I muri senza
finestre le si accartocciano addosso. Manca l’aria. Nova
tossisce, strizza le palpebre, e tossisce ancora, fin quando la
sensazione di soffocamento passa e viene sostituita da un dolore sordo
che spinge contro le costole.
Strofina il dorso della mano contro la bocca. È seduta sul
pavimento del bagno, davanti alla tazza del water. Ha appena vomitato
la colazione.
Sopra di lei, la ventola incassata nel soffitto soffia e ronza; sotto
di lei, da qualche punto della palazzina, una voce di donna
dà in escandescenza mentre un uomo ride sguaiato.
Nova si rimette in piedi, barcollando appena, per fa partire
l’acqua dello sciacquone. Raggiunge il lavandino, e
nell'incrociare il proprio riflesso nello specchio, reprime un gemito.
Sembra malata. O pronta per una festa di Halloween a tema zombie.
Abbassa gli occhi sulle dita contratte sul bordo del lavabo e vede lo
strato di smalto nero è scheggiato. E all'improvviso,
assurdamente, pulire le unghie diventa una priorità
assoluta, come se fosse tutta colpa delle unghie in
disordine, come se, se le mani tornassero ad avere un aspetto
impeccabile, allora anche la testa tornerebbe a funzionare come si
deve, liberandosi della dolorosa foschia che ingolfa il cervello.
Una
doccia calda e gli effetti collaterali degli antidolorifici sono
riusciti a far scivolare Nova in un sonno vuoto e buio come il fondo di
un pozzo. Ma alle quattro in punto del pomeriggio, il telefono squilla.
E Nova, stesa sul divano, tira la coperta sopra la testa
rannicchiandosi in un bozzolo di plaid e arido sconforto.
Il telefono tace. Un attimo di silenzio. Parte una raffica di notifiche
sonore: chiunque stia cercando di contattarla è appena
passato a un’offensiva di messaggi.
Devono trascorrere cinque minuti prima che Nova trovi la forza di
spostare la coperta e appoggiare i piedi scalzi sul linoleum. Passa una
mano tra i capelli, scostandoli dalla faccia, mentre si allunga in
avanti: il telefono è ancora dentro la borsa e la borsa
è sotto al tavolono da caffè.
2 CHIAMATE PERSE
5 MESSAGGI RICEVUTI
Nova seleziona la chat
di O-DISPATCH.
MA DOVE CAZZO SEI FINITA?
TI HANNO SBATTUTA DENTRO?
RISPONDI!
CHE TI E' SUCCESSO?
QUI NON SA NIENTE NESSUNO! RISPONDI!
Nova getta il telefono
tra le pieghe della coperta. Preme i palmi
contro la fronte. È in arrivo un mal di testa: conosce
quella familiare sensazione di pressione all’altezza delle
tempie.
Nell’appartamento le luci sono spente, il sole sta
tramontando e dietro i vetri della finestra, mezzo palmo di neve fresca
copre la balaustra della scala antincendio. La palazzina è
immersa in una calma deprimente, ma giù in strada
l’antifurto di un’automobile strilla come un
disperato, sovrastando tutti gli altri suoni del pigro traffico.
Nova rannicchia le gambe al petto. Appoggia la guancia sana sulle
braccia incrociate e sente l’umidiccio di una lacrima fresca
contro la pelle nuda dell’avambraccio. Piange di rabbia. Una
rabbia silenziosa che si sta espandendo, come una macchia di petrolio
in mezzo mare, verso tutti e tutto. Alla cieca. È arrabbiata
con Emilia, che pretende di ficcare il naso nella sua vita.
È arrabbiata con quegli idioti dello Zenosyne, dal primo
all’ultimo. Ed è furiosa con quegli arroganti
pupazzi arroccati nella torre della Cyberlife, con i loro mostruosi
androidi, con il loro schifoso denaro.
L’antifurto si è azzittito.
Nova non sa più cosa pensare. Né a cosa credere.
Ma se resta chiusa in casa a non far nulla, a farsi mangiare il
cervello da pensieri senza capo né coda, presto o tardi i
suoi neuroni scoppieranno come popcorn in microonde. Di questo
è sicura.
Si costringe ad abbandonare il divano per prendere un bicchiere
d’acqua. Dopo aver chiuso con foga il rubinetto della cucina,
svuota metà del bicchiere in un unico sorso e se ne resta a
fissare il vetro freddo e liscio, sotto le dita, cercando di stilare
mentalmente una lista di azioni concrete. Ha ancora due giorni prima di
dover tornare al lavoro, e non ha intenzione di sprecarli pensando a
come raccatterà la voglia di infilarsi di nuovo grembiule e
cappellino e prendere ordinazioni con un sorriso stampato in faccia. Magari sono fortunata e
Rodriguez mi licenzia. Una cameriera con la
faccia pesta non fa bene all’immagine del locale.
In quanto alla email anonima... Nova abbandona il bicchiere dentro il
lavandino e torna sul divano. Che importanza ha adesso? Senza contare
che, quando ha detto a Connor di avere delle risorse, intendeva
chiedere aiuto proprio a Walty per risalire al mittente della mail.
Raccatta il telefono, finito sotto il plaid, e fa appello a tutta la
pazienza e la concentrazione di cui è capace in questo
momento per rispondere al messaggio di Emilia. Le rifila una versione
estremamente sintetica ed edulcorata degli eventi.
Poi spegne il telefono. Sfila il datapad dalla borsa. Muovendo
stancamente le
dita sullo schermo, allarga la finestra di connessione alla rete.
Tre parole chiave — omicidio, State Street, Detroit
— sputano i risultati. Nova salta da un sito di news
all’altro: la notizia è stata diffusa, come
c’era da aspettarsi, ma i giornali non fanno che rimpallarsi
le stesse informazioni in stringati flash d’agenzia.
'Omicidio sulla State Street. Scomparsi due androidi.'
'Uomo ucciso sul posto di lavoro. La polizia sospetta degli androidi.'
'Androidi in fuga: diramato allarme della polizia per presunto
omicidio.'
Vengono menzionati gli uffici dello Zenosyne ma il nome di Walty non
compare da nessuna parte. In compenso ogni singolo articolo
è accompagnato dalle fotografie dei due androidi: una ST400
e un WG100. Cloni perfetti di Hildy e Jimmy. Sono ricercati. Sono
assassini.
Nova strofina i polpastrelli lungo la fronte. Ha
l’impressione che il cranio stia per aprirsi in tante
crepe, come un vaso spaccato dal freddo. Se solo ci fosse un modo per
sapere cosa è successo veramente, in quella maledetta
redazione. Il non sapere è atroce. Il dover dipendere dai
giornali insopportabile.
Nova abbassa la mano.
Forse un modo c’è.
/\\/
DATA: 7
NOVEMBRE 2038
ORA: 16:04
ZEN GARDEN
Nel
Giardino tutto è pacifico. Perfetto. Irreale. Anche Amanda
non è che un fantasma di codici. «Dimmi che cosa
hai scoperto» richiede l’interfaccia, seduta
davanti a lui.
Connor ha lasciato la presa sui remi e la barca è affidata
alla docile corrente. «Ho trovato due devianti,
all’Eden Club, ma...» L'androide reclina la
riproduzione del proprio busto in avanti, i gomiti contro le cosce. Si
torce debolmente le mani. Percepisce la delicata carezza del vento
sulla pelle. Il suo supporto fisico è sulla Terza Strada, ma
la stanza virtuale è così profondamente connessa
al cuore dei suoi software che, se immergesse una mano
nell’acqua limpida sotto di lui, il suo processore centrale
si attiverebbe proprio come se i recettori dell’esoscheletro
fossero entrati in contatto con una sostanza liquida nel mondo reale.
Amanda attende, quieta, avvolta dalla luce dorata del Giardino. Il
colorato parasole orientale è appoggiato sulla spalla. I
gioielli bianchi luccicano sul petto e sugli avambracci.
«Ma sono riusciti a scappare» conclude Connor. Non
smette di strofinare le dita in su e in giù lungo le mani.
«È un peccato» commenta Amanda.
«Sembrava proprio che stessi per fermarli.»
Connor devia lo sguardo verso la riva. Un pigro frinire di insetti si
leva dai canneti. Per le fronde degli alberi è stata
selezionata una tavolozza di colori autunnali, ma il Giardino
è ancora rigoglioso e pieno del fruscio delle foglie sui
rami.
«Sembri... assente, Connor.» Amanda aggrotta la
fronte. «Assente e turbato.»
Lui scuote il capo. «Pensavo di sapere cosa fare. Ma ora...
so che non è così semplice.»
«Potevi colpire tranquillamente quei due devianti
all’Eden Club» insiste l’interfaccia.
«Perché non l’hai fatto?»
La replica di Connor viene trasmessa nella forma di un sussurro.
«Non lo so...» Alza la testa. Sostiene lo sguardo
calmo e al contempo indagatore di Amanda. «Non lo
so.» Si rende conto della trattenuta esasperazione con cui ha
pronunciato la frase. Per un istante, vorrebbe che fosse Amanda a
dargli una risposta; vorrebbe che fossero loro, i suoi padroni, i suoi
creatori, a dirgli cosa c’è che non funziona in
lui.
L’espressione sul volto di Amanda si inasprisce lievemente.
«E riguardo all’androide militare? Sono stati i
tuoi dubbi a farti cadere nella sua trappola? Eri distratto?»
«Forse...»
«Coinvolgere una giornalista è stata una decisione
azzardata. Mi aspetto maggiore prudenza da te, Connor.»
«Ha ragione, Amanda. Non accadrà
più.»
«Tieni quella donna fuori dalle indagini.»
Connor annuisce.
Con un istante di determinante ritardo che non può essere
sfuggito ad Amanda.
«Cosa puoi dirmi dell’ultimo caso?»
«Abbiamo ristretto la ricerca alla Downtown. Il tenente
Anderson è sicuro che rintracceremo i devianti entro le
prossime dodici ore.»
«Devi catturare quegli androidi.» Amanda si concede
una pausa calcolata. «E ricorda... se l’indagine
non procede secondo i piani, potrei rimpiazzarti.»
«Io... io lo capisco» mormora Connor.
Lui ha proposto la medesima soluzione durante l'ultima conversazione.
Ma ora, a venti ore e trentaquattro minuti e sette secondi di distanza,
l’incontestabile razionalità dello scenario
suggerito dall'interfaccia fa fremere impercettibilmente ogni circuito
dell'androide.