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Autore: Class Of 13    10/04/2019    1 recensioni
[Tate no Yuusha no Nariagari]
Naofumi, Raphtalia e un ozioso pomeriggio estivo.
Sforzandosi di mantenere il solito cipiglio scocciato, si rotola pigramente su un fianco. I suoi occhi si trovano nuovamente davanti alla visione di Raphtalia. Il sorriso imbarazzato sul suo volto lo porta a pentirsi immediatamente delle sue azioni.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kimi No Namae.


Le cicale friniscono infaticabili sotto il sole cocente dell'estate; il loro canto giunge fievole e avvolge la fresca penombra della stanza. Fasci di luce filtrano timidamente tra le doghe delle persiane, proiettandosi sulle pareti bianche.

Steso sul letto non può fare a meno di indugiare nella beatitudine della quiete pomeridiana, nonostante la promessa fatta ai suoi genitori di studiare durante la loro assenza. Avere la casa per sé, lontano da qualunque scocciatura, era molto meglio di qualunque vacanza in famiglia.

Con uno sforzo di volontà non indifferente si convince ad aprire un occhio. La figura minuta sdraiata accanto lui, avvolta in un paio di jeans e una semplice t-shirt bianca, si stiracchia appena.

Due occhi color tè lo osservano adombrati da lunghe ciglia, un sorriso delicato come un petalo di ciliegio dipinto appena sulle labbra. Era sempre stato cosciente del fatto che fosse più bella di qualunque altra ragazza avesse mai visto. La danza leggiadra con cui le lame che era solita bandire fendevano il nemico era un ricordo indelebile nella sua mente.

Combattendo la pigrizia, apre anche l'altro occhio. Una risatina si leva dalla sua compagna di letto.

“Che c'è, Raphtalia?”

“Nulla di importante, Naofumi-sama”. Il suo sorriso si fa più luminoso.

È la prima volta che lo osserva così da vicino e si ritrova a notare come le si illuminino gli occhi e le sue guance si tingano quasi impercettibilmente di rosso quando gli sorride.

“In realtà pensavo con un po’ di nostalgia a quella volta in cui ti ho chiesto di dormire con me.”

“Eh?”

Raphtalia scuote appena il capo, muovendo i ciuffi ramati che le incorniciano il viso. Il suo sguardo sfugge al suo per poi concentrarsi sul soffitto, perso in chissà quali ricordi.

“Non importa se non ricordi. Non è nulla di importante.”

“No, ricordo. Ti riferisci a quando ho usato lo Scudo dell'Ira per la prima volta, vero?”

Dopotutto non avrebbe potuto dimenticare il senso di colpa per le conseguenze delle sue azioni nemmeno se avesse voluto.

Raphtalia annuisce appena e un'altra risata sfugge dalle sue labbra. “Non avevi capito proprio nulla di quello che volevo.”

Naofumi sente le proprie labbra contorcersi in una smorfia al ricordo. Improvvisamente il soffitto monocromatico della stanza diventa di suo estremo interesse.

“Mh. Scusa.”

“No, no, non hai motivo di scusarti, Naofumi-sama. A pensarci bene il mio non era che un capriccio da bambina.”

“Eri ferita, potevi permettertelo.”

In realtà Raphtalia si era dimostrata una donna e una spadaccina forte e indipendente già da allora. Si era ostinato a considerarla una bambina molto più a lungo del dovuto, ignorando come anche la sua testa e il suo cuore fossero diventati quelli di una donna fatta e finita.

“Naofumi-sama?”

“Mh?”

“Ti sono infinitamente grata per avermi permesso di rimanere al tuo fianco.”

In realtà dovrebbe essere lui a ringraziarla. Più di una volta Raphtalia aveva avuto l'occasione di abbandonare lui e la condizione di schiavitù impostale ma, piuttosto che approfittarne, lei non aveva fatto altro che ribadirgli la propria fedeltà. Quando l’intero mondo pareva cospirare contro di lui e l'odio minacciava di sopraffarlo, erano stati la voce e il tocco confortante di Raphtalia a permettergli di rimanere aggrappato con tutta la forza della propria disperazione a ciò che rimaneva della sua sanità mentale. 
Eppure, nonostante la sua sola presenza lo avesse cambiato così tanto da stupire perfino i membri della sua famiglia, l'idea di esprimere a parole quei pensieri melensi non lo allettava minimamente.

“Non c'è bisogno di essere così formale. E ti ho già detto di togliere quel ‘sama’. La gente si farebbe strane idee sentendoti.”

Le molle del letto cigolano appena.

“Come dovrei chiamarti, allora? Non riesco ad abituarmi ad usare ‘Naofumi-san’”.

Non può vederla in faccia, ma riesce ad immaginare perfettamente la sua espressione confusa. È tipico di Raphtalia prendere con eccessivo zelo anche quel genere di piccolezze.

“Non lo so. Puoi anche lasciar perdere gli onorifici, se vuoi”, mugugna coprendosi gli occhi con l’avambraccio. Nonostante sia ancora primo pomeriggio sente l’idea di schiacciare un pisolino farsi sempre più allettante.

“Lo studio può sempre aspettare stasera.”

“. . .  Naofumi?”

E con una sola parola tutti i suoi allettanti propositi vanno a farsi benedire. Avrebbe dovuto immaginare che Raphtalia avrebbe preso seriamente in considerazione qualunque risposta le avesse dato - purché relativamente ragionevole - ma con il senno di poi si ritrova a fare nota mentale di scegliere con maggiore attenzione le proprie parole.

“Diamine. Da quando la mia vita è diventata una rom-com di infima categoria?”

“Dimmi.”

Sforzandosi di mantenere il solito cipiglio scocciato, si rotola pigramente su un fianco. I suoi occhi si trovano nuovamente davanti alla visione di Raphtalia. Il sorriso imbarazzato sul suo volto lo porta a pentirsi immediatamente delle sue azioni.

“Va… bene?”

"Accidenti, Raphtalia, non puoi fare un’espressione del genere. Per te chiamarmi solo per nome non dovrebbe essere diverso dal recitare la lista della spesa!"

“... Può andare.”

Il sollievo si diffonde immediatamente sul volto di Raphtalia. Era una situazione quantomeno peculiare, considerato che gli unici che fino a quel momento lo avevano chiamato semplicemente per nome erano la piccola Melty e i membri della sua famiglia. Non gli era mai importato granché degli appellativi che gli altri gli affibbiavano: specialmente dopo essere stato relegato al ruolo di eroe dello Scudo si era sentito chiamare nei modi più disparati, alcuni dei quali non esattamente amichevoli.

Quel mostro dell’Eroe dello Scudo ha cercato di violentarmi…

Feccia del genere non merita di essere chiamata “eroe”.

Che questo traditore venga esiliato dal Castello!

Il Demone dello Scudo deve morire per il bene di questo Paese!

 

Naofumi-sama. Non ha importanza ciò che gli altri potranno dire… io credo in te.



“Ah… capisco.”

Probabilmente era questo che Sadeena intendeva fargli comprendere realmente quando gli aveva detto che Raphtalia era “diversa”. Durante la sua avventura si era circondato di numerosi e insostituibili compagni, ma alla fine l’unica da cui non accettava di potersi separare era Raphtalia. Aveva perso il conto delle volte in cui lei lo aveva salvato soltanto chiamando il suo nome.

“Raphtalia”.

Una sensazione paragonabile ad una scossa elettrica lo percorre da capo a piedi nel momento in cui la sua mano le tocca una guancia. Non capisce assolutamente nulla di quel genere di roba, ma il suo istinto non fa che portarlo irrimediabilmente a lei. Sfiora appena le sue labbra con le proprie.

“Grazie.”

 
Note Dell' Autrice.

Aaaaahhhh. *si copre la faccia con le mani*

Non riesco ancora a capacitarmi di essere riuscita a scrivere una cosa così terribilmente fluff. Io propendo sempre per l'angst, per quelle cose che fanno soffrire gli animi di chi scrive e di chi legge, ma quando si tratta di Naofumi e Raphtalia la mia mente pensa a coniglietti rosa e morbidosi per quanto sono preziosi. Il Naofumi della Web Novel è un tipo davvero cinico, mentre quello delle Light Novel è pressoché identico a quello che si vede nell'anime: gli piace atteggiarsi a fare il cattivone, ma in realtà ha il cuore di marshmallow (dopo la roba che ha vissuto non lo biasimo, poverino).

La storia è ambientata tempo dopo un ipotetico ritorno di Naofumi (assieme a quel dolcetto alla crema che è Raphtalia) nel suo mondo, mentre la fantomatica Sadeena citata è un personaggio che appare abbastanza più in là nelle Light Novel. Senza scadere nello spoiler, Sadeena conosce bene Raphtalia e ha quell'atteggiamento tipico da "sorellona" nei confronti di diversi personaggi (*Ara Ara intensifies*), dice un sacco di stupidaggini ma quando è seria riesce a mettere del sale in zucca allo ShieldBro.
Per quanto riguarda il titolo, Kimi No Namae (きみの名前) è il titolo della prima ending dell'anime - cantata da Chiai Fujikawa - e significa "Il tuo nome", visto che involontariamente questa storiella è finita con il vertere sull'importanza del sentirsi chiamare per nome da Raphtalia (la canzone dice qualcosa sulle righe di "la tua voce mi ha salvato innumerevoli volte", quindi direi che ci sta).

Vado a nascondermi sotto una roccia.
   
 
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