Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Myrel    11/04/2019    0 recensioni
Ti accompagnavo fino all’uscita, ma rientravo senza aspettare che tu avessi girato l’angolo, non perché io non volessi farlo, ma perché non volevo darti l’impressione di una persona che stava morendo per te, che fosse tanto dipendente da te come si può esserlo dall’ultimo tiro di sigaretta. Volevo lasciare l’ultimo tiro per non farti credere di voler respirare quegli ultimi secondi di te ed invece era così. Tornavo dentro e ti cercavo nella tua assenza.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ogni mattina, al mio risveglio mi sento incompleto. Ti sento ancora accanto a me in questo piccolo letto provvisorio. Ti prendevi tutte le coperte senza accorgertene e ti addormentavi con la coperta sulla testa. Scomparivi completamente sotto quei due plaid e io trovavo che la cosa fosse bizzarra ed allo stesso tempo amavo quel piccolo dettaglio che ai miei occhi ti rendeva così fragile. Nonostante fossi sempre coperta, starnutivi appena ti svegliavi e poi mi guardavi sorridendo con la tua espressione da imbranata e gli occhi un po’ lucidi. Non avrei allontanato per niente al mondo il mio sguardo dai tuoi occhi così scuri che nel silenzio mi dicevano molte più parole di quante io ne avessi mai sentite in vita mia. Penso che tu sia insopportabilmente logorroica con i tuoi occhi e ti odio per questo, ti odio perché so che nella mia vita potrò ancora fare milioni di discorsi con milioni di persone e mai riuscirei a capire così tanto e mai riuscirei ad esserne completamente incantato. Sono legato a te, non da questa attrazione, ma da questa comprensione. In risposta, sempre quello stesso sguardo, mi diceva che anch’esso di me aveva capito le cose non dette e che non aveva bisogno di discorsi, di spiegazione. Forse questo è il mio rimpianto più stupido: le cose non dette. Parlavamo lingue diverse, eravamo mondi diversi, tu capivi ciò che dicevo ma non sapevi rispondere, era straziante pensare che avrei desiderato il contrario, avrei volto capirti senza il bisogno di essere io quello capito. Comunicavamo lo stretto necessario che ci veniva consentito dalla tecnologia. Io credo che avremmo potuto anche farne a meno. Anche quel momento diventava divertente con te. Forse non è vero che avrei potuto farne a meno, ora avrei meno immagini di ricordi da poter ricreare nella mia testa. Avevi la capacità di assumere posizioni scomodissime e sembrare perfettamente a tuo agio, un po’ addosso a me, e quando pronunciavo qualcosa da tradurre sul traduttore che alle tue orecchie sembrava strano, mi ridevi in faccia e provavi a farmi una stupida imitazione. Io adoravo le cose che mi raccontavi e ancor di più adoravo il momento che precedeva la traduzione, quando tu registrando la tua voce, parlavi e le tue parole incomprensibili mi sembravano una musica. Avrei voluto ascoltarti per ore e vedere che ridevi da sola per le cose che stavi per dirmi e che sapevi che mi sarebbero giunte quasi come insulti. Provocavi i miei finti spintoni e accendevi delle finte liti su quel materasso in disordine. Avrei voluto più momenti per baciarti, più momenti per stringerti e per sentire la tua pelle. Ogni volta che dovevi andare via, ti tiravo per le gambe e ti pregavo di giocare ancora qualche altro minuto e tu adoravi essere pregata, adoravi le lusinghe e tutte le piccole attenzioni. Ti accompagnavo fino all’uscita, ma rientravo senza aspettare che tu avessi girato l’angolo, non perché io non volessi farlo, ma perché non volevo darti l’impressione di una persona che stava morendo per te, che fosse tanto dipendente da te come si può esserlo dall’ultimo tiro di sigaretta. Volevo lasciare l’ultimo tiro per non farti credere di voler respirare quegli ultimi secondi di te ed invece era così. Tornavo dentro e ti cercavo nella tua assenza. Mi riappropriavo prepotentemente dei miei pantaloncini che tu indossavi la mattina e che ti stavano così larghi. Mi rimettevo a letto cercando il profumo che aveva unto il tuo collo e i tuoi polsi la sera prima, e ci trovavo anche il profumo della tua pelle, dei tuoi capelli. Restavo con la testa sul cuscino per qualche minuto senza sapere realmente a cosa pensare, sentendomi quasi vuoto e fisicamente sfinito. Poi mi giravo e guardavo attraverso le grandi finestre che affiancavano il mio letto. Provavi una forte attrazione per ogni finestra di qualsiasi posto, non so il perché, ma mi piace pensare che tu cercassi la poesia in ogni dettaglio e cercassi di cogliere ogni sfumatura di un paesaggio diverso al quale non eri abituata. Ti svegliavi alle prime luci e forse non avevi preso mai sonno accanto a me, e ogni momento che ricordo, era accompagnato da una carezza. Non c’erano tende. Ti affacciavi e guardavi gli alberi spogli e le foglie secche che creavano una coperta sul suolo del piccolo cortile. Poi mi abbracciavi alla fine delle tue elaborazioni mentali che ai miei occhi sembravano così artistiche e io ti facevo fare e mi sentivo parte di quel tuo disegno, forse la parte finale o forse la parte principale inserita in uno sfondo. Ora anche riguardare quei rami mi fa pensare a te. Non so come spiegare che ogni piccolo spazio mi parli ancora di te e io vorrei cancellare questa tua invadente presenza in assenza, perché per me sarebbe più facile credere che non sia mai esistita. Ti vorrei qui ora o preferirei che tu non ci fossi mai stata perché riempi così tanto tutto di te, che quando te ne vai, lasci tutto vuoto ed insensato.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Myrel