno ogni singolo contatto di labbra, dal momento in cui appoggiava la bocca sulla sua pelle fino a quando produceva quel piccolo suono bagnato, separandosi da lei.

«Gen?»

«Hm?»

Per lunghi secondi Makoto non proseguì, privando l'aria persino del suono del suo respiro.

«Non lasciarmi andare finché proprio non potrai.»

Lei doveva smetterla: con una sola frase era capace di mandarlo in paradiso o gettarlo negli inferi della disperazione. «Cosa vuol dire?»

«Solo... avrò sempre bisogno di un altro di questi baci.» Makoto si mosse contro il suo corpo, allungandosi, baciandolo sul mento, sulle labbra, con delicatezza infinita. Lo abbracciò con la stessa cura. «Non lasciarmi senza l'ultimo bacio. Mi farebbe male non averlo ricevuto.»

Il solo pensiero già gli generava dolore. «E dopo l'ultimo?»

Vi fu un lungo silenzio.

«Non lo so. A volte parlo senza pensare.»

A Gen non riusciva. Proprio perché non sapeva cosa dire - o promettere - riempì Makoto di baci e amore disperato.

   


   

Nei due giorni successivi Gen percepì che Makoto si comportava in maniera anomala. Strano, pensava che la loro serata di San Valentino si fosse conclusa bene. Alla fine si era lasciato sfuggire persino qualche dichiarazione particolarmente romantica: era arrivato a citare il testo della canzone finale di Titanic, traducendolo per Makoto, che non aveva la sua stessa padronanza dell'inglese. Lei gli era parsa serena la mattina dopo, ma nelle ultime due chiamate che si erano scambiati aveva avuto poco tempo per parlargli e sempre qualcos'altro da fare. A lui non sembrava casuale.

La chiamò di nuovo quella sera, per avvertirla che sarebbe passato a trovarla al negozio, all'ora di chiusura. Lei lo fermò subito. «Oggi ho una cosa da fare a casa di Ami.»

«Ah... okay.»

«Possiamo vederci dopo?»

Rasserenato, lui annuì. «Passo a prenderti, fammi sapere quando.»

Alle otto si trovava sotto casa Foster. Makoto era appena uscita dal portone e stava correndo verso il suo furgone, raggiante.

L'ondata di allegria lo stranì. «Tutto a posto?»

«Sì!»

«Come mai ridi in quel modo?»

Makoto si moderò. «Ecco... abbiamo parlato del matrimonio di Ami! Ho avuto la conferma che farò io la torta! Realizzerò anche delle statuine, come per Usagi. Cercherò di farle ancora più carine e precise ora che ho tempo!»

Se il suo entusiasmo era dovuto a quello, era comprensibile: Makoto adorava creare con le mani, nei piccoli lavoretti metteva tutta se stessa. Lui la capiva: quando realizzava i propri disegni si impegnava allo stesso modo.

Nel tragitto verso casa Makoto gli parlò per esteso dei progetti che aveva per la torta. «Con cinquanta invitati ci vorranno almeno cinque strati. Magari potrei fare una composizione variegata... Sai, non una torta classica a piramide. Devo chiedere cosa preferiscono.»

Arrivarono davanti al condominio in cui abitava.

«Sali?» gli chiese lei.

Gen si era dimenticato di precisare. «Domani devo essere in un posto alle sette e mezza. E mi sono dimenticato di portare vestiti di ricambio.»

Lei si rammaricò con lui. «Sono a casa tua, vero?»

Già. «Vorrei salire, ma se mi addormento nel tuo letto...»

«Poi non ti svegli più. Non preoccuparti, guarda che viso stanco che hai. Cos'hai fatto oggi?»

«Gli altri mi hanno chiesto una mano per una ristrutturazione. Ne ho approfittato, mi hanno pagato bene.»

Makoto conosceva il vero motivo dei suoi sforzi. «Lo hai fatto perché ti è piaciuto, non per i soldi.»

Ebbene sì. Gli mancava il lavoro manuale. Ogni tanto aveva bisogno di costruire qualcosa.

Sorridendo, lei decise di intrattenerlo con qualche chiacchiera prima di salutarlo. «Ti confesso una cosa. Andrò a rivedere Titanic con le ragazze.»

Gen cercò di non fissare il soffitto con troppa esasperazione. «Ancora?»

«Tutte vogliamo guardarlo di nuovo, questa volta insieme! Minako ha un sacco di commenti da fare ed Ami vuole vederlo al cinema per la prima volta. Sullo schermo di un aereo non rende.»

Titanic era proprio il film per ragazze perfetto: anche le sue sorelle ne erano state conquistate.

«Rei» gli raccontò Makoto, «ha avuto l'ispirazione per un'altra canzone romantica. Non venderà come quella di Celine Dion, ma ho sentito qualche strofa ed è stupenda! Rei è bravissima con le parole, butta lì tutti i sentimenti romantici che normalmente nasconde.»

A proposito di quelli.... Gen ricordò che in macchina aveva ancora la busta con la lettera che non era riuscito a consegnarle. Anche se era incompleta, magari a lei avrebbe comunque fatto piacere leggerla. «Senti...» Si sporse ad aprire il vano nel cruscotto, dal suo lato. «L'altro giorno mi sono ricordato di una cosa che mi avevi chiesto. La stavo preparando per San Valentino, ma alla fine il risultato non mi ha convinto. Non è una lettera nel vero senso della parola, sono appena tre righe... Prendila come una prova, okay? Dammi dei suggerimenti, così potrò scrivertene una migliore.»

Comprendendo cos'aveva in mano, Makoto sussultò. «È una lettera d'amore?»

Sentir associate a lui quelle parole lo imbarazzò. «Più o meno. È una bozza.»

Senza perdere tempo, lei estrasse il foglio dalla busta e lesse.

"Ti amo

Amo ogni giorno che passo con te.

Adoro i tuoi occhi verdi.

Vorrei guardarli per il resto della mia vita."

     

Il silenzio che si diffuse nell'abitacolo durò a lungo. A disagio, Gen deglutì. Makoto non stava reagendo in alcun modo. Guardava le parole della lettera e non diceva nulla.

Mantenendo un certo contegno, lui evitò di incalzarla e si mise a fissare il volante, in attesa. Non le avrebbe domandato se era stato troppo sdolcinato. Non avrebbe denigrato ulteriormente la propria incapacità di scrittura, né avrebbe detto o fatto qualunque altra cosa che lo facesse passare per uno stupido più grande di quello che già era.

Udì un rapido inspirare. Gli occhi di Makoto erano diventati lucidi.

«Mako, non...»

A lei tremarono le labbra. Un singhiozzo improvviso la costrinse a coprirsi la faccia. «È bellissima! È perfetta così, la terrò per sempre!»

... quindi era come aveva creduto: la lettera era pensata per diventare un ricordo.

Non riuscì a frenarsi; non ce la fece proprio più. «Ci sarò io a dirti queste cose di persona. Per sempre.»

Scoppiando a piangere, lei si arrampicò oltre il cambio, salendogli in braccio.

Lui cercò di non farsi travolgere dalla stessa infelicità, o l'avrebbe stritolata. La consolò strofinandole la schiena, parlando anche a se stesso. «Basta. Basta.»

Lei annuì contro il suo collo, deglutendo e tentando di respirare.

«Domani» le disse. «Domani andiamo insieme da Ami, okay? Le chiediamo di studiarmi col suo computer. Così cominciamo a capire come funziona questa cosa del... dell'immortalità.»

Con un sussulto, lei smise del tutto di singhiozzare. «... Veramente?»

Sì, pensava di sì. E al diavolo tutto il resto, almeno per il momento. Andando avanti con quella incertezza si sarebbe distrutto da solo. Nemmeno la sua famiglia avrebbe voluto vederlo in quello stato. 

Makoto non si era ancora scostata per guardarlo. Dopo un po' appoggiò il viso contro il suo collo. «Adesso non credo di riuscire a lasciarti andare.»

Andava bene lo stesso. «Dormo da te e mi sveglio alle cinque. Mi inventerò qualcosa.»

Le braccia di lei lo strinsero energicamente, con quell'ardore che lui non si era concesso, per non scoppiare. «Non so se ti merito.»

Certo che sì. Dio, certo che sì.

   


     

Makoto avrebbe dovuto sentirsi felice. Era immensamente felice, ma al contempo era preoccupata. Cos'aveva fatto promettere a Gen? 

In quei giorni, con tutti i suoi piagnucolii, lo aveva fatto sentire in colpa. 'Non lasciarmi senza l'ultimo bacio' di qui, 'ti amerò anche da morta' di là... Lui teneva moltissimo a lei, per forza si era sentito in dovere di replicare a modo e di farla sentire meglio. Makoto sapeva di esagerare riducendo le sue intenzioni in quel modo - c'era la lettera, dopotutto - ma...

Nel buio della notte, guardò il viso di lui senza riuscire a dormire. 

Le sembrava di essere un'enorme egoista. Stava andando tutto come voleva lei: avrebbe avuto il suo potere, il suo destino Sailor e un ragazzo che la amava così tanto da sacrificarsi pur di starle accanto per l'eternità che doveva affrontare.

... non era giusto.

Dov'era il lieto fine di Gen? Non poteva incentrarsi completamente su di lei, lui non era quel tipo di ragazzo. 

Gen sarebbe stato felice rinunciando al suo sogno di diventare architetto? Oh, un giorno lontano avrebbe finito col progettare la nuova Crystal Tokyo, ma ci sarebbe voluto molto tempo.

Come avrebbe potuto acquisire esperienza rimanendo a fianco di una persona che avrebbe messo in pericolo la sua vita? Sarebbe stato in grado di trovarsi un lavoro? Sarebbe stato sicuro per lui muoversi per il mondo senza un qualche tipo di protezione? Delle guardie del corpo lo avrebbero soffocato. Magari, tutti insieme, sarebbero riusciti a inventarsi uno scudo magico o qualcosa di simile per proteggere le persone che amavano, ma non era una soluzione che poneva fine a tutti i problemi. La loro presenza sarebbe stata ingombrante nelle vite di coloro che si sarebbero trascinati dietro.

A Gen per esempio non sarebbe piaciuto quando, presentandosi a qualcuno, gli altri avessero visto prima di tutto il suo collegamento con lei. Non sarebbe stato Gen Masashi, architetto, bensì Gen, il compagno di Giove.

Per non parlare di tutto il resto. Per lui sarebbe stato devastante perdere la sua famiglia. Sua madre, le sue sorelle... Miki e Shori, lentamente, sarebbero diventate più vecchie di lui. Un giorno Gen sarebbe stato come lei, solo al mondo. Guardandosi attorno si sarebbe accorto di essere circondato unicamente di ricordi. Ecco cosa significava per loro parlare insieme di immortalità. 

Per non svegliarlo, Makoto cercò di non accarrezzarlo con troppa energia.

Voleva passare il resto della sua vita con lui, ma non avrebbe mai dovuto accettare alcuna promessa da parte sua.

        

Il giorno dopo, l'aiutò molto che Gen avesse da lavorare. Avrebbe dovuto essere un giorno di riposo per lei, ma siccome la sua testa era piena di pensieri, nulla le serviva più che impegnare le mani, per distrarsi.

Pulì la casa da cima a fondo, in appena una mattinata. Il pomeriggio si diresse al negozio, decisa a dare una pulita generale anche al locale. Lei e la sua assistente - Eleonora-san - erano scrupolose in cucina, ma magari si erano fatte sfuggire qualche angolino impolverato nella zona in cui sostavano i clienti. Aveva dato una controllata al meteo: si prevedeva bel tempo, pertanto avrebbe dato una ripassata alla vetrina esterna. La sera sarebbe tornata a casa in tempo per preparare a Gen una buona cena. Era da un po' che non mangiavano qualcosa di elaborato. 

Non si erano accordati per cenare insieme, ma dopo il loro ultimo discorso era certa che lui sarebbe passato, per discutere di quando andare trovare Ami. Lei però era sempre più certa che fosse meglio aspettare.

Alle tre del pomeriggio, mentre era fuori dal negozio con secchio e stracci, fece un incontro che non si aspettava. «Ami!»

La sua amica era avvolta in un cappotto rosso, un colore inusuale per lei. Al collo portava una sciarpa bianca e in testa indossava un berretto di lana molto femminile, con una decorazione floreale. In mano teneva un pacchetto. «Ciao, Mako-chan. Scusa la sorpresa.»

«Come facevi a sapere che ero qui?» 

Con un po' di imbarazzo, Ami picchiettò la borsa che le pendeva dal braccio. «Ho controllato la tua posizione col computer.»

Makoto cercò di non ridere troppo forte. «Mi pedini!»

Ami accolse lo scherzo. «Non volevo disturbarti, ma ero in giro e volevo darti questo.» Allungò nella sua direzione il pacchetto, attendendo che lei avesse le mani libere per riceverlo.

«Che cos'è?»

«Un libro di quelli che piacciono a te. Ho fatto delle ricerche, è un titolo valido. Se ce l'hai già dimmelo, ho conservato lo scontrino.»

Makoto non si era attesa un regalo. «Non è il mio compleanno.»

«È solo un pensiero» si giustificò Ami. «Per quello che hai fatto per me e Alex l'altro giorno. È grazie a te se ora posso parlare con tutti del mio stato, senza ansie.»

La stava ringraziando per la previsione che lei aveva chiesto a Usagi e Rei, con riguardo al suo futuro con Gen. Il rischio era stato quello di ricevere una risposta che non le sarebbe piaciuta, ma per Makoto ne era valsa la pena. Il suo scopo era stato quello di capire se le loro amiche fossero in grado di vedere il futuro quando si trattava di questioni molto personali, che riguardavano proprio i membri del loro gruppo. Usagi e Rei avevano confermato di non riuscire a prevedere se Gen sarebbe rimasto nella sua vita per sempre e Makoto aveva avuto la prova che Ami poteva raccontare a tutte della sua recente gravidanza, senza il timore di ricevere brutte notizie con riguardo al suo bambino.

Makoto era felicissima di essere stata d'aiuto e non si pentiva di nulla. Forse però quell'esperimento l'aveva resa più vulnerabile alle proprie paure, facendo reagire Gen di conseguenza.

Accarezzò il libro ancora avvolto nella carta da regalo. «Non dovevi.»

«Mi ha fatto piacere.» Ami notò il palo lavavetri che stringeva tra le dita. «Stai pulendo il negozio? Ti do una mano.»

«Oh no, ho praticamente finito! Sai, in verità capiti a proposito.»

«Hm?»

Caricandosi del secchio, invitò Ami ad entrare nel locale. «Ieri Gen è tornato a interessarsi al mio potere. Sai, a come può influenzarlo per il futuro.»

Ami comprese subito. «Ykèos?»

«Già.» Cercò di apparire noncurante, o almeno non eccessivamente preoccupata. «Tu poi hai studiato più a fondo questo legame?»

«No, ho solo le informazioni di base. Ti interessava qualche aspetto in particolare?»

Non voleva che prendesse la domanda per il verso sbagliato, ma... «Mi chiedevo se secondo te esiste la possibilità di... rescindere l'ykèos.»

Ami sbatté più volte le palpebre.

Makoto agitò le mani in aria. «Amo Gen. Lo amo così tanto che vorrei lasciargli la possibilità di scegliere.»

«Ma certo» comprese finalmente Ami. Si sedette e dedicò grande attenzione al suo problema, riflettendoci su mentre Makoto andava a svuotare il secchio con l'acqua sporca.

Quando lei tornò nella parte anteriore del negozio, Ami aveva elaborato una prima riflessione. «Non so se sia possibile rescinderlo volontariamente, se non smettendo di amare una persona. Ma non credo che questo legame sia stato pensato per essere una costrizione, sai? Se qualcuno non volesse questo 'dono', è possibile che esista un meccanismo per non imporlo.»

Era una speranza. «Anche continuando ad amare la persona?»

L'espressione di Ami non lasciò presagire una risposta positiva. Nel suo sguardo entrò una nota di pena. Stava immaginando ciò che Makoto aveva in mente: lasciare libero Gen, se necessario, pur faticando a dimenticarlo per anni - decenni persino.

Makoto cercò di spiegarsi. «È solo un'ipotesi, non so ancora cosa voglio. Cioè, so che vorrei passare il resto della mia vita con Gen, come tu con Alexander. Ma ci sono aspetti del nostro futuro su cui lui non ha ancora riflettuto a sufficienza e...»

Nel volto di Ami si aprì un mondo di comprensione. «So cosa vuoi dire.»

Giusto. «Avevi paura anche tu, per Alex.»

Ami sorrise, come se il riassunto fosse un eufemismo. Smise di preoccuparsi di se stessa e tornò a pensare a lei. «Non mi sono mai concentrata sull'ykèos però. Pensavo che, col tempo, se Alexander avesse deciso di allontanarsi da me, avrei smesso di trasmettergli una parte del mio potere.»

«Lo avresti dimenticato?»

Ami non disse niente.

«Avresti messo di amarlo?»

La sua amica diede voce alla desolazione che lei gli stava trasmettendo. «Temi di non riuscire a dimenticare Gen anche se non lo vedessi mai più.» Non fu una domanda.

Sentire quelle parole ad alta voce mise Makoto in ansia. «Sto solo ipotizzando, davvero. Non mi piace l'idea di intrappolare Gen. Vorrei potergli dire che sarebbe libero di vivere una vita normale se scegliesse... un'altra strada, lontano da me.»

Ami tirò fuori il computer della borsa. «Non sono in grado di dirti niente finché ne parliamo solo in teoria. Inizio ad immagazzinare dati.»

Era sensato, ma non mancava uno dei protagonisti principali della ricerca? «Gen non è qui.»

«Oh, ecco io...» Ami dibatté con se stessa prima di parlare. «Non volevo farti preoccupare, ma dopo quello che abbiamo scoperto su Yuichiro - e dopo che Alexander è stato molto male quel paio di volte, l'anno scorso... non ho voluto correre rischi con Gen. Ho creato una scheda per lui sul computer, quindi adesso sono in grado di rintracciarlo e studiarlo ovunque si trovi.»

«Oh.» Cielo, quanto era stata ingenua. Si era preoccupata solo del futuro, ma avrebbe potuto causare problemi a Gen persino nel presente. «La volta che l'hai studiato, cos'hai visto?»

Ami teneva gli occhi bassi, come se ancora si vergognasse della propria iniziativa. «Non l'ho propriamente studiato. Ho solo impostato il computer affinché emettesse un suono di avvertimento se gli fosse successo qualcosa. Una febbre alta per esempio, come ad Alexander.»

Makoto rabbrividì in silenzio.

Ami digitò più lentamente sulla tastiera. «Ho creato una scheda per Gen verso la fine dell'estate, ma adesso che ci penso...»

«Cosa?»

«Il tuo potere non aveva ancora dato via all'ykèos allora.»

Makoto boccheggiò. «Ancora no?» 

«Ho pensato che fosse perché... c'era ancora un pizzico di incertezza tra voi...»

Una nuova idea le entrò in testa a Makoto, causandole un piccolo buco nel cuore. «Pensi che sia possibile per una persona non accettare il legame, se non è convinta di volere l'amore che sta ricevendo?»

«Non credo.» Ma nella voce di Ami si era insinuato il germe del dubbio. Tornò a dedicarsi al computer. «Senza fare altre ipotesi, basta vedere che invece ora...» Si interruppe mentre il computer emetteva un suono.

Seduta accanto a lei, Makoto si mise sull'attenti. «Cosa?»

Ami guardava lo schermo e rispose solo dopo aver trovato le parole per comunicarle la notizia. «Su Gen non c'è alcuna parte del potere di Giove.»

... non c'era?

Sotto choc, Makoto cercò di trovare la forza di deglutire, di respirare.

Perché stava reagendo in quel modo?

... non era forse ciò che aveva voluto? Gen era ancora libero di prendere tutte le decisioni che voleva, in autonomia.

Ma perché non si era instaurato alcun ykèos tra loro? Forse lei lo amava abbastanza da non volerlo ingabbiare? O magari il suo amore era sempre stato monco, per paura. O forse ancora, nonostante tutto, la verità era solo che Gen aveva la possibilità di rifiutare quel legame.

Inconsciamente, senza neppure rendersene conto, magari lui aveva tenuto Giove lontano da sè.

Oh, lei non lo avrebbe biasimato. Non lo avrebbe biasimato affatto.

   


   

Di sera, Gen era più determinato che mai ad avere delle risposte. Se Makoto non aveva già cucinato qualcosa, pensava di portarla fuori a cenare, così magari dopo potevano passare a casa Foster. La chiamò per non intralciare i suoi piani. Lei rispose al primo squillo.

«Pronto?»

«Ciao, sono in macchina. Pensavo di stare insieme anche stasera - sono passato a prendere dei vestiti da casa. Vuoi mangiare fuori per caso?»

«Ho già preparato qualcosa. Vieni da me.»

«Okay. Senti, per quello che ho detto ieri...»

«Dài, non al telefono!» Il tono, allegro all'improvviso, gli suonò... tirato. «Ne parliamo durante la cena.»

C'era qualcos'altro di cui parlare? «Va bene. Arrivo tra mezz'ora.»

«Ti aspetto.»

 Trentacinque minuti dopo era nel suo appartamento. Entrò in casa, deciso ad affrontare subito l'argomento, ma il profumino speziato della cena lo distrasse. Oh. Ramen e tempura fumanti! Il suo stomaco cantò un inno alla gioia.

La serenità di Makoto lo convinse che la conversazione poteva aspettare.

«Bentornato» lo salutò lei, aiutandolo a togliere la giacca come una mogliettina premurosa.

Lui non riuscì a trattenersi dall'afferrarla in un abbraccio giocoso. Appoggiò sul suo collo un paio di baci veloci, che la fecero ridacchiare.

«Lasciami, altrimenti non riesco a servire la cena!»

Gen tornò sull'ingresso, a liberarsi delle scarpe  Per amor di ordine, aprì il borsone che aveva portato con sé e andò a riporre i vestiti nella parte di cassetto che Makoto gli aveva offerto. Era meglio occuparsi subito di quella piccola incombenza, così non ci avrebbe pensato lei. Makoto era il genere di persona che accettava un po' di disordine in casa, ma per via del poco spazio a disposizione aveva imparato a non lasciare in giro neppure un po' di caos, pena l'esserne piano piano sommersa.

Gen mangiò con gusto la cena di tre portate. Durante il pasto finì col notare il modo in cui lo sguardo di Makoto vagava nel nulla.

«Pensi che Ami e Alexander» le domandò, «siano tipi da accettare una piccola visita serale?»

La frase focalizzò l'attenzione di lei. «Gen.»

Lui rimase in attesa.

«Oggi Ami è passata a trovarmi al negozio, per caso.»

«Ah.» 

Il silenzio lo portò a formulare un'ipotesi. «Le hai domandato di...?»

«Sì.»

... c'era un motivo per cui, invece di parlarne, lei esitava? «Cosa ti ha detto?»

Makoto teneva gli occhi fissi sul tavolo. «Sappiamo troppo poco del legame di potere che fornirà la vita eterna alle persone che scegliamo. Ora come ora, l'unica certezza è che tra noi due... non si è ancora formato.»

... cosa?

Lei incontrò il suo sguardo, con una determinazione che gli lasciò pensare che avesse riflettuto a fondo sulla faccenda. «È positivo. Non significa che io non ti ami - non può essere così - ma, se ancora non ti influenzo col mio potere... è meglio. Credo a quello che mi hai detto ieri. Non c'è bisogno che me lo provi adesso, prendendoti degli impegni.»

Come avrebbe potuto prenderne, se per lui fosse stato impossibile vivere mille anni? «Ci sono delle alternative? Usagi potrebbe fare qualcosa?»

«Può darsi. Non stiamo a preoccuparcene ora.»

Come poteva parlare così? «Non è strano che le altre tue amiche abbiano creato questo legame con i loro compagni, e tu ed io no?»

Makoto evitò a stento una smorfia. «Magari dipende dal fatto che loro non sono planetarie come me. Forse il mio potere è troppo forte per te e quindi... non so, magari ti sto proteggendo evitando di apporlo sul tuo corpo. Inconsciamente» aggiunse, come per non fargli pensare che da parte sua vi fossero incertezze che potevano avere causato il fenomeno.

Gen memorizzò l'istante di disagio. «Non sei preoccupata?»

Makoto scosse piano la testa, affondando le bacchette nel ramen che non aveva ancora terminato. «Ieri sono stata una sciocca a piangere in quel modo per la tua lettera. La faccio troppo tragica, per tutto. So che sistemeremo in qualche modo se un giorno vorrai vivere sempre con me. Ci penseremo quando sarà necessario. C'è tempo.»

La tranquillità con cui lei stava accettando la situazione gli fece pensare che, chissà come, ci avesse ripensato.

... non aveva apposto quell'ykèos su di lui. Significava che, nel profondo di sé, forse aveva dei dubbi.

Gen umettò le labbra secche. «Ieri non ho detto quelle cose solo per far felice te.»

Makoto si commosse - in una maniera compostae adulta. «Lo so.» Fece il giro del tavolo e si sedette sul pavimento, per racchiudergli la testa tra le braccia. «Qualunque cosa ci voglia - Usagi o tutto il potere di Giove - io troverò il modo di darti una vita lunga mille anni, se vorrai. Ma ieri, anche se all'inizio ero tanto felice, poi ho cominciato a pensare a che sacrificio sarebbe stato per te.»

Sapere che stava pensando a lui lo rilassò e lo irritò al contempo. «Sono decisioni che posso prendere da solo.»

«Certo. Non arrabbiarti.»

«Non sono arrabbiato.» Era desolato.

Dopo che aveva finalmente trovato la forza di fare quel salto, si ritrovava catapultato di dieci passi indietro, nel mare di incertezze che aveva deciso di ignorare per amore.

Si scostò lievemente, per cercare risposte nel viso di lei.

Makoto non sfuggì al suo sguardo. «Non importa cosa dica il computer. Se dipendesse solo dai miei sentimenti, egoisticamente ti avrei già legato a me per il resto della nostra vita.»

Era ciò che lui aveva bisogno di sentire. «Non devo dare troppo peso a questo ykèos che non c'è, quindi?»

Lei cercò di non implorare troppo. «Sì, per favore.»

Non le avrebbe mai rifiutato nulla. Ricambiò il suo abbraccio con più forza, con Makoto che saliva sulle sue gambe.

Ebbe sulle labbra un'altra promessa - una dichiarazione del valore che gli aveva offerto lei - ma non riuscì a farla. Finché non aveva la sicurezza di una vita lunga, non poteva promettere niente. 

Forse tutto sarebbe andato a posto, ma se non fosse stato così...

Sarebbe finito dentro una tomba mentre Makoto era appena all'inizio della sua millenaria vita. A quel punto, qualunque frase, per quanto bella e sentita, sarebbe stato solo il ricordo di una promessa che non era riuscito a mantenere.

     

Febbraio 1998 - Lettera d'amore - FINE

  


 

NdA: Se avete seguito la pubblicazione delle anteprime sul gruppo Facebook, avrete visto come abbia faticato a venirmene fuori con l'ultimo pezzo del capitolo. Nella mia testa era chiaro il sentimento che volevo trasmettere, ma dopo una rilettura completa della prima parte mi sembrava che ci fossero troppe smancerie. In seguito che lo stile fosse troppo povero. Ieri, grazie a qualche lettura interessante, nella mia testa è spuntata d'improvviso la consapevolezza di avere in mano gli strumenti linguistici per terminare. Ho quindi aggiunto qualche dettaglio a livello di descrizione - che arricchisse il testo - e sono riuscita a terminare il capitolo senza colpo ferire.

Adoro sentirmi così, continuerò a leggere il libro che ho attualmente in mano - "Leggere Lolita a Teheran" di Azar Nafisi - sperando che mi vengano nuove ispirazioni. Ma credo di sì, a volte mi manca davvero, solamente, la sensazione di essere capace di trasmettere adeguatamente le idee che ho in testa.

Fatemi sapere come vi ha fatto sentire questo capitolo! 

Le tribolazioni di Makoto e Gen sono solo agli inizi.

 

Elle

 

Il gruppo Facebook dedicato alle mie storie, con anticipazioni e curiosità, è Sailor Moon, Verso l'alba e oltre...

   
 
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