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Autore: milly92    14/04/2019    1 recensioni
“Io sono Alice, piacere. La mediatrice culturale”.
“La che?”.
Offesa, feci una smorfia: il mio era un mestiere come tanti, non di certo uno di quelli super fighi con il titolo tradotto in inglese giusto per sembrare ancora più irraggiungibili.
“La me-dia-tri-ce culturale” rispiegai pazientemente.
“Ah, mediatrice! A causa del viaggio sto così fuso che avevo capito meretrice, ecco perché ero confuso” ridacchiò, con un palese accento romano. “Salvatore, comunque. Piacere. Faccio questo mestiere da cinque anni e non ho mai sentito parlare di una mediatrice nel team!”.
“E’ un’eccezione, oltre agli inglesi ci sono gli spagnoli e l’azienda aveva bisogno di una traduttrice. Diciamo che è un esperimento... Scusami comunque, mi sono bloccata nel bel mezzo della strada perché ho appena ricordato di aver dimenticato l’adattore e il mio cellulare è appena morto”.
“Azzò, sei perspicace, Alice la Mediatrice. Spero non dimentichi le traduzioni delle parole così come dimentichi le cose essenziali”.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Days 25-26: Wind of change
Capitolo 14
Days 25-26: Wind of change
Quando riaprii gli occhi avvertii un respiro regolare ma intenso al mio fianco, mi girai e vidi un Maurizio alquanto angelico che dormiva beato mentre mi stringeva a sé con un braccio.
Come me, doveva essere stanco morto, tanto da emanare suoni che quasi sfioravano il russare e in cuor mio mi chiesi se anche io fossi risultata così molesta dato che mi era stato detto che quando ero davvero stanca russavo.
Lentamente, mi scostai dalla sua presa e mi misi a sedere, osservandolo: era bello, non di quel tipo di bellezza innaturale e artificiosa, era umano, vero, con i suoi piccoli difetti che ai miei occhi, però, scomparivano.
Era stato gentile, non mi aveva forzato a rischiare in mancanza di precauzioni e mi aveva assecondato.
Un dubbio, uno di quelli assordanti e stupidi che ti prendono quando sei ancora tra la veglia e il sonno, mi assalì: forse non gli piacevo abbastanza? Era sempre troppo pacato, spesso dovevo incitarlo io, non prendeva mai l'iniziativa...
Certo, una volta incentivato partecipava eccome, solo che il dover essere sempre la prima a fare la prima mossa mi faceva pensare che forse non era chissà quanto attratto da me.
Presa com'ero da questi pensieri, nemmeno mi accorsi del suo risveglio.
Erano le sette meno un quarto ed entrambi sembravamo soggetti ad una ormai sveglia naturale che anticipava quella reale e fastidiosa che ci obbligava ad alzarci tutte le mattine.
"Buongiorno. Siamo pensierose, stamattina?" domandò, sporgendosi verso di me e lasciandomi un bacio sulla guancia.
Quel particolare così bambinesco fu il dettaglio che misto alla stanchezza e alla mancanza di caffeina mi fece scattare su come una bambina rabbiosa che non ha ottenuto ciò che sperava per Natale.
Mi scostai sotto il suo sguardo incredulo.
"Ho sbagliato qualcosa?" chiese, senza capire.
Mi alzai, legai i capelli in uno chignon disordinato e soffiai come un gatto annoiato mentre aprivo la finestra, salvo poi pentirmene visto i gabbiani che rompevano le scatole, fastidiosissimi, con i loro versi.
"Ci stavo pensando, Maurizio... Sei sempre molto carino e gentile ma a volte ho l'impressione che... Che tu non mi voglia abbastanza. Siamo qui perché ieri ti ci ho trascinato io, ci siamo baciati perché ti ho quasi sfidato con una frase, sei stato in grado di starmi lontano una settimana pur di mantenere il tuo segreto. Mi conosci da solo poco più di tre settimane ma, insomma, mi sembra inutile fare grandi discorsi quando evidentemente non ti attraggo più di tanto" dissi tutto d'un fiato, senza pentirmi di nemmeno una sillaba.
Mi mancava essere corteggiata a dovere, sentirmi voluta, stuzzicata...
Ascoltando il mio discorso la faccia di Maurizio cambiò repentinamente, passò dall'incredulità al sarcasmo in una frazione di pochi secondi, poi si alzò a sua volta e, rapidamente, si infilò le scarpe.
Una volta finito mi venne vicino e mi puntò l'indice contro, arrabbiato.
"Ma come ti devo prendere? All'inizio sono stato insistente, per farti mezzo complimento al bar te ne sei fuggita in bagno! Da lì ho capito che evidentemente così facendo ti avrei oppresso e sono stato più cauto! E nemmeno ti va bene?" sbottò, senza parole, portandosi una mano alla testa. "E' normale che così facendo attiri solo stronzi che ti mettono le corna!".
Prese rapidamente i pochi effetti personali che aveva in quella stanza e uscì sbattendo la porta, lasciandomi lì, senza parole, con l'aria di chi si sente un'emerita idiota.


Cosa mi era preso?
Mi sentivo come la persona che, di fronte alla possibilità di essere felice seppur per poco, manda tutto all'aria per la paura di ciò che l'aspetta.
Mi stavo forse autosabotando?
Trovai la risposta nel mio mentore nonché fidato amico quando ci incontrammo per il solito appuntamento pre colazione con il caffé.
"Terzultimo caffé insieme prima di colazione, ci credi?" domandò, evidentemente per rompere il mio silenzio.
Sapevo di non avere una bella cera, dei capelli orribili e delle occhiaie bluastre ma non c'era molto che potessi fare al riguardo, inquieta com'ero.
"No, questo mese è volato" risposi, mentre rigiravo lo zucchero nel caffé per la millesima volta.
"Sì, ne sono successe di cose. Ora che abbiamo fatto delle chiacchiere circonstanziali, puoi dirmi gentilmente che ti è successo? Non è andata bene ieri sera...?".
Cercava di celarlo, ma era curioso , tanto curioso, a tal punto di avvicinarsi a me.
"No" sussurrai, seppur felice di poterne parlare con qualcuno.
"Come no? Insomma, vi ho visto, ve ne siete andati subito, quasi correndo...".
"Ci mancava la materia prima" riassunsi, massaggiandomi una tempia.
Saverio, che non poteva sapere a cosa mi riferivo, sgranò gli occhi e si tappò la bocca con le mani, incredulo e con aria alquanto ilare.
"Ma come! Scherzi? Cioè, quanti anni ha,ventisette, ventotto...? Se inizia così, a quaranta come fa? Deve riempirsi di pilloline blu?!" chiese, senza parole. "Però, ehi, meglio così, voglio dire, almeno lo hai scoperto subito, poi...".
"Saverio ma che hai capito!" lo interruppi, facendo un cenno negativo con la testa, disperata per il suo subito pensare a male.
"Come che ho capito? Tu hai detto...".
"Intendevo che non avevamo i preservativi. Ti posso assicurare che dopo pochi minuti di azione lui era più che pronto ad... Agire. E ora abbiamo litigato" spiegai, affranta.
"E ci credo! Avete perso una sera solo per una dimenticanza, potevi venire da me".
"Ma anche no, tesoro" lo scimmiottai, imbarazzata al solo pensiero. "E non abbiamo litigato per questo. Stamattina l'ho accusato di... Corteggiarmi poco, di essere sempre pronto a far sì che sia io a fare la prima mossa e lui mi ha ricordato che io sono stata la prima a fuggire quando ha provato a essere carino, quindi ha cambiato registro per paura di forzarmi" ammisi.
Più ne parlavo, più realizzavo di essere stata una cretina nel pretendere un certo comportamento da chi in primis conoscevo da poco e che poi già si era dimostrato gentile con me ed era poi stato respinto.
Come al solito in quelle situazioni di confidenze a tu per tu, il mio amico mi guardò e scrollò le spalle.
"Non sei ancora pronta, ecco la verità. Venticinque giorni fa ti struggevi per il tuo ex, ora hai trovato una persona interessante ma magari senza volerlo applichi ancora un vecchio schema in cui lo confronti con chi fa parte del tuo passato. Tu e Luca siete stati rapidi nel conoscervi in tutto e per tutto, e guarda caso, ora rimproveri a Maurizio una sorta di lentezza che dopo tre settimane vi ha condotto a piccoli risultati. Lui non è Luca, Ali, e andarci piano non può che farti bene se stai ancora così. Forse è meglio che non sia successo nulla" rifletté, cauto, lasciandomi decisamente perplessa.
"Ma se ieri mi incoraggiavi..." obiettai, finendo di bere il mio espresso e gettando il bicchiere di carta nel contenitore apposito.
In quel momento un parere esterno era fondamentale per me e averne uno ballerino che cambiava idea ogni tre secondi non era l'ideale.
"Sì ma perché sembravi pronta, evidentemente non lo sei. Non far sì che Maurizio paghi le conseguenze di ciò che ha fatto Luca, lui merita di conoscerti per quella che sei davvero" spiegò saggiamente.
"E chi sono io, davvero?" chiesi esasperata, fissando il vuoto come in attesa di trovare una risposta.
"Sei una persona che può dare tanto amore nelle condizioni giuste. Ora sei così, troppo presa dal modo in cui ti hanno trattato per renderti conto che chi ti sta vicino non lo fa con cattive intenzioni".
Incrociai le braccia e non dissi nulla, troppo presa dal provare a capire il garbuglio di emozioni che avevo dentro di me.


Quel lunedì fu fatale per i miei nervi ormai fin troppo presi dalle mille riunioni con Sandy e Jimena come capi del dipartimento di mediazione straniero, tanto che arrivai a ora di cena con una voglia matta di piangere in uno stanzino, al buio, senza farmi vedere da nessuno.
I group leader e il team leader non potevano capirmi essendo lì da solo dieci giorni ma io davvero sentivo il peso, la stanchezza e l'esaurimento di venticinque giorni passati a svegliarmi presto, andare a letto tardi, essere sempre attiva e attenta alle esigenze di due gruppi diversi – tre, se aggiungiamo che il team spagnolo e quello irlandese avevano le loro divergenze – e fare la parte della collaboratrice sempre sorridente e disponibile.
Avevo esaurito tutti i "No te preocupes" e i "Don't worry" che avevo a disposizione e non sapevo più come reggere anche se mancavano solo due giorni e mezzo.
Per fortuna la serata cinema venne in mio soccorso: non c'era bisogno del mio aiuto, così Saverio mi autorizzò a non partecipare alla visione del film e a starmene per i fatti miei per quel paio di orette.
Vidi con la coda dell'occhio Maurizio entrare nella sala dove avrebbero proiettato Gli Incredibili 2 e scrollai le spalle, memore della giornata che aveva passato a lavorare evitandomi, arrivando a passare del tempo con Mario con la scusa di aiutarlo con il video di addio.
Non eravamo molto lontani dal Liffey, così mi incamminai per ammirare la parte di Dublino che mi aveva accompagnato in quel viaggio sin dall'inizio e che non mi avrebbe mai abbandonata, almeno nei miei ricordi.
Senza riuscire a controllarmi, ripensai allo stato d'animo in cui ero all'inizio di quell'avventura, al mio rispondere male a Mario e mi sembrò di non aver fatto progressi.
Era assurdo, stare in compagnia di Maurizio aveva alleviato i miei problemi e ora che tutto sembrava cadere a pezzi sentivo di star tornando indetro, ad un vero e proprio regresso.
Per una volta decisi di essere me stessa e mi lasciai sconvolgere da un pianto liberatorio che durò minuti e minuti, uno di quelli che più piangi, più ti ricorda altre cose brutte che vorresti dimenticare e non rivivere mai più.
Ero inevitabilmente sola, con un cuore rotto e la speranza di far aggiustare tutto sotto zero, non mi sentivo in grado di aiutarmi sotto nessun aspetto.
Non ne potevo più di aiutarmi sempre da sola, volevo riuscirci con calma, in compagnia di qualcuno in grado di capirmi... Sentivo di aver esaurito la forza che avevo avuto sin dal trasferimento e non sapevo come fare.
Per un po' avevo riposto tutte le speranze in Dublino solo che ora che si avvicinava il momento di tornare alla solita vita da Alice Sebastiani e non di Alice, La Mediatrice mi sentivo non pronta, impaurita, anche perché tornando a Roma non avrei avuto i miei amici di Milano al mio fianco e nessuno poteva capirmi meglio di loro.
Gli amici di Roma ormai erano persone a cui volevo bene ma che vedevo sempre per un semplice aperitivo o per un'uscita a Natale o in estate, non avevano idea di come fosse davvero la mia vita.
Iniziai a pensare che quando sei una persona che è abituata a fare tutto da sola e a contare solo sulle tue forze, arriva un momento della tua vita in cui tutto il peso delle decisioni di ogni singolo giorno si fa così pesante e insopportabile che non ce la fai più e ti senti schiacchiare sempre più insistentemente senza poterci fare nulla.
"L'Argentina è una possibilità da due anni, è una certezza da dieci mesi ed è il mio sogno di una vita. Conosco te da venticinque giorni e mi hai quasi fatto passare l'entusiasmo per ciò che aspetto da praticamente sempre solo perché so che lì non c'è un'altra Alice, ti rendi conto? E poi devo sentirmi dire che non ti corteggio abbastanza! Forse non lo faccio perché so che così ci avvicineremo di più e ci starò male il triplo".
Il cuore mi balzò in gola quando udii la voce di Maurizio alle mie spalle, una voce diversa da quella che ero abituata a sentire, più rigida e rancorosa rispetto a quella chiara e tranquilla di ogni giorno.
Stavo ancora piangendo quindi non mi girai, mi limitai ad asciugarmi gli occhi con un polso, insicura come non mai.
"Oggi ho pensato anche io che forse ti ho detto quelle parole per autosabotarmi" sussurrai con un'orribile voce di pianto.
Avvertii il rumore dei passi del ragazzo e poi la sua presenza alle mie spalle: mi cinse i fianchi con le sue braccia e mi strinse a sé con vigore, anche se io continuavo a piangere senza riuscire a smettere, sentendomi decisamente stupida.
"Io e te siamo molto simili, Ali, è questo il problema. Siamo due anime indipendenti che viaggiano spesso, sono lontane dagli affetti e hanno ricevuto tante delusioni... Io voglio pensare che ci siamo incontrati per guardarci dall'esterno e migliorare, ognuno è un po' il riflesso dell'altro. Pensaci! Entrambi romani, laureati nelle stesse lingue, entrambi mediatori, entrambi stabiliti a Milano, siamo due persone abituate ad andare per la loro strada e a mettersi in gioco... Solo che arriva un punto in cui la strada bisogna percorrerla con qualcuno, no?" provò a farmi ragionare. "Non la si può percorrere con chiunque quindi, secondo me, se si trova un valido compagno di viaggio si può fare uno sforzo e affrontare tutti i casi della vita per provare a continuare il viaggio insieme".
Un brivido di freddo mi scosse abbastanza violentemente e lui mi strinse ancora più forte a sé, suggellando le sue parole con un bacio che dalla guancia passò al bordo delle labbra fino a centrarle in pieno, aspettando il mio permesso.
Lo baciai rapidamente, a stampo, per poi guardarlo negli occhi nonostante il mio evidente stato non proprio tranquillo.
"Il problema è proprio il viaggio, Maurizio. Già ora mi sembri indispensabile, figuriamoci...".
"Alice, non pensare che per me sia più semplice. Davvero, davvero! Credimi! E' una cosa che devo fare ma ti giuro che sarò presente e ti dirò tutto, ho troppa stima di te per mentirti. Fidati di me, ti prego!" mi interruppe.
Cosa potevo mai fare?
Aveva ragione, eravamo troppo simili e potevamo farci del male , solo che in quel momento mi sentivo così grata nell'averlo lì, esposto per me nonostante il litigio di dodici ore prima che decisi di zittire i miei pensieri e di annuire semplicemente.
Mi sorrise e si calò su di me per baciarmi di nuovo, questa volta con più slancio, tanto da quasi alzarmi da terra per l'enfasi che ci stava impiegando.
Con le braccia ancorate attorno al suo collo, lo strinsi a me tanto da far aderire i nostri corpi.
"E' una promessa, allora?" chiesi, seria.
"Sì, lo è. Davvero" rispose. "Saverio ci autorizza a tornare in struttura, se vogliamo, se ha bisogno ci chiama ma è tutto tranquillo" aggiunse, questa volta un po' malizioso, tanto da appoggiare una mano sotto la mia maglia e sfiorare il reggiseno.
Aveva un'aria diversa, imbarazzata ma decisa a proseguire per quella via fatta di sfacciataggine che non gli guastava affatto.
"Davvero?" chiesi, falsamente sorpresa.
"Davvero. Il pensiero di perdere una serata a mettere il broncio mi mandava fuori di testa... Come se non bastasse, ho una voglia matta di fare l'amore con te, signorina" sussurrò, ribaciandomi e sfiorando il seno con le dita.
"Mi piaci quando fai così" lo provocai.
In un secondo, tutto ciò che mi stava facendo piangere lacrime amare era scomparso, contava solo il fatto che quel ragazzo mi stesse mandando su di giri anche solo parlando.
"Da quando ci conosciamo, in realtà. Se vuoi saperlo, immaginare di stare con te,tenerti stretta, darti piacere e vederti godere è una fantasia proibita che ho da quando abbiamo dormito vicini a Belfast" continuò.
Sentivo il respiro corto per l'eroticità che mi trasmetteva quel mucchio di parole mirate, proprio perché la sera prima ci eravamo andati vicino mi sentivo ancora più vogliosa di unirmi a lui e dimenticare tutto ciò che di brutto c'era stato in quelle ore.
"Forse ora non è poi così proibita" dissi, accarezzandogli quei ricci ribelli e notando quanto fosse succube dei miei gesti e delle mie parole.
"Lo spero".
Mi prese per mano, sorridendo, impaziente, mi condusse verso il ciglio della strada e fermò un taxi , lasciandomi stupita.
Disse rapidamente il nome della via del nostro alloggio al conducente e posò una mano sulla mia gamba, accarezzandola con insistenza.
Io sorridevo a mia volta e, nello slancio del momento, lo strinsi a me.
Arrivammo dopo tanto tempo per i nostri gusti e quando scendemmo dal taxi il contrasto con l'aria gelida rispetto al caldo dell'abitacolo ci sembrò abissale.
"Direi camera mia, la tua ci porta sfiga" dichiarò Maurizio appena entrammo nella hall.
"Stasera niente sfighe" lo ammonii, ridacchiando, mentre premevo il pulsante dell'ascensore.
Il momento in cui mi preoccupavo del giudizio altrui per una storia con uno dello staff mi sembrava lontano anni luce, ero così presa dal momento che nemmeno pensai di dover essere discreta , tanto mancavano pochi giorni e tutti i contatti lavorativi si sarebbero dissolti nel nulla.
Non me ne fregava di niente e di nessuno, solo di starmene in santa pace con il ragazzo che avevo di fronte a me.
Non ricordo precisamente gli attimi precedenti all'arrivo in camera, so solo che ero un po' nervosa ma allo stesso tempo grata, incredula, mi sentivo leggera, pronta ad ogni evenienza solo se in compagnia di quel ragazzo che era sempre nei miei pensieri negli ultimi giorni.
Con la sua solita gentilezza, Maurizio passò a baciarmi il collo mentre mi appoggiavo sul suo letto, con la testa appoggiata al suo petto.
"Ti voglio, Ali" disse, sovrastandomi e fissandomi negli occhi con decisione.
"Ti voglio anch'io" risposi.
Percepivo tutto ovattato, la realtà mi sembrava quella di un sogno in cui tutto sembra vivido ma sai che stai sognando, i gesti del ragazzo erano cauti e studiati, tipici di chi cerca di metterti a tuo agio.
Apprezzai così tanto il suo modo di fare che per un istante bloccai il suo viso tra le mie mani, mentre se ne stava steso su di me.
"Ho detto un mucchio di stronzate, stamattina, e per farmi perdonare ti dico che... Quando è previsto il tuo ritorno?" .
"Il trentuno gennaio" rispose, senza capire.
"Ok, quindi ti dico che se saremo ancora in contatto, il primo febbraio sei invitato a cena, alle venti, al mio ristorante di Milano preferito" sentenziai, non sentendo al momento il peso di tutto quel tempo che ci avrebbe diviso.
"Che sarebbe...?".
"Lo saprai... Il primo gennio, sempre se saremo ancora in contatto".
"Questo è un ricatto! Mi farò sentire solo per saperlo!".
"E' un dolce ricatto, dai...".
"Direi di sì, maledetta...".
Si rifiondò su di me e tornò a baciarmi, voluttuoso, prima di spogliarmi lentamente mentre io facevo lo stesso con lui.
Non ci dicemmo altro, ogni sguardo ed ogni gesto ci dicevano più di mille parole ed era un'esplosione di tenerezza e voglia di stare in contatto senza più limiti, fiduciosi nel fatto che forse ciò un giorno sarebbe diventata la nostra realtà.
Mi guardò con ammirazione quando mi ritrovai nuda di fronte a lui e in quel momento, lo ricordo con precisione, mi sentii davvero bella e apprezzata.
Quando venne il momento di iniziare davvero ad amarci mi sentii svuotata da ogni pensiero o preoccupazione, per me esisteva solo lui, bello, forte, vigoroso, un amante generoso e rispettoso ma comunque passionale.
"Oh, Ali..." rantolò con gli occhi chiusi, quando lo accolsi finalmente dentro di me.
Ero sconvolta dal suo ritmo dolce ma deciso e da una scarica di adrenalina di cui avevo dimenticato l'esistenza, avevo un sorriso perennemente stampato in faccia perché avevo dimenticato che si potesse condividere un'esperienza così intima con qualcuno in un modo così delicato e coinvolgente, lento, senza corse e gesti animaleschi.
Maurizio, non c'era nulla da fare, oltre che ad essere un ragazzo dai modi galanti era anche un amante premuroso, tanto che potevo percepire il suo sforzarsi di prolungare il tutto il più possibile per soddisfarmi.
Svariati minuti dopo iniziai ad incitarlo senza inibizioni, persa in un mondo di dissoluzione e piacere che assorbiva tutti i miei sensi e li amplificava.
Furono dei momenti meravigliosi che ci dimostravano che dopotutto la nostra sintonia e la nostra chimica andavano ben oltre la professionalità e quando ci ritrovammo stesi l'uno al fianco dell'altro, alla fine, eravamo decisamente senza fiato per l'esperienza appena condivisa.


Toc. Toc. Toc.
Sobbalzai, svegliandomi di scatto, senza nemmeno ricordare subito tutti gli avvenimenti della sera prima.
Mi voltai e vidi Maurizio al mio fianco che continuava a dormire beato senza muoversi nemmeno di un millimetro, così mi affrettai ad alzarmi e ad andare ad aprire alla porta, premurandomi di mostrare solo il volto.
Era Saverio, un Saverio fin troppo compiaciuto da quando, circa otto ore prima, in riunione, aveva sghignazzato come un matto nel vedere me e Maurizio entrare in ufficio insieme, in ritardo, e con l'aria decisamente tra lo sconvolto e il sognante.
Sorrideva e reggeva in mano due bicchierini con del caffé dentro mentre mi faceva l'occhiolino con aria furba.
"Buongiorno" dissi, sforzandomi di minimizzare l'imbarazzo che percepivo in quel momento.
"Buongiornissimo, volevo ricordarti che sono le sette meno dieci e chissà perché non mi hai scritto per il caffè" mi disse lui, sornione. "Per questo te l'ho portato... In doppia dose, come credo sia la dose di cosacce che hai fatto ieri sera".
Era troppo gasato eppure, pur avendo immaginato tutto, restava una cosa che avevo fatto io, non lui! Possibile che fossimo ad un punto tale della nostra amicizia in cui era normale gioire per i bei momenti dell'altro? O forse era felice perché si era liberato di Alice la Piagnona che lo tormentava da aprile?
Non potevo saperlo, fatto sta lo guardai male ma ovviamente lui continuò ad avere un'espressione da deficiente patentato.
Decisi di ignorare la faccenda e sibilai un semplice: "Grazie! Ci vediamo a colazione!" ma appena aprii un po' di più la porta per prendere i bicchieri lui fece qualche passo in avanti, idiota più del solito, e squadrò la situazione: Maurizio si era svegliato e sembrava davvero intimorito dalla voce del suo capo .
Si mise a sedere, senza sapere cosa dire, ma il coordinatore alzò il pollice in segno di approvazione e gli sorrise apertamente.
"Hai passato un bel guaio, Maurì! Scusami per l'intrusione ma è un anno che dovevo farlo, da quando questa si intrufulò nel mio ufficio e mi beccò con Nadia" si scusò, per poi voltarsi e avviarsi verso la porta. "Io ovviamente non so nulla, ragazzi, ma nel caso in cui lo sapessi, beh, sarei davvero felice e approverei" esclamò, seguito dal rumore della porta che si chiudeva.
Scossi il capo, incredula, mentre Maurizio scoppiò in una risata fragorosa e prese il caffé che gli stavo porgendo, ringraziandomi con un bacio.
Era a dorso nudo, con le lenzuola tutte stropicciate che lo coprivano a tratti e in quel momento mi parve più che bello che mai, tanto che mi sembrò assurdo averci condiviso una serata e poi una notte indimenticabile.
Mi sentivo strana, tranquilla, non mi stavo riempendo di dubbi amletici e ne ero felice, mi sembrava di essere nella testa di una persona davvero rilassata ed entusiasta per ciò che era successo.
"Sono stata bene" rivelai, avvicinandomi di più a lui fino al punto di accoccolarmi contro il suo petto e lasciarmi stringere.
"Anche io. Benissimo.... Dovevo provarci già a Belfast, al tuo compleanno, avremmo recuperato del tempo, che dici?" ironizzò.
"Dipende da quanto saresti stato capace dopo tutto quel vino" lo presi in giro a mia volta, prima di alzare lo sguardo e godermi la sua espressione falsamente offesa.
"Signorina, come osa?".
"Oso eccome...".
Ci volle poco per finire di nuovo stretti l'uno all'altra, avvinghiati in modo quasi da fonderci in una morsa incredibile, intenti nel baciarci e sfiorarci in un modo che di casto non aveva nulla, fino a quando l'odiosa sveglia non ci riportò alla realtà dei fatti in cui, se volevamo mangiare qualcosa, dovevamo darci una mossa.
"Potremmo passare qui la pausa pranzo, che dici?" propose lui , facendomi sorridere in maniera alquanto incredula visto che sembrava star seguendo il mio consiglio nell'essere più spontaneo e propositivo.
"Perché no. Mi piaci quando ti sciogli un po' e non temi un rifiuto" ammisi, mentre mi legavo i capelli e mi apprestavo ad andare in bagno.
"Se dici così ne approfitto e non ti dò tregua" .
"See!".
Lottammo un po' visto che sembrava offeso e non voleva farmi andare nell'altra stanza e si placò solo quando lo abbracciai e gli sussurrai: "Come andrà, andrà, ma non ero così felice da tempo".
Mi si sciolse il cuore nel vedere la sua espressione rincuorata e partecipe, tanto che arrivai a ringraziare l'addetto alle risorse umane e il caso che quell'anno mi avevano concesso di incontrare una persona così.


A colazione tutti fremevano perché iniziava la solita parte burrascosa dell'esperienza: i preparativi.
Stando alla faccia imbronciata e seccata di Mario potevo ben capire quanto fosse seccato per la poca collaborazione ricevuta dallo staff e un po' mi sentii in colpa perché ultimamente lo avevo proprio ignorato.
Ero tutta sorrisi, addirittura Alba mi sembrava più sopportabile, per questo ne approfittai per sedermi vicino all'Activity Leader e dargli un piccolo sulla spalla con fare affettuoso.
"Mario, buondì. Ti vedo un po' giù di corda, tutto bene?" dissi.
"No, Ali. Ho mille cose da fare... E qui fanno tutti schifo" esclamò, senza fregarsene di essere sentito, tanto i ragazzi stavano parlando in maniera fin troppo rumorosa di un gruppetto di studenti che aveva fatto chiasso tutta la notte.
"Ho notato...".
"Tu inclusa, a stento mi saluti" mi accusò.
Incassai il colpo in silenzio poi, senza riuscire a trattenermi, lo afferrai per un braccio e lo obbligai ad uscire dalla mensa.
Dovevo parlargli, spiegargli tutto, che ero stata assente soprattutto con me stessa in quei giorni e che avevo sbagliato molte cose.
"Ho evitato tutti, Mario. Non per mia volontà! Jimena e Sandy sono stati un incubo dopo le prime due settimane e ho avuto un po' di casini, sono stata assente ma mi scuso e voglio esserci al cento per cento per te. Sto già aiutando Saverio con i verbali, ci sarò anche per te, so che Toni non ti aiuta" lo tranquillizzai, sentendomi uno schifo perché quell'anno era iniziato proprio con una nostra discussione.
Stavamo forse "crescendo" come amici? Di solito i rapporti in cui si discute sono quelli più messi alla prova e più soggetti ad evoluzione.
Lo abbracciai per convincerlo della veridicità delle mie parole e lui ricambiò la stretta.
"Sai" sussurrò, "Forse mi trasferisco anche io a Milano... Il lavoro a Napoli nell'agenzia di animazione non fa più per me, è cambiato il dirigente e ho un contratto schifoso".
Mi portai una mano alla bocca, senza parole. "Mi dispiace, lasciare la propria terra è dura ma sai che se verrai avrai una squadra pronta a soccorrerti e ad aiutarti" provai a rincuorarlo, immaginando quanto fosse dura lasciare la propria città a trenta e più anni senza averla mai lasciata prima se non per periodi brevi.
In quel momento, il suo accenno ai duecento euro in più a turno che percepivo in più a lui di tre settimane prima non mi parve casuale dato che aveva appenna ammesso di avere problemi lavorativi. Mi sentii dispiaciuta e compresi meglio la sua posizione al momento.
"Grazie. Vedi, noi siamo uno staff, uno staff vero, uno che dura tutto l'anno, anno dopo anno, non solo due settimane! Per questo quando ti comporti in maniera strana con me ci resto male" rivelò, onesto come lo era sempre, anzi, cristallino.
Davanti alla bellezza di quelle parole mi venne da commuovermi e gli accarezzai un braccio, annuendo.
"Hai perfettamente ragione, oggi mi faccio perdonare davvero, lo faccio per il mio forse-futuro-amico-Milanese!".
Rise di cuore, annuì e poi mi fece cenno di tornare a mensa, dove tutti ci guardarono senza capire ma non mi premurai di dare spiegazioni, proprio come loro non si premuravano di essere un po' più empatici e collaborativi.


Concentrarsi, rispondere alle pretese di Jimena, annuire davanti ai discorsi prolissi di Sandy e dare una mano a Mario con il video di addio non fu semplice, tanto che arrivai alle dodici e trenta stremata.
Sbadigliavo, avevo la testa tra le nuvole, ero in uno stato così pietoso che Saverio – tornato nei suoi panni di coordinatore che pretende la perfezione – mi guardava male e arrivò al punto di avvicinarsi mentre uscivo dall'ufficio e prendermi in disparte.
"Sono stato buono e disponibile ma ora devi ricomporti, Alice, non ti darò la valutazione che credevo di darti se hai intenzione di finire questo turno come una deficiente che non capisce nemmeno in che mese siamo" sbraitò, furioso come quando si trattava di qualcosa che gli stava a cuore.
Deglutii , colpevole, e ovviamente feci cadere il planner, la cartellina e la borsa a causa di un gesto maldestro. Mi abbassai per prenderli, maledicendomi, poi riemersi e lo guardai, annuendo. "Hai ragione, scusami. Sono solo esausta e gli spagnoli e gli irlandesi sono insopportabili! Arrivo a fine giornata che non so in che lingua mandarli a quel paese mentalmente... Ti dispiace se invece di venire a pranzo dormo un'oretta?" chiesi implorante, pensando al povero Maurizio che forse aveva chissà quali aspettative e invece si sarebbe ritrovato uno zombie al mio posto.
"Sì, così ti ricomponi. Ma il tuo amico pranza con me, non voglio distrazioni!".
Alzai gli occhi al cielo e annuii, così lo salutai e andai in direzione del mediatore che mi aspettava fuori la porta dell'ufficio.
"Ho sentito tutto" disse, comprensivo. "Vai a riposarti, ti conservo un panino".
Mi fece l'occhiolino e mi fu difficile resistere all'impulso di non abbracciarlo lì, davanti a tutti, con Alba a pochi metri da noi che brontolava perché aveva fame e "Non vedeva l'ora di mangiarsi dieci pizze di fila nella sua città" dopo il cibo odioso della mensa.
Ero distrutta, sì, eppure per la prima volta dopo non so quanto sentivo una strana leggerezza mista a frivolezza che mi dava la forza di assentarmi per ricaricarmi senza fregarmene del giudizio altrui, e questa fu la più grande vittoria di quell'esperienza.
The future's in the air 
I can feel it everywhere 
Blowing with the wind of change 

Take me to the magic of the moment 
On a glory night 
Where the children of tomorrow dream away 
in the wind of change 

Walking down the street 
Distant memories 
Are buried in the past forever 


*°*°*°*°*°
Penultimo capitolo, gente!
Nel prossimo ci sarà il gran finale e poi un epilogo che ci farà sapere cosa è successo dall'estate del 2018 a quella del 2020... Andremo nel futuro ;) Si accettano scommesse!
Io inizio già a essere nostalgica, non so come farò senza Alice e gli altri.
Grazie a chi continua a inserire questa storia tra i preferiti, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, soprattutto ora che siamo agli sgoccioli.
Come sempre vi lascio qualche spoiler.... Attenzione all'ultimo :D
"L'ultimo giorno di solito non te la cavi molto bene e volevo sapere come stavi" ammise, serio come poche volte nella sua vita.
In un istante rividi davanti a me l'incidente di Luca, le mie lacrime, il rientro in college in taxi...


"Ali... E tu? Sai cosa significa dover partire e... Oh!".
Aveva aperto il quaderno e aveva visto che ai lati di ogni pagina c'era una frase che si riferiva a qualcosa che avevamo vissuto o a qualche citazione in particolare.


Luca si passò una mano tra i capelli come suo solito e poi si appoggiò allo stipite della porta, obbligandomi ad indietreggiare.
"Sono stato geloso di quel mediatore, vi ho visto all'aeroporto, lo sai? Stai con lui ora?" domandò, insistente.


A presto!
Milly.
  
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