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Autore: _Turs_    10/04/2019    4 recensioni
Di come il sistema solare non è l'unica cosa di cui Sherlock è all'oscuro, o per meglio dire, di come un ex-medico militare lasci tanti fiori in diversi momenti della sua residenza a Baker Street e di come un consulente investigativo non sia davvero interessato al linguaggio dei fiori.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo quinto, Viole e Lavande 
 
La fedeltà è lo sforzo di un'anima nobile per eguagliarsi ad un'altra anima più grande di lei.
-Goethe

 




Da consulente investigativo amante del crimine e degli studi dei cadaveri, si potrebbe dire che Sherlock Holmes fosse in grado di riconoscere a prima vista solo le cose negative della vita. Gli si illuminavano agli occhi e improvvisamente capiva qualunque cosa. Eppure dal suo sguardo sembrava sfuggire qualsiasi cosa ne riguardasse le positive: l'amore, i sentimenti, quelle stesse che la sua maschera di sociopatico gli offuscava alla vista, dietro tantissimi segnali a intermittenza su cui c'erano scritti a caratteri cubitali una serie di avvertimenti.
Pericolo. Attenzione. Da evitare assolutamente.
Erano solo degli esempi di quei cartelli, molto simili ai segni stradali delle vie di Londra, che svolazzavano nella sua visione di ciò che lo circondava, posandosi sopra tutto ciò che il suo cervello sembrava astenersi dal captare. Ormai era abituato da così tanto tempo che non riusciva nemmeno a ritenerla una mancanza, era più che altro un'abitudine radicata dentro di sè e di cui non era mai riuscito a liberarsi completamente. 
Forse proprio per via di quella che lui denominava deformazione professionale se ne accorse a prima vista.
Non era mai successo, solitamente non risaltavano ai suoi occhi, molte volte non li notava nemmeno, neanche se risaltavano con quei colori sgargianti, giallo sole nella sala dai toni scuri, eppure stavolta quel lilla nella penombra aveva catturato i suoi occhi non appena messo piede nell'appartamento. Il cappotto ancora indosso e le mani ferme nell'atto di sfilarselo dalle spalle, ma gli occhi inchiodati su quello spettacolo grottesco. O almeno così lo definì il suo cervello, i mille segnali mandati dai neuroni che lo facevano sentire come in un incubo ad occhi aperti. 
Rilasciò le braccia lungo i fianchi, i passi che risuonavano nel silenzio mentre si avvicinava lentamente, gli occhi ancora ancorati a quel lilla tanto orribile. Sporse una mano a sfiorare il vaso gelido, con cautela, quasi fosse un imminente pericolo per la sua vita. Sentì il freddo del collo decorato in maniera grossolana contro le punte dei polpastrelli mentre lentamente lo toccava, risalendo con attenzione fino a sentire quel leggero solletico dei fiori al suo interno sul dorso della mano stessa.
Lavanda.
Che fiore magnifico, ma non in quel caso.
Ogni stelo, ogni singolo petalo, ogni sfumatura di quel mazzetto lo fissava truce, lo bloccava a terra, con la mano ancora per aria. Senza poterlo prevedere, chiuse il pugno, racchiudendo qualche piantina. Non si fermò, strinse più forte, ancora di più, sentì le sue stesse unghie conficcarsi nel palmo della mano in maniera dolorosa. Ma il suo viso era inespressivo, fosse stata una canzone, sarebbe stata il silenzio più assoluto.
Nessuna emozione traspariva dagli occhi chiari che guardavano quell'uccisione di cui lui stesso era colpevole. 
Nel sentire una lieve fitta di dolore, che gli provocò un leggero gemito, chiuse gli occhi brutalmente con le ciglia che sfrigolavano per lo sforzo e improvvisamente si trovò nel suo palazzo mentale. La lavanda era ovunque si voltasse, in ogni antro nascosto, ogni angolo a cui arrivasse lo sguardo, e lo sovrastava cadendogli addosso. 
Tutto l'edificio si riempì di fiori, non lasciandogli spazio per respirare e lui affogava e affogava in quel viola così chiaro che sembrava non volerlo far vivere un attimo in più. Sentì i rami stringersi attorno al suo petto in una sensazione così reale che sembrò togliergli ancora più fiato di quanto già quei petali non stessero facendo. Gli erano entrati in bocca, nei vestiti, e non smettevano di aumentare e di coprirlo. Appena se li toglieva di dosso quelli tornavano sopra di lui in una situazione soffocante. E lui tentava di risalire affannosamente, ma finiva sempre più in basso, sempre più a fondo, come una nave che affondava senza più speranza di risalire.
Lui stesso la perse quella speranza, lasciandosi andare contro tutto quel viola e aspettando, nel mentre chiudeva gli occhi in quella sua immagine mentale, che la lavanda lo vincesse.
"Sherlock?"
Fu quella voce a riscuoterlo, facendogli aprire gli occhi. Ed eccolo ancora lì, nel suo appartamento, la mano ancora serrata e i piedi ben ancorati a terra. Eppure con la coda dell'occhio gli parve per un minimo breve istante di vedere altri petali dal soffitto. Dischiuse la mano e i petali martoriati che aveva tenuto fino a quel momento nel pugno arrossato caddero a terra, volteggiando fino al pavimento. Si accorse che il vaso era caduto a terra frantumandosi in mille cocci di porcellana, pochi centimetri dalle punte delle sue scarpe. 
Diede una rapida occhiata alla sua mano, riscontrando quelle piccole mezzelune rossastre nel palmo, e la richiuse più volte delicatamente per le leggere scosse di dolore che gli provocava il movimento. Sembrò quasi essersi incantato da quel movimento, mentre non scostava lo sguardo da esso.
"Sherlock, tutto bene?"
La voce si era fatta più vicina, parlandogli con una premura che in quel momento gli parve così tanto falsa. Vide attorno a sè i cartelli che coprivano ogni cosa. Pericolo, pericolo, pericolo.
"Dio, cosa hai fatto?" 
Qualcuno prese la mano tra le sue con delicatezza, girandola e osservandola con occhi critici, ma a Sherlock sembrava non importare, spostando la visuale sulla lavanda seviziata da lui stesso. Quei pochi steli che rimanevano in piedi si erano rivolti verso il basso, quasi afflitti in un segno di scuse nei suoi confronti. Come se delle scuse potessero rimediare alla morte che gli avevano procurato pochi istanti prima.
"Sta giocando anche con la tua mente, come fai a non accorgertene?"
Sussurrò senza alcuna inflessione nella voce pochi minuti dopo, ancora immobile in quella posizione, sentendo la garza sulle piccole ma profonde ferite. Quella garza avrebbe aggiustato anche le ferite dei rami che si erano chiusi attorno alla sua cassa toracica, comprimendola? Se avesse aperto la propria camicia, ci avrebbe trovato i lividi violacei, della stessa tonalità di quella raccapricciante pianta?
In risposta sentì solo un respiro bloccarsi, nello stesso istante in cui quelle mani tanto meticolose attorno alle proprie si fermarono per concedersi un tremito. Un sospiro seguì di pochi istanti.
"Non penso, ti conosco bene, nessuno potrebbe fingersi tanto irritante per così tanto tempo."
Alzò finalmente gli occhi, con una lentezza estenuante, trovandosi davanti i capelli biondi nel tipico taglio militare.
Oh, John.
Era stato così stupido.
Un lieve sorriso gli increspò le labbra a cuore, flebile ma sincero. Si compativa da solo e succedeva fin troppo ultimamente, mentre sentiva il petto liberarsi di quella costrizione.
"Forse hai ragione." Gli concesse, osservandolo finire il lavoro prima di ritrarre la mano fasciata, facendola cadere nuovamente contro il suo fianco, ma senza scostarsi o smettere di guardarlo. Il medico se ne accorse, incrociando i suoi occhi, un sorrisetto in risposta.
"Il grande Sherlock Holmes che mi da ragione, che grande evento, fammelo segnare sul calendario ti prego." 
L'insieme delle loro risate a bassa voce riempì la sala, finendo nel silenzio che l'aveva iniziata, concedendosi un ultimo sguardo. John fu il primo a terminarlo, spostando il viso per guardare il disastro a terra e aggrottando le sopracciglia nella confusione che si presentava a chiare lettere sul suo volto, prima che un'espressione di disgusto sopprimesse il tutto.
"Ah, spostati su, così pulisco, non vorrei far venire un infarto alla Sig. Hudson."
Lo spinse via con un braccio verso la poltrona, in un muto invito a sedersi per non disturbarlo, prima di inchinarsi e iniziare a raccogliere i cocci con attenzione, il timore di ferirsi dietro l'angolo.
"Dovrai trovarti un altro vaso, mi dispiace."
"Ma no, tranquillo. Sono cose che succedono, anche a Sherlock Holmes."
"Ma erano dei fiori davvero orrendi. Ti prego non portarli mai."
A quell'affermazione, fu John ad essere scosso da una risata, che gli fece inclinare il capo leggermente all'indietro. L'amico, alle sue spalle, si beò di quel movimento nascondendo un altro lieve sorriso.
"Hai assolutamente ragione, credimi. Ti direi che la prossima volta avvertirò chiunque li abbia messi qui, ma sinceramente spero che questa sia l'ultima."
"Solo tu puoi dare colore a questa stanza, John."
Tante cose rimasero implicite in quella frase, la maggior parte lo stesso medico le ignorava, eppure il consulente gli aveva rivelato tutto con quelle semplici parole. Solo che nessun'altro se ne accorse, e a Sherlock andava bene così. 
Sopratutto quando, ore dopo, notò quel mazzo di viole blu posato sul tavolo della cucina, tra le mille provette, dimenticato lì insieme al fiocco enorme che teneva gli steli insieme. Sì, Sherlock non era mai stato bravo a vedere a colpo d'occhio le cose buone.




"Sherlock, un ultimo miracolo. Puoi? Per me?"
Silenzio, ancora, nessun fuoco d'artificio, nessun sipario che si apriva mostrando la figura del suo coinquilino. Una risata amara gli sfuggì. Coinquilino? Era molto più di questo.
"Non...essere. Non essere morto. Puoi?"
La sua richiesta cadde nel rumore del vento che si alzava, muovendo i lembi del giubbotto con veemenza. Stirò le labbra prima di morderle, gli occhi che pungevano prontamente coperti dalle dita nel frattempo che un singhiozzo prendeva possesso della sua gola affaticata. 
Mise la mano nella tasca estraendo un piccolissimo ramoscello di biancospino e facendolo cadere sulla tomba. Lo osservò per qualche istante, ma niente accadde.
I fiori significavano tante cose, ma non erano magici.
Eppure ci aveva sperato, per qualche ingenuo millesimo di secondo ci aveva sperato.



 
Non seppe mai che appena lui se n'era andato, una mano inguantata aveva recuperato il fiore, nascondendolo nella tasca del cappotto che svolazzava nel vento.






 











Angolo Autrice:
Mi scuso immensamente per il ritardo per prima cosa, ma è stato un periodo affollato e pur avendo il capitolo già bello che pronto non ho trovato quell'attimo per sistemare prima di oggi. Ma eccoci qua, vivi e vegeti!
Prima di tutto i soliti dettagli tecnici: la lavanda è la sfiducia, per questo Sherlock ha reagito così male, siamo nel periodo del complotto di Moriarty e pensa che anche John stia credendo al suo rivale (ricordiamo la scena in cui urla contro John etc, ammetto di non riuscire a vedere molto spesso l'episodio per il magone che mi sale alla gola). Ho sempre immaginato che per quanto sembrasse comunque calmo avesse paura che John gli voltasse le spalle e quindi vedere lì un chiaro messaggio dei suoi timori l'ha leggermente fatto uscire di testa. Ma! Spero si sia capito, non è stato John a mettere i fiori, ma Moriarty, per giocare con la mente di Sherlock con  una delle sue debolezze. E' riuscito a nascondere delle telecamere, di certo mettere un mazzo di fiori in bella vista non gli doveva esser difficile.
Ed ora andiamo al vero fiore di John, che è comparso tre secondi ma hey, la viola blu, che è completamente l'opposto e rappresenta la fedeltà. John sta dimostrando che crede a Sherlock sempre e comunque, ma Sherlock all'inizio non lo notava perchè è davvero troppo abituato a vedere solo il peggio del mondo e per quanto si fidi di John ancora non riesce a credere completamente che a. John sia suo amico b. possa essere innamorato di lui. Per quanto riguarda la parte davvero romantica della storia, sono ormai giunti a conoscere i loro sentimenti (come detto nel precedente capitolo) ma nessuno dei due si è fatto avanti e soprattutto sono ignari di essere corrisposti (o almeno Sherlock bene o male ci fa qualche pensierino ma lo mette da parte perchè ha paura). 
E passiamo all'ultima parte con il biancospino, che è la speranza, non penso ci sian0 da fare delle vere spiegazioni a riguardo...
Mi sono dilungata tantissimo mio solito, ma comunque, spero vi piaccia e nel caso lasciate una recensione positiva o negativa,
alla prossima,
_Turs_
   
 
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