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Autore: sparewheel    09/04/2019    6 recensioni
Affrontando le conseguenze di un desiderio espresso involontariamente, Emma finirà per ottenere quello che mai avrebbe creduto possibile e per scoprire che un futuro inaspettato può essere ben più prezioso di un desiderio realizzato.
Swanqueen ambientata qualche tempo dopo gli eventi della 6x10 e che non segue gli sviluppi della 6B.
Genere: Angst, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills, Un po' tutti, Zelena
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 25.

L’ormai familiare e tenue bagliore si spense, annunciando il completamento del trasferimento di energia. Ma, come sempre, Regina aspettò qualche istante prima di lasciar andare la mano di Emma.
Le piaceva stringerla, intrecciare le proprie dita alle sue mentre chiacchieravano o, come quella mattina, rimanevano sdraiate e abbracciate in silenzio.
Il capo di Emma era poggiato sulla sua spalla, con quelle sue onde bionde che ricadevano ovunque, disordinate, permettendole di giocarci mentre lo sceriffo accarezzava dolcemente il loro bambino.
D’istinto, Regina avrebbe detto che quelli erano i quarti d’ora più belli delle sue giornate, ma la verità era che ormai praticamente ogni istante delle sue giornate era bello. Perché in ogni istante si sentiva amata. E in ogni istante sentiva di poter amare, senza più nascondersi, trattenersi, sacrificarsi.
Emma aveva portato la luce nella sua vita, una luce che le permetteva di guardare ogni cosa con occhi nuovi. E che era concreta e fondamentale tanto quanto quell’ormai familiare e tenue bagliore tra le loro mani.
Mancava davvero poco.
Solo poco più di un mese e quei quarti d’ora di pace ed intimità non sarebbero più stati necessari.
E probabilmente lei ed Emma avrebbero anche dovuto dire addio ad ogni altro tipo di pace ed intimità per un bel po’, pensò Regina sospirando, ma ne sarebbe certamente valsa la pena.
“Come mai questo sospiro?” le chiese Emma, ruotando leggermente la testa per poterla guardare in faccia.
Regina le sorrise e le solleticò il viso con i suoi stessi capelli. “Stavo pensando a quanto è faticoso amarti” le rispose.
“Hey!
Io sono facilissima da amare!” ribatté Emma, piccata, scostandosi un po’ da Regina e mettendo il broncio.
Regina non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, mentre l’amore per quel mostriciattolo biondo le scoppiava disarmante nel petto.
“Regina!
Sono facilissima da amare!” ripeté lo sceriffo, cercando di difendersi.
Regina si concentrò sui suoi occhi verdi, fissandovi dentro i propri mentre la risata si addomesticava in sorriso.
Lasciò andare i capelli e accarezzò una guancia di Emma.
“Accettare di amarti, signorina Swan, è stata probabilmente la cosa più difficile che io abbia mai fatto in tutta la mia vita.
Ma da quel momento… sì, ogni cosa è diventata facilissima”.
Emma la guardò e arrossì, spiazzata da quelle parole.
Regina non era solita lasciarsi andare a frasi dolci o romantiche. E la prendeva spesso in giro, certo, ma persino scherzando sapeva come farla sentire amata.
Emma le tornò vicino e fece per baciarla, ma improvvisamente le sfuggì uno sbadiglio incontrollabile, proprio ad un millimetro dal viso del sindaco…
Richiuse la bocca, spalancò gli occhi ed arrossì nuovamente, questa volta per la vergogna.
“Ehm… scusa” farfugliò, le guance in fiamme.
Regina le lanciò un’occhiataccia.
“Ai tempi del mio regno nella Foresta Incantata ti avrei condannata a morte per molto meno” le disse, scostandosi da lei e lasciando il letto.
Emma deglutì, seguendola con lo sguardo.
“E invece tu mi ami e, qui a Storybrooke, nella nostra bellissima casa, mi preparerai la colazione perché sai che sono stremata per il trasferimento di magia?” azzardò, cercando di mostrare l’espressione più angelica possibile.
Regina non si voltò nemmeno a guardarla.
“Hai cinque minuti per lasciare quel letto. E la colazione te la prepari da sola” le comunicò, chiudendosi alle spalle la porta del bagno.
Emma sbuffò e strinse a sé il cuscino di Regina, chiudendo gli occhi.
I trasferimenti di magia ormai la stremavano davvero visto che il loro piccolo, crescendo, sembrava avere bisogno di sempre più energia. Ma le sarebbe bastato chiudere gli occhi per qualche altro istante e poi mangiare una o due ciambelle per tornare in forma. Quindi avrebbe sfruttato appieno quei cinque minuti e poi sarebbe passata da Granny prima di andare a lavoro. La deviazione avrebbe richiesto poco tempo, e sarebbe comunque arrivata in ritardo alla stazione dello sceriffo, cosa che sia i suoi collaboratori che il suo capo sapevano ormai più che bene, perciò-
“Emma…” la chiamò Regina.
“Avevi detto cinque minuti!” si lamentò lo sceriffo, frustrata.
“Ne sono passati trenta e non è il momento di poltrire”.
Emma alzò a fatica le palpebre, cercando di individuare la sveglia sul comodino per poter dare della bugiarda a Regina.
Aveva appena chiuso gli occhi, non era possibile che il tempo fosse volato!
Notò però che il sindaco era in piedi davanti al lungo specchio che avevano in camera, già praticamente vestita e quasi pronta per uscire. E Regina non poteva più prepararsi con uno schiocco di dita, usando la magia, il che voleva dire che…
Dannazione, la vita a volte era davvero crudele con lei!
“Mi licenzio!” comunicò, sbuffando e coprendosi la testa col lenzuolo.
“Bene, così potrò finalmente assumere uno sceriffo competente ed efficiente” le rispose prontamente il sindaco, senza scomporsi.
Emma si scoprì la testa e la guardò male, ma Regina non le diede attenzione, impegnata com’era a tentare di tirare su la cerniera posteriore del proprio abito.
Era il vestito amaranto che avevano comprato insieme la settimana precedente, notò lo sceriffo.
Quello prémaman, che aveva il taglio sotto il seno e poi scendeva largo, e che Regina inizialmente non voleva acquistare, fermamente contraria all’idea di dover indossare un qualcosa di così, a suo dire, orribile e sproporzionato.
Poi Emma le aveva fatto notare che quell’abito era esattamente dello stesso colore della camicia che il sindaco aveva indosso a Neverland, sotto quella bellissima giacca blu che sembrava esserle stata cucita addosso e sopra quella canotta nera col bordo in pizzo di cui lo sceriffo aveva giurato di poter riprodurre ogni singolo ricamo, tanto a lungo e attentamente l’aveva osservata durante la loro permanenza su quella folle isola volante...
Emma sorrise al ricordo di come fosse bastata quella semplice e onesta confessione per convincere Regina a comprare quel vestito.
Ed anche una nuova scorta di canotte nere in pizzo.
Improvvisamente sveglia, Emma lasciò il letto e raggiunse Regina, sollevando con un semplice gesto la cerniera del suo abito.
Poggiò la testa sulla spalla dell’altra donna e la abbracciò da dietro, guardandola in viso grazie al riflesso nello specchio.
“Sei bellissima” le sussurrò.
“E sai bene che non troverai mai nessuno più competente ed efficiente di me. Nessuno più diligente, più divertente, più intelligente, più seducente, più attraente, e…”
“Che mi irriti più costantemente?” le suggerì Regina, sollevando un sopracciglio e trattenendo un sorriso.
“Magnificente!” esclamò lo sceriffo. “Non troverai mai nessuno più magnificente di me, ecco.
Beh, almeno fino a quando eviterai di guardarti allo specchio…” concluse, un ghigno sul volto.
“Ruffiana” le rispose il sindaco, abbandonandosi ancora di più in quell’abbraccio.
Emma continuò a sorridere e le posò un bacio sulla guancia. “Ti raggiungo per pranzo?”
“Se riuscirai ad uscire di casa in tempo…
Altrimenti vedrò di trovare un nuovo magnificente sceriffo già per mezzogiorno” la minacciò Regina, senza troppa convinzione.
“Bene, così lui andrà a lavorare e io potrò rimanere per tutto il tempo con voi. Ce la spasseremo insieme, vero trottolino?” ribatté prontamente Emma, portandosi al livello del ventre di Regina e posandovi sopra un bacio.
Regina sospirò, ormai rassegnata agli strani appellativi con cui Emma si rivolgeva al loro bambino.
“Riuscirai a scegliere un nome prima che nasca o sarai in ritardo anche con questo?” la punzecchiò, portando automaticamente le proprie dita tra i suoi capelli, come ormai le accadeva meccanicamente ogni volta che aveva quelle onde bionde a portata di mano.
Emma la lasciò giocare un po’, godendosi quegli ultimi istanti insieme.
“Non preoccuparti, ci sto lavorando” le disse quindi, prima di baciarla ed augurarle buon lavoro, chiudendosi finalmente alle spalle la porta del bagno.
Regina lasciò invece la loro camera e si diresse verso la cucina.
Nonostante avesse detto il contrario, aveva già pensato di far trovare ad Emma la colazione pronta, ben consapevole che i trasferimenti di magia la stremavano davvero.
Mise in funzione la macchinetta per il caffè e vi posò accanto una fetta della torta di mele che aveva preparato il giorno prima. In questo modo avrebbe evitato ad Emma di passare da Granny (cosa che certamente lo sceriffo aveva in programma di fare), risparmiandole un ulteriore perdita di tempo e, soprattutto, un ulteriore carico di zuccheri.
Regina guardò poi l’orologio della cucina e scosse la testa.
Anche senza la sosta da Granny, Emma sarebbe arrivata a lavoro puntualmente in ritardo.
Fortuna che i nuovi assunti tra le forze dell’ordine di Storybrooke sembravano non avere questo enorme difetto in comune con il loro capo. Mulan Fa era la persona più seria, puntuale ed affidabile con cui avesse mai interagito nella propria vita, mentre Dorothy Gale era sì uno spirito libero, ma con un grande istinto e molto portata per l’azione. E adesso che Belle aveva cominciato a gestire anche la documentazione della stazione dello sceriffo, tutto funzionava estremamente meglio, nonostante l’imprevedibile contributo di Zelena, nuovo consulente magico designato.
Era tutto già organizzato. E sia lei che Emma avevano cominciato a delegare ad altri parte del proprio lavoro, così che, con la nascita del bambino, avrebbero potuto entrambe dedicare del tempo alla loro famiglia.
Da quando aveva creato Storybrooke, Regina non era mai stata volontariamente lontana dal proprio ufficio per più di qualche giorno. E adesso invece non vedeva l’ora che quel periodo di ferie forzate arrivasse a sconvolgerle la vita.
Il futuro imminente però non la sollevava dalle responsabilità del presente, per questo Regina non esitò ad immergersi nella sua routine lavorativa non appena raggiunto l’ufficio.
Controllò le nuove mail, visionò la bozza del programma per la festa del minatore e si preparò a rileggere la documentazione per la successiva riunione delle undici, felice che la sua giornata in ufficio si prospettasse tra le più leggere e ordinarie.
E leggera e ordinaria lo fu, ma solo fino a quando la sua segretaria non piombò nel suo ufficio di corsa e col viso stravolto.
“Signor sindaco!
Un incendio, è scoppiato un altro incendio nella scuola!”
E Regina scattò in piedi fulminea, afferrando d’istinto il cellulare per comporre il numero di Emma mentre si dirigeva verso l’uscita del Municipio, alla propria auto, con la segretaria che le correva dietro, cercando di fornirle ulteriori dettagli.
“Hanno chiamato dalla stazione dello sceriffo, loro sono tutti già sul posto. Pare sia un po’ più grave dell’ultima volta, ma sono certa che risolveranno tutto in breve tempo.
E, signor sindaco, forse lei dovrebbe rimanere qui, ci aggiorneranno sicuramente” provò a proporle.
Ma Regina la ignorò e “chi ha chiamato?” le chiese invece, non avendo ricevuto alcuna risposta da Emma.
Compose quindi il numero di Henry, pregando che il suo piccolo principe stesse bene, mentre la sua segretaria le confermava che, come si aspettava, era stata Belle a chiamare.
Emma e gli altri dovevano essersi teletrasportati sul posto. Lei invece poteva solo sperare nella sua Mercedes per arrivare il prima possibile.
Mise in moto l’auto e lanciò il proprio cellulare sul sedile del passeggero, dopo che nemmeno la telefonata al numero di sua sorella era andata a buon fine.
Ma la scuola era a pochi minuti dal Municipio, avrebbe fatto presto.
Ed Emma e Zelena erano certamente già lì, e avevano la loro magia e sicuramente avevano già risolto tutto con uno schiocco di dita e lei si stava preoccupando per niente.
Quel fumo nero che si vedeva all’orizzonte era solo il segno dell’incendio domato. A breve si sarebbe diradato e il cielo sarebbe tornato azzurro e luminoso come poco prima, proprio come dopo il primo stupido incendio, che era stato spento in pochi minuti e non aveva adombrato nulla, consentendogli di fare quel meraviglioso pic nic nel parco del Municipio, dove Henry aveva sorriso e scattato foto per tutto il tempo e dove lei ed Emma si erano scambiate il loro primo bacio.
Ma ora Henry ed Emma non le rispondevano al telefono e quel maledetto fumo nero sembrava farsi più esteso e denso ad ogni metro percorso.
Ora Regina poteva vedere la sagoma della scuola. E le macchine ferme e il caos di gente tutto attorno all’edificio.
Molti dei suoi concittadini dovevano essere accorsi sul posto, pronti a dare una mano. E dei gruppi di bambini erano già al sicuro nel parco adiacente, assieme ai loro insegnanti e ad alcuni genitori.
Regina abbandonò l’auto non appena il traffico non le permise più di procedere oltre e colmò a piedi, a passo quanto più svelto possibile, le decine di metri che la separavano dalla sua meta.
Da così vicino, dietro al fumo si potevano distintamente vedere le fiamme, che avevano già conquistato una parte dell’edificio e sembravano in continuo avanzare, per nulla domate ed estinte come aveva sperato.
Regina sentì le proprie gambe cominciare a cedere per la fatica e l’orrore.
Il suo pensiero ad Henry ed Emma, il suo sguardo alla ricerca di volti cari tra la folla.
Ma non ne trovò Regina, e si fermò all’estremità del cortile, per poter scrutare meglio ogni viso.
Individuò per prima l’agente Fa, impegnata a scortare in fretta l’ennesima classe fuori dal fabbricato, assieme a delle maestre che cercavano di tranquillizzare dei bambini piccoli e terrorizzati.
E poi il respiro le si mozzò non appena riconobbe i fratelli Zimmer, compagni di classe di Henry, che sembravano essere illesi e si stavano allontanando dall’edificio, camminando a passi svelti verso il parco.
“Nicholas! Ava!
Dov’è Henry?” urlò loro Regina, catturandone l’attenzione prima di raggiungerli.
“Henry… credo sia con gli insegnanti” le rispose Ava.
“Stava bene, e i ragazzi più grandi stanno aiutando con l’evacuazione, ci sono ancora tante persone dentro la scuola e dovremmo aiutare anche noi, ma mio fratello non sta bene e-“
“Mi dispiace” bisbigliò improvvisamente Nick, attirando su di sé l’attenzione di Regina.
“Cosa?” domandò il sindaco.
“Mi dispiace” ripeté il ragazzo. “Io volevo solo saltare la scuola come l’altra volta, non volevo questo, io non...”
“Nicholas, che cosa hai fatto?” chiese Regina, rabbrividendo.
“Io non volevo, davvero, non volevo!”
“Nicholas... NICK, GUARDAMI!” gli urlò in faccia Regina, afferrandolo per le braccia e costringendolo a guardarla.
“Che cosa hai fatto?”
“Ho solo mescolato qualche provetta nel laboratorio, per fare come l’ultima volta! E ho rubato della polvere alle fate, così sarebbe durato di più...
Volevo solo saltare la scuola, non volevo fare male a nessuno!”
Regina lo lasciò andare, terrorizzata.
Prese di nuovo in mano il cellulare, mentre con la mente ripercorreva le piantine della scuola che, come quelle del resto della città che aveva creato, erano ancora ben impresse nella sua testa.
I laboratori di scienze erano al secondo piano, sul lato est dell’edificio.
E la polvere di fata… quello era un incendio magico, ecco perché dall’esterno Zelena e gli altri non riuscivano ad estinguerlo!
Ma né sua sorella né Emma risposero alle sue ulteriori chiamate e intanto le fiamme crescevano e il fumo diventava sempre più denso e scuro e…
Regina portò le mani sul proprio ventre e strinse forte gli occhi, non riuscendo comunque a trattenere le prime lacrime.
Si prese un secondo.
Respirò a fondo.
Poi riaprì gli occhi, ora bagnati, ma roventi di determinazione.
E mentre il suo cellulare provava a contattare Emma per l’ennesima volta in quella maledetta mattina, Regina si mosse.
Procedendo verso l’unica direzione in cui sapeva per certo di dover andare.
 
 
“Henry dice che hai finalmente scelto il nome” affermò Regina, facendo improvvisamente il suo ingresso nella loro camera da letto e facendola sobbalzare.
Emma poté vederla attraverso il riflesso nel lungo specchio davanti al quale stava finendo di prepararsi.
Indossava un abito amaranto Regina, un abito che Emma non aveva mai visto prima, ma che certamente la fasciava alla perfezione, mettendo in risalto le sue curve e sposandosi magnificamente con la sua pelle scura.
Era bellissima, come sempre.
E le si avvicinò a passi lenti Regina, con l’eleganza che l’aveva contraddistinta sin dal primo giorno in cui Emma l’aveva vista. Le scostò i lunghi capelli biondi dal collo e, con un semplice e rapido gesto, sollevò la cerniera posteriore del suo abito, facendola riscuotere e rabbrividire con quel contatto che tra loro mancava da quella che ad Emma sembrava ormai un’eternità.
“Lana” riuscì a sussurrare Emma, prima di voltarsi. “Vorrei che il suo nome fosse Lana, perché, sai, significa “luce”. E poi Maria come secondo nome, per legarlo a quello che tu hai scelto per Jenny”.
“Lana Maria Mills” disse quindi Regina, assaporando quelle tre parole e ascoltando attentamente il loro suono.
Rimase in silenzio per qualche secondo, come a volerle valutare, ma ad Emma non servì altro che sentirle pronunciate da lei per avere la certezza di aver fatto la scelta giusta.
“È molto bello” disse il sindaco subito dopo, abbozzando un sorriso, lo sguardo perso certamente nell’immaginare la loro nipotina.
E gli occhi di Emma si illuminarono, dimenticando per un istante ogni tensione e sofferenza, persi nella curva perfetta che era il sorriso sul volto di Regina.
Nell’incontrarsi, i loro sguardi persi ritrovarono i ricordi di quell’ultimo periodo. E non poterono che tornare seri.
Regina fece un passo indietro, mentre Emma ne fece uno avanti. “Regina, mi dispiace…”
“Oggi non c’è spazio per i mi dispiace, oggi i nostri problemi vanno messi da parte” le rispose perentoria il sindaco.
“Lo so, ma se solo tu mi ascoltassi… se mi facessi spiegare, capiresti che non ho avuto scelta. Io-“
“C’è sempre una scelta Emma” tagliò corto Regina, la sofferenza a riempirle lo sguardo severo.
“Ma non è il momento di parlarne, adesso conta solo la felicità della nostra famiglia.
Sbrigati per favore, ti aspetto di sotto”.
E, senza darle modo di replicare oltre, Regina lasciò la stanza a passo svelto, chiudendosi la porta alle spalle.
Emma fece un profondo respiro, maledicendosi per il ruolo avuto in quell’assurda situazione.
Doveva essere uno dei giorni più felici della loro vita. E invece, come sempre, aveva in qualche modo rovinato tutto.



 
Ciao a tutti :)
Grazie mille per aver letto fino a qui nonostante il lungo capitolo e grazie per la pazienza che state avendo con me e questa storia.
A tal proposito, chiedo scusa per l'ennesimo ritardo, probabilmente Emma mi sta influenzando anche in questo.
E chiedo scusa anche per quello che sta succedendo, ma... doveva succedere ^^
Un grazie in particolare a Earwen82 per i consigli e il supporto con questo capitolo :)
Alla prossima!

Sparewheel
  
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